martedì 17 maggio 2011

un bell'articolo sul "dribbling post mortem" di garrincha

Di Piero Mei
(Il Messaggero - 16 maggio 2011)

"Quando lo vidi mi sembrava uno scherzo, con quelle gambe storte, l'andatura da zoppo e il fisico di uno che può fare tante cose nella vita meno una: giocare al calcio. Come gli passano la palla gli vado incontro cercando di portarlo verso il fallo laterale per prendergliela con il sinistro, come facevo sempre. Lui invece mi fa una finta, mi sbilancia e se ne va. Nemmeno il tempo di girarmi per riprenderlo e ha già crossato. La seconda volta mi fa passare la palla in mezzo alle gambe e io lo fermo con un braccio e gli dico: senti ragazzino, certe cose con me non farle più. La terza volta mi fa un pallonetto e sento ridere i pochi spettatori che assistono all'allenamento. Mi incazzo e quando mi si ripresenta di fronte cerco di sgambettarlo, ma non riesco a prenderlo. Alla fine vado dai dirigenti del Botafogo e dico: tesseratelo subito, questo è un fenomeno...". Così parlò Nilton Santos, uno dei più grandi terzini di tutti i tempi, quando in un provino gli misero di fronte Garrincha diciannovenne, che beveva da 15 anni e fumava da 10, aveva una gamba più corta dell’altra di 6 centimetri, un ginocchio piegato all'interno e l'altro all'esterno e lo sguardo strabico. Da piccolissimo andava a caccia di una specie di passerotti e, siccome non correva ma saltellava come quelli, la sorella Rosa lo ribattezzò Garrincha, appunto quell'uccellino. Il nomignolo gli sarebbe rimasto per sempre.
Garrincha dribblò tutto nella sua vita: ogni avversario, anche una squadra tutta di fila, e ogni regola. Fu due volte campione del mondo con il Brasile a cavallo del 1960, lui che era diventato professionista al prezzo di 27 dollari. Faceva impazzire i tifosi e le donne: ha avuto 14 figli da varie compagne. Quando tornò campione del mondo da Svezia '58 pagò al bar che frequentava tutti i debiti dei suoi tantissimi compagni di bevute. Alla fine dribblò anche se stesso, morendo a 49 anni, vivendo gli ultimi tempi da barbone. Sulla sua tomba è scritto: fu la gioia del popolo.
Ma anche da morto non vuole arrendersi: come non bastava nessun difensore a metterlo giù, che anzi erano quelli a finire spesso con il sedere per terra, non sono bastati 250 chili di esplosivo a far cadere la tribuna che gli è stata dedicata nello stadio di Brasilia che stanno ricostruendo per i mondiali del 2014. S'è sentito un gran botto, ma, irridente come il campione che le ha dato il nome, la tribuna è rimasta su. Garrincha è sempre grande.

Nessun commento:

Posta un commento