sabato 29 novembre 2014

europa league: il napoli va avanti, in un torneo un po' vintage

Di Diego Del Pozzo

Ogni tanto ci vuole un bello 0-0 anche per il Napoli di Rafa Benitez, qualificato con un turno di anticipo per i Sedicesimi di finale di Europa League dopo un pareggio d'altri tempi giovedì sera nel gelo di Praga, in casa di uno Sparta volitivo e coriaceo come aveva dimostrato già nel match d'andata al San Paolo (dove, però, perse 3-1).
Il Napoli si difende bene, ha un po' di fortuna in occasione delle due traverse colpite dagli avversari, ha nel tanto criticato portiere Rafael il migliore in campo e torna a casa senza danni e con la qualificazione in tasca, dopo una trasferta comunque abbastanza insidiosa.
Adesso, col surplus del turnover praghese e con l'atteso rientro di Mertens, la testa è di nuovo alla Serie A, che lunedì sera propone un affascinante Sampdoria - Napoli in quel di Marassi.
A proposito di Europa League, però, la verità - difficile da ammettere per chi pensa soltanto al freddo dato economico - è che questo torneo tanto bistrattato conserva ancora oggi un notevole fascino ed è capace, in molti casi, di tener vive e trasmettere le sensazioni non totalmente globalizzate della Coppa Uefa, della Coppa delle Coppe e, più in generale, del buon vecchio calcio europeo degli anni Settanta e Ottanta.
Basti ricordare, in tal senso, i semplici nomi di alcune tra le squadre ancora in corsa, tutte di grande tradizione: Sparta Praga, Bruges, Celtic, Feyenoord, Everton, Saint Etienne, Legia Varsavia, Dinamo Kiev, Steaua Bucarest, Anderlecht (dalla Champions), Dinamo Mosca, Torino, Fiorentina, Borussia Moenchengladbach, Psv Eindhoven, Tottenham, le stesse Inter e Napoli, i detentori del Siviglia.
Certo, se non si giocasse di giovedì sera...

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mercoledì 26 novembre 2014

benitez lasci napoli e l'italia. noi ci meritiamo moggi in tv

Di Diego Del Pozzo
(Il Napolista - 24 novembre 2014)

Alla vigilia di Napoli – Cagliari, avevo netta la sensazione che la squadra di Benitez fosse circondata da cecchini armati pronti a far fuoco al primo intoppo, tanto artificiosa mi era parsa la tregua con media e ambiente siglata sull’onda travolgente delle due vittorie contro Roma e Fiorentina. E il 3-3 casalingo con la bella squadra del maestro Zeman ha, purtroppo, confermato i miei timori. Intendiamoci, di errori il Napoli ne ha commessi, soprattutto in difesa. Ma ciò che critico qui è l’atteggiamento che, sul piano nazionale e locale, troppi osservatori pseudo-autorevoli (ma che, comunque, fanno opinione) continuano ad avere, dall’inizio della stagione, nei confronti della squadra azzurra e, soprattutto, del suo allenatore spagnolo, quasi che quest’ultimo fosse un corpo estraneo da espellere a tutti i costi dall’organismo putrescente del calcio italiano.
Tregua finita, dunque, dopo il 3-3 contro il Cagliari e cecchini che sono tornati a far fuoco. Ha iniziato Massimo Mauro nel post-partita di Sky Sport. I suoi occhietti brillavano quando ha provato, piuttosto goffamente per la verità, a mettere in bocca a Zeman una serie di critiche mai pronunciate contro la difesa del Napoli. Critiche subito rispedite al mittente con la consueta imperturbabilità dall’esperto allenatore boemo (“Non ho mai detto queste cose, forse le hai dette tu”), il quale poi in diretta tv ha letteralmente umiliato Mauro provando a spiegargli – con scarso successo, purtroppo – quanto sia falso il luogo comune che vuole vincenti soltanto le squadre che subiscono meno gol: “Se io ne segno uno in più dell’avversario – gli ha detto a un certo punto – perché dovrei preoccuparmi di subirne troppi? In Spagna e in Inghilterra non la pensano come voi. E non mi pare che il loro calcio sia messo tanto male”. Si tratta, fondamentalmente, degli stessi concetti (eretici per l’Italia) espressi più volte da Benitez, che non a caso lo stesso Zeman – ancora ai microfoni di Sky Sport – ha definito “un uomo di calcio e di sport vero”.
La lettura dei quotidiani del giorno dopo (nazionali e locali), quindi, ha rafforzato la mia spiacevole sensazione, tra quel tifoso che non si sentiva da qualche settimana e che adesso è nuovamente triste e le tante pagelle impietose anche con chi, invece, tutto sommato non aveva demeritato. Probabilmente, adesso, ricomincerà lo stillicidio di critiche più o meno a orologeria da parte dei tuttologi dei giornali, delle radio e delle televisioni locali, che col Napoli di Benitez devono riempire i loro palinsesti. E, chissà, ricominceranno gli avvistamenti di sceicchi al largo di Capri o le trattative per portare Balotelli in città a gennaio. Intanto, dopo il perdono pubblico di Andrea Agnelli, Luciano Moggi passerà il suo lunedì sera negli studi di Rai Sport, come ospite d’onore del “Processo del lunedì” di Enrico Varriale. E certamente non perderà l’occasione, come ha spesso fatto in questi mesi, per dire la sua anche sul Napoli.
Tutto ciò mi pare nient’altro che un folle tentativo di “cupio dissolvi”, per di più praticato in un ambiente capace di perdere persino l’occasione epocale del Forum delle Culture (a proposito, complimenti a “Il Mattino” per l’inchiesta che ne ha portato alla luce le oscenità) e che dovrebbe trattare la sua squadra di calcio come un fiore all’occhiello (è un’azienda che funziona e che, comunque, è stabilmente ai vertici in Italia), invece di provare ad affossarla in tutti i modi, anche strumentalmente. Per me, Rafa Benitez alla guida del Napoli è proprio come il Forum delle Culture: un’occasione persa, non sfruttata a dovere da chi avrebbe potuto e dovuto innanzitutto capire. E, di fronte a tutto ciò, nel riflettere tra me e me con una certa amarezza, sono arrivato a pensare, contro i miei interessi di tifoso del Napoli, amante del bel calcio e rafaelita, che Benitez a fine stagione farebbe bene ad andarsene via in ogni caso, a prescindere dagli esiti, perché evidentemente questo ambiente e questo territorio – ma direi l’Italia in generale – non vogliono saperne di sprovincializzarsi e internazionalizzarsi realmente. E perché, in definitiva, questa Napoli che cerca la pagliuzza negli occhi altrui, ignorando le travi nei propri, merita una squadra di calcio allenata da Gigi De Canio (con tutto il rispetto per il professionista), con Pavarese come direttore sportivo, col mercato reinserito nella galassia di Alessandro Moggi e con papà Luciano a tirare i fili da dietro le quinte.

domenica 23 novembre 2014

serie a: napoli - cagliari 3-3 e occasione sprecata per gli azzurri

Di Diego Del Pozzo

Lo scoppiettante 3-3 casalingo del Napoli contro l'ottimo Cagliari di Zdenek Zeman offre alcune risposte immediate sul presente della squadra di Benitez - comunque al nono risultato utile consecutivo, migliore striscia aperta della Serie A - e sul suo futuro.
Il gol di Higuaìn per il provvisorio 1-0
Innanzitutto, alla prima verifica in tal senso, s'è capito subito che di qui in avanti l'assenza di Lorenzo Insigne peserà tantissimo, non soltanto per la sua classe e per come era riuscito a cogliere (finalmente) l'essenza dei movimenti offensivi chiesti dal tecnico spagnolo, ma per quella specialissima voglia e intensità (di cuore) che l'attaccante infortunatosi a Firenze stava mettendo, da un mese a questa parte, in ogni suo match. Forse qualcuno faceva finta di non accorgersene, ma nelle ultime quattro-cinque partite Insigne aveva acquisito la piacevole abitudine di prendersi letteralmente la squadra sulle spalle, per suonare la carica e aiutarla a superare l'ostacolo di turno (si vedano, in particolare, le vittorie casalinghe contro Verona e Roma, la prima una cosiddetta "piccola", la seconda una "grande", a riprova dell'infondatezza dell'assioma della "squadra grande con le grandi e piccola con le piccole").
La seconda risposta - che, per i suoi esiti dirompenti, forse avrà un po' sorpreso persino lo stesso Benitez - riguarda, invece, uno tra i calciatori più criticati di questi primi mesi di stagione: Raul Albiol. In molti, di fronte a prestazioni spesso non convincenti, chiedevano con insistenza di farlo riposare un po' e lanciare Henrique al centro della difesa. Ebbene, la risposta arrivata oggi dal San Paolo è abbastanza chiara: il brasiliano finora sta giocando poco semplicemente perché non è ancora all'altezza della situazione, forse a causa delle scorie mondiali e della preparazione estiva fatta un po' a pezzetti. E con la sua confusione ha finito per mettere in difficoltà persino il fin qui ottimo Koulibaly, assieme al quale ha contribuito massicciamente ai regali natalizi anticipati fatti agli attaccanti del Cagliari in occasione di tutti e tre i loro gol.
Insomma, con assenze pesanti - e in alcuni casi lunghe - come quelle di Insigne, Zuniga, Mertens, Jorginho (squalificato), la rosa pare un po' striminzita, almeno rispetto a quelle di Juventus e Roma.
Detto ciò, gli uomini di Zeman hanno pienamente meritato il pareggio, lo hanno ottenuto attraverso un calcio d'attacco e, come nel loro stile, privo di calcoli. E il Boemo ha dimostrato che, se la sua squadra deciderà di seguirlo fino in fondo, iniziando a giocare senza timori fin dal fischio d'inizio e non da quando va sotto di due o tre reti, in Sardegna potranno tutti togliersi parecchie soddisfazioni. D'altra parte, ricordo ai criticoni che squadre dal blasone ben superiore a quello del Napoli hanno perso 4-1 in casa contro il Cagliari in forma. Insomma, se questi iniziano a giocare per tutti i 90 minuti ci sarà da divertirsi.
Il Napoli, invece, deve recitare il "mea culpa" per l'occasione sprecata, perché pur giocando con minore intensità rispetto alle ultime prove (la pausa per le Nazionali non ci voleva!) questo match poteva portarlo tranquillamente a casa, nonostante gli orrori dei due centrali difensivi, un Callejon spesso assente dal gioco e un Hamsik ancora alla ricerca del tempo perduto, più largo a sinistra per provare a surrogare l'assente Insigne. Tra le note positive, vanno segnalati un Higuaìn ormai definitivamente recuperato alla causa, un De Guzman molto duttile e sempre più al centro del progetto tecnico, un Gargano tutto grinta e un Maggio di nuovo atleticamente tirato a lucido. Col rientro di Mertens a sinistra, si spera fin dalla prossima partita in casa della Sampdoria, le cose dovrebbero andare un po' meglio. Intanto, lo sguardo arrabbiato di Rafa Benitez nel post-partita - col tecnico che s'è detto "molto infastidito da questo pareggio regalato" - lascia ben sperare per la carica che saprà dare alla squadra in vista dei prossimi match, in Europa League e Serie A.

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mercoledì 19 novembre 2014

gli elogi del "corriere della sera" per il napoli di rafa benitez

Riporto qui, integralmente e citando la fonte, questo bell'articolo della settimana scorsa tratto dal Corriere della sera e dedicato al rilancio del Napoli, terzo in Serie A alla pausa di novembre per le Nazionali. Buona lettura! (d.d.p.)
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Benitez, calma e lavoro così è decollato il Napoli

Di Alessandro Pasini
(Corriere della sera – 11 novembre 2014)

Come Sant’Agostino e i Pink Floyd, Rafa Benitez ci parla spesso del Tempo. Lo chiede ai critici da quando è arrivato a Napoli, dice che gli serve per capire, lavorare, modificare una cultura italiana che non condivide, trasformare gli errori in opportunità, lucidare i muscoli, scalare la classifica, eventualmente vincere. Dopo le buche prese a inizio stagione, di tempo stavamo per non concedergliene più. Invece aveva ragione lui, che non a caso in carriera qualcosa ha combinato: il Napoli è terzo e sta finalmente dove deve stare, anche se un anno fa aveva 7 punti in più, era a pari della Juventus e a meno 3 dalla Roma capolista. Almeno però la tendenza si è invertita, ed è già qualcosa.
I numeri sono chiari. Nelle prime 4 partite 4 punti, 6 gol subiti, poco gioco, tanti problemi. Nelle successive 7 partite 17 punti, 0 sconfitte, 2 scalpi nobili (Roma e Fiorentina), squarci di calcio show, media punti da 1 a 2,42, media gol subiti più che dimezzata (da 1,5 a 0,54). Sono aumentati i gol fatti (da 5 in 4 partite a 15 in 7) e sono arrivati quelli di Higuain, 6 negli ultimi 4 match dopo un digiuno assurdo per uno come lui. Con Callejon, capocannoniere con Tevez a 8 (ma senza rigori), il Pipita forma la coppia più calda della serie A: ha un senso, visto che il Napoli è secondo per tiri in porta a partita (18,2) dietro la Juve (19,4).
Da dove arriva questo colorito nuovo? Il Tempo, appunto. La calma e il lavoro, secondo il noto motto di Rafa: «Senza fretta ma senza pause». La gamba finalmente va, la preparazione completata ha ripulito Higuain e soci delle scorie mondiali, Hamsik ha raggiunto almeno la sufficienza, alcuni nuovi sono fioriti (Koulibaly e David Lopez), si è rinforzata l'autostima di Rafael, ex erede pallido di Pepe Reina. Poi è stato elaborato il lutto di Champions. Uscire al preliminare con l'Athletic Bilbao è stato un fallimento senza scuse. Con gli azzurri i baschi parevano il Bayern, ora in coppa sono fieri ultimi con un punto in 4 gare. Probabilmente oggi il Napoli li asfalterebbe tanto a poco, ma oggi non è ieri. Anche qui, questione di tempo: ad agosto calendario e bioritmi erano dissincroni come un film montato al contrario. Succede, Rafa sotto sotto lo sapeva, ma vallo a spiegare ai tifosi, ai critici e ai giocatori, privatisi del giocattolo Champions prima ancora di scartarlo.
Il nuovo viaggio del Napoli è appena iniziato e alcuni rebus restano irrisolti: certi nomi come Michu permangono misteriosi, manca la continuità sui 90', Hamsik deve ancora tornare Hamsik e qualche innesto a gennaio non guasterebbe. E poi c'è il grosso guaio Insigne. Il crac di domenica a Firenze era grave: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Lorenzo è stato operato già ieri a Villa Stuart, a Roma, dal professor Paolo Mariani. L'intervento è riuscito, ma per rientrare ci vorranno sei mesi: la stagione è praticamente finita. Il colpo è pesante per la squadra e per il napoletano che aveva appena riconquistato Napoli, trasformati i fischi in applausi grazie alla pazienza sua e di Benitez. L'ultimo Insigne volava, era decisivo, e avrebbe fatto comodo anche alla Nazionale. Un disastro, ma c'è una piccola consolazione: al suo posto giocherà Mertens, l'Insigne belga. Un lusso per stemperare la tristezza. Pochi in serie A possono permetterselo. Ecco perché il Napoli può restare in alto.

martedì 18 novembre 2014

lettera aperta ai tifosi del napoli e ai giornalisti napoletani

Di Giuseppe Cascone

Cari tutti,
Nella nostra città ci sono alcuni tifosi ed esperti che, più o meno consapevolmente, sperano nella sconfitta del Napoli perché Benitez gli sta antipatico. E allo stesso modo c'era gente che godeva delle sconfitte nelle stagioni di Mazzarri: in anni e anni di ascolto delle radio sportive ho sentito montare verso il tecnico livornese lo stesso livore che oggi si riversa spesso su Benitez.
Io trovo davvero avvilente e triste che oggi, in certi ambienti, ci si debba quasi giustificare per aver tifato, amato e anche apprezzato il Napoli di Mazzarri, Cavani, Hamsik, Lavezzi, Gargano, Grava, Aronica, una delle squadre migliori della nostra storia.
La responsabilità di questo clima va divisa a metà tra le "vedove" di Mazzarri e quelle che, per analogia, potremmo chiamare le "divorziate", ossia quelli che, invece di godersi la splendida avventura con il nuovo marito (Benitez), hanno da subito alimentato confronti tra Benitez e Mazzarri, tra Higuaìn e Cavani, tra Lavezzi e Insigne, attuando, sin dai primi mesi del nuovo corso, una sottile opera di svalutazione del passato recente ("Il Napoli faceva il catenaccio", "Cavani aveva i piedi storti" e così via).
Cari tutti, io penso che oggi dovremmo goderci il luminoso presente, sperare nel futuro e ammirare con fiducia una squadra formidabile (il Napoli di Benitez) che sta giocando il calcio forse più spettacolare mai visto sotto il Vesuvio (non conosco, se non dai libri, il Napoli di Vinicio). Lasciamo riposare il Napoli di Mazzarri nella bacheca della nostra storia e della nostra memoria, con l'affetto, la stima e la gratitudine che meritano lui e i suoi splendidi ragazzi del Napoli 2009-2012.
Adesso è il tempo di un'altra storia emozionante. Abbiamone cura.

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lunedì 17 novembre 2014

un rafaelita che non rinnega il napoli di mazzarri

Di Diego Del Pozzo

L'esonero di Walter Mazzarri da parte dell'Inter - il primo in carriera per il tecnico toscano - ha scatenato dibattiti e ironie feroci, soprattutto sul web e in particolar modo tra i tifosi nerazzurri e quelli napoletani, con i primi prontissimi a sottolineare il presunto pericolo scampato ("Libertà!", è stata l'esclamazione ricorrente) e i secondi ancora più solerti nell'attaccare il tecnico della quarta Coppa Italia, reo di essersi lasciato male con la città e con "l'ambiente" nell'estate 2013.
Io stesso, su Facebook, ci ho un po' scherzato su, semplicemente pubblicando alcuni stralci dell'indifendibile autobiografia-flop "Il meglio deve ancora venire", operazione editoriale sbagliatissima da tutti i punti di vista, giustamente snobbata dai lettori (ma io ne ho comprato una copia!!!). Però, mi sono reso conto che il mio atteggiamento poteva essere equivocato ed equiparato a quello dei troppi tifosi azzurri che, mostrando memoria corta e una certa mancanza di riconoscenza, hanno deciso quasi di azzerare quattro anni fatti, invece, di crescita costante, successi sportivi e tante emozioni.
Così, ho deciso di precisare qui, da zemaniano convinto e rafaelita ortodosso, quello che è il mio pensiero sul tanto discusso Walter Mazzarri.
Per me, Mazzarri è un ottimo allenatore e resta tale anche dopo il fallimento interista (perché tale va considerato il suo periodo in nerazzurro). Il suo approccio al calcio è maniacale, da lavoratore indefesso pronto a sacrificare tutto sull'altare del suo mestiere. Grande motivatore e buono stratega, porta avanti un'idea di calcio molto precisa e definita, tatticamente incarnata da un 3-5-2 impostato su una squadra tenuta abbastanza bassa e pronta a ripartire in micidiali contropiede, sfruttando l'atletismo degli esterni di centrocampo, gli inserimenti centrali di una delle due mezzeali e la velocità dei due attaccanti. La fase difensiva delle sue squadre si basa sulla concentrazione dei singoli e sulla densità tra i tre centrali di difesa e i due mediani di centrocampo, pronti questi ultimi a pressare gli omologhi avversari alla ricerca continua degli improvvisi rovesciamenti di fronte. Pur agendo prevalentemente di rimessa, le sue squadre sono sempre state molto produttive in attacco, mettendo costantemente gli attaccanti davanti alla porta e portandoli, quasi inevitabilmente, a finalizzare con ottimi score individuali (dai 53 gol in B di Protti-Lucarelli nel Livorno della promozione ai 35 in A di Bianchi-Amoruso nella Reggina della salvezza con penalità, fino agli exploit napoletani di Cavani). Per farli rendere al meglio, Mazzarri ha bisogno di allenare molto i suoi giocatori, da qui la sua idiosincrasia per i doppi impegni settimanali, suo limite oggettivo se si pensa a come funziona oggi il calcio di vertice.
I difetti del tecnico toscano sono altrettanto evidenti e derivano in massima parte dall'eccesso di orgoglio personale e dalla consapevolezza (giusta o sbagliata che sia) di essere molto bravo e, quindi, di meritare molto di più rispetto a tanti suoi colleghi "alla moda", in virtù di una gavetta che lo ha formato negli anni, senza fargli bruciare le tappe come capitato ad altri. Fondamentalmente, però, Mazzarri non ha il physique du role del tecnico di livello internazionale: permalosissimo, sempre sovraeccitato, spesso piagnucoloso, scostante e piuttosto antipatico, pare sempre un contadino capitato per caso nella grande città. Livornese per livornese, per fare un esempio, il "cittadino" Massimiliano Allegri possiede questo physique du role, lui originario di San Vincenzo no. E, in ambienti "forti" come quello interista, questo è stato il suo peccato originario (abbinato all'assenza di pedigree ai massimi livelli). Nei confronti dei media e degli osservatori esterni, questo limite anzitutto comunicativo non gli permette nemmeno di valorizzare al meglio quanto dice. Per capirci, se la stessa identica lamentela arbitrale viene fatta da lui e da Mourinho l'effetto all'esterno sarà diversissimo, inevitabilmente. Più che di carisma, è questione di "aura". O ce l'hai oppure non ce l'hai.
Detto tutto ciò, da zemaniano convinto e rafaelita ortodosso (lo ribadisco a scanso di equivoci), il mio giudizio sul Napoli di Mazzarri resta ampiamente positivo. I numeri dicono che nei suoi quattro anni si è visto uno tra i Napoli più forti della storia azzurra, con un secondo posto e il record di punti (78, eguagliato l'anno scorso da Benitez), la conquista della Coppa Italia, una Supercoppa italiana francamente mezza scippata, una grande Champions League disputata eliminando Manchester City e Villarreal, qualificandosi agli Ottavi assieme al Bayern Monaco e venendo eliminati soltanto ai tempi supplementari dal Chelsea futuro vincitore di quell'edizione, con imperdonabile sciupìo di occasioni da gol sia a Napoli che a Londra. Per inciso, in quella Champions, quel Napoli perse soltanto 3-2 a Monaco col Bayern - non 7-1 in casa, come qualcun altro - e 4-1 ai supplementari a Londra col Chelsea: le due finaliste di quell'edizione. E, tra gli azzurri, giocavano personaggi come Aronica, Cannavaro, Grava, per citarne soltanto tre.
I meriti di Mazzarri nella costruzione e nella gestione di quella squadra sono enormi e innegabili: Cavani centravanti lo ha inventato lui, Zuniga esterno sinistro anche, Maggio è stato il migliore nel suo ruolo in Italia, Hamsik è sbocciato sotto la sua gestione, onesti pedatori come Grava e Aronica sono stati spinti ben oltre i loro limiti evidenti, la diga di centrocampo Gargano-Pazienza ha spesso scalato l'Everest. Tra gli errori, vanno evidenziati i precocissimi accantonamenti di buoni giocatori come Edu Vargas, Federico Fernandez e - perché no? - Victor Ruiz, nessuno dei tre chiesto espressamente da lui e, dunque, mai valorizzato come sarebbe stato possibile. Poi, la gestione "provinciale" delle campagne di Europa League e la congenita incapacità di fare turnover in modo efficace tra le differenti competizioni. E, naturalmente, il modo imbarazzante nel quale ha gestito la sua uscita dal Napoli.
Sia come sia, comunque, a me gli anni di Mazzarri hanno regalato emozioni intense e tante partite memorabili. Sono coincisi con l'irruzione del nuovo Napoli di Aurelio De Laurentiis ai vertici del calcio italiano. Sono stati anni di rimonte spesso impossibili, triplette e quaterne fantastiche di Edinson Cavani (chi ricorda quella contro il Dnipro?), polemiche con le grandi tradizionali del calcio italiano e tanta adrenalina.
Poi, giunti alla soglia del livello superiore, Mazzarri ha implicitamente ammesso di non essere in grado di fare il passo finale verso la vittoria (e i 17 mesi interisti rappresentano una conferma in tal senso), mentre da parte sua la società azzurra ha capito che, per dotarsi di un profilo internazionale e provare a stabilizzarsi ai vertici, c'era bisogno di un tecnico dal profilo decisamente diverso: quello di un uomo di mondo, pluridecorato, come Rafa Benitez.
Ma Walter Mazzarri, con i suoi pregi e i suoi difetti, un posto nella storia del Napoli se lo è conquistato sul campo. E toglierglielo sarebbe ingiusto, sciocco e decisamente provinciale.
Ps: Qualche riga, per concludere, sulla famigerata autobiografia "Il meglio deve ancora venire". L'operazione è sbagliata da tutti i punti di vista, ma le colpe principali a mio avviso sono dell'editore Rizzoli e del coautore, il giornalista di Sky Alessandro Alciato, più addentro a determinati meccanismi. Dal punto di vista di Mazzarri, infatti, credo che fare questo libro gli sia servito - dal suo punto di vista del provinciale che sbarca nel salotto buono del calcio italiano - per provare a blandire i poteri forti (Sky, Rizzoli, ecc.), in modo da garantirsi un po' di tranquillità durante la sua gestione interista. E, va detto, che la pessima autobiografia un primo anno di discreta stampa a Milano glielo ha garantito. Contadino, cervello fino...
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mercoledì 12 novembre 2014

serie a: il napoli è terzo alla pausa di novembre

Di Diego Del Pozzo

Il Napoli arriva alla pausa di novembre della Serie A, per le qualificazioni europee delle Nazionali, issandosi al terzo posto in classifica, dunque rispettando sostanzialmente quelli che erano i pronostici d'inizio stagione, che vedevano proprio gli azzurri di Benitez come unica, possibile alternativa credibile al duello annunciato per lo scudetto tra Juventus e Roma, nonostante la delusione per una campagna acquisti dai più ritenuta non all'altezza (a torto) e per la sfortunata eliminazione di agosto al play-off di Champions League.
Rispetto ad allora, però, il Napoli pare molto cresciuto soprattutto in termini di fiducia nei propri mezzi, con Rafa Benitez che ha saputo compattare il gruppo ma anche l'ambiente, a dispetto di attacchi mediatici spesso ben oltre i confini del cattivo gusto e della malafede. Così, gli azzurri di metà novembre sono una squadra forte innanzitutto sul piano mentale, poi ordinata tatticamente e decisamente competitiva sul piano della tecnica. I big Higuaìn, Callejon e persino Albiol hanno recuperato concentrazione e un po' di condizione atletica; i nuovi arrivati Koulibaly e Lopez stanno rendendo oltre le attese (soprattutto il primo, monumentale contro Roma e Fiorentina); Hamsik sta recuperando la propria centralità tecnico-tattica, mentre un Jorginho potenziato anche nel fisico sembra in grado di poter tenere le redini della squadra con una certa sicurezza. Poi, ci sarebbe il nuovo Lorenzo Insigne, purtroppo infortunatosi gravemente a Firenze, ma diventato in quest'ultimo mese un tassello indispensabile del modulo di Benitez, in grado di abbinare alla sua tecnica superiore un notevole dinamismo e una capacità unica di corsa e resistenza, capaci di fargli svolgere al meglio i suoi compiti in fase difensiva oltre che offensiva. Accentrandosi dalla fascia sinistra è, ormai, il suggeritore-principe per gli altri attaccanti azzurri, ma ha anche assimilato alla perfezione i tempi dei recuperi e dei tagli difensivi. Sul suo infortunio tornerò tra un po'.
Per arrivare al terzo posto prima della sosta, il Napoli ha dato continuità alla magnifica vittoria casalinga sulla Roma andando a espugnare il campo della Fiorentina con l'autorità della grande squadra. Al Franchi, infatti, domina i sempre temibili avversari per la prima ora di gioco, difendendosi poi con ordine e una certa sicurezza nella tranche finale. Contro i viola, tra l'altro, si vede il miglior Gonzalo Higuaìn della stagione, non soltanto per il gol decisivo dello 0-1, ma anche per alcune giocate francamente impressionanti e per quella capacità unica di abbinare potenza atletica, tecnica sopraffina e grande intelligenza tattica (nei movimenti senza palla è spettacolare). Il Pipita sta recuperando la forma migliore e, come tutto il Napoli, mostra di avere ancora evidenti margini di miglioramento.
La bruttissima notizia che arriva da Firenze, invece, è il grave infortunio di Lorenzo Insigne, che s'è rotto il legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Il giocatore del Napoli è stato operato lunedì a Roma e i tempi per il suo pieno recupero, purtroppo, si prevedono lunghi, tra i 4 e i 6 mesi.
Ovviamente, il primo pensiero va al ragazzo, che stava attraversando un momento di grande forma e, senza infortunio, sarebbe stato convocato anche in Nazionale (il ct Conte gli ha telefonato per manifestargli la propria vicinanza), dove secondo me avrebbe avuto un ruolo importante fin da subito. A lui va un sincero "in bocca al lupo", con la speranza di rivederlo al più presto sui campi di calcio.
Per quanto riguarda il Napoli, invece, il danno tecnico è molto serio, poiché oggi come oggi Insigne è forse il giocatore meno sostituibile dell'intera rosa azzurra. Perciò, la sua assenza e quella di uno Zuniga sempre più oggetto misterioso rischiano di frenare le legittime ambizioni azzurre. In attesa di ritornare sul mercato a gennaio, per acquistare uno o due esterni, adesso toccherà a Benitez inventarsi qualcosa, aumentando di molto il minutaggio di Mertens senza fargli perdere efficacia e puntando sulla duttilità di De Guzman.


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sabato 8 novembre 2014

napoli 2014-2015: il mio diario azzurro (8 agosto - 7 novembre 2014)

Di Diego Del Pozzo

L'immagine-simbolo dei primi tre mesi della stagione azzurra
Questo che segue è il mio personalissimo diario dei primi mesi di stagione calcistica del Napoli 2014-2015 allenato da Rafa Benitez. L'ho realizzato semplicemente assemblando in ordine cronologico i post e i commenti che ho pubblicato da inizio agosto a oggi sulla mia bacheca di Facebook.
Rileggendoli tutti di seguito, ne vien fuori, credo, un racconto piuttosto interessante, in particolar modo per quel che riguarda il rapporto - che definirei sconcertante - della squadra e dell'allenatore spagnolo con l'ambiente circostante e con i media locali e nazionali.
Buona lettura!
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8 agosto (dopo il sorteggio per il play-off di Champions League)
È Athletic Bilbao! Sarà un doppio confronto bellissimo e di grande fascino. Però, una preghiera: la seconda squadra di Madrid, campione di Spagna in carica, si chiama Atletico; i gloriosi "leoni" baschi di Bilbao, prossimi avversari del Napoli in un preliminare di Champions League che vale almeno un ottavo, si chiamano Athletic, all'inglese (Athletic Club di Bilbao, o per comodità Athletic Bilbao). Ok? Grazie.

12 agosto
I vergognosi e volgari fischi di stasera a Cavani da parte dei tifosi (?) azzurri presenti al San Paolo per l'amichevole tra Napoli e Paris Saint Germain (1-2) sono stati di una stupidità persino imbarazzante. L'attaccante uruguayano - 104 gol in soli tre anni all'ombra del Vesuvio e 64 milioni di euro portati alla società grazie alla sua cessione - ha risposto da gran signore, tramite twitter.
Naturalmente, dopo la vergogna di stasera, spero di non dover mai affrontare Edi in un match di Champions League... E, comunque, il rispetto per la maglia e per i tifosi Cavani lo ha dimostrato in campo, in ogni singola partita, facendosi un mazzo così senza mai risparmiarsi. Poi, se l'uomo non è mai stato un giullare o un capopopolo, non per questo va considerato automaticamente un traditore. Ma traditore 'dde che? Stiamo parlando di professionisti strapagati, sia quelli più simpatici ed espansivi (e comunicativi e carismatici) che quelli più introversi e riservati. Le eccezioni alla Maradona o Hamsik sono rarissime..

20 agosto
Alcune mie considerazioni dopo l'1-1 casalingo del Napoli nel play-off di Champions League di ieri sera.
1) L'Athletic Bilbao è una squadra forte tecnicamente, tosta tatticamente e caratterialmente, vogliosa, ben allenata e, soprattutto, due settimane più avanti del Napoli nella preparazione (sabato inizia il campionato);
2) Benitez non c'entra niente con la rosa incompleta e i mancati acquisti: li ha subìti ed è il motivo per il quale, finora, non ha ancora rinnovato;
3) Ieri sera, la differenza di preparazione è apparsa evidente (il finale del Napoli è stato tutto di voglia e di nervi) e tra otto giorni la condizione complessiva sarà certamente migliore;
4) Detto ciò, il Napoli nel secondo tempo ha messo cinque (5) volte l'uomo smarcato davanti al portiere, fallendo almeno tre gol facili;
5) Le scelte iniziali di Benitez sono state dettate unicamente dallo stato di forma dei singoli (compreso Insigne dall'inizio per Mertens, che a partita in corso ha dimostrato di essere devastante, col suo cambio di ritmo), con l'unica eccezione di Higuaìn, che però anche con la panza e i fianchi larghi - perché ieri sera aveva la panza e i fianchi larghi e non è nemmeno al 50% della condizione - ha deciso il match;
6) Gargano è stato tra i migliori in campo e, ieri sera, si è ripreso Napoli: sarà senz'altro un ottimo quinto centrocampista;
7) Se c'è un tecnico che conosce l'Athletic Bilbao e sa come è più giusto andare a giocare nella bolgia del San Mamés quello è Benitez: la squadra sarà motivatissima e preparata per fare del suo meglio;
8) Con De Guzman, Fellaini e Agger o Nastasic in rosa questa squadra vince lo scudetto.
E, comunque, In Rafa we trust!
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Riflettevo amaramente tra me e me, dopo il doloroso 1-1 interno del Napoli con un ottimo Athletic Bilbao, nell'andata di un complicatissimo (e tecnicamente assurdo) play-off di Champions League. E pensavo ai possibili sfottò di alcuni amici interisti. Poi, stamattina, ho ascoltato un'intervista a un teso Walter Mazzarri alla vigilia dell'insidioso (????!!!???) preliminare di Europa League dell'Inter contro una impronunciabile squadra islandese. E ho pensato che l'Islanda ad agosto deve essere davvero bellissima da visitare...
Per la serie: c'è preliminare e preliminare.
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La mutazione antropologica (in peggio) del tifo all'interno dello stadio San Paolo sta diventando un problema serissimo. Altro che "cacce 'e sord'!"...
E quel coro onanistico degli ultrà ("In un mondo che...") è tristissimo e ormai insopportabile. Il Napoli gioca abbandonato a se stesso, mentre le curve cantano per i cazzi loro (è l'effetto vuvuzelas), invece di spingere i giocatori a dare tutto ciò che hanno dentro. E, alle prime difficoltà, fischi per (quasi) tutti.
Il vero tifo per la squadra di casa, purtroppo, temo che lo vedremo mercoledì prossimo a Bilbao. Tra l'altro, il coro ultrà "In un mondo che non ci vuole più..." afferma anche il falso, dato che in realtà gli stadi italiani sono ostaggi loro. E "In un mondo che non ci vuole più..." dovrebbero cantarlo i tifosi normali, che ormai non possono più godersi in tranquillità lo spettacolo della partita dagli spalti di uno stadio e, in pratica, ne sono stati espulsi.

27 agosto (dopo l'eliminazione dalla Champions League)
Silenzio e tristezza...