lunedì 14 marzo 2011

il poeta calciofilo fernando acitelli su totti dopo il derby

Di Fernando Acitelli
(Ansa - 14 marzo 2011)

Totti mi "costringe" a occuparmi dell'ennesimo suo affresco ma oramai siamo a fine carriera anche con le metafore. Sono esausto nel rincorrere sempre nuove immagini e luoghi dove poterlo adagiare. Il campo di calcio ancora una volta non mi basta. Vorrei Totti ancora tra le scheggiature dell'Impero, attorno ai marmi del Foro, nella sala degli imperatori, accanto a quelle vestigia che rincuorano. Ecco: Totti come reperto con tanto di cartiglio. Ma la provenienza per lui non è ignota come invece spesso è scritto nei cartigli per molte statue romane riemerse alla luce.
La favola di oggi con i due gol al derby ce lo consegna al confine della carriera e alla definizione dei confini del nostro sogno. Totti è sul confine. E anche noi con lui. Sentiamo avvicinarsi quel giorno del saluto e un brivido ci assale; qualcosa che ha a che fare anche con la nostra esistenza. In questi quasi venti anni di spettacolo da parte sua, anche noi siamo divenuti "altro". Abbiamo "sperperato" la nostra vita e anche noi, adesso, da una sorta di Vallo di Adriano, guardiamo indietro esponendoci con ricordi e resoconti. Senza accorgercene, o forse accorgendocene troppo, la nostra vita è scivolata accanto a quella di Totti e molti dei nostri momenti felici sono dipesi da lui. Ho pensato a tutto questo mentre l'ho visto esultare ancora alla maniera di un "puer" negli attimi del gol. Sarà stata la pioggia, il vasto grigio tutt'intorno, la tensione che ogni derby espande, ma il sentimento che ho provato è stato quello del saluto alla sua favola in campo. E dunque il nostro saluto ad un compagno di giochi; e in effetti anche noi abbiamo giocato con lui in tutti questi anni e le sue prodezze, le sue reti sono state le nostre. Un'altra immagine mi ha posseduto: quel suo dare la mano all'avversario, aiutarlo a rialzarsi m'è giunto come più spontaneo, più intenso di altre volte. Forse "da giovane" non aveva tempo, era troppo fanciullescamente preso a rincorrere la palla, obbligato ad ergere una giocata - a divertirsi - che le scuse con l'avversario sarebbero avvenute più tardi, magari al rientro negli spogliatoi, nel sottopassaggio.
Cosa più inventare per lui? Sull'intensità del mio sentimento niente più da dire. Del resto, "Il tribuno di Porta Latina" è sempre lì. Quanto poi ai luoghi, tanto l'ho distanziato dal quotidiano che avverto come difficile scovare quel millimetro in più per lui, per distinguere ancora una volta la sua esistenza. Ci vorrebbe forse uno scenario gotico, medievale? Magari una scenografia alla Harry Potter con castelli, pozioni, civette e sentinelle? Nulla di tutto questo, si tratterebbe di una regione del fantastico non documentabile, non storicamente attendibile (neanche un poco). Cos'altro allora da dire? Qualche scheggia molto umana prima del 200° gol in serie A. Sopra di sé, quasi a proteggerlo, aveva la famiglia ed è stata la prima volta che un romano, che un fuoriclasse, che il simbolo della parte giallorossa della città ha segnato due reti in un derby.
Dico fuoriclasse ma, aggiungo, con una identificazione nei colori giallorossi che nessun calciatore qui ha mai avuto. Quanto accaduto nella storia della Roma riguardo a doppiette, triplette e quaterne non aveva mai investito il simbolo calcistico di una città. I vari Da Costa, Manfredini, Delvecchio, Montella tanto per fare dei nomi non avevano questi significati ulteriori. Unico Totti perché, oltretutto, fuoriclasse con la stessa maglia dal tempo del campionato "giovanissimi". Pure queste due reti dovevano accadere nel derby... Ma è stata la giusta firma per una carriera. Pure, s'è intravisto il pupo vero in tribuna, e forse deve aver colto del papà qualche pausa. Certo, qualche pausa ma ancora tante astuzie. "A papà, ma che te voleva fa' male Matuzalem?".

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