domenica 27 marzo 2011

pensiero della settimana: "è spaventoso che non rida mai..."

"E' sempre triste e dovrebbe imparare a sorridere. Sembra che odi ogni minuto di quello che fa. Non ho mai visto nessuno comportarsi così, è spaventoso. Non so se qualcuno riuscirà davvero a cambiare Balotelli. Lui aveva dei problemi anche all'Inter e credo che gli altri giocatori non sopportassero il suo modo di fare. Di certo, è triste vedere un ragazzo che guadagna tutti quei soldi e che fa un lavoro che dovrebbe adorare, comportarsi come se stesse facendo un lavoro di routine. Balotelli segna un gol e ha quell'espressione arrogante in faccia: il ragazzo dovrebbe rendersi conto di quanto fortunato sia ad essere nella posizione in cui è".
(Harry Redknapp su Mario Balotelli)

martedì 22 marzo 2011

il poeta del gol: la giornata di serie a secondo fernando acitelli

Di Fernando Acitelli
(Ansa - 21 marzo 2011)

E' bello dedicare oggi un pensiero a Carlos Bianchi. Oggi che Totti è giunto a quota 201 reti in Serie A possiamo soltanto concludere che l'idea del mister argentino di un prestito di Francesco alla Sampdoria (non so nemmeno se con diritto di riscatto a favore della Roma oppure no) non era proprio una felice intuizione verso la metà degli anni '90; e oltretutto avrebbe macchiato la traiettoria di una bandiera. Quanto ai gol, penso che sarebbero stati dello stesso numero (E naturalmente in tutto questo nessuna offesa alla gloriosa Sampdoria).
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Nell'affermare che Krasic "ha ricominciato a saltare l'uomo" il telecronista s'è sentito felice e la sua gioia è stata anche la mia. Quasi che tutti s'erano scordati della estrosità di fascia del serbo. Ho preso così a camminare avanti e indietro per casa, felice per l'ala destra, e la mia quiete interiore era la stessa avvertita dinanzi a Salvo Randone in una replica del tutto imprevista e notturna de
I fratelli Karamazov.
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Se ho voglia di avvistare qualcosa di Veron, naturalmente soltanto come figura, postura e abbigliamento, non posso far altro che puntare, in campo, Almiron. Per le stilosità è chiaro che mi debbo volgere altrove e fare ricorso ai vecchi filmati che riguardano Juan Sebastian. Sul tiro da lontano, però, l'immagine di quella traiettoria tesa resiste. E continua ad essere vero che la serenità torna sempre con un pulsante di "avvio" e una "scelta capitoli", ovvero con un dispiegarsi nuovamente del passato.
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Quella storia ormai consolidata che il portiere Eduardo non trattenga il pallone - l'ultimo a giovarsene è stato Eto'o - ha invogliato i calciatori del Bologna a tempestare da lontano il portiere portoghese del Genoa. La speranza era che egli di nuovo eccellesse in quella goffagine. Di colpo mi sono ricordato di quando, negli anni '70, il piccolo Francesco Quintini, portiere della Roma per una manciata di partite, veniva fatto oggetto di siluri addirittura da centrocampo. In quel caso l'ardire avversario era motivato dalla altezza del portiere. Quintini, l'opposto di Peter Schmeichel a dirla tutta, era un gatto tra i pali e fu, probabilmente, il più piccolo portiere i tutti i tempi. Ma il piccolo gatto Quintini i palloni li tratteneva.
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Non v'è possibilità che un'eleganza duri più di un istante in un campo di calcio. E neppure a gioco fermo. Come siamo colpiti da un bel gesto ecco che, immediatamente, siamo rigettati nell'affresco volgare. Termina il primo tempo di Udinese-Catania e un calciatore bianconero - di colore: Armero? Asamoah? - consegna all'arbitro il pallone. Quell'azione, che sembra voglia elegantemente chiudere il tempo lineare, viene subito macchiata da uno sputo in terra del calciatore; se costui avesse atteso anche soltanto mezzo minuto non avrebbe di certo compromesso il suo stato fisico. Ignoro se l'arbitro se ne sia accorto; sarebbe importante conoscere il suo parere: sono rimasto ai tempi in cui "il signor preside" entrava in classe e tutti ci si alzava in piedi.
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Chi è in testa alla classifica era, da calciatore, una mezzala. Nel caso di Leonardo un fuoriclasse. Chi è ad inseguire ebbe ancora a che fare con il centrocampo. Fino a Reja tutti costruttori. Se si osserva il fondo della classifica, la pratica difensiva fu ben rappresentata e tra De Canio, Cavasin, Jachini, e Simeone i parastinchi per gli avversari furono introdotti per decreto.
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Lampo della memoria: vedere d'improvviso in campo Ermanno Cristin. Che forse egli stonerebbe oggi accanto a Pozzi e Guberti? E uno come Gastaldello, in quale fase difensiva potrebbe occuparsi del vecchio centravanti sampdoriano? Con Fuffo Bernardini direttore tecnico, l'ultimo minuto a Marassi per Ermanno Cristin era il vero finale di partita, quello che donava la salvezza. Almeno evocatelo, portatelo in tribuna... servirà nelle sfide decisive in casa, in quella curva alla destra del video.
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Le parole addolorate di Edi Reja, l'unico affresco puro in questi ultimi tempi, quasi in un bianco e nero da sceneggiato televisivo anni '60. Uno sguardo vero, onesto, come il grande attore Antonio Battistella. E il tutto tra multimedialità, fiction, aggressioni verbali, doppie file, volgarità in pressing e personaggi alla Quentin Tarantino.

lunedì 21 marzo 2011

il romanista doc valerio caprara su fiorentina-roma 2-2

Di Valerio Caprara*
(Corriere Fiorentino - 21 marzo 2011)

Come tutti gli italiani (e non solo) forniti di senno, amo Firenze e la fiorentinità. Amo anche le sfide "cattive" tra la mia Maggica e la Viola perché, come insegnano i film come The Fighter, è nell'aspro eppure leale conflitto sportivo che si misurano le migliori metafore della nostra vita.
E anche nella partita di ieri, nonostante i cattivi presagi di un'annata alquanto misera per le aspirazioni di entrambe le squadre, la suspense non è mancata e l'attentato alle mie coronarie c'è stato.
Asserragliato nel mio bunker napoletano, mentre la città letteralmente esplode di speranze azzurre e rabbie anti-nordiche (vorrebbero essere la nuova Roma), sarei persino disposto a dissertare col garbo di poi con i tanti e illustri amici fiorentini, magari estromettendo dal cerimoniale l'imbarazzante figura del vostro trainer serbo-laziale.
Bravi voi, tignosi noi; certo, il vento ha condizionato le trame; che fortuna abbiamo avuto per le vostre saette che hanno incocciato traversa e palo; nel finale, però, ne avevamo di più e se Ménez ecc…. Però, in fondo, posso limitarmi a pensare d'avervi offerto una chance inestimabile.
Sapete, la nostra vita di tifosi è scivolata accanto a quella di Francesco Totti e moltissimi dei nostri momenti felici sono dipesi da lui. Non dovrete, però, ricorrere ai servizi tv, agli articoli dei giornali, alle chiacchiere del bar.
Ieri su terreno un po' malmesso del Franchi, il nostro campione non solo ha segnato due gol per lui "normali", ma vi ha regalato il grandissimo privilegio di assistere al compimento di una leggenda, al suggello di un mito, all'incisione di un record indelebile degno dei fregi reperibili sui marmi del Foro romano.
* Critico cinematografico e docente universitario di Storia del cinema

una interessantissima analisi economica del "sole 24 ore"...

Di Vittorio Carlini
(Il Sole 24 Ore - 21 marzo 2011)

"Siam venuti fin qua/ siam venuti fin qua/ per vedere segnare Kakà". La canzoncina, fino a qualche tempo fa, era un must per i tifosi milanisti. Una musichetta che non è un semplice omaggio al campione, bensì rappresenta una visione un po' romantica del calcio. Un mondo pallonaro dove l'atleta, spesso star super-pagata, è al centro del palcoscenico, pronto a recitare l'assolo per gli spettatori e il proprietario paperone, innamorati del giocattolo. Il tutto senza troppa attenzione al freddo aspetto economico: il pareggio di bilancio? Sì, ma vuoi mettere lo scatto di Ronaldo!
Le cose, però, cambiano. Da un lato la recente crisi; dall'altro il break-even tra costi e ricavi, imposto dal Financial Fair Play quale condizione per l'ingresso nell'agone dell'Uefa, hanno indotto molte squadre a maggiore parsimonia. A scommettere con più convinzione sulla gestione manageriale della propria attività. Una partita del business, insomma. Che induce la domanda: quale club la gioca al meglio?
La risposta prova a darla PricewaterhouseCoopers (PwC), che ha analizzato diversi indicatori finanziari delle principali leghe europee. Ebbene, spulciando tra numeri e tabelle, salta fuori che la Germania vince poco sul campo, ma è ben posizionata sul fronte economico. Le 18 squadre della Bundesliga, nella stagione 2009/2010, hanno aumentato del 15% il fatturato complessivo (1,5 miliardi di euro), mantenendo su valori contenuti il debito: la posizione finanziaria netta (Pfn) è stata negativa per 100 milioni, con un'incidenza sul fatturato del 6%.
Il numero è ben più basso rispetto a quello della Premier League inglese: Manchester United & soci hanno un rosso netto complessivo di 3,8 miliardi (3,9 del 2008/2009). A fronte dei maggiori debiti, però, i club inglesi possono vantare il giro d'affari più alto del Vecchio continente: 2,5 miliardi di euro.
Dall'Inghilterra alla Spagna. I campioni del mondo, seppure molti club di seconda fascia della Liga ballino spesso sull'orlo del fallimento, hanno un indebitamento più contenuto (1 miliardo) che vale il 67% del giro d'affari (1,5 miliardi). Alla fine i più virtuosi, ma solo a livello numerico, sembrano essere i francesi: il rapporto tra Pfn e fatturato è addirittura positivo (19%). Tuttavia, i ricavi non crescono e il movimento, su cui incidono pochi grandi club, è ancora piccolo.
E il pallone italiano? I club della serie A, nel 2009/2010, hanno generato un fatturato di 1,5 miliardi, in discesa rispetto all'annata precedente (1,6 miliardi). Il calo, però, è stato replicato anche sul fronte dell'indebitamento finanzario netto, passato da 600 a 500 milioni (33%). Numeri che indicano un sistema "affaticato".
"I dati aggregati - sottolinea Emanuele Grasso, partner di PwC - ovviamente vanno interpretati: ciascun campionato ha le sue peculiarità e le società hanno una loro storia individuale". Ciò detto, è indubitabile che la Germania ha imboccato la strada maestra e sta avvicinando (forse superando) il modello inglese. "È possibile. In primis, hanno buone strutture. Grazie ai campionati del mondo nel 2006, molte società possiedono stadi di proprietà in grado di "vivere" tutta la settimana, e non solamente durante il match". Bar, ristoranti, palestre, concerti: "Una fonte di ricavi diversificata e stabile". Ma non è solo l'impianto. "Sono più abili nella gestione del business: sfruttano al meglio il merchandising" e non sono schiavi dei diritti televisivi. I quali restano sì importanti, ma non essenziali: per il Bayern, per esempio, costituiscono solo il 26% del fatturato. Una percentuale al di sotto delle altre big europee: dal Real Madrid (36%) al Chelsea (41%). Per non parlare delle italiane: secondo Deloitte, per il Milan il broadcasting rappresenta il 60% dei ricavi, per la Juventus il 65% e per l'Inter il 62 per cento. Numeri, questi ultimi, che indicano come il calcio italiano sia troppo sbilanciato sui diritti Tv, peraltro non così richiesti all'estero, vista la non eccelsa qualità del gioco.
"È un modello, anche culturale, da cambiare - afferma Dino Ruta, direttore Sport Business Academy, Sda Bocconi -. Dev'essere valorizzato di più l'asset della tifoseria, intesa come persone che guardano uno spettacolo. Che seguono la propria squadra, per esempio, incontrandola agli allenamenti". E qui, ovviamente, i club intonano il noto refrain: bisogna costruire nuovi impianti di proprietà. Certo, quello degli stadi è un tema essenziale. Tuttavia in attesa del mattone, che peraltro non va trasformato nella solita speculazione all'italiana, altri passi potrebbero compiersi.
In Germania, un po' sul modello del Barcellona, "puntano a costruirsi i propri talenti in casa - ricorda Grasso -. Un modo per abbattere i costi fissi legati ai cartellini e alle buste paga dei calciatori". Non a caso, Deloitte indica il rapporto stipendi/ricavi della Bundesliga (51%) come "il più in salute" mentre quello della serie A, pari al 73%, è il peggiore. "Il calciomercato - aggiunge Ruta - è uno snodo tra i più onerosi per le società. Va creata una borsa dei calciatori: una piattaforma elettronica dedicata agli operatori, e anche agli esterni, dove pubblicare l'offerta, l'interesse dei club e altre notizie. Un luogo che prepari, con maggiore trasparenza, la classica trattativa del trasferimento dell'atleta". Così i procuratori ridurrebbero il loro peso nelle trattative e "le società affronterebbero costi fissi minori".

venerdì 18 marzo 2011

peccato davvero che sia così coglione...

lunedì 14 marzo 2011

il poeta calciofilo fernando acitelli su totti dopo il derby

Di Fernando Acitelli
(Ansa - 14 marzo 2011)

Totti mi "costringe" a occuparmi dell'ennesimo suo affresco ma oramai siamo a fine carriera anche con le metafore. Sono esausto nel rincorrere sempre nuove immagini e luoghi dove poterlo adagiare. Il campo di calcio ancora una volta non mi basta. Vorrei Totti ancora tra le scheggiature dell'Impero, attorno ai marmi del Foro, nella sala degli imperatori, accanto a quelle vestigia che rincuorano. Ecco: Totti come reperto con tanto di cartiglio. Ma la provenienza per lui non è ignota come invece spesso è scritto nei cartigli per molte statue romane riemerse alla luce.
La favola di oggi con i due gol al derby ce lo consegna al confine della carriera e alla definizione dei confini del nostro sogno. Totti è sul confine. E anche noi con lui. Sentiamo avvicinarsi quel giorno del saluto e un brivido ci assale; qualcosa che ha a che fare anche con la nostra esistenza. In questi quasi venti anni di spettacolo da parte sua, anche noi siamo divenuti "altro". Abbiamo "sperperato" la nostra vita e anche noi, adesso, da una sorta di Vallo di Adriano, guardiamo indietro esponendoci con ricordi e resoconti. Senza accorgercene, o forse accorgendocene troppo, la nostra vita è scivolata accanto a quella di Totti e molti dei nostri momenti felici sono dipesi da lui. Ho pensato a tutto questo mentre l'ho visto esultare ancora alla maniera di un "puer" negli attimi del gol. Sarà stata la pioggia, il vasto grigio tutt'intorno, la tensione che ogni derby espande, ma il sentimento che ho provato è stato quello del saluto alla sua favola in campo. E dunque il nostro saluto ad un compagno di giochi; e in effetti anche noi abbiamo giocato con lui in tutti questi anni e le sue prodezze, le sue reti sono state le nostre. Un'altra immagine mi ha posseduto: quel suo dare la mano all'avversario, aiutarlo a rialzarsi m'è giunto come più spontaneo, più intenso di altre volte. Forse "da giovane" non aveva tempo, era troppo fanciullescamente preso a rincorrere la palla, obbligato ad ergere una giocata - a divertirsi - che le scuse con l'avversario sarebbero avvenute più tardi, magari al rientro negli spogliatoi, nel sottopassaggio.
Cosa più inventare per lui? Sull'intensità del mio sentimento niente più da dire. Del resto, "Il tribuno di Porta Latina" è sempre lì. Quanto poi ai luoghi, tanto l'ho distanziato dal quotidiano che avverto come difficile scovare quel millimetro in più per lui, per distinguere ancora una volta la sua esistenza. Ci vorrebbe forse uno scenario gotico, medievale? Magari una scenografia alla Harry Potter con castelli, pozioni, civette e sentinelle? Nulla di tutto questo, si tratterebbe di una regione del fantastico non documentabile, non storicamente attendibile (neanche un poco). Cos'altro allora da dire? Qualche scheggia molto umana prima del 200° gol in serie A. Sopra di sé, quasi a proteggerlo, aveva la famiglia ed è stata la prima volta che un romano, che un fuoriclasse, che il simbolo della parte giallorossa della città ha segnato due reti in un derby.
Dico fuoriclasse ma, aggiungo, con una identificazione nei colori giallorossi che nessun calciatore qui ha mai avuto. Quanto accaduto nella storia della Roma riguardo a doppiette, triplette e quaterne non aveva mai investito il simbolo calcistico di una città. I vari Da Costa, Manfredini, Delvecchio, Montella tanto per fare dei nomi non avevano questi significati ulteriori. Unico Totti perché, oltretutto, fuoriclasse con la stessa maglia dal tempo del campionato "giovanissimi". Pure queste due reti dovevano accadere nel derby... Ma è stata la giusta firma per una carriera. Pure, s'è intravisto il pupo vero in tribuna, e forse deve aver colto del papà qualche pausa. Certo, qualche pausa ma ancora tante astuzie. "A papà, ma che te voleva fa' male Matuzalem?".

giovedì 10 marzo 2011

la squalifica di lavezzi si sta rivelando pesantissima per il napoli

Di Diego Del Pozzo

Come volevasi dimostrare, la squalifica di Lavezzi, conseguente allo scambio di sputi di Roma col "coatto" Rosi, si sta rivelando pesantissima, se non decisiva, per le ambizioni azzurre di alta classifica.
Così, dopo la sconfitta annunciata di San Siro, nel big match che il Milan ha potuto disputare proprio nelle condizioni desiderate, è giunto anche l'inopinato pareggio casalingo col Brescia.
Non c'è che dire... Nonostante il Pocho non inquadri mai la porta, resta un giocatore decisivo per le sorti di questo Napoli. Uno stranissimo giocatore decisivo, senza il quale anche Cavani rende molto meno...

lunedì 7 marzo 2011

giovedì 3 marzo 2011