lunedì 30 novembre 2009

a parma un napoli sprecone ma pure penalizzato

Di Diego Del Pozzo

In tanti anni che seguo il calcio non mi era mai capitato di assistere a una simile bestialità tecnica e logica: verso la metà del secondo tempo di Parma-Napoli, infatti, con gli azzurri (ma in divisa rossa) in quasi totale controllo del match e in vantaggio di un gol, il mediocre arbitro Trefoloni non trovava niente di meglio da fare che fermare Hamsik in piena area di rigore parmense e pronto a tirare in porta, perché all'altezza del centrocampo, vicino alla linea laterale dalla parte delle panchine, giaceva a terra il difensore Alessandro Lucarelli, che di lì a poco si sarebbe rialzato senza nessun problema. Hamsik avrebbe calciato a rete entro una frazione di secondo e, allora, si sarebbero potuti dare i giusti soccorsi al calciatore del Parma, senza per questo privare il Napoli di un probabile secondo gol che avrebbe messo la parola "fine" a una gara condotta fin lì davvero alla grande (qui sotto, le proteste partenopee).
Questo episodio, ancora più dei due rigori negati alla squadra di Mazzarri e di quello generosissimo concesso agli uomini di Guidolin (per non parlare della mancata espulsione di Lanzafame dopo una reazione con gomitata nei confronti di Aronica), mi ha lasciato tantissimo amaro in bocca nonché enormi perplessità al momento del fischio finale. Nel dopo-gara, anche l'allenatore del Parma, sempre sportivo, ha sottolineato come il Napoli sia stata "la squadra più bella che abbiamo affrontato finora". Ma, invece dei sacrosanti tre punti, i partenopei sono tornati a casa soltanto con uno striminzito punticino, che peraltro allunga ulteriormente la striscia di imbattibilità di Walter Mazzarri, giunta a sette partite.
Il Napoli di Parma ha giocato davvero bene, in particolare nel corso di un primo tempo dominato in lungo e in largo. German Denis - autore del bel gol dello 0-1 (nella foto qui sopra) - ha dimostrato la necessità di un centravanti di peso per offrire maggiore efficacia e incisività al gioco offensivo della squadra; Hamsik e Maggio hanno mandato in confusione totale i parmigiani con i loro scambi e le sovrapposizioni sulla fascia destra (la famosa "catena di destra" teorizzata da Mazzarri...); Gargano e Pazienza hanno dominato in mezzo al campo con grinta e dinamismo; persino Quagliarella - pur mangiandosi due gol - s'è dato molto da fare, giovandosi a sua volta della presenza di Denis poco più avanti. Peccato, dunque, perché con un po' di cattiveria e concretezza in più e qualche onanistico narcisismo in meno - tacendo del succitato arbitro... - adesso il Napoli si troverebbe a ridosso del quarto posto, in una classifica che, dalla seconda all'undicesima piazza, resta comunque cortissima e aperta ancora a qualunque inserimento e capovolgimento.

venerdì 27 novembre 2009

copa sudamericana: ldu quito - fluminense 5-1

Di Diego Del Pozzo

Mercoledì notte, nella finale d'andata della Copa Sudamericana 2009, la Liga Deportiva Universitaria di Quito ha messo una serissima ipoteca sulla conquista del trofeo, battendo 5-1 i brasiliani del Fluminense nel ribollente entusiasmo della Casa Blanca.
Adesso, nel ritorno in programma mercoledì prossimo al Maracana, al Tricolor servirebbe un autentico miracolo per ribaltare la situazione, tenendo anche conto del fatto che un improbabile 4-0 a favore servirebbe soltanto a prolungare il match fino ai supplementari, dato che il regolamento della finale non considera doppi i gol segnati in trasferta.
La gara d'andata giocata ai 2.800 metri di altitudine di Quito, comunque, non ha avuto assolutamente storia, nonostante i brasiliani si fossero portati in vantaggio con Marquinho dopo soli venti secondi. Da quel momento, infatti, la LDU ha preso in mano la partita, aggredendo letteralmente i malcapitati giocatori del Fluminense e bombardando per tutti i novanta minuti la porta del povero Rafael. Grinta, velocità e solidità anzitutto mentale sono state le armi in più della Liga, anche se l'assoluto protagonista del match è stato un inarrestabile Edison Mendez (nella foto in alto, festeggiato dal compagno Claudio Bieler), autore di una spettacolare tripletta - con tanto di "magata" di un raccattapalle sulla prima rete - nonché dell'assist per il quarto gol segnato dall'appena entrato Franklin Salas. Ci ha pensato, infine, il "vecchio" Ulises De La Cruz a siglare la quinta e conclusiva marcatura con un tremendo bolide dai venti metri a incrociare sotto la traversa.
Il confronto tra ecuadoriani e brasiliani si presentava come rivincita della finale di Copa Libertadores 2008, che la Liga conquistò, un po' a sorpresa ma meritatamente, proprio contro il Fluminense. Dopo la gara d'andata, però, è molto probabile che, pure stavolta, si arriverà alla stessa squadra vincitrice. E, da parte loro, gli uomini del profe uruguayano Jorge Fossati potrebbero entrare definitivamente nella storia del calcio sudamericano, mettendo in bacheca, nel giro di un anno e mezzo, un incredibile tris di trofei: la Sudamericana 2009, dopo Libertadores e Recopa dello scorso anno.

giovedì 26 novembre 2009

la mentalità europea della fiorentina

Di Diego Del Pozzo

Chiacchierando col mio amico Pippo, oggi pomeriggio sono stato portato, da lui, a riflettere su un aspetto interessante del disastroso ultimo turno disputato dalle squadre italiane in Champions League: soltanto la Fiorentina di Cesare Prandelli, sulla carta la più debole del quartetto italiano, è dotata di un gioco realmente europeo, che le deriva anche da una mentalità simile a quella dei club dominanti a livello continentale, pur non potendo contare sul loro medesimo livello tecnico (e sui loro medesimi mezzi economici, andrebbe aggiunto).
La Fiorentina, non a caso l'unica italiana già qualificata per gli ottavi di finale (qui sopra, il decisivo calcio di rigore trasformato da Vargas contro il Lione; più sotto, l'esultanza dopo il gol), scende in campo sempre per vincere, gioca a viso aperto, privilegia la qualità rispetto alla quantità, la tecnica e la velocità rispetto alla forza atletica e alla potenza fisica. Da quando, di fatto, non esiste più la Roma di Luciano Spalletti - la squadra più europea tra quelle italiane degli ultimi anni, come certificato anche dai risultati, oltre che dalla disposizione mentale - sono proprio i viola, infatti, ad adattarsi meglio ai match internazionali, nonostante una rosa neanche minimamente paragonabile, per esempio, a quelle dei tre squadroni del Nord con la maglia a strisce verticali.
La principale pecca degli uomini di Prandelli, cioè la mancanza di esperienza a livello europeo, è stata eliminata in modo naturale, grazie alle tante gare disputate fuori confine nelle ultime due stagioni, tra Champions League e una Coppa Uefa (oggi Europa League) disputata fino alle semifinali. Oggi, dunque, la Fiorentina è una squadra che sa davvero come si gioca in Europa, a differenza di qualche altra compagine italiana, che continua a dominare in campo nazionale e a rimediare magrissime figure oltre confine. Nonostante un allenatore che, caso più unico che raro, guadagna addirittura più dei suoi comunque strapagati giocatori.

mercoledì 25 novembre 2009

barcellona-inter: due categorie di differenza

Di Diego Del Pozzo

La presunta nuova "Grande Inter", che avrebbe dovuto compiere il salto di qualità europeo nell'occasione più importante, in realtà era già sparita dal terreno di gioco del Camp Nou - ieri sera, nel big match di Champions League contro il Barcellona - dopo soli venticinque minuti, sotto di due gol ma soprattutto seppellita, letteralmente, dalla valanga blaugrana e dal suo gioco lussureggiante e talmente armonioso da togliere il fiato (qui sotto, l'esultanza dei giocatori di casa).
Distrutta, umiliata, persino ridicolizzata, la squadra allenata da José Mourinho ha subìto un'autentica lezione di calcio per l'intero primo tempo (qui sotto, Eto'o distrutto dalla delusione), trasformatosi in un incubo per i giocatori interisti, totalmente frastornati da avversari che gli arrivavano da tutte le parti e gli palleggiavano in testa, ma in delizia succulenta per i palati degli appassionati del bel gioco.
E pensare che a Pep Guardiola mancavano Messi e Ibrahimovic! Ma proprio Guardiola ha mostrato che, quando si ha un'idea chiara di gioco e un'identità ben precisa, si può far fronte a qualunque assenza. Così, il giovane Pedrito ha fatto venire il mal di testa a Maicon, mentre dall'altra parte i continui accentramenti di un immenso Iniesta e le sovrapposizioni prepotenti di Dani Alves hanno mandato il povero Chivu al manicomio.
Certo, magari l'Inter riuscirà ancora a qualificarsi per gli ottavi di finale della Champions League, battendo a San Siro il Rubin Kazan neo-bi-campione russo; però, dalla serata di ieri i nerazzurri e il loro celebrato allenatore escono letteralmente a pezzi. In particolare, colui che avrebbe dovuto rappresentare il surplus per l'avventura europea interista, cioè lo strapagato Mourinho, è stato persino umiliato dall'acutissimo ma sempre umile "giovane maestro" Guardiola (qui sopra, accanto all'appannato rivale), che a differenza del portoghese avrebbe davvero qualche ragione per auto-definirsi Special One, avendo vinto al primo anno in panchina tutti i trofei ai quali ha partecipato. Ma Pep queste cose non le fa. Lui è una persona seria...

la disfatta dell'inter sulla stampa


martedì 24 novembre 2009

pensiero della settimana: strumentalizzazioni

Di Diego Del Pozzo

Non mi sembra molto bello e nemmeno tanto eticamente corretto che un allenatore di esperienza e carisma come José Mourinho strumentalizzi un ragazzo di nemmeno vent'anni, Mario Balotelli, per provare a mettere ulteriore pressione sulla Juventus e sugli organi di giustizia sportiva, in vista del big match in programma tra quindici giorni. Soprattutto se, pochi minuti prima, aveva affermato che "il ragazzo deve imparare a convivere con le provocazioni"...
Credo, infatti, che sarebbe stato molto più bello e molto più eticamente corretto se l'allenatore portoghese avesse difeso, senza se e senza ma, il suo giovane calciatore dai vergognosi cori dei quali è stato oggetto domenica sugli spalti dello stadio Olimpico di Torino. Magari riservandosi per un'altra occasione quello che va senz'altro catalogato tra i suoi ormai celeberrimi, ma spesso fastidiosi, mind games. Non si fanno "giochetti mentali" sulla pelle di un ragazzo.

lunedì 23 novembre 2009

il mistero poco buffo di fabio quagliarella

Di Diego Del Pozzo

Adesso la situazione sì che sta diventando preoccupante: Fabio Quagliarella continua a giocare male e a non segnare, lasciando spesso e volentieri il Napoli in dieci uomini, a causa di un'apatìa assolutamente inspiegabile (qui sotto, nella gara di ieri contro la Lazio).
Cosa sta succedendo, dunque, al bomber che, in estate, era giunto in città con l'impegnativo "titolo" di acquisto più costoso dell'intera storia del Napoli? Si tratta di un problema fisico-atletico? Di emozione che lo blocca, per il solo fatto di vestire la maglia della squadra del cuore e di giocare a venti minuti da casa sua? Di questioni tecnico-tattiche? Fatto sta che, dopo ben tredici partite di campionato (e soli tre gol segnati), Quagliarella appare ancora come un corpo estraneo rispetto al resto della squadra. E a preoccuparmi di più è soprattutto il fatto che, per rivitalizzarlo, non sono bastati nemmeno i quindici giorni trascorsi ad allenarsi, durante la sosta per le Nazionali, con Mazzarri che, in pratica, lo ha seguito e curato quasi come se fosse il suo allenatore personale: infatti, nemmeno nello scialbo 0-0 casalingo con la Lazio Fabio ha mostrato apprezzabili segnali di vita agonistica né lasciato significative tracce di sé.
Certo è che, se davvero il Napoli intende coltivare sogni di qualificazione per le coppe europee, non può permettersi ancora per molto tempo di giocare senza quello che sarebbe dovuto essere il suo attaccante più prolifico...

domenica 22 novembre 2009

il grande ritorno di francesco totti

Di Diego Del Pozzo

Il grande ritorno di Francesco Totti, quarantanove giorni dopo l'infortunio subìto nel match contro il Napoli (subìto, peraltro, proprio mentre segnava un gol), è l'evento caratterizzante della giornata odierna di Serie A. Non è da tutti, infatti, rientrare in campo, dopo più di un mese e mezzo di assenza e un'operazione al ginocchio, segnando ben tre reti in soli ventotto minuti di gioco; e segnarli, per di più, contro quella che era e resta la migliore difesa del campionato italiano, cioè quella del Bari di Giampiero Ventura (soli dieci gol al passivo).
Ebbene, è persino superfluo sottolineare come "l'arte calcistica" di Francesco Totti non sia cosa da tutti e cosa di tutti i giorni: appare assolutamente coerente con la sua immensa classe e rispettoso del livello di eccellenza al quale continua a esprimersi a 33 anni di età, dunque, che Er Pupone abbia voluto scegliere questo modo assai poco scontato per rituffarsi nell'agòne; un modo roboante che, tra fulmini e saette (si veda il suo terzo gol odierno...), lo ripropone da subito nello scomodo e invidiato ruolo di "miglior calciatore italiano in attività".
Ma è inutile dilungarsi ulteriormente in scontati - seppur sentiti nell'intimo - peana nei confronti di un giocatore che, se solo avesse indossato la maglia a strisce verticali di una delle tre grandi del Nord Italia, sarebbe entrato nella leggenda del calcio. Bastino semplicemente alcuni numeri, per certificarne una volta di più l'assoluta magnificenza calcistica: con la tripletta contro il Bari, infatti, Francesco Totti da Roma (o de Roma) arriva a 9 reti in campionato (capocannoniere assieme a Di Natale), siglate in sole 8 partite; quest'anno, poi, è già alla fantascientifica quota di 18 gol in 13 gare; in totale, quindi, giunge a 187 marcature in Serie A, ottavo assoluto, con Signori a +1 e Hamrin a +4, pur non essendo nato attaccante puro; infine, in maglia giallorossa ha totalizzato, finora, addirittura 237 gol.
Insomma, se il fisico e la salute continueranno ad assisterlo, la Roma farebbe bene a tenerselo stretto stretto fino alla scadenza del nuovo mega-contratto di cinque anni appena rinnovato. E, qualora ad aprile-maggio fosse ancora nelle attuali condizioni di forma, una sua convocazione in Nazionale per il Mondiale sudafricano dovrebbe essere addirittura certificata con apposita legge dello Stato, magari votata in Parlamento in maniera bi-partisan...

venerdì 20 novembre 2009

sudafrica 2010: il quadro delle qualificate

Di Diego Del Pozzo

Lasciamo per un attimo da parte le polemiche sul modo vergognoso nel quale la Francia s'è qualificata per il Mondiale sudafricano del prossimo anno, per fare un punto della situazione sulle 32 nazionali che parteciperanno al torneo.
Eccole, qui di seguito, divise per confederazioni calcistiche.
1) Africa: Sudafrica (Paese organizzatore), Ghana, Costa d'Avorio, Camerun, Nigeria, Algeria;
2) Europa: Olanda, Inghilterra, Spagna, Germania, Italia, Serbia, Danimarca, Svizzera, Slovacchia, Slovenia, Grecia, Portogallo, Francia;
3) Sud America: Brasile, Cile, Paraguay, Argentina, Uruguay;
4) Centro e Nord America: Stati Uniti, Messico, Honduras;
5) Asia: Corea del Sud, Corea del Nord, Giappone, Australia;
6) Oceania: Nuova Zelanda.
Come si sa, l'Australia ha preso parte alla fase di qualificazione asiatica, peraltro superandola brillantemente: per questo motivo l'ho inserita nell'Asia, anche se, dal punto di vista geografico, fa parte dell'Oceania.
Sulla carta, comunque, quello sudafricano potrebbe essere davvero un grande Mondiale, poiché ci saranno praticamente tutte le "grandi" tradizionali dell'universo pallonaro: sono riusciti a tener dentro persino la Francia, che fa parte del ristretto club - solo sette squadre nazionali - di coloro che, finora, sono riusciti a vincere almeno un'edizione della Coppa del Mondo. E, dunque, potevano mai mancare, i transalpini, per far posto alla piccola Irlanda? Che vadano a giocare a rugby, questi fastidiosi irlandesi...

giovedì 19 novembre 2009

anacronismi...

Di Diego Del Pozzo

La partita di spareggio tra Francia e Irlanda e il vergognoso nonché decisivo fallo di mano di Thierry Henry rischiano di trasformarsi in un pericoloso precedente per tutto il mondo del calcio, qualora la FIFA decidesse di accettare la richiesta della Federcalcio irlandese di ripetere il match. Richiesta che, dal punto di vista regolamentare, non sta né in cielo né in terra, poiché non vi è stato alcun errore tecnico della terna arbitrale, bensì una semplice - seppur clamorosa e decisiva - svista.
E pensare che tutto questo caos è provocato dall'anacronistico ostracismo dei vertici del calcio mondiale nei confronti della moviola a bordo campo...
A tale proposito, mi piace ricordare una "battaglia" condotta da questo blog e da altri siti calcistici a favore di una tecnologia che consentirebbe di ridurre tantissimo gli errori arbitrali durante le partite, eliminando del tutto quelli clamorosi. Così, oggi come nei mesi scorsi, mi sento di gridare ancora: "Salviamo il calcio, vogliamo la moviola in campo!".

mercoledì 18 novembre 2009

sudafrica 2010: furto con scasso alla francese

Di Diego Del Pozzo

Raymond Domenech è un uomo fortunato. Gli astri da lui tanto amati, infatti, lo hanno salvato per l'ennesima volta, evitandogli quell'esonero meritato nonché desiderato dalla Francia intera, stanca di una gestione tecnica della nazionale umorale e contraddittoria, capace in questi anni di depauperare un patrimonio umano che ha pochi eguali al mondo, con scelte assurde e ingiustificate (ingiustificabili) da parte del discusso commissario tecnico.
Domenech e la Francia, però, stasera non hanno fatto di certo una bella figura, riuscendo a scippare letteralmente la qualificazione all'Irlanda di Giovanni Trapattoni, grazie a un gol apparso irregolare a causa di un ripetuto controllo di mano, volontario, del capitano Henry prima del suo cross per l'intervento vincente di Gallas (qui sopra, nella foto, il vergognoso fallo di mano di Henry; qui a lato, l'imbarazzata prima pagina del quotidiano francese L'Equipe): a quel punto, in pieni tempi supplementari, l'Eire era ancora in vantaggio per 1-0 in trasferta (con gol di Robbie Keane) e aveva pareggiato la sconfitta casalinga di sabato sera; i rigori si avvicinavano sempre di più; l'inerzia del match era tutta dalla parte degli uomini del Trap, che avrebbero potuto affrontare i tiri dal dischetto con uno stato d'animo senz'altro più rilassato rispetto ai francesi, impauriti e sconfortati, tra l'altro, dal clima di montante contestazione che aveva trasformato lo Stade de France di Saint Denis quasi in un ostacolo in più da superare. Per tutti i 120 minuti, Trapattoni (nella foto in basso a destra) ha dato un'autentica lezione di tattica al suo collega - spero che il Trap non si offenda... - francese, schierando una formazione aggressiva, meglio motivata, veloce nelle ripartenze ed estremamente abile nel gioco sulle fasce, dove Lawrence e Duff distruggevano letteralmente Evra e Sagna.
Invece, la vergognosa furbata di un Henry poi sorridente e strafottente fino al fischio finale - ma questa macchia resterà impressa sulla sua gloriosa carriera, persino più della celeberrima testata di Zidane - consentiva alla Francia di approdare, immeritatamente, alla fase finale del Mondiale 2010, estromettendo un'Irlanda generosissima seppur decisamente più limitata rispetto ai transalpini. Ma il punto è proprio questo: col materiale umano a disposizione, i vicecampioni del mondo in carica non avrebbero mai dovuto ridursi ai tempi supplementari dello spareggio, bensì avrebbero dovuto vincere il proprio girone, peraltro non certo tra i più difficili.
Nelle altre gare di spareggio europee, però, c'è anche chi ha fatto peggio della Francia. E il riferimento è all'ambiziosa Russia di Guus Hiddink, che il presidente-ombra della Federcalcio russa, Roman Abramovich, voleva addirittura in missione per vincere il Campionato del mondo: certo, magari prima sarebbe stato opportuno qualificarsi alla fase finale, invece di farsi eliminare da una squadra poco più che discreta come la Slovenia! Negli altri due spareggi europei, poi, la Grecia compie l'ennesima impresa, andando a vincere 1-0 in Ucraina ed eliminando Shevchenko e compagni: nuovo miracolo di un grande allenatore come Otto Rehhagel, che a differenza di Domenech punta sul lavoro e non sull'aiuto degli astri o di quella che Maradona battezzò "Mano de Diòs" (ma la sua lo fu davvero...). Ultima qualificata europea è il Portogallo, che come da pronostico batte la comunque interessante Bosnia (Dzeko-Misimovic-Ibisevic) e riesce a ovviare alla pesante assenza di Cristiano Ronaldo (qui sotto, la gioia di Raul Meireles dopo aver segnato il gol decisivo). Già detto dell'Africa - dove l'Algeria raggiunge i padroni di casa del Sudafrica e le qualificate Ghana, Costa d'Avorio (stasera 2-2 fuori casa, in amichevole contro la Germania), Camerun, Nigeria - va registrato l'approdo al Mondiale del prossimo anno anche da parte dell'Uruguay, che pareggia 1-1 col Costarica dopo averlo battuto a domicilio (0-1) nello spareggio d'andata. Gli uomini di Tabarez hanno dovuto soffrire non poco e sono stati aiutati anche dal clima rovente sugli spalti e a bordo campo.
Con la qualificazione della Celeste (qui sopra, la gioia del capitano Diego Lugano, dopo il fischio finale), anche il contingente sudamericano appare di tutto rispetto, dato che potrà schierare Brasile, Cile, Paraguay, Argentina e, appunto, Uruguay.

dopo le polemiche l'algeria va ai mondiali

Di Diego Del Pozzo

L'Algeria si qualifica per il Mondiale sudafricano del prossimo anno, al termine della partita di spareggio con l'Egitto disputata in campo neutro in Sudan, a Omdurman, città sull'altra sponda del Nilo rispetto alla capitale Khartoum.
Questo match tanto atteso e temuto, a causa delle gravi violenze dei giorni scorsi sfociate quasi in incidente diplomatico tra le due nazioni, è stato deciso dal gol del difensore Anthar Yahia a cinque minuti dalla fine del primo tempo, con un gran tiro di controbalzo a incrociare sotto la traversa dopo aver raccolto un cross dalla trequarti. Poi, l'Algeria ha difeso con i denti il punteggio di 1-0, contro un Egitto comunque decisamente deludente che, infatti, ha rischiato un paio di volte di incassare pure il secondo gol.
Nonostante il gioco duro e l'agonismo spesso sopra le righe, la partita si è svolta e conclusa regolarmente, smentendo i timori della vigilia. Adesso, però, mentre l'Algeria intera è in festa per la terza partecipazione della sua storia a una fase finale mondiale (dopo i precedenti del 1982 e 1986), la speranza di tutti gli appassionati di calcio (e non soltanto) è che nel dopo-gara non si verifichino incidenti o violenze.
Lo spareggio sudanese, in ogni caso, ha definito il contingente africano per il Mondiale 2010: così, assieme ai padroni di casa del Sudafrica, saranno presenti squadre di ottimo livello e giuste ambizioni come Ghana, Costa d'Avorio, Camerun, Nigeria e Algeria. E penso proprio che stavolta potranno, finalmente, dare filo da torcere a tutte le altre partecipanti. Vedremo...

martedì 17 novembre 2009

prima di egitto-algeria ci fu honduras-el salvador

Di Stefano Olivari
(Indiscreto - 16 novembre 2009)

Le partite delle nazionali hanno un pubblico migliore rispetto a quelle dei club? Nonostante la prospettiva deformata dalla realtà italiana, dove il nazionalismo (con anche i suoi aspetti positivi) ha sempre riguardato una minoranza, la risposta è no. Lo spareggio mondiale fra Egitto ed Algeria, mercoledì sul neutro di Karthoum (Sudan), ricorda per certi versi lo storico incontro di quaranta anni fa fra Honduras e El Salvador. La materia del contendere ai tempi, premesso che entrambi i paesi erano governati da dittature e che quindi non era facile individuare i "buoni" della situazione, era l'emigrazione di disoccupati e contadini salvadoregni nel leggermente meno povero Honduras.
8 giugno 1969, andata dello spareggio per andare in Messico all'Estadio Nacional di Tegucigalpa. La notte prima della partita i tifosi dell'Honduras hanno preso d'assalto l'albergo della squadra rivale: sassate alle finestre, clacson, minacce varie. Poi gomme tagliate al pullmann, e via di questo passo. Il più debole (sulla carta) El Salvador riesce sul campo a limitare il passivo ad un solo gol di scarto dopo una drammatica battaglia, con il sostantivo "battaglia" per una volta non abusato. Ritorno a San Salvador il 15 giugno, in un clima di vendetta. Notte della vigilia con trattamento resituito all'Honduras e assedio all'albergo. I giocatori dell'Honduras raggiungono lo stadio Flor Blanca a bordo di carri armati, circondati da gente inferocita. Clima incendiario e sugli spalti incidenti ancora più gravi che all'andata con decine di feriti. Il risultato? Tre a zero per i padroni di casa e spareggio, visto che ai tempi la differenza reti non conta.
Due settimane di messaggi criminali pubblici e di ritorsioni private, in attesa del 27 giugno. Presso l'Azteca di Città del Messico si schierano migliaia di poliziotti (diecimila secondo alcune fonti), ma la guerriglia urbana esplode lo stesso e la città viene devastata. Vince El Salvador tre a due ai supplementari e la sera l'Honduras rompe le relazioni diplomatiche. Non finisce lì, perché l'Honduras incomincia ad espellere in massa gli immigrati salvadoregni e il 14 luglio l'aviazione salvadoregna inizia a bombardare i vicini, mentre l'esercito passa il confine. Una settimana di guerra totale, passata alla storia come "Guerra delle Cento Ore" o "Guerra del Calcio", che coinvolge militari e civili e che porta alla morte di quasi 5mila persone.
Una guerra fra tirannelli il cui contesto è stato descritto benissimo da Ryszard Kapuscinsky nel suo La prima guerra del football. Fra i vari protagonisti della vicenda rimane nella memoria, in negativo, il colonnello Lopez Arellano dittatore dell'Honduras: visti i suoi finanziatori (la United Fruit, una multinazionale che commerciava in frutta: dopo varie fusioni e cambi di nome l'azienda è la Chiquita dei giorni nostri), il suo paese fu definito "Repubblica delle banane" e la definizione è stata adattata poi anche ad altre latitudini. Un po' per via di Woody Allen e molto per la popolarità del calcio, che ha evitato che quella si sia trasformata in una delle mille guerre dimenticate.

lunedì 16 novembre 2009

egitto-algeria: continuano le violenze

Di Diego Del Pozzo

La situazione resta ancora incandescente, sia al Cairo che ad Algeri, a quasi quarantotto ore dalla vittoria dell'Egitto sull'Algeria per 2-0 nel match conclusivo del loro girone di qualificazione per i Mondiali sudafricani del prossimo anno (qui sotto, un intenso momento della gara).
Già prima della partita - con la quale i Faraoni sono riusciti ad acciuffare per i capelli, addirittura al novantacinquesimo minuto, la possibilità di disputare il decisivo spareggio di mercoledì - vi erano stati scontri tra le due tifoserie, con quella algerina prima aggredita dai supporters di casa e poi impegnata in un "contrattacco" altrettanto cruento. Nella notte, quindi, le violenze sono proseguite e cresciute di intensità, soprattutto ad Algeri, dove la rabbia dei tifosi è stata alimentata anche dalle voci - ancora piuttosto confuse, per la verità - di diversi morti tra i sostenitori algerini presenti al Cairo. In serata, infatti, sono state prese d'assalto e parzialmente incendiate persino le sedi di alcune compagnie egiziane in terra algerina, come Orascom ed Egypt Air. E nuovi incidenti si sono verificati anche al Cairo e in alcune capitali europee dove le componenti algerina ed egiziana sono particolarmente folte.
A questo punto, la FIFA e le diplomazie dei due Paesi dovranno gestire con estrema cautela l'avvicinamento alla decisiva partita di mercoledì, che si disputerà in campo neutro in Sudan e darà la qualificazione a Sudafrica 2010 a una soltanto delle due squadre.

domenica 15 novembre 2009

qualificazioni mondiali: thriller africano

Di Diego Del Pozzo

Mentre in Europa si disputava l'andata degli spareggi tra le migliori seconde dei vari gironi, nel resto del mondo le qualificazioni per Sudafrica 2010 hanno offerto grandi emozioni e alcuni verdetti sorprendenti.
In particolare, è stata l'Africa a proporre, più che semplici partite di calcio, autentici thriller. Innanzitutto, vanno registrate le clamorose rimonte di due favorite della vigilia, Camerun e Nigeria, che sono riuscite ad avere la meglio sulle rivali dei rispettivi gironi soltanto al termine della giornata conclusiva. Nel suo gruppo, infatti, il Camerun ha superato un Marocco allo sbando (2-0, con reti di Webo ed Eto'o, qui sopra esultante al fischio finale) mentre il Togo batteva 1-0 il Gabon: e da quando Paul Le Guen ha preso possesso della panchina dei Leoni Indomabili, i suoi giocatori hanno vinto cinque partite su cinque, segnando undici gol e subendone soltanto uno, recuperando una qualificazione che sembrava persa. Ha destato anche maggiore scalpore, però, la qualificazione delle Super Aquile nigeriane, che soltanto a pochi minuti dalla fine sono riuscite a superare in classifica la Tunisia, che nel frattempo si "suicidava" perdendo 1-0 in Mozambico e vanificando i due punti di vantaggio in classifica (mentre la Nigeria vinceva 3-2 in Kenia con due gol di "Oba Oba" Martins e la scavalcava sul filo di lana).
Il thriller africano più atteso, però, era probabilmente quello in programma tra Egitto e Algeria, due giganti del Continente, divisi da un'acerrima rivalità riesplosa nei giorni scorsi in atti di violenza che avevano quasi fatto saltare il match decisivo. Una sconfitta di misura sarebbe stata sufficiente agli algerini per qualificarsi, mentre i padroni di casa avevano bisogno di vincere con tre gol di scarto. Ebbene, i Faraoni hanno chiuso l'incontro sul 2-0, con reti di Zaki dopo due minuti e Meteab addirittura al novantacinquesimo (qui sotto, l'esultanza dei giocatori egiziani al termine della partita): il risultato determina un'assoluta parità in classifica e manda le due squadre a uno spareggio in gara secca, previsto per mercoledì in Sudan.
Con la qualificazione di Camerun e Nigeria, dopo Ghana e Costa d'Avorio e in attesa di una tra Egitto e Algeria, il contingente africano a Sudafrica 2010 - con i padroni di casa, ovviamente, qualificati di diritto - si presenta più agguerrito e qualitativo che mai. Magari, il primo Mondiale disputato in Africa potrebbe proporre, finalmente, il definitivo salto di qualità di un movimento calcistico atteso da troppo tempo ai massimi livelli.
Ps: A proposito di qualificazioni mondiali squilibrate per motivi unicamente geo-politici, infine, non posso fare a meno di sottolineare che, mentre due ottime squadre come Egitto e Algeria si giocheranno un solo posto per il Sudafrica, i dilettanti della Nuova Zelanda vi si sono qualificati superando 1-0 il Bahrain nello spareggio di ritorno Asia-Oceania. Mah!

venerdì 13 novembre 2009

pensiero della settimana: proprietà privata

Di Diego Del Pozzo

Qualcuno in Federazione - magari il presidente Abete? - dovrebbe spiegare all'ineffabile commissario tecnico Marcello Lippi che la nazionale italiana di calcio non è un club privato di sua proprietà, ma appartiene innanzitutto ai tifosi.
Lui deve semplicemente gestirla, fino a scadenza di contratto. Ma non deve e non può considerarla proprietà privata, utilizzando come "arma di ricatto" il titolo di campione del mondo vinto ormai quasi quattro anni fa in Germania.

mercoledì 11 novembre 2009

il suicidio di robert enke e lo shock di una nazione

Di Marco Degl'Innocenti

Robert Enke, il portiere della nazionale tedesca e dell'Hannover suicidatosi ieri, gettandosi sotto un treno, era affetto da una profonda depressione. E' stato rivelato stamattina in una commovente conferenza stampa indetta dal club tedesco, cui hanno partecipato la vedova Theresa e lo psicoterapeuta Valentin Markser che lo aveva in cura. Particolarmente commovente la testimonianza della vedova, che ha ricordato come la depressione fosse comparsa in lui dopo gli insuccessi sportivi a Barcellona e ad Istanbul: "Quando era nella fase acuta di depressione sono stati momenti molto difficili, perché gli mancava ogni motivazione e speranza".
Già nel 2003 Enke si era rivolto allo specialista, dopo alcuni mesi sembrava guarito, ma negli ultimi tempi la depressione era ritornata a farsi sentire profondamente. Soprattutto dopo la sua non ancora chiarita infezione batterica, che lo aveva tenuto lontano dal calcio per molto tempo: "Il calcio per lui era tutto - ha detto la moglie - e ora temeva di perderlo a causa della depressione e di perdere anche la nostra figlioletta adottiva Leila, quando avesse capito di avere un padre depresso". Teresa ha aggiunto di aver fatto di tutto per stargli vicina, per convincerlo che il calcio non era tutto nella vita. Il dottor Markser, dopo aver precisato che il portiere aveva recentemente rifiutato l'invito a farsi ricoverare per un trattamento specifico in clinica, ha anche aggiunto che nella lettera di addio il giocatore si scusava "per avere consapevolmente ingannato tutti, per poter portare a compimento il suo piano di suicidarsi".
Questa mattina in segno di lutto il c.t. Loew ha annullato il previsto allenamento. E nel pomeriggio è stato deciso di cancellare l'amichevole di sabato sera a Colonia tra la Germania e il Cile. "La squadra è sotto shock - ha spiegato il presidente federale Theo Zwanziger - e non c'è tempo di rielaborare il lutto: in queste condizioni non è possibile giocare". E Oliver Bierhoff, team manager della Nazionale, ha commosso tutti mettendosi a piangere durante la conferenza, incapace di proseguire dopo aver spiegato "che mai avevamo avuto sentore che la situazione potesse essere così grave". Tutta la squadra è stata messa in libertà: il ritiro riprenderà domenica, dopo che i giocatori avranno partecipato ai funerali di Enke.
[...] Profondo il dolore, accanto all'incredulità, ad Hannover, la città nella cui squadra Enke giocava. I tifosi si sono radunati già nella tarda serata di martedì, subito dopo che la triste notizia era stata diffusa, davanti alla sede della società. Mano a mano sono stati deposti mazzi di fiori, accese candele, le cui fiammelle hanno formato sulla strada un grande numero "96", quello che fa parte del nome ufficiale della squadra, ricordando la sua data di fondazione, il 1896. [...] Anche stamattina numerosi tifosi erano davanti alla sede del club. In una prima conferenza stampa della polizia di Hannover, già nella tarda serata di martedì, sono stati resi noti alcuni dettagli che hanno confermato, come ribadito dagli inquirenti stessi, il suicidio.
Il calciatore, dopo aver lasciato nella tarda mattinata il campo dove aveva regolarmente effettuato un allenamento con il preparatore dei portieri dell'Hannover, Joerg Sievers, non è tornato a casa. Il suo procuratore, Joerg Neblung lo ha cercato a lungo al cellulare, ma non ha avuto risposta: "Abbiamo avuto paura - ha detto - ho mandato sua moglie Theresa a cercarlo in giro ed ho allarmato la polizia". Evidentemente anche chi gli stava più vicino sapeva che Robert stava attraversando un momento poco felice. Secondo il quotidiano Bild il giocatore, figlio di uno psicologo, da qualche tempo si stava sottoponendo ad una psicoterapia: "Un paio di giorni fa abbiamo parlato molto insieme - ha riferito il medico della squadra, Wego Kregehr - gli ho detto che dopo l'infezione batterica che l'aveva colpito ormai tutto era tornato a posto. Non mi ha mai detto o fatto capire di avere problemi psicologici". Oggi in conferenza stampa si è presentata la moglie Theresa, visibilmente scossa, con lo psichiatra che aveva in cura il portiere. Theresa ha confermato i problemi psicologici: "Era molto depresso. Non lo sapevano in molti, ma era in cura da uno psichiatra da tempo".
Enke non è tornato a casa. Ha diretto la sua Mercedes fuoristrada verso una stradina ai lati della ferrovia, vicino alla stazione di Elvese, ad un paio di chilometri dalla sua casa, nel paese di Empede, vicino ad Hannover. Su uno dei sedili dell'auto il portiere ha lasciato il suo portafogli e non ha chiuso a chiave le portiere, prima di allontanarsi per raggiungere la linea ferroviaria e percorrere a piedi qualche decina di metri lungo la massicciata. Alle 18.47 è stato travolto dal regionale che da Brema andava ad Hannover, ad una velocità di 160 km orari. Il macchinista si è accorto, ma ovviamente troppo tardi, che una persona, pochi metri davanti la sua cabina, si stava gettando sui binari. Vigili del fuoco e polizia sono stati allertati subito e in pochi minuti hanno raggiunto il treno, che nel frattempo aveva frenato la sua corsa. La polizia ha subito avvertito la moglie Theresa, che si è recata sul luogo della tragedia e non ha resistito allo choc dopo aver visto il corpo del marito, tanto che è stata subito soccorsa da una equipe medica.
"Prima che uno venga portato a una situazione che può diventare ancora più infelice, è meglio darci un taglio definitivo": queste parole di Robert Enke, ricordate dal sito del settimanale Focus, risalgono al 2003 e suonano, adesso, come un tragico presagio. Enke e sua moglie Theresa, nel 2006 avevano perso la loro figlioletta Lara, due anni, dopo un calvario di operazioni per una malattia cardiaca. Nello scorso maggio i coniugi avevano adottato Leila, che oggi ha otto mesi. Ma forse il dolore per la perdita della prima figlia era rimasto incolmabile. Il luogo dove Enke si è tolto la vita è a breve distanza dal cimitero ove è sepolta la piccola Lara.

martedì 10 novembre 2009

differenze di... altitudine

Di Diego Del Pozzo

Poiché ieri si sono celebrati i vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino, mi sembra appropriato riproporre anche qui questa significativa citazione "in tema" che ho trovato nel Blob della settimana sul sito Gazzetta.it. Eccola: "C'è una differenza di altitudine tra le due città che potrebbe essere dannosa per la nostra prestazione. E due giorni a Dresda non basterebbero per ambientarci". Letta così, la frase non significa nulla e, dunque, va rapidamente spiegata.
Si tratta della storica giustificazione che diede Wilhelm Neudecker, il presidente del grande Bayern Monaco degli anni Settanta, in occasione del match di ritorno con la Dynamo Dresda (qui a lato il logo del club) valido per gli ottavi di finale della Coppa dei Campioni 1973. Il massimo dirigente bavarese, infatti, giustificò così la sua decisione di far dormire il Bayern, la sera prima della partita, nella cittadina di Hof, poco distante dal confine Ovest-Est, piuttosto che a Dresda. Il dettaglio esilarante - ma indicativo del clima che si respirava all'epoca, anche nel mondo dello sport - è quello riguardante l'altitudine media di Dresda, 112 metri, decisamente minore rispetto a quella media di Monaco di Baviera: 529 metri. Il sito de La Gazzetta dello Sport ha ripreso, a sua volta, questa curiosità d'epoca dal quotidiano Il manifesto.

lunedì 9 novembre 2009

una inarrestabile macchina da gol

Di Diego Del Pozzo

E sono trentasei! Sì, perché con la quaterna di sabato pomeriggio allo stadio Molineux di Wolverhampton contro i Wanderers (1-4), lo scoppiettante Arsenal di questo inizio stagione è arrivato già a 36 gol segnati in 11 gare di Premier League disputate (qui sotto, il capitano Cesc Fabregas subito dopo la sua rete realizzata ai Wolves). Se dovesse continuare a questo ritmo, dunque, potrebbe diventare la prima squadra ad abbattere il "muro" dei 100 gol in un unico torneo di Premier.
E, volendo tornare più indietro nel tempo, l'Arsenal 2009-2010 ha anche la concreta possibilità di superare il record del club, risalente al campionato 1930-1931, quello del primo titolo conquistato dai Gunners nell'allora First Division sotto la guida del "mitico" manager Herbert Chapman: in quell'anno, infatti, grazie soprattutto al tridente d'attacco composto da Jack Lambert (38 gol), David Jack (31) e Cliff Bastin (28) - ma col supporto, naturalmente, anche di altri compagni come, per esempio, Joe Hulme (14 gol) - l'Arsenal raggiunse le 127 reti in 42 partite disputate, alla strabiliante media di 3.02 (qui nella foto, quella grande squadra in posa dopo la vittoria in campionato).
Sembra quasi incredibile, ma finora i ragazzi di Arsène Wenger stanno segnando a una media addirittura superiore: ben 3.27 gol a partita. Naturalmente, però, i tifosi dell'Arsenal si augurano che a fine campionato si possa raccogliere qualche titolo più rilevante di quello di squadra più prolifica di sempre... Magari proprio lo stesso titolo che il club riuscì a vincere in quel lontano 1931.

sabato 7 novembre 2009

un napoli grigio come la sua divisa, però...

Di Diego Del Pozzo

Un Napoli grigio come la sua divisa da trasferta esce comunque indenne dallo stadio "Massimino" di Catania, al termine di un match che lo ha visto subire quasi costantemente nei confronti dei padroni di casa etnei, i quali hanno offerto una commovente dimostrazione di attaccamento al proprio traballante allenatore Atzori. Lo 0-0 conclusivo, anche alla luce delle palle-gol sprecate dal Catania, è risultato non disprezzabile, soprattutto se si considera quanto segue:
1) Storicamente, il Napoli di De Laurentiis ha sempre sofferto di più contro le cosiddette "piccole", piuttosto che contro quegli avversari dotati di maggior tecnica, blasone e fascino;
2) Dopo la difficilissima settimana scorsa - tre partite in otto giorni, contro Fiorentina (vittoria in trasferta: 0-1), Milan (entusiasmante pareggio casalingo: 2-2) e Juventus (trionfo in trasferta: 2-3) - molti calciatori erano un po' scarichi mentalmente, prim'ancora che atleticamente (nella foto, Luca Cigarini circondato dai giocatori avversari);
3) Di fronte, gli uomini di Walter Mazzarri avevano un Catania quasi all'ultima spiaggia e, per questo, aggressivo e iper-motivato. E, indubbiamente, i siciliani hanno risposto meglio dei partenopei;
4) Più in generale, Catania è un campo sul quale, per condizioni "ambientali" e altro, non è mai così facile riuscire a vincere, anche per le cosiddette "grandi" della Serie A;
5) Ancora una volta, il Napoli ha giocato senza poter contare sul vero Fabio Quagliarella, cosa che in trasferta pesa certamente più che in casa, soprattutto in contesti "caldi" come quello catanese.
Insomma, io stesso avrei firmato alla vigilia per un pareggio contro il Catania, in modo da dare ulteriore continuità alla striscia di Mazzarri sulla panchina partenopea. Può andare bene così, dunque, nonostante un Napoli che - pure per merito degli avversari - ha fatto certamente meno di quanto era nelle sue possibilità.

venerdì 6 novembre 2009

lo spettacolo dell'arsenal, in attesa del week-end

Di Diego Del Pozzo

Domani pomeriggio (ore 18.30) l'Arsenal gioca in Premier League allo stadio Molineux contro il Wolverhampton. In questa trasferta non semplicissima cercherà di raccogliere i tre punti, attraverso la medesima proposta di calcio spettacolare che sta offrendo dall'inizio della stagione, in particolar modo quando si esibisce in casa.
In attesa del match di domani, dunque, godiamoci lo spettacolo offerto mercoledì sera in Champions League contro gli olandesi dell'AZ Alkmaar, nella splendida cornice londinese dell'Emirates Stadium.

giovedì 5 novembre 2009

un esempio di come la pensa (bene) mazzarri

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 5 novembre 2009)

La mentalità vincente di Walter Mazzarri emerge in modo chiaro anche da dettagli apparentemente poco importanti. Un buon esempio è rappresentato da quanto accaduto ieri mattina, quando il capitano Paolo Cannavaro e le tre stelle Hamsik, Lavezzi e Quagliarella erano attesi in pieno centro cittadino, nonostante a Castelvolturno fosse in programma un doppio allenamento, per girare uno spot promozionale commissionato da Mediaset Premium in vista del definitivo passaggio alla televisione digitale terrestre previsto per inizio dicembre.
Ebbene, come ampiamente pronosticato da chi conosce bene il vulcanico e pignolo tecnico toscano, sul set già allestito in piazza Monteoliveto (accanto al comando provinciale dei Carabinieri) non s'è visto nessuno dei calciatori "convocati" per l'improvviso impegno pubblicitario, nonostante lo storyboard già ben dettagliato (con l'indicazione delle singole scene che toccavano a ciascun atleta-attore), le tante comparse pronte per recitare assieme ai propri beniamini, le macchine da presa in pratica già accese e le maestranze dello Studio Rapa in azione da ore. Mazzarri, infatti, avrebbe posto il veto alla partecipazione dei quattro, contattando immediatamente il presidente Aurelio De Laurentiis - uno che di set e riprese se ne intende - e spiegandogli le proprie ragioni: che poi sono unicamente quelle del lavoro e della concentrazione. A Catania - deve essere stato il pensiero di Mazzarri - si gioca già sabato pomeriggio, con la trasferta verso la Sicilia prevista per domani: era fuori discussione, dunque, che quattro pilastri della squadra come Cannavaro, Hamsik, Lavezzi e Quagliarella potessero assentarsi a uno dei pochi altri allenamenti a disposizione per provare schemi e giocate da proporre contro la combattiva compagine etnea guidata dal traballante Atzori. Il Napoli - avrebbe fatto presente Mazzarri - doveva assolutamente allenarsi a ranghi compatti e, soprattutto, non perdere la concentrazione in vista di un impegno che lo stesso tecnico ha indicato come prova di maturità per la sua squadra. Così, nonostante l'impegno già preso con Mediaset, il presidente De Laurentiis s'è lasciato convincere, facendo prevalere l'uomo di calcio su quello di spettacolo e comunicazione.
Intanto, sul set napoletano di piazza Monteoliveto (nella foto, un dettaglio del set) si è dovuti passare, sotto la pioggia, a un imprevisto "Piano B", non senza qualche disappunto da parte della produzione. Il malandato Ape Piaggio "truccato" con i colori del Napoli è rimasto fermo in un angolino e senza autista: avrebbe dovuto guidarlo Cannavaro, facendo le veci di un venditore ambulante impegnato a promuovere il digitale terrestre. E gli scugnizzi convocati come comparse non hanno potuto sfidare nella prevista partitella in piazza Hamsik, Lavezzi e Quagliarella, che si sarebbero anche dovuti improvvisare antennisti per finzione.
Al momento, non si sa ancora quando lo spot potrà essere rigirato, poiché pure durante la prossima sosta per le gare delle nazionali tre dei quattro "calciattori" saranno fuori Napoli, impegnati con le selezioni dei rispettivi Paesi.

martedì 3 novembre 2009

pensiero della settimana: gol doppi...

Di Diego Del Pozzo

Il Milan, nella doppia sfida di Champions League col Real Madrid, ha dovuto segnare ben sei gol validi - quattro al Santiago Bernabeu e due a San Siro - per vedersene convalidare quattro: cioè, poco più del cinquanta per cento.
Forse, quando si gioca in Europa contro gli influentissimi blancos, la regola dei "gol doppi" - solitamente, quelli siglati in trasferta, a parità di gol totali nel doppio confronto - viene interpretata in questo modo...

lunedì 2 novembre 2009

juventus-napoli 2-3: le immagini

Di Diego Del Pozzo

A suggello di un week-end di Serie A che ha visto il Napoli recuperare in classifica tre punti sul Parma e due su Sampdoria, Palermo, Genoa e Udinese (tutte, presumibilmente, concorrenti dirette per il quinto e sesto posto finale e conseguente qualificazione alla Europa League), riviviamo le emozioni dell'impresa di Torino di sabato pomeriggio, quando gli azzurri hanno espugnato lo stadio Olimpico battendo la Juventus per 3-2 al termine di una clamorosa rimonta da 0-2. Ecco le immagini: buon divertimento!