E se il confronto tra spagnoli e paraguayani ha rispettato in pieno i pronostici della vigilia, nonostante la girandola di emozioni e una gara sotto tono delle Furie Rosse, le vittorie della Germania sull'Argentina e, soprattutto, dell'Olanda sul Brasile hanno fatto uscire dal torneo due tra le massime favorite per la vittoria finale. In realtà, però, sia gli argentini che i brasiliani hanno pagato, nei primi match realmente duri del loro torneo, gli evidenti limiti che gli osservatori più attenti avevano individuato fin dalla vigilia: le convocazioni in parte sbagliate dei commissari tecnici Diego Armando Maradona (che saluto con queste due foto) e Carlos Dunga (sicuri che Zanetti e Cambiasso da un lato e Pato e Ronaldinho dall'altro non sarebbero serviti?), la difesa e il centrocampo dell'Albiceleste assolutamente male assortiti, l'assenza di alternative di livello ai titolari brasiliani e la presenza nella rosa verdeoro di troppi giocatori "di quantità" a discapito di quelli "di qualità", il deficit di personalità che ha bloccato sul più bello tanti protagonisti annunciati di tutte e due le squadre (con, in prima fila, Messi da una parte e Kakà dall'altra), l'incapacità di leggere tatticamente le partite in corso da parte di Maradona e l'ostinazione nel puntare su giocatori chiaramente inadeguati - come Felipe Melo - da parte di Dunga.
Di fronte a questo duplice disastro latinoamericano, invece, l'Europa ha opposto l'inedita concretezza di un'Olanda più pericolosa che mai, perché piena di calciatori di talento ma, al tempo stesso, meno "cicala" e più "formica" rispetto alla sua tradizione; e ancora, la tecnica e le individualità superiori della Spagna campione continentale in carica, capaci di far superare grazie a "colpi" delle singole stelle anche le serate non proprio brillantissime (e, finora, gli iberici ne hanno vissute più d'una, nonostante la rosa più completa e qualitativa dell'intero lotto); infine, la freschezza e la faccia tosta di una Germania che ha abbinato alla tradizionale forza di volontà e incapacità di mollare anche un notevole talento medio e la voglia di stupire attraverso la continua ricerca dello spettacolo, però mai fine a se stesso (caratteristiche, queste ultime, che le derivano, con ogni probabilità, anche dall'inedita multietnicità dela rosa, dovuta alla robusta iniezione di naturalizzati e giovani tedeschi figli di immigrati provenienti da diverse parti della Terra).
A tale strapotere - che segue quello di Germania 2006, dove le semifinaliste furono tutte europee - proverà a opporsi soltanto il "povero" Uruguay, cioè la tradizionale "terza grande" del calcio sudamericano, da troppi decenni, però, vittima di un declino che pareva inarrestabile e che, invece, sta superando grazie a una generazione interessantissima di calciatori impegnati nei campionati di mezzo mondo: dal portiere Muslera (fin qui il migliore del torneo) agli attaccanti Cavani e Suarez, che sarà purtroppo assente in semifinale a causa della squalifica dovutagli dopo la decisiva "parata" con la quale ha fatto qualificare la propria squadra. Su tutti, però, nella rosa della Celeste già campione del mondo nel 1930 e 1950, spicca il maturo talento di Diego Forlan, attaccante che in carriera ha sempre avuto il gol facile ma che, superati i trent'anni, sembra giunto alla piena maturità tecnico-tattica e sta assecondando con esiti brillantissimi la scelta del commissario tecnico Tabarez di schierarlo come vero e proprio regista dell'attacco.
Le due semifinali di Sudafrica 2010, comunque, si disputeranno secondo il seguente programma: martedì, a Città del Capo, Olanda-Uruguay; mercoledì, a Durban, Germania-Spagna. Nell'impossibilità di esprimere un pronostico che abbia senso, mi auguro solo che possano essere due partite che varrà la pena ricordare.
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