mercoledì 31 agosto 2011

quest'anno il barcellona cambia e pep prova la difesa a tre

Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 31 agosto 2011)

La filosofia che permette a Pep Guardiola di mantenere altissima la determinazione a vincere del Barcellona, malgrado una pancia ormai strapiena di trionfi, è la rivoluzione permanente. Guardiola innova di continuo per perpetuare il vantaggio sugli inseguitori - Mourinho in Supercoppa ha dimostrato di aver imparato a leggere il Barça "vecchio": urge una nuova accelerata - e per impedire ai suoi senatori di impigrirsi, pericolo concreto quando un sistema è così digerito da poterlo giocare a occhi chiusi.
Non sono soltanto i nuovi acquisti come Sanchez e Fabregas a doversi adeguare (o riadeguare) al calcio catalano: dal Messi che a metà della seconda stagione trasloca dalla destra al centro - segnando di fatto l'emarginazione di Ibrahimovic - al Mascherano che nel giro di poche partite apprende alla perfezione l'arte della difesa, il panorama blaugrana resta in perenne movimento. O meglio, evoluzione. Perché il Barcellona è quanto di più simile a un organismo vivente si sia visto su un campo di calcio, e quindi ogni spostamento individuale incide su quello dei compagni. In due parole, nessun dorma.E' probabile che lunedì la moria di difensori (tra infortuni e squalifiche mancavano Dani Alves, Piqué, Puyol, Adriano e Maxwell) abbia dato a Guardiola la spinta decisiva per provare la difesa a tre. L' idea in ogni caso parte da lontano. Già nella scorsa stagione la frequenza con la quale Alves e Abidal attaccavano contemporaneamente le fasce veniva messa in sicurezza dietro dall'arretramento di Busquets sulla linea di Piqué e Puyol; una mossa propedeutica alla trasformazione attesa per quest'anno, e "chiamata" dal fatto che quando il lungo inseguimento a Fabregas si è felicemente concluso, non è stata contemplata l'ipotesi di mandare a giocare da qualche parte in prestito l'emergente Thiago. E dunque la presenza in rosa di quattro centrocampisti di altissima qualità, i due appena citati più Xavi e Iniesta, si spiegava con l'intenzione di farne giocare tre alla volta. Essendo impensabile la sottrazione di un attaccante, non restava che togliere un difensore.
A proposito degli antenati del suo Barça, Guardiola dice sempre che Johan Cruijff ha dipinto la Cappella Sistina e che i suoi successori - lui compreso - hanno aggiunto qualche dettaglio e un paio di rinfrescate. Il 3-4-3 di lunedì, capace di annichilire una squadra di livello come il Villarreal con un calcio entusiasmante, in qualche modo è anche un omaggio a Cruijff e al suo Dream Team, che vent'anni fa diede al Barcellona la prima Champions utilizzando quel modulo. In realtà le differenze sono molte, come molto però è anche il tempo passato senza che il club blaugrana perdesse la sua coerenza tattica: e questo è il motivo per cui il vivaio rifornisce così copiosamente la prima squadra. Cruijff resta ancora oggi il primo ispiratore dei movimenti offensivi - tagli e riccioli - del Barça; viceversa la blanda copertura difensiva del Dream Team non è paragonabile alla ferrea fase di riconquista del pallone allestita da Guardiola, molto più di un restauratore della Cappella. In realtà Pep ha fuso la lezione del suo maestro - Cruijff - con l'esperienza di Sacchi, che costruì uno storico Milan offensivo partendo dall'impermeabilità difensiva; in più, ci mette una sensibilità umana che a certi livelli non ha precedenti. Cruijff e Sacchi erano ammirati dallo spogliatoio. Guardiola è amato, ed è un'altra cosa.
E' probabile che il Barça d'ora in poi alterni i due moduli. Dani Alves - per citare un uomo fondamentale - nel 3-4-3 può giocare sia in difesa che a centrocampo, ma il suo impatto è pienamente devastante come terzino di un 4-3-3. La squadra che ha distrutto il Villarreal ha però cancellato il principale dubbio che aleggiava sull'aggiunta di un centrocampista, ovvero l'intasamento dello spazio alle spalle di Messi: Fabregas e Leo si sono intesi magnificamente scattando a turno nello spazio liberato dal compagno, in attesa del puntuale tracciante di Iniesta. Fatalmente il raddoppio dell'attaccante centrale - Cesc quest'anno segnerà molti gol - terrà più lontani dall'area gli esterni Sanchez, Pedro e soprattutto Villa, che potrebbe soffrirne (brutto mestiere fare il complemento di Messi). La fase difensiva del 3-4-3, riuscita benissimo con Mascherano e Busquets (e presto torneranno Piqué e Puyol), si fonda sul pressing selettivo: appena perduta la palla tre o quattro uomini vi si fiondano sopra mentre il resto della squadra si riposiziona. E' chiaro che il ruolo del centrocampista arretrato diventa decisivo, perché è lui a recitare da quarto difensore quando ce n'è necessità, mentre nelle "tre" tradizionali si abbassa uno dei due esterni. Ma il Barcellona di tradizionale ha davvero poco.

domenica 28 agosto 2011

champions league: per il napoli girone di ferro...

Di Diego Del Pozzo

A memoria, non ricordo un girone di primo turno di Champions League così duro ed equilibrato come quello che è capitato in sorte - si fa per dire - all’esordiente Napoli di Walter Mazzarri: Bayern Monaco, Manchester City e Villarreal, infatti, sono davvero una bella compagnia. Tra i gruppi di questa edizione, quello che comprende gli azzurri è certamente il più competitivo e ostico. Ma, lo ripeto, anche andando indietro nel tempo non mi pare di ricordare precedenti simili.
Una certezza, comunque, accompagnerà il Napoli e i suoi tifosi in questa affascinante e attesissima campagna europea: quella di poter partecipare e assistere a grandi match, in atmosfere e contesti realmente da Champions League (anzi, da Coppa dei Campioni), al contrario di quanto toccherà a Inter e Milan. I nerazzurri campioni del mondo in carica, infatti, se la vedranno col ripescato Trabzonspor (incluso frettolosamente al posto dei campioni turchi del Fenerbahce, squalificati per illeciti sportivi), con gli inesperti neo-campioni di Francia del Lille e col Cska Mosca. I campioni d’Italia rossoneri, addirittura, oltre al big match col Barcellona hanno avuto in dote "squadroni" del calibro di Viktoria Plznen (Repubblica Ceca) e Bate Borisov (Bielorussia).
Insomma, pur tra mille difficoltà, almeno i tifosi del Napoli davvero appassionati di calcio avranno di che divertirsi…

sabato 27 agosto 2011

champions league 2011-2012: ecco cosa ha detto il sorteggio...

Di Diego Del Pozzo

Al Grimaldi Forum di Montecarlo sono stati sorteggiati i gironi della fase a gruppi dell'edizione 2011-2012 di Champions League.
Ecco, qui di seguito, la composizione di tutti i raggruppamenti di questa prima fase della massima competizione europea per squadre di club:
GRUPPO A: Bayern Monaco (Germania), Villarreal (Spagna), Manchester City (Inghilterra), Napoli (Italia).
GRUPPO B: Inter (Italia), Cska Mosca (Russia), Lille (Francia), Trabzonspor (Turchia).
GRUPPO C: Manchester United (Inghilterra), Benfica (Portogallo), Basilea (Svizzera), Otelul Galati (Romania).
GRUPPO D: Real Madrid (Spagna), Lione (Francia), Ajax (Olanda), Dinamo Zagabria (Croazia).
GRUPPO E: Chelsea (Inghilterra), Valencia (Spagna), Bayer Leverkusen (Germania), Genk (Belgio).
GRUPPO F: Arsenal (Inghilterra), Marsiglia (Francia), Olympiacos (Grecia), Borussia Dortmund (Germania).
GRUPPO G: Porto (Portogallo), Shakhtar Donetsk (Ucraina), Zenit San Pietroburgo (Russia), Apoel Nicosia (Cipro).
GRUPPO H: Barcellona (Spagna), Milan (Italia), Bate Borisov (Bielorussia), Viktoria Plzen (Repubblica Ceca).
La Champions League inizierà il 13 e 14 settembre (1ª giornata), per proseguire poi il 27 e 28 settembre (2ª giornata), il 18 e 19 ottobre (3ª giornata), il 2 e 3 novembre (4ª giornata), il 22 e 23 novembre (5ª giornata), il 6 e 7 dicembre (6ª giornata). Alla fase successiva si qualificherannno le prime due di ciascun girone, mentre la terza retrocederà nei sedicesimi di Europa League.
Le fasi a eliminazione diretta successive alla prima si svolgeranno nella seguenti date: Ottavi (sorteggio 16 dicembre a Nyon) il 14-15 e 21-22 febbraio (andata), il 6-7 e 13-14 marzo (ritorno); Quarti (sorteggio 16 marzo a Nyon) il 27-28 marzo (andata), il 3-4 aprile (ritorno); Semifinali (sorteggio 16 marzo a Nyon) il 17-18 aprile (andata), il 24-25 aprile (ritorno). La Finale si svolgerà il 19 maggio a Monaco di Baviera, in Germania, nello stadio del Bayern Monaco.

martedì 23 agosto 2011

napoli: fare tesoro della "scoppola" del camp nou...

Se conosco bene Walter Mazzarri, il Napoli farà tesoro della "scoppola" di Barcellona... (d.d.p.)

lunedì 22 agosto 2011

barcellona troppo forte: napoli triturato (5-0)!

Di Diego Del Pozzo

Un Barcellona fuori portata si aggiudica senza problemi il trofeo Gamper, triturando letteralmente il Napoli col punteggio di 5-0. I blaugrana, nonostante i tanti giovani schierati in partenza, impongono subito il loro tradizionale gioco fatto di possesso palla estenuante e tocchi di prima in velocità. E per la squadra di Mazzarri, che a differenza di Guardiola sceglie l'undici titolare al fischio d'avvio, c'è davvero poco da fare, se si esclude una fiammata iniziale di Edinson Cavani, autore di un gol in splendida rovesciata annullato per fuorigioco.
Le cinque reti del Barca sono realizzate da Fabregas (alla prima marcatura con la nuova maglia), Keita, Pedro e due volte Messi, che - pur giocando soltanto per poco più di mezz'ora - avrà voluto ricacciare in gola al presidente azzurro De Laurentiis le sue spiacevoli parole di qualche settimana fa ("Messi è un cretino...", sbottò l'ineffabile don Aurelio). Ma il punteggio poteva essere addirittura molto più pesante, poiché gli uomini di Guardiola colpiscono ben quattro legni.
Insomma, per gli azzurri è una lezione durissima, che riporta con i piedi per terra e, però, si spera possa servire per capire in tempo che cosa vuol dire affrontare la Champions League. Anche se, per fortuna, di Barcellona ce n'è soltanto uno...

sabato 20 agosto 2011

mourinho fa la "diva" e non accetta la forza del barcellona

Di Marco Ciriello
(Il Mattino - 19 agosto 2011)

Mourinho come Liz Taylor, non si rassegna alla realtà. Il Barcellona è più forte, il corpo decade. Prova a contenersi, l’allenatore del Real Madrid, come l’attrice, ma poi si lascia andare. E così dopo aver perso la Supercoppa di Spagna, seppure nei secondi finali, ad opera del rinato Messi(a), è andato a piantare le sue dita negli occhi di Tito Villanova, il vice di Guardiola, e non solo, è riuscito anche in conferenza stampa a dimenticare il suo gesto, e il nome del malcapitato.
Una prova d’attore, davvero. Quando smetterà col calcio, se smetterà, a Hollywood lo aspetteranno a braccia aperte, perché ha la caratteristica che conta di più sulle scene e sui set: agisce e dimentica, recita e smarrisce, oltre ad essere un mentitore, un inguaribile bugiardo, capace di sposare tesi e camp
agne contro complotti e soprusi inesistenti. In questo ricorda le sceneggiate di Merola, piange e finge di non vedere quello che gli sta intorno, per ergersi a eroe. Ma prima di scadere nel melodramma, è stato molte cose, sempre facendo l’allenatore: un pistolero a Milano, un agente del Kgb a Londra, e ora un barricadero a Madrid. Prima: un Trintignant a Barcellona (conservando verso la città e la squadra un rancore da figlio non compreso, rimarrà un gregario), un professore di successo in Portogallo. Ha il pregio di aver capito che il calcio è una religione, lui si è fatto santone, e recita la parte. Muove crociate, nel caso fa rimuovere cardinali del peso culturale di Jorge Valdano (ex dg del Real Madrid), pur di avere ragione, ha abolito una diarchia che aveva nell’argentino la correttezza del calcio old, a favore di una tirannia della parola e del gesto new. Ha l’arroganza di Charlie Chaplin, anche se poi si mostra docile davanti alle telecamere, arguto e ironico quando serve, colto al punto giusto. Ha capito che il Barcellona è una griffe del calcio, una sorta di Gandhi del fútbol, ed è andato a sedere sulla panchina del torto. E quando Piqué dichiara che: "Mourinho es una lacra para el fútbol", un flagello per il calcio spagnolo, diventa funzionale alla sua tesi, che va in scena - senza distinzione - tra campo e conferenza stampa.
Mourinho ha capito che le partite si vincono anche a parole, come Alì con gli incontri di boxe, solo che il pugile non aveva sulla sua strada un miracolo, di organizzazione. Dopo ogni partita col Barça, sembra il killer di
Pulp Fiction: Samuel L. Jackson, che non si capacitava del miracolo di non aver preso la pallottola, e voleva smettere. Ma era costretto a continuare. Dopo i precedenti, con un solo risultato a favore, ogni volta che gli tocca affrontare il Barcellona, deve inventarsi qualcosa di diverso, per poi perdere, quasi che quelle partite avessero la strada segnata e il finale anche. Non potendo fare altro, Mourinho c’ha messo un dito, negli occhi di un incolpevole, quasi una rappresaglia da bimbo, un capriccio da divo. Recitando la parte di quello che non sa perdere, facendo un uso sconsiderato delle mani, le stesse che dovevano fare di una banda - il Real Madrid - una orchestra. Pur di non mostrare questa impresa che non riesce, questa trasformazione che non avviene, Mourinho si antepone, con performance dadaiste, seguite da calembour sui nomi degli avversari, che finiscono con il tradimento della realtà, proprio come al cinema. Ha nel suo repertorio molte varianti dello stesso personaggio, che però finiscono sempre allo stesso modo, consumando pubblico e critica. Anche per questo cambia spesso città.
E se è vero che gli sono riuscite imprese impossibili, come con Inter e Porto (anche Liz Taylor ha vinto due Oscar), sembra quasi che per lui sia più importante battere il Barcellona che ripetere quelle imprese, e qui pare recitare la parte dell’emigrante che deve avere il riconoscimento nella città che lo ha visto povero con le pezze al culo.

giovedì 18 agosto 2011

napoli: quasi 30mila tifosi per la partitella in famiglia sotto al sole

Giovedì 18 agosto, ore 16.30, temperatura folle a 35 gradi, sole che spacca le pietre: eppure quasi 30mila napoletani, invece di andare in spiaggia, hanno preferito recarsi allo stadio San Paolo per assistere gratuitamente alla partitella in famiglia tra Napoli A e Napoli B, per la cronaca terminata 4-2 per la squadra A, con doppietta di Maggio e reti di Lavezzi e Cavani (per il team B, invece, gol di Mascara e autorete di Britos).
Bene, se non è amore questo!!! Rischiare un'insolazione o peggio per salutare i propri beniamini rende i tifosi del Napoli unici ed entusiasmanti: realmente dodicesimi uomini in campo, da schierare nei match decisivi e fare la differenza. Ovviamente, i nuovi acquisti sono rimasti scioccati da questa partecipazione straordinaria di folla, a partire dal nuovo re del centrocampo, Gokhan Inler, che ha subito postato
le proprie impressioni sul suo cliccatissimo profilo Facebook.
Insomma, la nuova stagione degli azzurri sta per iniziare sotto i migliori auspici e tra grande entusiasmo. Chissà che non potremo davvero vederne delle belle...
(d.d.p.)

martedì 16 agosto 2011

aguero subito protagonista nel 4-0 d'esordio del mancity

Di Stefano Boldrini
(Gazzetta.it - 15 agosto 2011)

Abbiamo visto l'uomo che può portare il Manchester City lontano su tutti i fronti: trenta minuti e Sergio Kun Aguero ha incantato il suo nuovo popolo. E' entrato al 60’' e al 62' ha firmato il primo gol in Premier, con un piatto in scivolata su cross basso di Richards. Al 68’' ha cucinato con una rovesciata acrobatica l’assist del 3-0, firmato da Silva. Al 90' il capolavoro: tiro ad effetto da 20 metri e stadio in delirio. Uno spettacolo. Man of the match, l'ovazione popolare, gli abbracci dei compagni, gli avversari ammirati. Aguero è rientrato negli spogliatoi con il pallone sottobraccio. Lo mostrerà un giorno al figlio Benjamin - la mamma è Gianina Maradona, il nonno è Diego - e gli dirà: "Con questo pallone, in mezz'ora ho conquistato una tifoseria". Mancini lo ha incoronato: "Sergio è un giocatore fantastico. Lui e Silva sono una coppia straordinaria, parlano lo stesso linguaggio".
Aguero ha trasformato un City che nel primo tempo aveva sofferto l'orgoglio dello Swansea, colpendo però due traverse con Silva (30') e Barry (46'). L'1-0 è arrivato ad inizio ripresa, con Dzeko, fortunato a ritrovarsi il pallone tra i piedi sulla respinta del portiere Vorm. Poi è entrato Aguero ed è cominciato lo spettacolo. Con Silva, talento spagnolo dalla tecnica immensa, parlano davvero lo stesso linguaggio, come ha sottolineato Mancini: classe e fantasia. Silva è stato, aspettando Aguero, l'anima di una squadra per trenta minuti ipnotizzata dal palleggio dello Swansea. L'allenatore dei gallesi, il nordirlandese Brendan Rodgers, s'ispira al Barcellona. Fatte le debite proporzioni, lo spartito è quello. Naturalmente Xavi e Iniesta sono una cosa, mentre Dobbie e Britton sono altra storia. Per trenta minuti, sostenuti da una tifoseria inebriata dal ritorno ai massimi livelli dopo 28 anni, i gallesi hanno fatto un figurone. Ma quando hanno cominciato a cantare i tenori, addio Swansea.
Silva e Aguero su tutti, poi bene Lescott, Dzeko e Clichy. Nello Swansea, partitone del portiere olandese Vorm, nonostante i quattro gol incassati. Assente illustre della serata, Mario Balotelli. Una panchina di riflessione. Il concetto sul quale meditare è molto semplice: Mancini vuole vincere e non può fare l'eterno badante di Mario. Il ragazzo deve camminare con le sue gambe. All'età di 21 anni non è un optional: è un dovere.

lunedì 15 agosto 2011

il ritorno di cesc fabregas nella sua barcellona...

Di Paolo Condò
(Gazzetta.it - 15 agosto 2011)

Il ritorno a casa del figliol prodigo è raccontato innanzitutto dalle migliaia di persone che in un torrido mezzogiorno catalano sciamano dalla Diagonal al Camp Nou per non perdersi il sorriso timido di Francesc Fabregas. Ci sono tanti turisti fra i circa 25mila (misura presa a occhio, come sempre in questi casi) che occupano il secondo anello del grande stadio, e anche tanti immigrati sudamericani venuti a riempire un Camp Nou normalmente fuori portata per le loro tasche. Ma ci sono soprattutto tante famiglie catalane, madri, padri e bambini, felici di assistere alla riedizione di un prodigio possibile (quasi) solo al Barcellona: un ragazzo del luogo, un enfant du pays, che diventa una stella dello squadrone blaugrana. "Sono venuto qui perché mi sento pronto a competere per un posto da titolare. Tre anni fa non lo ero, adesso sì. La sfida è durissima perché i centrocampisti del Barcellona sono i migliori giocatori del mondo, ma sono consapevole di poter trovare il mio spazio. Ho scelto la strada più difficile per migliorare ancora, ma anche la più stimolante".
L'atmosfera che circonda la presentazione di Fabregas è da "ammazzate il vitello grasso", e non potrebbe essere altrimenti; però quando le domande sull'influenza della famiglia si fanno troppo insistenti, Cesc taglia corto: "La famiglia va bene, ma guardate che potevo godermela anche a Londra. Sono tornato per lavorare, ovvero per trionfare nella squadra più bella e difficile del mondo. Ripeto, penso di aver scelto il momento giusto: ho sempre saputo che un giorno sarei risalito su questo treno, quest'anno ho forzato un po' la situazione perché mi sentivo pronto, perché Guardiola mi dà molta fiducia, e perché non sai mai se certi treni passeranno anche in futuro oppure no".
Il commiato dall'Arsenal, che a Barcellona hanno vissuto come fosse una prigione dalla quale liberare il proprio figliolo, ritrova la sua giusta dimensione nelle parole di Fabregas: "Salutare quello che per otto anni è stato il mio ambiente ha implicato emozione e anche tristezza. Non avrò mai sufficienti parole per descrivere quel che Wenger ha fatto per me. E' stato un secondo padre, non mi avrebbe venduto nemmeno per 50 milioni, ma ha scelto di assecondare la mia volontà. E' un grande uomo, e mi dispiace che a Barcellona ne abbiano un'immagine sbagliata. Lascio l'Arsenal perché lì non si vince niente? No, non è questo il motivo, anche se la regolarità con la quale ci spegnevamo prima dello sprint finale mi infastidiva".
Il fatto che un simile giocatore, forse il più forte trasferitosi nel 2011, non abbia il posto da titolare assicurato, dimostra che il Barcellona l'ha preso anche per toglierlo dal mercato. Il pericolo era che il Real Madrid tornasse alla carica dopo che la gestione Capello-Baldini, nel 2006, l'aveva quasi preso. "Non intendo commentare i miei contatti col Real - dice Cesc nel passaggio più delicato della sua presentazione - ma posso dire che con me sono sempre stati gentili e rispettosi. La rivalità col Barcellona è brutale, e so che mi aspettano grandi battaglie. Ciò non toglie che ho grande ammirazione per il club e i suoi giocatori". Prima battaglia mercoledì sera, nel ritorno di Supercoppa? "Fisicamente sto benissimo, se Guardiola crede sono pronto a giocare. E prima ancora, non vedo l'ora di allenarmi stasera. Thiago mi ha lasciato il 4, è un gesto che gli fa onore, lo ringrazio di cuore perché per me è un numero speciale. Sanchez? Ho sentito Sagna, che l'ha appena affrontato in nazionale, mi ha detto che è fortissimo".
Chiusura con le cifre, mentre Cesc viaggia verso il ricongiungimento con i suoi grandi amici Piqué e Messi, compagni ai tempi della squadra cadetti blaugrana: l'Arsenal ha infine accettato 29 milioni di euro che verranno pagati in due tranche ad agosto e settembre. I bonus riguardano due campionati, che valgono due milioni e mezzo ciascuno, e una Champions, che costerebbe al Barcellona un altro milione: totale potenziale 6. Infine, Cesc si è tolto un milione l'anno dal suo contratto quinquennale, passandolo agli inglesi. Il costo definitivo potrebbe essere quindi 40 milioni. Ma, come dice quella pubblicità, riportare a casa il figliol prodigo non ha prezzo.

domenica 14 agosto 2011

un imperdibile "gs storie" su maradona!!!

Da ieri è in edicola un meraviglioso numero del Gs Storie interamente dedicato a Diego Armando Maradona. Si tratta di uno speciale che, alla modica cifra di 3.90 euro, ripercorre l'intera vicenda esistenziale e calcistica del Pibe de Oro, attraverso la riproposizione degli storici articoli pubblicati sul Guerino nel corso degli anni. Da rimarcare, inoltre, è anche il sontuoso supporto fotografico, che contribuisce a fare di questa pubblicazione la più completa e, direi, emozionante dedicata a Maradona, tra quelle presenti sul mercato italiano.
Anzi, data la qualità eccelsa del fascicolo, sarebbe bello se se ne potesse ricavare una versione-strenna con copertina rigida cartonata e sovraccoperta a colori. Magari, il prossimo Natale potrebbe essere il momento giusto...
Comunque, approfitto di questo spazio per rendere pubblico il mio "grazie" agli amici del Guerin Sportivo e, in particolar modo, al direttore Matteo Marani. Grazie davvero per questo Gs Storie pieno di emozioni vere e inimitabili... (d.d.p.)

sabato 13 agosto 2011

l'arsenal inizia la premier league con uno scialbo 0-0

Di Diego Del Pozzo

Il disastrato Arsenal di questo periodo non riesce ad andare oltre lo 0-0 sul campo del Newcastle, nel suo match d'esordio della Premier League 2011-2012. Privi di Fabregas e Nasri, entrambi ormai sul piede di partenza, i Gunners non riescono a trovare la via della rete e si affacciano alla gara dei preliminari di Champions League contro l'Udinese (martedì sera all'Emirates) non certo nelle condizioni ideali.
Tra l'altro, nel match di oggi gli uomini di Wenger hanno rischiato oltre il dovuto anche a causa della stupida espulsione del neo-acquisto Gervinho, caduto come un pollo nella provocazione dello specialista Joey Barton, al quale ha risposto con una inutile manata.
Temo che per l'Arsenal le cose quest'anno siano davvero difficili...

venerdì 12 agosto 2011

italia-spagna 2-1: il commento di mario sconcerti

Di Mario Sconcerti
(Corriere della Sera - 11 agosto 2011)

Non è un successo trionfale, ma è molto importante e per niente usurpato. La Spagna d'agosto sembra un piccolo Barcellona senza Messi, girano tutti intorno all'area, ma se il centravanti è Llorente il tempo passa inutilmente. L'Italia ha invece costruito la sua partita, l'ha anzi dichiarata in anticipo. Solo giocatori di qualità e solo gioco rapido, massimo due tocchi. Nel primo tempo è sembrato di rivedere la vecchia confusione organizzata dei maestri giovani di fine anni Settanta. Nessun riferimento, i quattro centrocampisti a scambiarsi il pallone veloci e gli attaccanti che facevano da sponda. Non è un caso se abbiano segnato i due trequartisti, prima Montolivo, poi Aquilani. Il gol italiano partiva da lontano e doveva essere rapido o non sarebbe mai stato.
Molto bravo Prandelli che ha fatto di questa partita una pietra miliare estiva nella ricostruzione della squadra a buoni livelli. Non l'ha giocata alla pari, l'ha quasi soltanto giocata tatticamente, una trappola dietro l'altra a un avversario che gioca sempre alla stessa maniera. Benissimo, ma sempre uguale a se stesso. Prandelli ha inaugurato una specie di italianismo moderno, sempre contropiede ma fatto di piccoli tocchi veloci. La differenza sta nel saperli fare quei tocchi, servono solo giocatori di qualità. Noi in mezzo al campo li abbiamo, sono la nostra vera fortuna. Pirlo, che è tetragono nella sua ispirazione sempre uguale, forse il migliore ma anche il più facile da capire; poi De Rossi, sempre un po' più opaco, ma con una presenza in campo che pochi altri hanno; e infine Montolivo, a mio avviso il migliore in questo scorcio di epoca, il più universale e generoso, uno che gioca dovunque, che segna e difende, forse il più moderno dei nostri giocatori insieme a Criscito e Rossi. Va da sé che l'Italia è meno forte della Spagna, ma proprio per questo abbiamo fatto un piccolo capolavoro.
A questi livelli sono partite comunque importanti, la Spagna non ha certamente gradito. Domani cinquanta grandi giornali e una decina di grandi televisioni chiederanno conto a Del Bosque di questa sconfitta. Li abbiamo solo presi dolcemente in giro, con un calcio all'italiana rivisto e corretto da un maestro di oggi che ha usato le loro stesse armi, nessun riferimento e gioco veloce, qualità dovunque sia possibile. Questo è quello che significa preparare una partita. L'Italia non ha un gioco, per ora lo prepara sull'avversario se l'avversario è forte. Usa quello che ha di meglio, i centrocampisti. Certo non gli attaccanti. Cassano è in ritardo evidente, e andrebbe capito perché, visto che è in ritiro da un mese con il Milan. Balotelli prosegue la sua guerra personale contro il mondo, Rossi e Pazzini erano troppo soli. Ma la Spagna non era meglio. Anzi, il primo attaccante è il loro primo problema. Hanno vinto il Mondiale con cinque 1-0. Manca Messi appunto, che è casualmente argentino.
E così un anno dopo il Mondiale ci siamo rimessi in carreggiata. Prandelli ha fatto un buon lavoro, il materiale che il campionato gli offre è modesto. Ma ci sono voglia di lavoro e fantasia. Non siamo tornati i migliori, siamo tornati però a essere avversari scomodi. In un anno è il massimo che si poteva chiedere.

giovedì 11 agosto 2011

ottima italia: 2-1 alla spagna. il commento di gianni mura

Di Gianni Mura
(La Repubblica - 11 agosto 2011)

La Spagna campione del mondo, l'allergia alle amichevoli, ancor più in agosto. C'erano vari ingredienti per costruire una sconfitta, invece a Bari è l'Italia che vince e, per un'ora scarsa, convince. Prandelli aveva chiesto personalità e coraggio. La squadra non s'è tirata indietro, anzi fin dal primo minuto ha messo in difficoltà la Spagna, incapace di fare tre passaggi di fila. Gliene mancavano cinque, della finale mondiale, e ha perso quasi subito Torres. Dalla parte di Iraola, un disastro, prima s'è infilato Criscito: palo. Poi sempre Criscito (il migliore) ha servito un assist delizioso a Montolivo: palombella altrettanto deliziosa e giusto vantaggio.
Piace, l'Italia, perché non ha complessi d'inferiorità (giusto) né di superiorità (giustissimo). Se la gioca a campo aperto, cercando d'interrompere la ragnatela del gioco spagnolo e riuscendoci spesso. A questo punto, la differenza era nel modo di attaccare. I due bassini, Cassano e Rossi, hanno mostrato buona intesa, hanno avuto una grossa occasione a testa per segnare, non hanno dato punti di riferimento agli spagnoli, hanno sempre ragionato e imposto un gioco rasoterra molto efficace.
Con molti cambi, la partita è un po' calata di tono ma sempre restando su livelli accettabili. La Spagna con l'ingresso di Villa è stata più pericolosa e ha imposto la qualità superiore del palleggio. Solito, antico difetto: le conclusioni. Il pareggio è arrivato su un rigore di quelli che si possono dare e non dare (per me c'era) e il 2-1 di Aquilani, tiro deviato nettamente da Martinez, è molto casuale ma dimostra, se non altro, che non stavamo facendo le barricate. Aver battuto la Spagna non significa essere più forti della Spagna, ma è un risultato che conforta, una specie di sorriso, sul percorso di crescita indicato da Prandelli.
Non saremo più forti della Spagna ma certamente sì dell'Italia che non sapeva battere la Nuova Zelanda e perdeva con la Slovacchia. Poco più di un anno è passato, non dimentichiamolo. Ora c'è un'Italia molto diversa sia nel gioco sia in molti giocatori: è stata probabilmente la miglior partita in azzurro per Cassano e Montolivo. Diversa è anche la mentalità della squadra, neanche parente di quella di un anno fa, pallida, contratta, impaurita.
In queste considerazioni è implicito il riconoscimento del lavoro, psicologico e tattico, fatto da Prandelli. Gran bel lavoro, ed è vero che contro avversarie di forte caratura si rischia di più, ma si cresce di più. Un tempo per una, il pari era il risultato più giusto. Ribadito il concetto, in tempi bui un sorriso fa sempre piacere.

mercoledì 10 agosto 2011

l'italia di prandelli prova a specchiarsi nella spagna vincitutto

Di Luigi Garlando
(La Gazzetta dello Sport - 10 agosto 2011)

All'Europeo 2008 la Spagna se la cavò ai rigori contro di noi. Faticò nei quarti come neppure in finale con la Germania, perché ci temeva, perché era frenata nella testa da traumi storici e in campo dalla nostra tradizione tattica. Loro giocavano e noi giocavamo a impedirglielo. Ambrosini e De Rossi scogli davanti alla difesa, Aquilani e Cassano esterni del tridente a sostegno di Toni (4-2-3-1), più soldatini disciplinati che talenti offensivi. Un centrocampo disegnato per imbrigliare, non per creare. Poteva andarci bene: a Camoranesi capitò la palla buona, i rigori sono un tiro di dadi. Sorrisero alla Spagna, simbolicamente: sbagliò De Rossi, scoglio difensivo, segnò quello decisivo Fabregas, qualità e pensiero.Tirando dritta per la sua strada, la Spagna è arrivata in cima al mondo. Noi esattamente un anno fa (Londra, Costa d'Avorio-Italia 1-0) abbiamo sterzato con il debuttante Prandelli. Nel suo programma: coraggio, possesso, iniziativa e qualità. A centrocampo ha piantato la bandiera della rivoluzione: basta mediani puri, solo palleggiatori fini. Dai terzini arrembanti alle punte una mission comune: imporsi e ragionare in verticale. Per molti un'utopia insostenibile, quasi un oltraggio ai nostri valori sacri di resistenza e contropiede. In sintesi: meglio far bene le nostre cose che male quelle degli altri. Un anno di Prandelli, con la qualificazione a Euro 2012 in tasca, ha dimostrato che forse possiamo fare bene anche cose nuove.
Alla Spagna stasera chiediamo una risposta in più. Quanto dista il suo pianeta? Stavolta non giocheremo per imbrigliarla, ma per specchiarci. Non avremo scogli puri, ma tre centrocampisti di costruzione (Thiago Motta, Pirlo, più Aquilani o Montolivo) e un mediano dai piedi saggi (De Rossi). Non li aspettiamo all'angolo con la guardia alta, cercheremo di conquistare il centro del ring prima di loro. Ci proviamo, almeno. A Euro 2008 Donadoni cambiò 4 moduli in 4 partite, segnò la miseria di 3 gol, nessuno di attaccanti. Cerchiamo una Nazionale che abbia un'identità fissa, indifferente all'avversario; una Nazionale sfacciata che faccia del gol una festa. A Bari attaccheremo con i piccoli Cassano e Rossi, come Baggio e Schillaci nella finalina di Italia '90. Piccoli come David Villa. Restiamo convinti che la realizzazione del progetto-Prandelli abbia bisogno della potenza e del talento selvaggio di Balotelli. Aspettiamo.
Il 10 agosto è presto per responsi attendibili. Ma far cadere le stelle mondiali della Spagna nella notte di San Lorenzo darebbe ulteriore autostima alla banda Prandelli, dopo il bel pareggio di Dortmund con la Germania. Lippi lo svelò a Mondiale vinto: "La convinzione è nata dopo le amichevoli di lusso contro Germania e Olanda". E poi una buona prova all'alba della stagione incoraggerebbe il nostro calcio finito in pizzeria e già preso a sberle dagli svizzeri del Thun.

martedì 9 agosto 2011

il "guerino" tifa napoli per lo scudetto 2011-2012!!!

Di Matteo Marani
(Guerin Sportivo n.° 9/2011)

Chi fa il mio mestiere dovrebbe astenersi dal tifo. Succede invece, in modo sempre più frequente, che il giornalista si trasformi in sostenitore accanito di una squadra, facendosi ultrà in televisione.
Però quest'anno ho anch'io una preferenza, e la confesso prima che il campionato parta. Non è per la mia squadra del cuore, che è altra. Ma per il Napoli di Walter Mazzarri. Gli azzurri, a partire dai colori, suscitano simpatia, tolto dal ragionamento il loro chiassoso presidente. Cavani e Lavezzi esprimono un talento purissimo, al pari di Hamsik, strappato da De Laurentiis alle grinfie di Raiola e del Milan. Il gioco diverte. Ma la ragione è più profonda. E simbolica. Da oltre vent'anni lo scudetto non esce da tre città: Milano, Roma e Torino. L'ultimo club a spezzare l'oligarchia fu la Samp di Vialli e Mancini, oggi in lotta per vincere un altro campionato, purtroppo di Serie B. Mentre il penultimo a trionfare fuori dal triangolo fu proprio il Napoli, allora illuminato da Diego Armando Maradona (dal 13 agosto celebrato con un bellissimo Gs Storie).
Il successo del Napoli, ancorché difficile da realizzare da qui al 13 maggio, considerando l'impegno in Champions, restituirebbe un'alternativa alla tirannia milanese, destinata altrimenti a prolungarsi viste la dura risalita della Juve e le incognite di Roma e Lazio. Gli ultimi sette scudetti, compresi i due revocati a tavolino a Madama, sono finiti sotto la Madonnina. Negli ultimi dieci anni, le squadre scudettate sono state appena tre. Nei precedenti dieci erano state quattro. Negli antecedenti dieci, otto. Basta a capire il mutato equilibrio italiano?
Le dittature scozzesi, i derby tra Rangers e Celtic come uniche partite dell'anno, sono indice di miseria. Solo i miopi potevano esaltarsi negli anni passati per le scie di successi di Roma e Inter, senza capire che dietro si celava la debolezza crescente delle altre, perfettamente rappresentata dagli insuccessi dei nostri club in Europa League. Non la penso come Galliani e gli altri padroni del vapore, che vorrebbero i club ricchi di Serie A sempre più ricchi e le società povere sempre più povere. Il più grande calcio italiano ha coinciso con la fioritura rigogliosa della media nobiltà.
Gli anni della Fiorentina, del Verona, del Torino, dello stesso Napoli, della Roma, della Lazio da scudetto, ma persino del Perugia o del Vicenza di Rossi, piazze ormai ignorate dai giornali. Avevamo un campionato forte, combattuto, unico. Poi sono arrivati i soldi della tv, il dominio dei top club, le cene lussuose. E ora, ricoperti da una quantità di soldi mai vista, siamo retrocessi a quarto campionato d'Europa per bellezza e importanza.

La Premier ci ha quasi raddoppiato nei ricavi, la Germania ha una capienza negli stadi che noi ci gustavamo negli anni Ottanta. Questa è la realtà. Speriamo soltanto che il campionato in partenza il 27 agosto, al quale dedichiamo gran parte del numero e il poster-calendario, sia quello della riscossa. In questo, mi ripeto, la vittoria finale del Napoli avrebbe un significato enorme. Come la rinascita della città servirebbe all'intero Paese, che sui rifiuti campani ha misurato la crisi del sistema. Mazzarri, esempio tangibile di professionalità, non vale meno di un sindaco nella sfida di Napoli. E dell'Italia.

giovedì 4 agosto 2011

gli auguri del presidente napolitano per gli 85 anni del napoli

All'inizio di agosto il Napoli ha compiuto 85 anni. Era il 1 agosto del 1926, infatti, quando l'allora presidente dell'Internaples, Giorgio Ascarelli, riunì i soci del suo club e annunciò la nascita di un nuovo soggetto sportivo: l'Associazione Calcio Napoli.
Nel giorno della ricorrenza, all'attuale presidente Aurelio De Laurentiis sono state recapitate anche le felicitazioni del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: "Con sentimento e partecipazione, rivolgo al Napoli - ha scritto il partenopeo verace Napolitano - l'augurio di poter offrire ai tanti appassionati nuovi momenti di emozioni e di successi". Speriamo che questi auguri siano di buon auspicio. (d.d.p.)

martedì 2 agosto 2011

ronaldinho diventa un cartone animato per i più piccini

Di Diego Del Pozzo

Per consolare i calciofili che, durante l’estate, sono costretti a fare a meno della loro mania preferita (anche se quest’anno la Coppa America è stata un buon surrogato…) voglio parlare di una nuova e già attesissima serie a cartoni animati che ha proprio il calcio come argomento e uno tra i campioni più amati dai tifosi di tutto il mondo come protagonista. La serie in questione s’intitola Ronaldinho Gaucho’s Team e il titolo fa capire già di chi si sta parlando.
Ronaldinho Gaucho’s Team è stata presentata in anteprima mondiale nell’ambito di Cartoons on the Bay, il festival dell’animazione televisiva che s’è tenuto nel mese di aprile in Liguria, tra Rapallo, Santa Margherita Ligure e Portofino. La storia di questo originale progetto d’animazione inizia qualche anno fa, quando il celebre Ronaldinho - Pallone d’Oro nel 2009 ai tempi del Barcellona, passato anche per il Milan con alterne fortune e attualmente in rosa nel Flamengo di Rio de Janeiro - incontra Mauricio De Sousa, autentico guru del fumetto e dell’animazione carioca, con più di mezzo secolo di carriera sulle spalle e una produzione densissima che lo fa considerare dagli appassionati una sorta di Walt Disney brasiliano (tra l’altro, De Sousa è stato premiato proprio a Cartoons on the Bay con un Pulcinella Award alla carriera). Dall’incontro tra due brasiliani tanto famosi, idoli dei fans nei rispettivi settori di appartenenza, nasce un fumetto vendutissimo nel quale il calciatore originario di Porto Alegre racconta un po’ tutta la sua vita, con particolare attenzione agli anni difficili dell’infanzia, caratterizzati dalla perdita del papà a soli quattro anni e da una smisurata passione per il calcio, abbinata alla voglia di diventare un campione. De Sousa disegna un piccolo Ronaldinho simpatico, allegro, curioso, già con i suoi tipici dentoni; e lo circonda di una vivace e variopinta banda di amici. Attraverso le spiritose avventure di questo gruppo di ragazzini, l’autore - d’accordo col Ronaldinho in carne e ossa - fa passare il messaggio legato all’etica più autentica dello sport: una morale fondata anzitutto sull’amicizia e, soprattutto, sui valori della sana competizione, nella quale l’avversario è un amico da affrontare e superare lealmente e mai un nemico.
Il successo della serie è clamoroso, tanto che nel giro di qualche anno il Brasile è letteralmente invaso da strisce giornaliere e domenicali serializzate sui principali quotidiani, da una rivista mensile, da una collana di volumi a fumetti e di manuali, tra i quali un vendutissimo manuale calcistico per i più piccini. Il passo successivo, dunque, è quasi automatico e si concretizza quando Mauricio De Sousa entra in contatto con Giovanni Giuliano, un giovane imprenditore campano che lavora come amministratore delegato presso la GIG Italia, casa di produzione romana specializzata in prodotti per bambini e ragazzi. E’ così che, grazie a questo fruttuoso incontro tra Brasile e Italia, il fumetto si trasforma in cartone animato. La prima serie, composta da cinquantadue episodi di undici minuti ciascuno, è ancora in corso di realizzazione e sarà terminata entro dicembre. Dopo il grande interesse suscitato con l’anteprima a Cartoons on the Bay, però, ha già trovato numerosi acquirenti in Europa e in Sudamerica, mentre in Italia sarà trasmessa dalla Rai a partire dall’inizio del prossimo anno, sul canale per bambini Rai Yo Yo.
Protagonista del cartoon, come già quello del fumetto, non è il campione affermato e vincente, ma il bimbo ingenuo e sognatore, che fa già il fenomeno con la palla al piede e sogna di diventare un grande calciatore. Accanto a Ronaldinho, nel suo Gaucho’s Team, ci sono anche altri personaggi divertenti, ispirati ai familiari e agli amici di gioventù dell’asso brasiliano: il piccolo Diego (nome onnipresente quando si parla di calcio e Sudamerica), i fratellini Asis e Daisy, la mamma Miguelina, i cagnolini Champ e Fireball. Come già il fumetto di riferimento, anche la serie animata è rivolta principalmente a un pubblico di bambini che stanno per passare nella fascia dell’adolescenza e, dunque, approfondisce valori come la solidarietà e l’amicizia, veicolandoli attraverso una sana e, in questo caso, divertente competizione sportiva.
Certo, a questo punto siamo davvero tutti curiosi di capire se Ronaldinho potrà ripercorrere sul piccolo schermo le orme di due miti del calcio a cartoni animati come Holly e Benji…