(La Repubblica - 11 agosto 2011)
Piace, l'Italia, perché non ha complessi d'inferiorità (giusto) né di superiorità (giustissimo). Se la gioca a campo aperto, cercando d'interrompere la ragnatela del gioco spagnolo e riuscendoci spesso. A questo punto, la differenza era nel modo di attaccare. I due bassini, Cassano e Rossi, hanno mostrato buona intesa, hanno avuto una grossa occasione a testa per segnare, non hanno dato punti di riferimento agli spagnoli, hanno sempre ragionato e imposto un gioco rasoterra molto efficace.
Con molti cambi, la partita è un po' calata di tono ma sempre restando su livelli accettabili. La Spagna con l'ingresso di Villa è stata più pericolosa e ha imposto la qualità superiore del palleggio. Solito, antico difetto: le conclusioni. Il pareggio è arrivato su un rigore di quelli che si possono dare e non dare (per me c'era) e il 2-1 di Aquilani, tiro deviato nettamente da Martinez, è molto casuale ma dimostra, se non altro, che non stavamo facendo le barricate. Aver battuto la Spagna non significa essere più forti della Spagna, ma è un risultato che conforta, una specie di sorriso, sul percorso di crescita indicato da Prandelli.
Non saremo più forti della Spagna ma certamente sì dell'Italia che non sapeva battere la Nuova Zelanda e perdeva con la Slovacchia. Poco più di un anno è passato, non dimentichiamolo. Ora c'è un'Italia molto diversa sia nel gioco sia in molti giocatori: è stata probabilmente la miglior partita in azzurro per Cassano e Montolivo. Diversa è anche la mentalità della squadra, neanche parente di quella di un anno fa, pallida, contratta, impaurita.
In queste considerazioni è implicito il riconoscimento del lavoro, psicologico e tattico, fatto da Prandelli. Gran bel lavoro, ed è vero che contro avversarie di forte caratura si rischia di più, ma si cresce di più. Un tempo per una, il pari era il risultato più giusto. Ribadito il concetto, in tempi bui un sorriso fa sempre piacere.
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