La nazionale tedesca - finora la squadra più entusiasmante vista al torneo sudafricano - ha vinto il confronto sotto tutti i punti di vista: tattico, atletico, caratteriale. E, tranne che per una ventina di minuti a cavallo tra i due tempi, non si è mai avuta la sensazione che la nazionale in camiseta albiceleste potesse cambiare il corso di una gara apparsa segnata già dopo pochi minuti, quando i tedeschi si erano portati in vantaggio grazie al solito efficacissimo Thomas Muller. Le altre reti della Germania sarebbero arrivate nella seconda metà della ripresa, grazie al difensore Friedrich e, soprattutto, alla doppietta di un Miroslav Klose capace di raggiungere il sigillo n.° 14 in tre edizioni della Coppa del Mondo, portandosi a una sola lunghezza dal record assoluto di 15, che appartiene a Ronaldo: insomma, con altri due match a sua disposizione, il centravanti di origini polacche potrebbe diventare il giocatore più prolifico di sempre nelle fasi finali dei Mondiali (nella foto, Ozil e Podolski esultanti per la marcatura del compagno).
I "segreti" del successo tedesco sono sempre gli stessi, già visti nelle altre gare sudafricane andate in scena finora: grande disciplina collettiva, disposizione tattica collaudatissima (il 4-2-3-1 offensivo col quale la Germania gioca ormai da sei anni), tecnica individuale superiore alla media, una velocità sorprendente sprigionata in ripartenze quasi sempre letali, una straordinaria "saldatura" tra gli "esperti" che costituivano l'ossatura della nazionale già quattro anni fa (i vari venticinquenni-ventiseienni Lahm, Mertesacker, Schweinsteiger, Podolski, più Klose, l'unico ultratrentenne) e i tanti giovanotti di talento provenienti dalle rappresentative giovanili che hanno dominato le competizioni Uefa Under 17, 19 e 21 degli ultimi anni (Neuer, Boateng, Khedira, Ozil e l'ancor più giovane Muller). Insomma, questa squadra non arriva dal nulla, ma da un lavoro svolto in profondità e da una intelligente programmazione che ha coinvolto, negli anni, tutte le componenti del movimento calcistico teutonico (che l'Italia impari da qui!).
In quanto all'Argentina, nel confronto con una nazionale equilibrata e ben messa in campo - oltre che molto forte tecnicamente - sono emerse tutte le lacune di una squadra che aveva fatto del proprio disequilibrio un punto di forza: l'oggi criticatissimo Maradona (qui, nella foto, affranto al fischio finale), infatti, aveva disegnato una formazione a misura delle proprie stelle offensive (Messi, Tevez, Di Maria, Higuain), lasciandole totalmente libere di inventare calcio, senza troppi schemi (o nessuno?) e accorgimenti tattici. Il problema di questa impostazione sincera ma un po' naif, però, è stato che di fronte al primo momento di difficoltà - il primo svantaggio dell'intero Mondiale - nessuno aveva la più pallida idea di come impostare una qualsiasi variante tattica, semplicemente perché non ce n'erano. E la situazione è peggiorata ulteriormente a causa dell'impostazione di difesa e centrocampo scelta dal neo-ct: fasce difensive affidate a due centrali adattati (l'improbabile Otamendi a destra e Heinze a sinistra: quanto sarebbe servito Javier Zanetti!) e presenza di un unico centrocampista di ruolo (Mascherano: quanto sarebbe servito Esteban Cambiasso!) affiancato da due ali pure adattate come interni (Maxi Rodriguez a destra e l'ancor più offensivo Angel Di Maria a sinistra). In un simile contesto, una Germania guidata da un Bastian Schweinsteiger definitivamente trasformato in centrale di centrocampo di livello assoluto non ci ha messo molto per prendere totale possesso della parte mediana del campo e, quindi, del "cuore" stesso del gioco.
Nonostante un punteggio finale troppo severo per gli argentini, comunque, il messaggio per il resto del lotto è risuonato in maniera forte e chiara: questi giovani tedeschi provenienti dai quattro angoli del mondo sono già pronti per scrivere la storia.
Analisi + che mai semplice ma non semplicistica. Nazionale che abbondava di campioni ma che non è mai stata una vera squadra così per la Germania è stato + che mai semplice archiviare una pratica che solo ai meno attenti poteva sembrare ostica.
RispondiEliminaRiuscirà la Spagna a fermare questa nuova armata teutonica?
Senatore
Lo so che il calcio moderno non poteva contemplare oltre i baci, gli abbracci e il cuore del ct-giocatore (e poco allenatore) Diego Armando Maradona. Ma nonostante tutto, nonostante la (meritata) sconfitta contro i panzer tedeschi, non rimarrà forse lui il simbolo positivo di questo Mondiale sudafricano? Lui con i suoi pochi centimetri di altezza, il vestito troppo grande, il rosario stretto in mano, lo sguardo colmo di emozioni autentiche, l’irrefrenabile (quasi infantile) voglia di toccare la palla coi piedi ogni volta che gli si avvicinava, e la capacità di non smettere mai di sognare, anche l’impossibile.
RispondiEliminaEcco perché i plastificati notabili del calcio mondiale non hanno mai potuto sopportare Maradona: lui è sempre stato vivo - prepotentemente vivo, nonostante tutto - mentre loro non sono altro che morti che camminano...
RispondiEliminaSi ma adesso è la sua Nazione e la sua Nazionale ad essere morta. Come allenatore è inguardabile come selezionatore lasciamo perdere, il suo quarto di finale è paradossalmente peggio del nostro primo turno (con le dovute proporzioni) peggio stanno messi solo i brasiliani ed i francesi.
RispondiEliminaper me non ha giustificazioni!!!
Senatore
Per me, Maradona è stato bravissimo a creare un "ambiente". Poi, magari, per il futuro farà meglio a studiare anche un po' di teoria. Certo, però, che per vincere un torneo breve come il Mondiale non bisogna essere Mourinho...
RispondiEliminaIn quanto al paragone col fallimento dell'Italia, voglio prendere il tuo accostamento come una provocazione, perché a non avere giustificazioni, per me, è Lippi non Maradona!