domenica 4 giugno 2017

champions league 2016-2017: bis del real su una juve inadeguata


Di Diego Del Pozzo

La finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid s’è risolta in una sorta di massacro sportivo a favore dei blancos di Spagna sui bianconeri sabaudi, in Italia quasi del tutto inatteso da chi ha seguito per tutta la stagione le trasmissioni calcistiche dei principali canali televisivi nazionali e letto con una certa attenzione la stampa quotidiana specializzata e le pagine sportive di quella generalista.
La narrazione mediatica (d’ora in poi con la “N” maiuscola) che in Italia ha dominato l’intera stagione calcistica 2016-2017, fino all’immediata vigilia del big match di Cardiff, ha raccontato con impressionante continuità, infatti, di una Juventus finalmente pronta per dare l’assalto al trono europeo, dopo che due anni prima era arrivata in finale in modo un po’ inatteso e, forse, senza essere nemmeno troppo attrezzata per la vittoria, per poi essere logicamente battuta dal Barcellona. Stavolta no! Stavolta, c'era una maturità differente e uno strapotere tecnico che - sempre secondo la Narrazione dominante - avrebbe potuto (dovuto?) produrre un risultato ben diverso.
D’altra parte, da quella stessa finale europea persa contro il Barcellona, i bianconeri avevano acquistato, nelle sessioni di calciomercato delle due stagioni successive, i seguenti giocatori: Neto, Alex Sandro, Rugani, Khedira, Lemina, Dybala, Mandzukic, Zaza (poi ceduto, ma decisivo per la conquista dello scudetto 2015-2016), Cuadrado, Benatia, Dani Alves, Pjanic, Higuaìn, Pjaca (taccio sull’esborso economico complessivo, ma è impressionante!). E, come calciatori “seri” e ancora utili alla causa, nel medesimo lasso temporale avevano ceduto i soli Vidal, Coman, Tevez (comunque piuttosto stagionato anagraficamente...), Morata e Pogba (entrambi poi vincitori quest’anno, per un'autentica beffa del destino, in Champions ed Europa League). Insomma, alla stagione calcistica 2016-2017 s’affacciava uno squadrone quasi imbattibile (questo diceva la Narrazione), senza pari in Italia (dove, d’altra parte, in estate aveva strappato a suon di milioni i due migliori giocatori alle due rivali più accreditate) e di livello tecnico e mentale (attenzione, mentale!) almeno pari a quello delle tradizionali big continentali (secondo il Mario Sconcerti di qualche giorno fa addirittura superiore!).
Tra i confini nazionali, la Narrazione convinceva tante squadre a non sbattersi più di tanto contro gli invincibili bianconeri, tanta era la differenza tra loro e tutti gli altri già prima del fischio d’inizio. Così, senza voler evocare nuovamente l’orribile neologismo dello “scansarsi” e sorvolando su alcuni puntuali “aiutini” arbitrali giunti in momenti-chiave della stagione, la squadra della Fiat e degli Agnelli riusciva comunque a conquistare come da pronostico entrambi i trofei italiani (Serie A e Coppa Italia), anche se meno “in carrozza” di quanto la Narrazione avrebbe potuto far supporre alla vigilia. E, soprattutto, senza giocare quasi mai in modo convincente, nonostante il presunto “modulo champagne” varato a un certo punto della stagione dal tecnico Allegri, dopo aver capito di essere rimasto, in pratica, privo di un vero e proprio centrocampo. Tutto ciò, comunque, per vincere in Italia è bastato, anche grazie alle “pre-condizioni” da me citate poche righe più su.
In Europa, invece, un girone di primo turno francamente ridicolo (Siviglia, Lione, Dinamo Zagabria) e un abbinamento di ottavi di finale da Europa League (Porto) traghettavano i dominatori del calcio italiano fino al confronto dei quarti di finale contro il declinante Barcellona dell’ultimo Luis Enrique, superato grazie a due maiuscole prestazioni difensive (soprattutto nel ritorno al Camp Nou) e a qualche imprecisione di troppo dei blaugrana nel match d’andata a Torino. La semifinale contro l’acerbo e sbarazzino Monaco, francamente, non poteva che essere un gustoso antipasto sulla via di un’inevitabile finale di Champions League, nella quale la Juventus guidata dal “Pipita” Higuaìn e dal “Nuovo Messi” Dybala si sarebbe confrontata ad armi pari con i campioni uscenti del Real Madrid (così sosteneva la Narrazione).
Ebbene, ciò che è andato in scena a Cardiff ieri sera è stato un brusco ritorno alla realtà per chi, alla vigilia, aveva scritto di un Cristiano Ronaldo che a Torino avrebbe potuto fare al massimo la riserva (sic!) o, nel corso dell’intera stagione, aveva magnificato lo strapotere tecnico e la piena maturità mentale di uno squadrone avviato lungo la via del Triplete. Semplicemente, invece, tra Juventus e Real Madrid non c’è stata mai partita. Mai. Nemmeno in quel primo tempo giocato quasi alla pari, ma con gli spagnoli evidentemente a marce ridotte per controllare e far sfogare gli avversari. Così, dopo l’intervallo, capita l’antifona, Sergio Ramos e Cristiano Ronaldo hanno suonato la carica. E il secondo tempo s’è trasformato in una sorta di esibizione, come raramente s’è visto in passato a livello di finale di Champions League. Il Buffon da pallone d’oro (lo diceva la Narrazione…) è apparso improvvisamente vecchio mentre Ilaria D’Amico (pezzo forte della Narrazione e compagna del portierone) piangeva in tribuna, i centrali difensivi parenti prossimi dei peggiori Chiriches & Maksimovic, il centrocampo assente, le due presunte stelle francamente imbarazzanti, tanto da costringere uno sconsolato Allegri a sostituire il “Nuovo Messi” col vecchio Lemina e ad arrendersi all’evidenza del consueto “Pipita” da finale (mai a segno in nessuna tra quelle davvero importanti disputate in carriera, sia con i club che in nazionale!). Di fronte a tanta disparità di valori, il 4-1 finale è apparso persino striminzito, con la chicca finale dell’esperto simulatore Cuadrado espulso in seguito a simulazione di Sergio Ramos su un suo falletto.
A proposito dell’esterno d’attacco colombiano, va rimarcata la scelta iniziale del tecnico bianconero Massimiliano Allegri che, dopo mesi trascorsi a sentirsi fare i complimenti per il coraggio mostrato nel varare il “modulo champagne”, ha preferito fare una decisa retromarcia proprio nel momento più importante della stagione, affrontando la finale di Champions con lo stopper Barzagli schierato terzino a destra e il terzino (seppur atipico) Dani Alves sullo stesso lato nella linea dei trequartisti (al posto di Cuadrado). Naturalmente, dal punto di vista psicologico, il segnale inviato ai propri uomini e agli avversari non è stato proprio tra i più positivi…
La cosa più divertente e bizzarra della finale di Cardiff, in definitiva, è che, grazie all’atavica inadeguatezza europea della Juventus, un tecnico non propriamente di prima fascia come Zinedine Zidane (buon gestore di campioni e poco più) è riuscito a entrare nella storia del calcio europeo come allenatore capace di guidare la propria squadra alla vittoria in due finali europee di massimo livello consecutive. D’altra parte, il fato gli ha riservato la fortuna di trovarsi di fronte una squadra che, va ricordato, nel corso della sua storia è riuscita a vincere soltanto due delle nove finali di Coppa dei Campioni / Champions League disputate: una nella tragica notte dell’Heysel nel modo che tutti ricordano e l’altra, in Italia, soltanto ai calci di rigore.
Ps: La “riserva juventina” Cristiano Ronaldo ha segnato dieci gol (10!) nei cinque match decisivi della Champions League 2016-2017 dai quarti di finale in poi e s’avvia deciso verso la conquista del suo quinto pallone d’oro in carriera. 

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