sabato 14 marzo 2009

italiane, tutto nero?


Ho letto un altro interessante commento alla "settimana nera" delle squadre italiane, distrutte da quelle inglesi negli ottavi di finale di Champions League. Lo ha scritto Luigi Garlando sulla Gazzetta dello Sport di ieri. Lo ripropongo qui di seguito. (d.d.p.)
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Italiane, tutto nero?
Di Luigi Garlando (La Gazzetta dello Sport - 13 marzo 2009)
Tutto nero? No, a patto che non ci nascondiamo dietro pali e traverse e la smettiamo di sacramentare contro l'infame lotteria dei rigori. La sfortuna c'entra un'unghia nella lezione che ci ha inflitto la Champions League. Chelsea, Manchester e Arsenal sono passati con pieno merito. L'Europa ci ha detto che i nostri parametri calcistici vanno adeguati. Stadi di proprietà e ragioni economiche non spiegano tutto. Cristiano Ronaldo, Pallone d'Oro, guadagna quasi 5 milioni meno di Ibrahimovic, il Godot dei gol-qualificazione. Il monte ingaggi dell'Inter è il doppio di quello del Manchester. Non perdiamo perché siamo più poveri, ma perché siamo più scarsi.
Parametro uno: il gioco. Il secondo gol del Manchester è nato a destra (Giggs) ed è stato rifinito a sinistra (Rooney): quasi un'azione alla mano. Il Chelsea ha nascosto la palla alla Juve con un torello di gruppo. Wenger allena da anni il palleggio corto (e colto) dell'Arsenal. Le nostre squadre invece balbettano un'identità di gioco, un patrimonio tattico condiviso. La Roma è l'orchestra migliore. Non a caso lo scorso anno è stata l'ultima a uscire e quest'anno la più vicina ai quarti. L'apporto di Mourinho, in questo senso, è stato nullo: ha solo gestito un'eredità. L'isolamento di Ibra è una prova di colpa. Non sempre si può pescarlo con lanci lunghi e sperare nella giocata. Trovata un'opposizione fisica che in Italia manca, la super-Inter è stata normalizzata. La forza di un gioco dà coraggio più di un allenatore che ripete: «Io sono speciale».
Parametro due: la tecnica. Era il nostro vanto. Gli inglesi ci hanno superato: miglior palleggio, appoggi più precisi. La tecnica non è pura esibizione, ti fa sentire forte e rimpicciolisce l'avversario. Era il tesoro del Milan, soprattutto a centrocampo, dove si creano i destini. Gli imbarazzi di Vieira, Stankovic, Muntari, gente di impeto più che di tocco, spiega molto. E' qui che devono crescere Inter e Juve, dove il Barcellona si permette Xavi e Iniesta, nonostante tre punte. Moratti sbuffa: si ritrova alla porta un allenatore che ha sbagliato acquisti e chiede altro. Al solito. Nulla di speciale.
Parametro tre: il ritmo. Sul piano dell'intensità non c' è stata partita: perché sembriamo sempre più stanchi degli inglesi che giocano ogni tre giorni? Perché l'imprendibile Giggs, a 35 anni, volava come un Primavera? Condizione atletica, tecnica e gioco si coltivano col lavoro. Perciò, dopo essere usciti a testa alta, abbassiamola e mettiamoci a sgobbare, sfruttando i martedì-mercoledì liberi per organizzare la rivincita, senza disperdere energie alla moviola.
Facciamoci forza con le poche pepite d'oro salvate dal saccheggio inglese. Motta e Santon hanno lottato con la personalità dei grandi, il piccolo Giovinco ha spaventato il Chelsea. Ci sono bravi giovani sui quali modellare un futuro diverso. Lo spirito con cui Roma e Juve hanno reagito alla sconfitta dell' andata e con cui l'Inter ha risposto al gol di Vidic va tenuto a memoria per impiegarlo dal primo minuto della prossima Champions: agire, non reagire. Stavolta non siamo usciti con risse da saloon e occhi pesti, tipo Valencia. Il nostro pubblico è stato corretto, caloroso e grato. Non è una pepita da poco. Ripartiamo da qui. Giù la testa e lavoriamo.
Solo così potremo passare dal «Tutto nero» al «Tutto vero!», come esclamavamo nel 2006, quando ci sentivamo i più bravi del mondo.

1 commento:

  1. questo titolo è un po' equivovo...
    cambialo, per favore

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