martedì 28 febbraio 2012

povera vecchia inter: il napoli la maciulla al san paolo...

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 28 febbraio 2012)

Il Napoli e l'Inter viaggiano in questo momento a due velocità diverse per poterci essere gara. I cambi di passo che mettono in mostra Dzemaili, Lavezzi, Maggio, Gargano, a tratti Cavani, sono veramente troppo per qualsiasi avversaria, figuriamoci per la scalcinata banda di Ranieri. Già al primo minuto si capisce l'antifona con il primo folgorante blitz. Campagnaro anticipa al volo Milito e in pregevole coordinazione al volo di collo piede serve nel cerchio di centrocampo Cavani. Stacco imperioso e sponda aerea per Inler, pronto a venire a sostegno. Prima ancora che la palla arrivi al mediano Lavezzi già taglia dentro all'interno di un stralunato Faraoni. Il lancio in verticale è leggermente lungo, l'azione sfuma ma si capisce che le scelte di Mazzarri sono giuste.
In fase di non possesso Dzemaili si abbassa nella zona di competenza di Cambiasso formando un folto centrocampo a 5. Anche Cavani partecipa scalando su Stankovic. In questo modo Inler e Gargano possono presidiare la trequarti ed ingabbiare sistematicamente Sneijder. Un atteggiamento interpretato perfettamente dai giocatori che non sono mai passivi ma accorciano e scalano avanti non appena i nerazzurri, sotto pressione, sbagliano un controllo o sono costretti al retropassaggio.
Appena recuperata palla l'obiettivo è mettere in difficoltà i terzini dell'Inter. A destra si cerca Maggio sulla corsa lanciata. È chiaro che nello stretto Nagatomo potrebbe avere un vantaggio competitivo, ma l'esterno del Napoli sulla potenza espressa una volta presa velocità non è secondo a nessuno. Viene cercato sui cambi di gioco lunghi dai mediani e dai difensori, in particolare da Cannavaro che è più inspirato e concentrato del solito. Sulla corsia opposta si arriva al cross dal fondo con la superiorità numerica che Lavezzi crea allargandosi e fraseggiando nel corto con Zuniga.
Gli attacchi del Napoli si susseguono a destra e a sinistra lavorando ai fianchi l'avversario senza soluzione di continuità. Per trenta minuti c'è una squadra sola in campo che pressa, costruisce, corre, finalizza ma non segna. L'Inter arretra, soffre, incassa ma resiste. E nel finale di primo tempo quando i padroni di casa hanno bisogno di rifiatare i nerazzurri riescono anche a creare l'unica opportunità del primo tempo con una punizione di Sneijder poco lontana dall'incrocio. È il primo e ultimo guizzo dell’olandese che nell'intervallo rimarrà nello spogliatoio insieme a Forlan, non pervenuto. Ranieri non è contento dei suoi. Non vuole più regalare la superiorità numerica al Napoli sulle fasce, quindi via libera a 3-5-2 con Cordoba a rafforzare il pacchetto difensivo e Pazzini in avanti.
Anche Mazzarri non sta a guardare. Stringe Lavezzi e Cavani per pressare i difensori nerazzurri sull'inizio azione e sposta Dzemaili nel mezzo nella zona di Stankovic. Piccoli accorgimenti che cambiano i flussi di gioco del Napoli e determinano alla fine il risultato. La densità centrale rende la partita più vischiosa, contrastata, confusa. Ma il pallino è sempre in mano agli azzurri.
La svolta al 14'. Dzemaili raddoppia su Milito, che sbaglia il controllo, soffiandogli la palla sulla linea mediana. Scatta immediata la transizione. Decisivo l'uno-due stretto e rapido con Cavani che taglia fuori Stankovic e Cambiasso. Si crea il «3 contro 3». Dzemaili punta con decisione Lucio e lo salta con facilità irrisoria. Baricentro basso e forza nelle gambe gli consentono di reggere il ritorno in tackle scivolato di Stankovic e di servire sulla corsa Lavezzi. Il Pocho, di prima intenzione con una frustata di piatto destro, incrocia verso l'angolo lontano, il lato debole di Julio Cesar che aveva già vissuto di recente anologhi momenti di impotenza con Miccoli e Rocchi.
Il gol cambia l'inerzia della gara. Le verticalizzazioni del Napoli trovano ora gli spazi che prima non c'erano e già Cavani potrebbe chiudere il risultato da lì a poco. Il Matador è però meno lucido del solito sotto porta. L'espulsione di Aronica rimette così in corsa l'Inter che nel finale con Pazzini potrebbe addirittura pareggiare ma il colpo di testa finisce a lato. Il Napoli può continuare a correre per provare ad agguantare il terzo posto.

giovedì 23 febbraio 2012

champions: il napoli europeo batte 3-1 il chelsea (in rimonta)

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 23 febbraio 2012)

Cavani... tanta roba! Il valore aggiunto di una squadra che inizia a cercarlo al primo minuto con lanci in diagonale e finisce richiamandolo a dare una mano in difesa fino all'ultimo istante. E il Matador risponde presente, come quasi sempre accade quando la posta in palio è alta, o altissima come in quest'occasione.
I suoi tagli defilati si capisce che sono studiati a tavolino. Gli azzurri lo cercano sistematicamente sapendo di una terza linea inglese spesso alta e non rapidissima nei ripiegamenti. Che il movimento sia scientifico lo si capisce quando al 47' Cavani segna di spalla il gol del 2-1 su lancio in diogonale di Inler. Azione in fotocopia con quella vista al 10', lancio identico dalla trequarti opposta del centrocampista svizzero, allargamento identico sull'out sinistro dell'attaccante uruguagio. Peccato che in questo caso Cech ci metta il piedone.
La partenza del Napoli è col piede giusto. La spinta non è costante ma a folate, come nelle sue caratteristiche, ma quando arriva l'onda il Chelsea vacilla. Purtroppo dopo tre opportunità targate Napoli arriva l'onda anomala che cambia per un po’ l'inerzia della partita. Gargano commette l'unico errore di una prestazione perfetta facendosi soffiare la palla da Ramires. Dalla ripartenza arriva il gol di Mata con Cannavaro che rimarrà psicologicamente condizionato dalla sfortunata topica andando completamente fuori sincronia per il resto della gara. Buon per il Napoli se alcuni suoi successivi passaggi a vuoto producono solo spaventi e non danni contabilizzabili.
L'1-0 trasforma una partita tattica in una gara tremendamente umorale. Il Napoli perde la sua dose di incoscienza, i giocatori non si predispongono bene alla fase di possesso, sbagliano molti passaggi e serpeggiano immotivati timori sulle veloci iniziative del tridente predisposto da Villas Boas. Sturridge, Drogba e Mata, che fino alla mezz'ora non si erano mai visti, aggrediscono ora gli spazi che il Napoli lascia. Ma proprio nel massimo picco del down arriva la seconda onda anomala del match quella che sommergerà il Chelsea. L'iniziativa è di Cavani che attacca ancora da sinistra, si accentra e chiede l'uno-due a Lavezzi. Ivanovic, Cahill e, soprattutto, Meireles (inguardabile per tutta la partita) si fanno distrarre da Cavani. Lavezzi può così spostarsi tranquillamente la palla sul destro e fulminare Cech sul palo lontano, 1-1.
Il gol si pensa possa ridare serenità al Napoli. Invece lo stato confusionale persiste. Hamsik è troppo defilato a destra per poter dare una mano alla manovra, Inler non riesce a fare il playmaker come dovrebbe, il reparto defensivo (ad eccezione di Aronica) è in fibrillazione. La squadra sembra aspettare con impazienza l'intervallo per riordinare le idee. Per fortuna ci pensa Cavani col suo guizzo alle spalle di Ivanovic a rimettere a posto le cose prima che Frustalupi possa dire la sua nello spogliatoio.
Comunque il secondo di Mazzarri qualcosa dice lo stesso, visto che il Napoli torna in campo con un'approccio molto più razionale. In fase di non possesso sette giocatori si abbassano compatti e difendono ai 30 metri. Hamsik rimane sopra la linea della palla per far partire il contropiede. Sull'azione manovrata, invece, lo slovacco si abbassa a ricevere palla facilitando il fraseggio del Napoli.
La gara riprende un suo filo logico. Chi perde prova a fare la partita, chi vince copre e riparte... con Cavani che serve due assist d'oro a Lavezzi su altrettanti svarioni di una delle difese più scarse della Champions League. La prima volta è la premiata ditta Luiz-Meireles a regalare il pallone a Cavani, nella seconda Luiz fa tutto da solo andando a vuoto sullo stop a rientrare dell'attaccante azzurro. Lavezzi capitalizza il 50% delle occasioni che gli capitano (una media altissima rispetto ai suoi standard) e regala il 3-1 ai suoi.
Nell'ultimo quarto di gara entrano Lampard da una parte e Dzemaili dall'altra. Il primo alza immediatamente il tasso tecnico del Chelsea ma manca della determinazione che il momento richiederebbe. Lo svizzero invece si butta nella mischia col piglio giusto. Il Napoli con lui in campo passa al 3-5-2 con Hamsik temporaneamente (da lì a poco lo sostituirà Pandev) spostato in attacco. Giusto il tempo necessario per confezionare l'ultima enorme palla gol della partita. Sterzata sulla sinistra e passaggio delizioso per Cavani che, però, è controtempo. Come sempre a rimorchio arriva Maggio che calcia a colpo sicuro. Cole, che sulla finta di Hamsik era finito dentro la porta, ha un guizzo da tarantolato e salva d'istinto. Sarebbe stato il gol del ko ma vogliamo pensare che la dote sarà comunque sufficiente tra 20 giorni a Londra.

domenica 19 febbraio 2012

lavezzi e il "tempo fuor di sesto" secondo marco ciriello

Di Marco Ciriello
(Il Mattino - 19 febbraio 2012)

Chi ha visto Lavezzi lanciato verso la porta con la Fiorentina ha intuito che era troppo veloce rispetto agli altri, anche a se stesso, e ha rischiato di non segnare. Poi ha calciato e tutto è tornato alla normalità. Ma per un attimo è stato più veloce del pensiero stesso di lanciarsi verso la porta avversaria. Sembrava Jannacci, che è sempre in anticipo sui propri pensieri, e soprattutto Eduardo che aveva un tempo tutto suo. Per me Eduardo è irrappresentabile oltre se stesso, nessuno può avere il suo tempo dilatato (nel presente), come nessuno ha il tempo dilatato (in avanti) di Lavezzi (qui, nella foto, mentre supera Cassani della Fiorentina).
Le sue partite sono come i viaggi di Doc Emmett Brown della serie Ritorno al futuro. Avanti e indietro nel tempo. Con lui sembra di avere, oltre l’Hd, l’asincrono di Ghezzi che da Fuori orario è arrivato in campo. Lui corre, gli altri vanno al rallentatore. Magari non tutti ci fanno caso, ma Lavezzi in alcuni momenti della partita porta il tempo fuori dai cardini, in un senso o nell’altro (“The time is out of joint”, il tempo è uscito dai cardini – Amleto primo atto, scrive Shakespeare). C’è un eccesso di velocità che spinge il calciatore fuori da tutto, al punto di sembrare elastico, e infatti, quando non gioca il Napoli pare muoversi in collegamento satellitare. Quando, invece, è in campo, ed è in grado di reggere “il peso del tempo”, la squadra ha una velocità superiore, e in alcuni momenti riesce persino a rendere presente quella di Lavezzi, anche solo per tre minuti, lui si asincronizza, se ne va, si estranea e crea un nuovo mondo e una nuova partita e un nuovo tempo. Ovvio, non è cosciente di questo, come i Beatles prima di battere Gesù in popolarità o Springsteen con Reagan. Per dire, la velocità di Sanchez, che se la gioca con Willy il coyote col carico di finte di Ronaldo, è comunque ordinaria e soprattutto in sincrono con la sua squadra.
Guardandolo non si ha visione dell’uscita dal tempo, ma solo di una accelerazione di questo, una velocità compatta e costante. Con Lavezzi no, la differenza salta agli occhi, proprio come quella tra bufalo e locomotiva. Sotto porta risulta indecifrabile, se pensa sbaglia, se va a istinto centra, se rallenta finisce tutto. Il gol a Firenze è nato da una palla che stava per smarrirsi sopra la sua testa, era il 92esimo, un calciatore normale che ha il senso del tempo è stanco, lui no, la sua velocità rischiava di scavalcare il pallone. Parte dalla sua metà campo, senza affanno, scavalca Salifu prima e Nastasic dopo, e con un gesto di retroguardia, il piede destro: rimasto nel tempo normale, rimedia, segnando alla sinistra di Boruc. Gol, finalmente. Sembra che la porta sia il non tempo, con cui ha un conflitto, e non sempre vince. Lavezzi è uno dei pochi calciatori che è un incontro di più tempi e quindi di più velocità. Un suo simile è Federer che fa cose semplici a velocità impensabili. Lavezzi è un supereroe impacciato: un Uomo Ragno che precipita d’improvviso per poi riuscire a dondolarsi tra i grattacieli, un Mandrake alle prime armi, qualche volta controlla la sua velocità, altre no. Spesso è vittima di questa speditezza, e ne ha pagato anche le conseguenze, in moltissime partite, anche nella stessa di Firenze: in passato critici e tifosi hanno espresso perplessità sul calciatore argentino per lo scarso numero di gol, proprio perché non conoscono le sue difficoltà con la variabile t, pari alle cattive, involontarie, frequentazioni fuori dal campo. Sbaglia, inciampa, cade. Si rialza e rimane come tutti quelli che non si spiegano al presente. Che vivono il tempo come una disavventura. Estraneo. Ogni campo una dimensione, ogni partita un tempo da violare. A volte in sincrono, a volte no. Perso dietro l’Alice di Carroll.

un napoli ritrovato espugna firenze: l'analisi di bacconi

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 19 febbraio 2012)

Cresce la febbre per la Champions, cresce il rendimento del Napoli. La squadra di Mazzarri ritrova finalmente tutte le sue caratteristiche vincenti: concentrazione, marcature ad uomo rigide, esplosività nelle ripartenze, grande concretezza sotto porta. La Fiorentina non è praticamente mai in partita travolta dal dinamismo e dalla determinazione agonistica dell'avversario. L'uomo chiave di questo ritrovato equilibrio tattico è Hamsik. Lo slovacco si sacrifica non poco a centrocampo nella fase di non possesso, soprattutto nel primo tempo, marcando ad uomo Montolivo ma non rinunciando mai a ripartire. E quando lo fa per la Fiorentina sono sempre guai. Le sue giocate sono essenziali e puntano esclusivamente alla massima efficacia. Mai un tocco di troppo, mai un gesto fine a se stesso. I gol che decidono la partita, quelli di Cavani, sono frutto della sua lucidità nel vedere i movimenti di smarcamento di Cavani e nel servirlo coi tempi giusti e la necessaria sensibilità tecnica (qui, nella foto, mentre esulta assieme ai suoi compagni).
Il primo: riceve palla nello stretto da Lavezzi, stop di piatto destro per proteggere la palla dalla pressione di Natali, tocco di piatto sinistro per girarsi e attrarre su di sé anche Gamberini, passaggio filtrante di interno sinistro nel corridoio tra i due difensori viola. Il secondo: si propone tra le linee per ricevere la sponda di Cavani che attacca subito la profondità tenuto in gioco dal rientro di Cassani, passaggio di piatto, secco, apparentemente facile, di prima intenzione a liberare il Matador davanti a Boruc.
Decisivo anche l'apporto di Hamsik alla fase difensiva che si evidenzia nell'unica sua distrazione. Al 39' del primo tempo si dimentica di seguire Montolivo. Il centrocampista della Nazionale può accelerare centralmente e liberare al tiro Amauri fermato da una segnalazione di offside che non c'è. Forse è proprio in quel momento, quando Mazzarri lo richiama ai suoi obblighi, che capisce quanto è importante il suo sacrificio per la squadra. Ma anche gli altri non stanno a guardare. Dove non arriva Hamsik ci pensano Cavani e Lavezzi sempre pronti a rientrare. È questo l'atteggiamento che Mazzarri vorrà rivedere contro il Chelsea martedì prossimo. E vorrà rivedere anche molte altre cose positive viste a Firenze. Innanzitutto la grande applicazione del reparto difensivo. Le marcature ad uomo sono efficaci perché la terza linea ha sempre un uomo in più che garantisce la copertura alle spalle del difensore che va ad aggredire.
Piace ancora molto Grava, il difensore più rapido a disposizione del Napoli, ma piace, questa volta, anche Cannavaro, finalmente puntuale nelle chiusure e in grado di trasmettere tranquillità a tutto il reparto. Anche gli esterni traggono giovamento da questa ritrovata coesione tattica. Maggio e Dossena trasformano spesso la linea difensiva da tre a cinque, permettendo una più rigorosa chiusura dei corridoi centrali. In attacco si vedono solo saltuariamente, ma quando è il momento di proporsi lo fanno con decisione e tempismo. Nel mezzo il traffico è smistato da Inler e Dzemaili. I due connazionali svizzeri non devono mai strafare. Fanno scudo davanti alla difesa e servono rapidamente i compagni smarcati in avanti permettendo una sollecita fase di transizione.
Certo i meriti del Napoli sono dilatati anche dalla Fiorentina che ci mette del suo, così come il suo allenatore. Delio Rossi non sa fare di meglio che togliere Montolivo dal cuore del centrocampo quando lo vede braccato sistematicamente da Hamsik, mettendo nel mezzo, ad inizio ripresa, un impacciato e lento Salifu, preso ripetutamente di mira dal pressing del Napoli. L'idea di riversarsi in avanti con un avventato 4-2-4, con Marchionni e Cerci sulle fasce, spacca la squadra che lascia praterie a disposizione degli azzurri che nel finale dilagano. Occorre, dopo questa larga vittoria, tenere alta l'asticella della tensione e affontare i Blues con lo stesso piglio. Ma l'arte di caricare il gruppo Mazzarri la conosce meglio di tutti.