mercoledì 28 luglio 2010

buone vacanze!

I miei blog vanno in vacanza per qualche giorno. In questo periodo potrebbero esserci aggiornamenti più o meno regolari, o forse no. Vedremo...
Per ora, auguro a tutti i lettori un'estate felice e riposante...

domenica 25 luglio 2010

napoli: cigarini come balotelli?

Di Diego Del Pozzo

Pare che nei prossimi giorni il Napoli voglia seguire la scia dell'Inter e cedere all'estero un suo giovane calciatore di talento come Luca Cigarini. Se la doppia cessione dovesse davvero concretizzarsi, saremmo di fronte a un imperdonabile errore delle due società, che si disfarrebbero di talenti ancora sulla rampa di lancio delle rispettive carriere.
Le motivazioni alla base delle due cessioni sono differenti: da un lato (Balotelli-Inter), i problemi ambientali e un rapporto ormai compromesso con l'ambiente; dall'altro (Cigarini-Napoli), la presunta inadeguatezza del regista azzurro alle idee tattiche del tecnico Walter Mazzarri, che preferisce schierare una coppia di centrocampisti centrali composta da mediani di quantità e dinamismo, per favorire la qualità offensiva sulle fasce e nel tridente offensivo.
Ma, mi chiedo perplesso, cosa succederà quando, tra due-tre anni, Mazzarri non sarà più l'allenatore del Napoli e il nuovo tecnico caldeggerà l'acquisto di un regista classico, facendo rimpiangere ai quadri societari l'affrettata cessione di quello che nel frattempo sarà, forse, diventato il "cervello" della Nazionale di Cesare Prandelli?

giovedì 22 luglio 2010

era destino...

A proposito dell'infortunio che rischia di far saltare la cessione dell'attaccante argentino German Denis dal Napoli all'Udinese per soli 4.5 milioni di euro, non posso fare a meno di riportare questo commento presente in calce all'articolo pubblicato sul sito del quotidiano Il Mattino. Lo riporto anche perché lo condivido in pieno: "Meno male che il padreterno - commenta l'anonimo lettore - sta cercando di rimediare alle cazzate dei nostri dirigenti!". Parole sante... (d.d.p.)

mercoledì 21 luglio 2010

punture: grazie tante, mou!

Di Diego Del Pozzo

Il possibile divorzio tra Mario Balotelli e l'Inter deriva in massima parte dal clima da "uno contro tutti" creato da José Mourinho nello spogliatoio nerazzurro, nel corso dei due anni della sua breve e intensissima monarchia assoluta.
Il tecnico portoghese, infatti, ha fatto di tutto, durante le ultime due stagioni, per isolare il diciannovenne talento di origini ghanesi dal resto della squadra, contribuendo in maniera determinante a destabilizzare quello che, al di là dello smisurato talento calcistico, resta pur sempre un ragazzo poco più che adolescente, anche un po' problematico.
Il risultato di tutto ciò, con Mourinho felicemente accasatosi al Real Madrid mentre i suoi uomini alzavano la Champions League proprio sul palco del Santiago Bernabeu, sarà che il calcio italiano resterà senza quello che è certamente il talento più fulgido degli ultimi anni. Che dire, allora, se non, ancora una volta, "Grazie tante, Mou…"?


Ps: Magari, da allenatore del Real Madrid, l'ha fatto apposta, per indebolire una possibile rivale in campo europeo...

sabato 17 luglio 2010

pensiero della settimana: un paese sempre più per vecchi

Di Diego Del Pozzo

In questi giorni, sta prendendo sempre maggiore consistenza la voce di un possibile trasferimento di Mario Balotelli all'estero. Se la notizia dovesse trovare conferme nei prossimi giorni, rappresenterebbe l'ennesima dimostrazione di come l'Italia di oggi sia diventata un Paese irrimediabilmente per vecchi. Senza speranza…

venerdì 16 luglio 2010

napoli: benvenuto cavani "el matador"!

mercoledì 14 luglio 2010

sudafrica 2010: il mio ranking di fine torneo

Di Diego Del Pozzo

1) Spagna: la favorita ha rispettato i pronostici e meritato di vincere;
2) Olanda: arancia poco meccanica, ottiene il massimo possibile;
3) Uruguay: un autentico miracolo sportivo;
4) Germania: la squadra del futuro, già nel presente;
5) Ghana: un fallo di mani le nega la possibilità di fare storia;
6) Cile: un capolavoro di tattica e tecnica;
7) Messico: gioco spumeggiante e giovani individualità di spicco;
8) Corea del Sud: tecnica, velocità e dinamismo;
9) Paraguay: squadra compatta e difficile da battere;
10) Giappone: ordine tattico, ma anche tanta tecnica;
11) Stati Uniti: vince il girone davanti agli inglesi, ma poteva fare di più;
12) Slovacchia: batte l'Italia e supera il turno, nonostante valori mediocri;
13) Nuova Zelanda: si classifica davanti all'Italia, senza subire sconfitte;
14) Argentina: la più disorganizzata, ma tra le più spettacolari (anche in panchina);
15) Costa d'Avorio: se avesse osato di più poteva passare nel "girone della morte";
16) Danimarca: senza infamia e senza lode, compatta ma grigia;
17) Sudafrica: almeno ha fatto divertire per la voglia di mettersi in mostra;
18) Slovenia: ha fatto ciò che poteva, senza troppe cartucce a disposizione;
19) Australia: altra squadra bloccata dal "primo: non prenderle";
20) Svizzera: eliminata per troppo grigiore, nonostante il "botto" iniziale;
21) Honduras: una presenza che si giustifica soltanto con logiche geopolitiche;
22) Algeria: avrebbe fatto meglio a far qualificare l'Egitto;
23) Corea del Nord: non è colpa sua, ma col Mondiale c'entrava ben poco;
24) Portogallo: solito gioco sterile e noioso, con la delusione Cristiano Ronaldo;
25) Camerun: sprecata malamente la presenza in rosa di Samuel Eto'o;
26) Nigeria: l'incarnazione del caos tipico del calcio africano;
27) Grecia: squadra vecchia e senza più nulla da dare;
28) Brasile: fatto fuori per "troppa difesa" e tradimento della sua storia;
29) Inghilterra: avrebbe dovuto vincere il Mondiale, ma Capello ha fallito;
30) Serbia: il solito disastro alle fasi finali di un torneo internazionale;
31) Italia: non si affronta un Mondiale in questo modo;
32) Francia: semplicemente vergognosa.

sudafrica 2010: the best of...

Di Diego Del Pozzo

A fine Mondiale, è tempo di bilanci anche per Calciopassioni. Ecco, allora, i migliori - a mio insindacabile giudizio - della rassegna iridata sudafricana. In chiusura, spazio anche per il Best 11, sinistramente simile a quello ufficiale della FIFA (devo preoccuparmi?), nonché per le delusioni del torneo.

Il meglio
MVP: Andrès Iniesta (Spagna: qui nella foto)
Miglior giovane: Thomas Muller (Germania)
Miglior portiere: Iker Casillas (Spagna)
Miglior difensore: Arne Friedrich (Germania)
Miglior centrocampista: Wesley Sneijder (Olanda)
Miglior attaccante: Diego Forlan (Uruguay)
Miglior allenatore: Vicente Del Bosque (Spagna)
Miglior gol: Giovanni Van Bronckhost (Olanda: in Brasile - Olanda 1-2)
Miglior parata: Vincent Enyeama (Nigeria: in Argentina - Nigeria 1-0).

Best Team
4-4-2: Casillas (Spagna) - Ramos (Spagna), Piquè (Spagna), Friedrich (Germania), Van Bronckhorst (Olanda) - Muller (Germania), Sneijder (Olanda), Schweinsteiger (Germania), Iniesta (Spagna) - Forlan (Uruguay), Villa (Spagna) - Allenatore: Vicente Del Bosque (Spagna).

Delusioni
Squadra: Italia e Francia
Giocatore: Cristiano Ronaldo (Portogallo)
Allenatore: Fabio Capello (Inghilterra).

lunedì 12 luglio 2010

sudafrica 2010: qualche altra riflessione sulla finale

Di Diego Del Pozzo

Finale strana e non troppo bella, quella di ieri sera tra Spagna e Olanda. Ma, per comprenderne meglio la reale caratura, ricordiamoci sempre ciò che fu Italia-Francia di quattro anni fa, match di rara bruttezza, al netto delle fortissime emozioni per i tifosi delle due nazioni coinvolte.
Almeno, ieri sera gli spagnoli hanno sempre cercato di vincere la partita, rischiando però anche di perderla, se soltanto Arjen Robben non avesse sprecato malamente due clamorose occasioni da gol a tu per tu con "San" Iker Casillas. Alla fine, comunque, anche la Spagna ha avuto le sue occasioni e ha ampiamente meritato il titolo di campione del mondo conquistato per la prima volta nella propria storia. Ha meritato per la tecnica sopraffina di tanti componenti della rosa, la coralità di una manovra collaudata da anni e anni di "sperimentazione" assieme (fin dal Mondiale Under 20 vinto in Nigeria nel 1999 da una squadra guidata dagli allora giovanissimi Casillas e Xavi Hernandez), la relativa calma opposta ai calcioni olandesi, la mentalità barcelonista finalizzata a fare gioco sempre e comunque.
La stranezza del match conclusivo di Sudafrica 2010 deriva in massima parte dall'atteggiamento dell'Olanda, che ha deciso a tavolino di intimidire gli avversari mettendo subito la gara sul piano della rissa e infarcendo l'intero primo tempo di brutalità assortite che avrebbero dovuto produrre almeno due espulsioni, quelle di De Jong e Van Bommel, se l'arbitro inglese Webb non avesse clamorosamente "toppato" la prestigiosa occasione. Peccato, perché con minori rudezze gli oranje avrebbero potuto, forse, concentrarsi maggiormente sullo svolgimento di una gara che, come detto, hanno più volte rischiato di vincere nel secondo tempo ma che, invece, è sfuggita loro completamente di mano nei tempi supplementari, anche in seguito alla inevitabile espulsione di Heitinga e alla conseguente inferiorità numerica.
Come quasi sempre nel calcio, anche stavolta la differenza tra le due squadre l'hanno fatta i rispettivi centrocampi: quello iberico, capace di stoppare e impostare con Busquets e Xabi Alonso, di creare con Xavi e Iniesta (e, in seguito, anche Fabregas); quello olandese, concepito solo per mazzolare gli avversari, con la conseguenza di spezzare in due tronconi la propria squadra (dietro gli "scarponi", davanti i talenti un po' isolati...).
In ogni caso, in un Mondiale nel quale le stelle designate hanno quasi tutte fallito e nel quale gli allenatori sono riusciti spesso a conquistare più attenzioni rispetto ai propri giocatori, il marchio più evidente sul titolo iridato della Spagna è certamente quello di Vicente Del Bosque, tecnico la cui straordinaria umanità mette ingiustamente in secondo piano le notevoli qualità professionali. Anche grazie a lui, infatti, la rosa spagnola è diventata ancora più completa e qualitativa e ha continuato a perseguire quella continua ricerca del gioco diventata vincente prima a Barcellona tra i club. Insomma, in epoca di calcio muscolare - e l'Olanda ne è un esempio straordinario - i "piccoletti" della Spagna hanno ribadito ancora una volta la centralità del gioco e della tecnica e la loro efficacia per perseguire un risultato nel modo più corretto e - perché no? - gradevole.

domenica 11 luglio 2010

sudafrica 2010: la spagna è campione del mondo

Di Diego Del Pozzo

La notizia più significativa che arriva dalla Coppa del Mondo sudafricana è che, alla fine, ha vinto la squadra più meritevole, senza "se" e senza "ma". La Spagna della "generazione di fenomeni", allenata da un ottimo tecnico come Vicente Del Bosque, batte l'Olanda 1-0 con gol di Iniesta a soli quattro minuti dalla fine dei tempi supplementari e conquista, come detto con pieno merito, il primo titolo mondiale della sua storia, a soli due anni dal campionato europeo austro-svizzero che, sommato al trionfo iridato, le fa raggiungere nella storia le uniche altre due squadre capaci di fare altrettanto: la Germania 1972-1974 e la Francia 1998-2000.
La vittoria della Spagna è stata meritatissima per quanto visto nella finale di stasera, per quanto mostrato - seppur a sprazzi - lungo l'intero torneo e, soprattutto, perché rappresenta l'esito più logico e quasi obbligato, anche nel calcio delle nazionali, del livello di eccellenza raggiunto da un movimento calcistico, quello catalano barcellonista, che in questi anni ha dominato tra i club in Europa e nel mondo, imponendo una "filosofia" poi trapiantata quasi pari pari anche tra le Furie Rosse: pure stasera, infatti, degli undici titolari schierati da Del Bosque sul prato del Soccer City Stadium di Johannesburg ben sette vestiranno la camiseta blaugrana del Barcellona nel corso della stagione agonistica 2010-2011 (Piquè, Puyol, Busquets, Pedro, Xavi, Iniesta e il neo-acquisto Villa). E se a loro si aggiungono l'attuale migliore portiere del mondo, Iker Casillas, gli altri due ottimi madridisti Sergio Ramos e Xabi Alonso, ma anche un "intruso" del calibro di Capdevila, si capisce bene quanto sia elevato il livello medio della Spagna 2010, in grado di lasciare in panchina, tra gli altri (e gli altri possono essere giocatori di classe come David Silva e Jesus Navas), persino campioni come Fernando Torres e Cesc Fabregas.
Tornando al match conclusivo di Sudafrica 2010, la Spagna ha meritato per come ha continuato sempre a giocare a calcio secondo quella che è la propria - appunto - "filosofia", senza scomporsi più di tanto nemmeno di fronte ai calcioni cattivi e provocatori attraverso i quali gli olandesi hanno deciso di buttare la partita in rissa: con un arbitro meno tollerante dell'inglese Webb, troppo preoccupato di non rovinare la finale con decisioni a suo giudizio severe (ma, in realtà, troppo "morbide"), l'Olanda avrebbe potuto (dovuto) finire in nove uomini addirittura il primo tempo, perché De Jong e Van Bommel avrebbero dovuto essere cacciati già nella prima frazione di gioco, dopo due interventi quasi da codice penale. Alla fine, comunque, l'espulsione sacrosanta di un olandese, nello specifico Heitinga, giungeva inevitabile all'inizio del secondo tempo supplementare, per somma di ammonizioni.
A provocare la cacciata del difensore centrale arancione era l'ennesima iniziativa di colui che, di lì a poco avrebbe deciso match e torneo, il grandissimo Andrès Iniesta, migliore in campo dall'alto della sua classe cristallina abbinata a un dinamismo raro in calciatori tecnici come lui e a una capacità unica di essere decisivo. Da quando s'è affacciato al grande calcio, si parla del ventiseienne Iniesta come del "centrocampista moderno" per antonomasia: ebbene, se così è (e, in realtà, così è), allora è giusto che sia stato proprio lui a decidere il Mondiale 2010, "moderno" per definizione in quanto non sempre spettacolare per l'eccesso di intensità e perché giocato quasi sempre a ritmi elevati che hanno annullato più di un fuoriclasse tecnicamente e classicamente inteso (i vari "Salvatori della Patria" alla Messi, Rooney, Cristiano Ronaldo e compagnia cantando). Iniesta, invece, è quasi il prototipo del campione al servizio del collettivo, l'incarnazione stessa del "nuovo calcio spagnolo" come, forse, solo Fabregas potrebbe essere a questi stessi livelli.
Della Spagna campione del mondo, ma anche dell'Olanda finalista e sconfitta per la terza volta in tre finali, ci sarà modo di riparlare anche domani e nei prossimi giorni. Per adesso, invece, è giusto abbandonarsi alla festa per la vittoria del calcio sui... calci.

sabato 10 luglio 2010

sudafrica 2010: la germania terza e muller miglior giovane

Di Diego Del Pozzo

Al termine di un match divertente e ben giocato da tutte e due le squadre, la giovane Germania multietnica allenata da Joachim Loew conferma il terzo posto del Mondiale casalingo di quattro anni fa. Lo fa, però, con la rinnovata autorità che le deriva dal gioco spettacolare espresso per quasi tutto il torneo sudafricano e con la piena consapevolezza degli enormi margini di miglioramento di una rosa ancora molto giovane ed estremamente talentuosa.
Il 3-2 conclusivo, che sarebbe potuto diventare 3-3 e produrre dei pirotecnici tempi supplementari se solo la traversa non avesse fermato una punizione-bomba del sempre ottimo Diego Forlan (autentico condottiero dei sudamericani), rende merito, infatti, sia ai tedeschi sia all'Uruguay, che non ha mai mollato, nonostante potesse anche considerarsi appagato da un ingresso tra le prime quattro che mancava alla Celeste da ben quarant'anni. La finale per il terzo posto, tra l'altro, ha mostrato con un'evidenza addirittura esagerata quanto le due semifinali sarebbero potute essere diverse se tra le fila delle squadre sconfitte, appunto Germania e Uruguay, avessero potuto essere presenti due fuoriclasse come Thomas Muller - nettamente il miglior giovane del torneo sudafricano - e Luis Suarez, entrambi assenti per squalifiche probabilmente risultate decisive per la composizione delle due finali.
In particolare Muller, infatti, si è rivelato, nonostante la giovane età, assolutamente fondamentale per gli equilibri della squadra di Loew, dall'alto del suo notevole talento tecnico ma, soprattutto, di un'intelligenza tattica e una duttilità assolutamente fuori dal comune. Di questo ragazzo, forgiato da Louis van Gaal nel Bayern Monaco di quest'anno, sentiremo sicuramente parlare ai massimi livelli. Anzi, forse tra vent'anni si ricorderà Sudafrica 2010 come il Mondiale che lanciò Thomas Muller.

venerdì 9 luglio 2010

sudafrica 2010: la disfida dei "normal ones"

Di Diego Del Pozzo

La finale mondiale di domenica sera sarà anche una disfida tra normal ones, in un mondo come quello del calcio contemporaneo che continua a correre dietro ai "profeti" svelti di lingua e ai condottieri dallo sguardo di ghiaccio (vero José?).
Sia lo spagnolo Vicente Del Bosque che l'olandese Bert van Marwijk, commissari tecnici delle due finaliste di Sudafrica 2010, sono lontani anni luce dal modello del fascinoso tecnico-dominatore, capace di mandare in sollucchero i rappresentanti dei media, di attirare su di sé il "rumore dei nemici", di mettere in secondo piano persino i propri campioni. Ebbene, Del Bosque e van Marwijk sono l'esatto opposto: umanisti nel senso più profondo del termine, mettono infatti al centro del loro modus operandi i giocatori delle squadre allenate, consapevoli di come siano soltanto questi a tenere in piedi l'universo-calcio. Gestori di uomini, innanzitutto; ma gestori di gran classe, intelligenti e capaci di tirare fuori il meglio da ciascuno.
Lo spagnolo dal baffo che tranquillizza, carico di trionfi realmadridisti sia come giocatore che soprattutto come allenatore, ha preso in mano una squadra campione europea in carica e, con poche modifiche e inserimenti graduali dettati dal buon senso e dall'esperienza, ha saputo tenerne viva la fame di vittorie, portandola alla finale mondiale per la prima volta nella storia del calcio iberico. In quanto a Lambertus (Bert) van Marwijk, ne descrive molto bene i punti di forza un esperto di cose calcistiche olandesi come Alec Cordolcini, in un bell'articolo pubblicato qualche giorno fa sul quotidiano Il Giornale e ripreso anche sul suo blog Radio Olanda: "[...] Non è ct della nazionale olandese per caso, né tantomeno il classico uomo di paglia messo sulla panchina con il solo compito di non disturbare i galli nel pollaio. Serviva un uomo d'ordine, un pompiere capace di spegnere i fuochi delle liti interne, un mediatore abile nello smorzare i toni. Ma serviva anche un allenatore capace di plasmare un gruppo pieno di talento in una squadra solida ed equilibrata. Missione compiuta, senza troppi fronzoli: [...] 24 partite consecutive senza sconfitte, nove vittorie negli ultimi nove incontri, semifinale ai Mondiali dopo aver messo ko il Brasile per la prima volta dal 1974".
Insomma, domenica sera - chiunque sia ad alzare la coppa - a vincere sarà anche la serena serietà del lavoro di due tecnici speciali proprio perché così normali.

giovedì 8 luglio 2010

sudafrica 2010: per la spagna prima finale della storia

Di Diego Del Pozzo

Anche la seconda semifinale del Mondiale sudafricano ha prodotto un risultato logico, che promuove in finale la squadra più forte e qualitativa - forse la più qualitativa dell'intero lotto - ma che rende onore ai meriti di una Germania giovane e con ancora tanti margini di miglioramento. La Spagna dell'ottimo e sempre troppo sottovalutato Vicente Del Bosque, dunque, approda alla prima finale mondiale della sua storia calcistica e lo fa con una generazione di talenti probabilmente irripetibile che, in pratica, riproduce a livello di nazionali la "filosofia" tecnica del Barcellona dominante di questi anni (la cui versione 2010-2011 ha dato sette titolari su undici alle Furie Rosse scese in campo ieri sera).
I catalani, pardòn gli spagnoli, hanno giocato ieri sera la loro migliore partita in terra sudafricana, dominando la contesa tatticamente e, soprattutto, caratterialmente. E se nel primo tempo una Germania arroccata nella propria metà campo aveva messo un po' in difficoltà gli uomini di Del Bosque, colpevoli però di gestire la palla a ritmi troppo lenti, nella seconda frazione la Spagna aumentava notevolmente la velocità del proprio celebrato possesso palla, riuscendo a trovare maggiori sbocchi verso la porta difesa da Neuer e sfiorando il gol in più occasioni. Dopo averlo trovato con un perentorio colpo di testa di capitan Carles Puyol - anche se la fascia, formalmente, è sul braccio di Iker Casillas - su calcio d'angolo (nelle due foto: sopra, la palla che entra in rete; sotto, l'esultanza spagnola), arretrava leggermente le proprie posizioni, anche per la logica reazione della Germania che, però, così facendo esponeva il fianco a contropiedi pericolosissimi, meritevoli di miglior sorte ma, invece, finiti in un nulla di fatto per l'egoismo dei vari interpreti (in particolare, un indifendibile Pedro, che faceva di tutto pur di non passare una facilissima palla-gol a un Fernando Torres assolutamente solo in area di rigore avversaria: e la sostituzione di Del Bosque pochi minuti dopo il misfatto è un chiaro segnale lanciato al giovane del Barcellona in vista della finale di domenica...).
Da parte sua, la Germania ha pagato oltre misura l'assenza di Thomas Muller, uomo decisivo nel modulo scelto da Joachim Loew, ma ha scontato pure, probabilmente, la giovane età di tanti suoi giocatori fondamentali, come il declinante - rispetto alle prime uscite sudafricane - Mesut Ozil o un Boateng letteralmente annientato da Sergio Ramos sulla fascia di competenza. Certo che, però, sarebbe stato interessante vedere cosa sarebbe successo se la palla del possibile pareggio fosse capitata sui piedi dell'assente Muller invece che su quelli del suo sostituto Tony Kroos, altro talento straordinario del "giovane calcio tedesco" ma decisamente meno concreto e freddo rispetto al suo coetaneo esploso quest'anno nel Bayern Monaco di Louis van Gaal.
Quella di domenica sera tra Olanda e Spagna, comunque, potrebbe essere una partita bellissima, che metterà di fronte le due squadre migliori viste sui campi sudafricani: gli spagnoli affrontano il match da favoriti, anche se molto dipenderà dalle condizioni fisiche di Fernando Torres, l'unico in grado di dare un po' di profondità alla manovra di Del Bosque; dall'altra parte, però, attenzione ai velocissimi cambi di ritmo dei formidabili frombolieri dell'attacco olandese, guidati dalla scatenata coppia Sneijder-Robben. In ogni caso, comunque vada, dalla prima Coppa del Mondo disputata in Africa uscirà una vincitrice inedita, che arricchirà ulteriormente l'albo d'oro della manifestazione.

martedì 6 luglio 2010

sudafrica 2010: olanda in finale (e non contro i padroni di casa)

Di Diego Del Pozzo

E così, ben trentadue anni dopo, l'Arancia meno meccanica della sua storia torna a giocarsi la finale di un Campionato del mondo di calcio. Tra l'altro, poiché lo farà contro la vincente tra Germania e Spagna, stavolta non dovrà confrontarsi - come nelle altre due occasioni del 1974 e 1978 - con i padroni di casa, con tutto ciò che ne consegue (soprattutto quando chi ti ospita è un Paese retto da una sanguinaria dittatura militare, come avvenne in Argentina...). Anzi, assodata l'impossibilità di organizzare una futura edizione della Coppa del mondo in una nazione piccola come l'Olanda, addirittura gli arancioni potranno giocare la finale di domenica in un'atmosfera che si avvicinerà moltissimo a quella di uno stadio casalingo, con almeno sessantamila tifosi oranje presenti sugli spalti, provenienti dall'Europa o residenti in Sudafrica.
Comunque sia, l'Olanda 2010 allenata dal normal one Bert van Marwijk - tecnico serio e ben preparato, anche se poco pubblicizzato - vince la propria semifinale con merito, superando 3-2 un ottimo Uruguay, volitivo e grintoso, rimasto in partita fino alla fine nonostante la chiara inferiorità tecnica, accentuata da assenze dolorose come quelle del bomber Luis Suarez e del capitano Diego Lugano.
Gli olandesi riescono a incanalare il match su binari favorevoli già dopo diciotto minuti, grazie al gran tiro da una trentina di metri di Capitan Giò (al secolo Giovanni van Bronckhorst, anni trentacinque). Certo, come accaduto spesso in questo Mondiale, il famigerato pallone Jabulani (cioè il SuperTele del 2010) ci mette del suo, ma la conclusione del terzino sinistro olandese è da applausi (nella foto qui in alto, la sua esultanza assieme ai compagni). Così come il violento tiro che scaglia Diego Forlan a pochi minuti dall'intervallo e che vale il meritato pareggio della Celeste (anche se qui l'Effetto-Jabulani-SuperTele è ancora più evidente e decisivo, facendo fare al portiere olandese Stekelenburg la figura del pollastro...).
Per tutto il primo tempo, il pressing feroce dei sudamericani - ben coordinato da un Walter Gargano estremamente tonico e vivace, oltre che più preciso nei passaggi rispetto a quando gioca con la maglia del Napoli - toglie fiato e idee al gioco olandese, mandando "nel pallone" in particolare il mediano De Zeeuw, schierato al posto dello squalificato De Jong. Individuato il punto debole, però, nell'intervallo il ct oranje van Marwijk interviene con prontezza e un pizzico di coraggio, sostituendo il suo centrocampista in difficoltà col trequartista Van der Vaart, schierato però "basso" accanto a Van Bommel. E' proprio questo, per l'Olanda, il segnale del cambio di passo, affidato come di consueto alla velocità del quartetto d'attacco (Robben, Sneijder, Kuyt, Van Persie), che anche stasera fa la differenza rispetto agli avversari. Puntuali, dunque, nonostante un paio di ottime occasioni da gol uruguayane, arrivano in rapida sequenza le reti dei due fuoriclasse della squadra, Sneijder - agevolato da un fuorigioco attivo di Van Persie, però - e Robben, probabilmente destinati a giocarsi il Pallone d'Oro alla fine della stagione (nella foto qui sopra, proprio il gol di Sneijder). Ma l'Uruguay non muore mai e, nel recupero, dimezza ancora lo svantaggio con Maxi Pereira, continuando poi ad attaccare con un cuore enorme e sfiorando persino un 3-3 in pieno recupero che avrebbe avuto del clamoroso.
Alla fine, in ogni caso, la vittoria dell'Olanda è meritata oltre che logica. E in un torneo segnato dalle sorprese, com'è stato questo sudafricano, si tratta già di una notizia. Adesso, gli uomini di Bert van Marwijk aspettano la vincente tra Spagna e Germania, pienamente consapevoli della loro forza e certi di una concretezza che in passato aveva sempre fatto difetto a versioni dell'Arancia Meccanica ben più forti di questa attuale. Comunque vada, però, domenica sera a Johannesburg per la prima volta una squadra europea trionferà in un Mondiale non disputato in Europa.

lunedì 5 luglio 2010

domenica 4 luglio 2010

sudafrica 2010: la rivincita dell'europa (3-1 in semifinale)

Di Diego Del Pozzo

Dopo sessanta partite in ventitre giorni, il Mondiale sudafricano ha espresso le sue quattro semifinaliste: Uruguay, Olanda, Germania e Spagna. I quarti di finale di Sudafrica 2010, dunque, hanno fatto registrare la clamorosa rivincita del calcio europeo su quello sudamericano, con tutte e tre le rappresentanti del Vecchio Continente uscite vincitrici dai loro match, a discapito di Argentina, Brasile e Paraguay.
E se il confronto tra spagnoli e paraguayani ha rispettato in pieno i pronostici della vigilia, nonostante la girandola di emozioni e una gara sotto tono delle Furie Rosse, le vittorie della Germania sull'Argentina e, soprattutto, dell'Olanda sul Brasile hanno fatto uscire dal torneo due tra le massime favorite per la vittoria finale. In realtà, però, sia gli argentini che i brasiliani hanno pagato, nei primi match realmente duri del loro torneo, gli evidenti limiti che gli osservatori più attenti avevano individuato fin dalla vigilia: le convocazioni in parte sbagliate dei commissari tecnici Diego Armando Maradona (che saluto con queste due foto) e Carlos Dunga (sicuri che Zanetti e Cambiasso da un lato e Pato e Ronaldinho dall'altro non sarebbero serviti?), la difesa e il centrocampo dell'Albiceleste assolutamente male assortiti, l'assenza di alternative di livello ai titolari brasiliani e la presenza nella rosa verdeoro di troppi giocatori "di quantità" a discapito di quelli "di qualità", il deficit di personalità che ha bloccato sul più bello tanti protagonisti annunciati di tutte e due le squadre (con, in prima fila, Messi da una parte e Kakà dall'altra), l'incapacità di leggere tatticamente le partite in corso da parte di Maradona e l'ostinazione nel puntare su giocatori chiaramente inadeguati - come Felipe Melo - da parte di Dunga.
Di fronte a questo duplice disastro latinoamericano, invece, l'Europa ha opposto l'inedita concretezza di un'Olanda più pericolosa che mai, perché piena di calciatori di talento ma, al tempo stesso, meno "cicala" e più "formica" rispetto alla sua tradizione; e ancora, la tecnica e le individualità superiori della Spagna campione continentale in carica, capaci di far superare grazie a "colpi" delle singole stelle anche le serate non proprio brillantissime (e, finora, gli iberici ne hanno vissute più d'una, nonostante la rosa più completa e qualitativa dell'intero lotto); infine, la freschezza e la faccia tosta di una Germania che ha abbinato alla tradizionale forza di volontà e incapacità di mollare anche un notevole talento medio e la voglia di stupire attraverso la continua ricerca dello spettacolo, però mai fine a se stesso (caratteristiche, queste ultime, che le derivano, con ogni probabilità, anche dall'inedita multietnicità dela rosa, dovuta alla robusta iniezione di naturalizzati e giovani tedeschi figli di immigrati provenienti da diverse parti della Terra).
A tale strapotere - che segue quello di Germania 2006, dove le semifinaliste furono tutte europee - proverà a opporsi soltanto il "povero" Uruguay, cioè la tradizionale "terza grande" del calcio sudamericano, da troppi decenni, però, vittima di un declino che pareva inarrestabile e che, invece, sta superando grazie a una generazione interessantissima di calciatori impegnati nei campionati di mezzo mondo: dal portiere Muslera (fin qui il migliore del torneo) agli attaccanti Cavani e Suarez, che sarà purtroppo assente in semifinale a causa della squalifica dovutagli dopo la decisiva "parata" con la quale ha fatto qualificare la propria squadra. Su tutti, però, nella rosa della Celeste già campione del mondo nel 1930 e 1950, spicca il maturo talento di Diego Forlan, attaccante che in carriera ha sempre avuto il gol facile ma che, superati i trent'anni, sembra giunto alla piena maturità tecnico-tattica e sta assecondando con esiti brillantissimi la scelta del commissario tecnico Tabarez di schierarlo come vero e proprio regista dell'attacco.
Le due semifinali di Sudafrica 2010, comunque, si disputeranno secondo il seguente programma: martedì, a Città del Capo, Olanda-Uruguay; mercoledì, a Durban, Germania-Spagna. Nell'impossibilità di esprimere un pronostico che abbia senso, mi auguro solo che possano essere due partite che varrà la pena ricordare.

sabato 3 luglio 2010

sudafrica 2010: paraguay generoso, ma spagna avanti

Di Diego Del Pozzo

Anche l'ultimo quarto di finale di Sudafrica 2010 ha offerto emozioni a non finire, in particolare nel secondo tempo di un match che il Paraguay ha affrontato puntando sulle uniche "armi" a propria disposizione per arginare la favoritissima Spagna: le qualità fisico-atletiche e un'organizzazione tattica davvero encomiabile.
Il commissario tecnico paraguayano, l'argentino Gerardo Martino, ha messo in campo, infatti, una nazionale albiroja tutta grinta e disciplina, capace per larghi tratti della gara di ingabbiare i "facitori di gioco" delle Furie Rosse, Xavi e Xabi Alonso (particolarmente deludente quest'ultimo...), oltre che il temuto David Villa, purtroppo ancora una volta malamente assistito da un Fernando Torres lontanissimo da uno stato di forma accettabile.
Di fronte alla ragnatela difensiva paraguayana, quindi, persino il celebrato possesso palla iberico è andato in crisi, letteralmente prosciugato dal feroce pressing e dai sistematici raddoppi degli avversari. Peccato, allora, che i sudamericani abbiano sprecato malamente la straordinaria occasione di portarsi sul punteggio di 1-0, fallendo un calcio di rigore col centravanti Cardozo (peraltro, uno specialista della materia...), perché non so se la Spagna sarebbe poi riuscita a rimontare l'eventuale rete di svantaggio, di fronte a un Paraguay che si sarebbe ulteriormente galvanizzato e avrebbe chiuso ancora di più tutti gli spazi a disposizione degli uomini di Vicente Del Bosque.
Comunque, dopo un rigore fallito a sua volta con Xabi Alonso, gli spagnoli hanno approfittato di cotanta generosità col cinismo dei grandi, chiudendo il match a soli sette minuti dal fischio finale, grazie a un guizzo irresistibile di Iniesta finalizzato da par suo dal solito, implacabile David Villa (nella foto in alto, esultante dopo il suo gol), issatosi solitario in vetta alla classifica dei cannonieri del Mondiale sudafricano. Alla fine, dunque, la differenza l'ha fatta l'abitudine della grande squadra ad archiviare le pratiche spinose, pur senza entusiasmare né convincere del tutto. In semifinale, però, con la giovane e pirotecnica Germania multietnica vista finora ci vorranno davvero le Furie Rosse al loro meglio.

sudafrica 2010: l'argentina si fa male contro la germania

Di Diego Del Pozzo

Quattro gol all'Inghilterra negli ottavi, altrettanti all'Argentina nei quarti: prosegue in maniera esplosiva il sogno mondiale della giovane Germania multietnica di Joachim Loew, ai danni della Selecciòn allenata (allenata?) da Diego Armando Maradona, letteralmente polverizzata con un 4-0 destinato a restare negli annali del calcio internazionale.
La nazionale tedesca - finora la squadra più entusiasmante vista al torneo sudafricano - ha vinto il confronto sotto tutti i punti di vista: tattico, atletico, caratteriale. E, tranne che per una ventina di minuti a cavallo tra i due tempi, non si è mai avuta la sensazione che la nazionale in camiseta albiceleste potesse cambiare il corso di una gara apparsa segnata già dopo pochi minuti, quando i tedeschi si erano portati in vantaggio grazie al solito efficacissimo Thomas Muller. Le altre reti della Germania sarebbero arrivate nella seconda metà della ripresa, grazie al difensore Friedrich e, soprattutto, alla doppietta di un Miroslav Klose capace di raggiungere il sigillo n.° 14 in tre edizioni della Coppa del Mondo, portandosi a una sola lunghezza dal record assoluto di 15, che appartiene a Ronaldo: insomma, con altri due match a sua disposizione, il centravanti di origini polacche potrebbe diventare il giocatore più prolifico di sempre nelle fasi finali dei Mondiali (nella foto, Ozil e Podolski esultanti per la marcatura del compagno).
I "segreti" del successo tedesco sono sempre gli stessi, già visti nelle altre gare sudafricane andate in scena finora: grande disciplina collettiva, disposizione tattica collaudatissima (il 4-2-3-1 offensivo col quale la Germania gioca ormai da sei anni), tecnica individuale superiore alla media, una velocità sorprendente sprigionata in ripartenze quasi sempre letali, una straordinaria "saldatura" tra gli "esperti" che costituivano l'ossatura della nazionale già quattro anni fa (i vari venticinquenni-ventiseienni Lahm, Mertesacker, Schweinsteiger, Podolski, più Klose, l'unico ultratrentenne) e i tanti giovanotti di talento provenienti dalle rappresentative giovanili che hanno dominato le competizioni Uefa Under 17, 19 e 21 degli ultimi anni (Neuer, Boateng, Khedira, Ozil e l'ancor più giovane Muller). Insomma, questa squadra non arriva dal nulla, ma da un lavoro svolto in profondità e da una intelligente programmazione che ha coinvolto, negli anni, tutte le componenti del movimento calcistico teutonico (che l'Italia impari da qui!).
In quanto all'Argentina, nel confronto con una nazionale equilibrata e ben messa in campo - oltre che molto forte tecnicamente - sono emerse tutte le lacune di una squadra che aveva fatto del proprio disequilibrio un punto di forza: l'oggi criticatissimo Maradona (qui, nella foto, affranto al fischio finale), infatti, aveva disegnato una formazione a misura delle proprie stelle offensive (Messi, Tevez, Di Maria, Higuain), lasciandole totalmente libere di inventare calcio, senza troppi schemi (o nessuno?) e accorgimenti tattici. Il problema di questa impostazione sincera ma un po' naif, però, è stato che di fronte al primo momento di difficoltà - il primo svantaggio dell'intero Mondiale - nessuno aveva la più pallida idea di come impostare una qualsiasi variante tattica, semplicemente perché non ce n'erano. E la situazione è peggiorata ulteriormente a causa dell'impostazione di difesa e centrocampo scelta dal neo-ct: fasce difensive affidate a due centrali adattati (l'improbabile Otamendi a destra e Heinze a sinistra: quanto sarebbe servito Javier Zanetti!) e presenza di un unico centrocampista di ruolo (Mascherano: quanto sarebbe servito Esteban Cambiasso!) affiancato da due ali pure adattate come interni (Maxi Rodriguez a destra e l'ancor più offensivo Angel Di Maria a sinistra). In un simile contesto, una Germania guidata da un Bastian Schweinsteiger definitivamente trasformato in centrale di centrocampo di livello assoluto non ci ha messo molto per prendere totale possesso della parte mediana del campo e, quindi, del "cuore" stesso del gioco.
Nonostante un punteggio finale troppo severo per gli argentini, comunque, il messaggio per il resto del lotto è risuonato in maniera forte e chiara: questi giovani tedeschi provenienti dai quattro angoli del mondo sono già pronti per scrivere la storia.

sudafrica 2010: suarez dà una mano e l'uruguay va avanti

Di Diego Del Pozzo

La partita più bella ed emozionante di Sudafrica 2010 è andata in scena ieri sera tra Ghana e Uruguay, che si sono affrontati a viso aperto e ritmi elevatissimi, senza fare calcoli di nessun tipo, ma pensando soltanto a superarsi segnando un gol in più rispetto all'avversario.
Alla fine, la Celeste ha avuto la meglio per 5-3 dopo i calci di rigore (1-1 alla fine di regolamentari e supplementari), ma la svolta decisiva c'era stata appena oltre il 120', in occasione dell'ultima azione del match, quando il Ghana aveva avuto a disposizione una clamorosa opportunità per diventare la prima squadra africana a qualificarsi per la semifinale di un Mondiale.
E vale la pena di ricordare, dunque, quanto accaduto in quegli incredibili secondi, in modo da fissarlo anche qui nero su bianco: durante una mischia in area uruguayana, infatti, i ghanesi si erano visti respingere sulla linea un tiro in porta a botta sicura; respinta con le mani - un'autentica parata (qui, nelle due foto) - da parte di Luis Suarez, che decideva di sacrificarsi facendosi espellere, ma evitava alla propria squadra un'eliminazione certa (era terminato anche il recupero e l'arbitro avrebbe fischiato la fine subito dopo quel tiro-gol); il calcio di rigore a tempo scaduto veniva incredibilmente fallito dallo specialista Asamoah Gyan (fin lì migliore in campo assieme a Kevin Prince Boateng e, comunque, precisissimo anche subito dopo, in occasione del tiro di sua competenza tra quelli della decisiva "lotteria").
Era in questo modo rocambolesco ed eticamente non proprio limpidissimo, dunque, che l'Uruguay ritornava in semifinale a una Coppa del Mondo dopo ben quarant'anni, rinnovando i fasti di una scuola calcistica gloriosa che, non va mai dimenticato, ha in bacheca due Coppe Rimet (1930 e 1950). Però, è strano e un po' triste che tra tante prodezze tecniche - in particolar modo della coppia offensiva Forlan-Suarez - l'azione più importante del Mondiale uruguagio sia stata... un fallo di mano. Tra l'altro, il sacrificio di Suarez gli farà saltare la storica semifinale a causa della sacrosanta squalifica.
In quanto al Ghana, s'è confermato ancora una volta come la migliore nazionale africana a livello internazionale di vertice, con buona pace dell'Egitto: i ghanesi avevano praticamente vinto il match di ieri sera, senza la "parata" di Luis Suarez, forti del loro talento tecnico e atletico, ma anche di una sapienza tattica inusuale a queste latitudini (merito dell'esperto tecnico serbo Rajevac). La squadra, comunque, è ancora giovane e futuribile: ne risentiremo certamente parlare.

venerdì 2 luglio 2010

sudafrica 2010: l'olanda va in semifinale, il brasile al mare

Di Diego Del Pozzo

E' stata una partita dai due volti, quella tra Olanda e Brasile che, oggi pomeriggio, ha aperto il programma dei quarti di finale di Sudafrica 2010: primo tempo con i Pentacampioni assoluti padroni del campo, ripresa con i Tulipani completamente trasformati e, alla fine, in controllo quasi totale. Al fischio finale, ha prevalso l'Olanda col punteggio di 2-1, ribaltando lo svantaggio iniziale causato dal gol di Robinho. A trascinare gli olandesi hanno pensato, in particolar modo, uno scatenato Arjen Robben - finora stella del Mondiale sudafricano, forse assieme Leo Messi e Mesut Ozil - e un Wesley Sneijder più forte della precaria condizione fisica con la quale è sceso in campo (e autore, peraltro, di un gol e mezzo: qui, nella foto, l'autorete di Felipe Melo su cross della mezzala interista e "sfarfallata" di Julio Cesar).
A perdere, comunque, è stato soprattutto Carlos Dunga, destinato a venire letteralmente divorato dalla famelica stampa brasiliana, in attesa solo di questa dolorosissima eliminazione per dare fuoco alle polveri di una critica che ha sempre odiato - e non sembri eccessivo questo termine - la "filosofia calcistica" dell'ex mediano e attuale (ancora per poco) commissario tecnico verdeoro. Dunga ha perso - va detto - principalmente per aver puntato con insistenza su un giocatore come Felipe Melo, chiaramente inadatto dal punto di vista temperamentale a disputare match importanti sotto pressione: ancora una volta, infatti, in un clima infuocato e pieno di difficoltà, il centrocampista juventino s'è fatto espellere per una vera e propria follia, dopo aver perso la testa. Va detto, tra l'altro, che con un arbitro più severo il Brasile avrebbe potuto chiudere la gara in otto, a causa dei tanti falli impuniti commessi su Robben. Dunga ha puntato tutto su Melo e ha perso, così come ha perso eleggendo leader della Selecao un calciatore sopravvalutato come Kakà, ottimo elemento ma non certo il fuoriclasse che le multinazionali vorrebbero far credere (e la centralità dell'ex stella del Milan nella rosa brasiliana è costata la convocazione di Ronaldinho e di qualunque altra alternativa credibile al "Dieci" titolare, che infatti non aveva cambi adeguati in panchina...). A peggiorare la situazione di Dunga, infine, s'è messa anche la stravagante decisione di oggi pomeriggio di sostituire il centravanti Luis Fabiano con Nilmar, quando la sua squadra doveva attaccare per recuperare nel punteggio.
In quanto all'Olanda, invece, ancora una volta la "ricetta" del ct Bert van Marwijk ha funzionato "alla grandissima", con la difesa "bloccata" e adeguatamente protetta - nonostante la grave distrazione sul gol brasiliano - dalla coppia centrale di centrocampo Van Bommel - De Jong, con una gestione della palla effettuata prevalentemente a ritmi blandi, alternata alle improvvise e irresistibili accelerazioni dei suoi solisti d'attacco (Robben su tutti). Nel secondo tempo, tra l'altro, gli olandesi hanno mostrato anche una condizione atletica nettamente superiore rispetto a quella degli avversari che, però, avevano praticamente smesso di giocare dopo il pareggio arancione, schiacciati dal crollo nervoso di troppi loro uomini (oltre a Felipe Melo, anche lo stesso Kakà, Dani Alves, Robinho e uno stranamente impreciso Julio Cesar). L'Olanda, insomma, va avanti con merito e adesso aspetta la vincente tra Ghana e Uruguay, conscia della propria forza tecnica e mentale e, soprattutto, di una concretezza che in passato non aveva mai esibito e che la rende molto, molto pericolosa per le altre rivali che saranno ancora in corsa per la vittoria finale.

giovedì 1 luglio 2010

cesare prandelli nuovo ct dell'italia: largo ai giovani!

Di Diego Del Pozzo

S'è presentato restando coerente a quello che è il suo modo di essere, cioè mettendo in primo piano l'aspetto umano - per lui inscindibile da quello squisitamente professionale - e mantenendo i toni bassi, con umiltà e rispetto verso un ambiente che affronta da assoluto neofita. Nonostante ciò, però, Cesare Prandelli, durante la sua prima conferenza stampa come nuovo commissario tecnico della nazionale italiana reduce dal disastro lippiano di Sudafrica 2010, ha lanciato alcuni segnali estremamente chiari, in una sorta di primo "decalogo":
1) Per le convocazioni, non esisteranno "blocchi" legati all'una o all'altra squadra, ma varrà unicamente il criterio della meritocrazia (concetto ripetuto più volte);
2) Al suo ritorno, dopo l'infortunio, Gigi Buffon sarà il capitano nonché un punto fermo dell'Italia almeno fino a Euro 2012 (ovviamente, se la salute lo sorreggerà);
3) Nella nuova squadra vi sarà spazio per i giocatori di qualità e talento, come Antonio Cassano e Mario Balotelli, che - parole di Prandelli - "non possono essere mai un problema";
4) Daniele De Rossi sarà uno dei leader del nuovo quadriennio (Prandelli ha firmato fino al 2014), presumibilmente al fianco del "fedelissimo" Riccardo Montolivo;
5) La squadra sarà giovane e futuribile, ma recupererà anche alcuni uomini del ciclo lippiano (naturalmente, i meno "stagionati"). Comunque, Totti e gli altri "ultratrentenni" non rientreranno nei progetti tecnici del nuovo ct;
6) Gli oriundi e i naturalizzati saranno valutati con attenzione, come avviene ormai un po' in tutto il mondo;
7) La prima amichevole - il 10 agosto al Craven Cottage di Londra, contro la Costa d'Avorio - sarà affrontata con una formazione il più possibie vicina a quella che affronterà, poi, le prime gare di qualificazione europea;
8) A meno di contrattempi clamorosi, il 10 agosto la coppia centrale di difesa sarà composta dagli juventini Bonucci e Chiellini ("Due che avranno già giocato assieme per alcune settimane e, dunque, si conosceranno piuttosto bene", ha sottolineato il neo-ct);
9) Per fare strada, la nazionale italiana dovrà essere supportata (e non "sopportata") con convinzione da tutto l'ambiente, anche dai club;
10) L'Italia dovrà tornare stabilmente nei primi quattro posti del ranking mondiale.
Adesso, però, alle parole dovranno seguire i fatti. Aspettiamo fiduciosi...

sudafrica 2010: grazie marcello... da parte del tricheco