venerdì 18 luglio 2014

brasile 2014: a mente fredda, ciò che mi resterà del mondiale

Di Diego Del Pozzo

Ho fatto passare qualche giorno, in modo da permettere al chiacchiericcio mediatico post-finale mondiale di cessare una volta per tutte. Poi, ho provato a riflettere un po' più a mente fredda, seppur in breve, su ciò che mi resterà di Brasile 2014.
Ecco, così, la mia personalissima e parzialissima "top ten", stilata dal decimo al primo posto:
10) Il 5-1 col quale, di fatto, l'Olanda elimina la Spagna campione in carica già alla prima giornata della fase a gironi; 
09) I continui psicodrammi dei calciatori brasiliani e dell'intero ambiente verdeoro, tra pianti immotivati e/o esagerati, accuse risibili agli avversari per normali falli di gioco, finti infortuni da parte di presunti fuoriclasse precocemente trasformati in fenomeni mediatici; 
08) Il decisivo intervento difensivo in incredibile scivolata-spaccata di Javier Mascherano sul tiro di Robben allo scadere dei tempi supplementari della semifinale Argentina-Olanda: è come se il centrocampista dell'Albiceleste avesse segnato il gol decisivo per portare la sua squadra in finale; 
07) La parata allo scadere, da fermo e con un braccio solo, effettuata da Manuel Neuer in Germania-Francia su un tiro potentissimo di Benzema: su quella botta il portiere tedesco è parso realmente invincibile; 
06) La voglia di stupire il mondo (attraverso il bel gioco) mostrata dai giocatori dell'Algeria, nettamente la migliore tra le africane presenti in Brasile; 
05) La puntualità quasi sacchiana della tattica del fuorigioco applicata dalla difesa della Costa Rica, allenata ottimamente dal colombiano Jorge Luis Pinto; 
04) La consacrazione globale del trequartista colombiano James Rodriguez, nettamente il miglior giocatore di Brasile 2014, oltre che il capocannoniere (con 6 gol) e l'autore della rete più bella (stop di petto e sinistro al volo da 20 metri contro l'Uruguay); 
03) La mossa psicologica di Louis Van Gaal, che sullo scadere dei supplementari del quarto di finale con la Costa Rica sostituisce il portiere titolare Cillessen con la riserva Krul, spacciata come pararigori: il cambio intimidisce i centroamericani e manda l'Olanda in semifinale; 
02) L'umiliazione pubblica alla quale viene sottoposto (involontariamente?) Leo Messi al termine della finale persa dall'Argentina 1-0 con la Germania, quando la Fifa pensa bene di premiarlo come miglior giocatore del torneo, in maniera immeritata nella percezione dello stesso Leo (glielo si legge negli occhi), in ossequio a un "politically correct" goffo e immotivato; 
01) Il Mineiraço (dal nome dello stadio Mineirão di Belo Horizonte, teatro del match), cioè l'incredibile vittoria per 7-1 della Germania sul Brasile padrone di casa, in una versione men che mediocre, ottenuta durante una semifinale che rimarrà nella storia di questo sport e non solo, forse persino più del celeberrimo Maracanaço del 1950 contro l'Uruguay.
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Brasile - Germania 1-7

martedì 15 luglio 2014

brasile 2014: i miei top & flop mondiali

Di Diego Del Pozzo

Il Mondiale brasiliano è finito da due giorni, tutti noi calciofili-calciomani ci stiamo riabituando a vivere secondo ritmi più normali, il motivetto-tormentone di Emis Killa ci risuona ancora nelle teste, ci è rimasto dentro lo sguardo perso nel vuoto di Leo Messi dopo il fischio finale del match decisivo che ha laureato la Germania campione del mondo per la quarta volta e che, soprattutto, ha sancito l'impossibilità da parte della Pulga di avvicinare il mito-ossessione di Diego Armando Maradona.
James Rodriguez esulta dopo aver segnato il gol più bello del Mondiale.
Siamo negli ottavi di finale e la sua Colombia batte 2-0 l'Uruguay
Così, ecco qui i miei "Top & Flop" di Brasile 2014, un torneo che - al netto di alcuni eccessi da globalizzazione plastificata politicamente corretta - mi ha lasciato tante buone sensazioni e, dopo i veleni della stagione del calcio di club, mi ha in qualche modo riconciliato con l'essenza del gioco.

Top 11
Questa, dunque, è la rosa ideale (22 giocatori) di Brasile 2014 secondo "Calciopassioni", con la formazione titolare schierata col 4-2-3-1: Neuer (Germania); Lahm (Germania), Kompany (Belgio), Hummels (Germania), Blind (Olanda); Mascherano (Argentina), Schweinsteiger (Germania); Robben (Olanda), Rodriguez (Colombia), Messi (Argentina); Müller (Germania). In panchina: Navas (Costa Rica); Zúñiga (Colombia), Marquez (Messico), Garay (Argentina), Rojo (Argentina); De Bruyne (Belgio), Inler (Svizzera); Mertens (Belgio), Kroos (Germania), Di Maria (Argentina); Van Persie (Olanda). Allenatore: Jorge Luis Pinto (Costa Rica).

Top individuali
Miglior giocatore: James Rodriguez (Colombia);
Miglior giovane (a pari merito): Memphis Depay (Olanda) e Divock Origi (Belgio);
Miglior portiere: Manuel Neuer (Germania);
Miglior difensore: Philipp Lahm (Germania);
Miglior centrocampista: Javier Mascherano (Argentina);
Miglior attaccante: Thomas Müller (Germania);
Miglior allenatore: Jorge Luis Pinto (Costa Rica).

Flop 11
E questa è la mia formazione composta dalle delusioni più cocenti di Brasile 2014, sempre schierata col 4-2-3-1: Akinfeev (Russia); Dani Alves (Brasile), Piqué (Spagna), David Luiz (Brasile), Chiellini (Italia); Luiz Gustavo (Brasile), Gerrard (Inghilterra); Rooney (Inghilterra), Oscar (Brasile), Hazard (Belgio); Balotelli (Italia). Allenatore: Prandelli (Italia).
Ps: Neymar non esiste davvero. Invece, Cristiano Ronaldo per me non è giudicabile, perché in pratica ha giocato da infortunato, semplicemente per amor di patria.
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lunedì 14 luglio 2014

brasile 2014: germania campione del mondo, ma brava argentina

Di Diego Del Pozzo

La Germania è campione del mondo
Chiariamo subito una cosa: la Germania merita il titolo di campione del mondo conquistato in Brasile, per quanto seminato in questi anni e, al tempo stesso, per ciò che ha espresso nel corso del Mondiale, dove ha mostrato un calcio veloce, tecnico, sempre propositivo, realizzato da una squadra giovane e decisamente compatta, che tra le altre cose ha saputo giovarsi della continuità di un progetto tecnico-tattico unico per durata nell'attuale panorama delle rappresentative nazionali, con Joachim Löw seduto sulla panchina da ben otto anni consecutivi. La Germania, inoltre, ha messo in mostra alcune tra le migliori individualità del torneo un po' in tutti i ruoli, dal portiere-superman Manuel Neuer al capitano terzino destro tuttofare Philipp Lahm, dal sontuoso difensore centrale Mats Hummels al cervello+corsa+muscoli di Bastian Schweinsteiger fino all'attaccante multiuso Thomas Müller: tutti e cinque inclusi, senza alcun dubbio, nella mia Top 11 (e non soltanto nella mia) di Brasile 2014.
Detto ciò, però, sono rimasti certamente delusi tutti coloro che, con molta superficialità e scarsa conoscenza delle reali forze in campo, si aspettavano un nuovo massacro calcistico anche in finale ai danni dell'Argentina, dopo lo storico 7-1 inflitto in semifinale dai tedeschi a una Seleção ridicola come pochissime altre volte nella sua storia.
Il gol decisivo di Mario Götze al 113'
Sul terreno di gioco del Maracanã, infatti, l'Albiceleste tiene testa alla Germania fino a 7 minuti dalla fine del secondo tempo supplementare, quando il subentrato Mario Götze realizza il bel gol del decisivo 1-0 sull'unica indecisione di una difesa argentina fino a quel momento semplicemente perfetta. Nel corso dei 120 minuti di gioco, anzi, i sudamericani sfiorano il vantaggio in molte più occasioni, rispetto ai loro avversari, tirando di più verso la porta avversaria e mettendo per almeno tre volte un attaccante da solo in area davanti a Neuer. Purtroppo, però, prima Higuain, poi Messi e nel finale Palacio falliscono clamorosamente le chance a loro disposizione. E, in un torneo equilibratissimo e fatto di dettagli, se non segni quando ne hai l'opportunità poi perdi.
L'Argentina mette il match sul piano che le è più congeniale, ritraendosi nella propria metà campo in modo da farsi attaccare dalla Germania, lasciandole un'iniziativa che si rivela piuttosto sterile, pronta però a rompere le trame di gioco avversarie grazie all'onnipresente Mascherano (il vero capitano e leader della squadra) e a ripartire in velocissimi contropiede affidati soprattutto a un Lavezzi in stato di grazia, migliore in campo nel primo tempo, prima dell'inspiegabile sostituzione nell'intervallo da parte di Sabella, a favore di un Aguero ancora lontano dalla forma ottimale. In quanto all'attesissimo Leo Messi, va decisamente a sprazzi, concedendosi tante (troppe) pause, come in tutta la seconda parte del Mondiale brasiliano (quella a eliminazione diretta, dove non ha mai segnato né inciso): si lancia, sì, in alcune discese palla al piede e si rende pericoloso in un paio di occasioni, ma fa mancare totalmente la propria (molto presunta) leadership, nascondendosi anzi tra le pieghe della gara. Tra l'altro, vomita nuovamente tra primo e secondo tempo (è l'ottava volta in pochi mesi) e il sospetto che non possa trattarsi soltanto di stress s'affaccia in maniera sempre più insinuante e preoccupante. E il trofeo per il miglior giocatore del Mondiale, consegnatogli al fischio finale e ritirato con un'espressione mista di scoramento e umiliazione, non ha alcuna reale motivazione tecnica e, anzi, sa soltanto di presa in giro politicamente corretta che la FIFA avrebbe potuto senz'altro evitare.
In nazionale Messi delude ancora una volta: e Maradona resta lontano
La Germania tiene saldo il possesso della palla e della partita, ma nel concreto preoccupa pochissimo la difesa argentina, guidata ottimamente da un ringiovanito Demichelis e da Garay, supportati da Mascherano e, ai lati, dagli efficaci terzini Zabaleta e Rojo. I pericoli per Romero si riducono al palo colpito da Höwedes di testa su calcio d'angolo allo scadere del primo tempo e a un paio di iniziative di Schürrle e Müller, mentre, come detto, dall'altra parte, le occasioni sprecate hanno del clamoroso. La gara è intensa e vibrante, pur senza raggiungere i picchi di spettacolo di altre precedenti. Qui, infatti, il vero spettacolo arriva dai duelli a centrocampo tra i due leader emotivi delle rispettive nazionali: Schweinsteiger e Mascherano.
Certo, col senno di poi e regolamento alla mano, sarebbe interessante capire come abbia potuto l'arbitro italiano Rizzoli non fischiare il durissimo intervento falloso di Neuer su Higuain, nel quale l'attaccante del Napoli (travolto sulla linea dell'area di rigore, peraltro) rischia seriamente l'incolumità fisica, vedendosi a sua volta fischiare - la beffa oltre al danno - un inesistente fallo che rovescia letteralmente la dinamica di un'azione che, invece, avrebbe potuto essere determinante per il prosieguo di un match equilibratissimo. Non a caso, oggi i media argentini paragonano Nicola Rizzoli al messicano Codesal, colui che a Italia '90 assegnò il discusso rigore decisivo nella precedente finale persa sempre contro la Germania ("Il Codesal italiano" è il commento più gentile su di lui).
In definitiva, dunque, la Germania merita il titolo di campione del mondo più per il complesso del suo Mondiale che per quanto espresso ieri nell'atto finale, dove a tratti mostra addirittura una certa superficialità abbinata a un pizzico di presunzione (si veda, quasi a inizio match, il retropassaggio di un distratto Kroos, che mette l'incredulo e non pronto Higuain solo davanti a Neuer). L'Argentina, invece, durante la finale mette in campo la consueta grinta e voglia di prevalere a tutti i costi, ma se la sua stella (Messi) e il suo centravanti titolare (Higuain) falliscono la prova con tanto clamore (soprattutto il primo), allora diventa davvero difficile superare una squadra forte come la Germania. Magari, chissà, se fosse riuscito a recuperare dal suo infortunio Angel Di Maria le cose avrebbero potuto prendere un'altra piega. Ma, come scritto all'inizio, al fischio finale si ha la sensazione che, nell'anno di grazia 2014, il titolo di campione del mondo non sarebbe potuto andare a una nazionale più meritevole dell'ancora giovane Germania di Joachim Löw, probabilmente destinata a crescere ulteriormente.
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domenica 13 luglio 2014

brasile 2014: ogni quattro anni diventiamo più vecchi

Di Christiano Presutti e Wu Ming 3
(il manifesto, 13 luglio 2014)

Cosa dici di un Mon­diale che occulta mas­sa­cri e con­flitti sparsi da un polo all’altro del globo? Cosa dici di un Mon­diale che non esce dalle prime news dei cir­cuiti inter­na­zio­nali, nono­stante nel frattempo: in Iraq, verso cui par­timmo più di 10 anni fa recando doni e demo­cra­zia, venga proclamato il Calif­fato; al con­fine russo-ucraino e nelle regioni sot­to­stanti avven­gano ese­cu­zioni, cac­cia etnica, pogrom e una guerra spon­so­riz­zata Ue; in Medio oriente un ter­ri­bile mas­sa­cro sia in corso a Gaza sotto i bom­bar­da­menti dell’aviazione israe­liana. Cosa dici di un Mon­diale così, che annega i con­flitti e le domande del Paese che lo ospita nella pace armata delle mili­zie colo­niali Fifa?
Beh, intanto cominci con l’ammettere che l’hai seguito. Tutto.
Per­ché è que­sto il fùt­bol, oggi. Un’enorme con­trad­di­zione pian­tata nel cuore degli appas­sio­nati. Che ti fa guar­dare le pode­rose discese sulla fascia di Serge Aurier della Costa d’Avorio senza pen­sare alle por­che­rie del Colon­nello dell’esercito del Pro­fitto e dello Sfrut­ta­mento glo­bale dal nome Joseph Blat­ter. O sob­bal­zare alla sci­vo­lata del Capo (Jefe) Masche­rano che sventa un gol fatto e toglie la finale a Rob­ben, maglia olan­dese e nome che ci ricorda la pri­gio­nia di Mandela.
Che rende il «moz­zi­ca­tore» Sua­rez noto all’universo intero.
Che ti fa notare, la sera del mas­sa­cro, l’occhio da omi­cida seriale di Toni Kroos, appena segnato il tre a zero. Vede i «gialli» cotti e smar­riti, e riparte sulla palla al cen­tro, va a strap­parla dai piedi di Luiz Gustavo e fa il quarto meno di 20 secondi dalla ripresa del gioco.
O ancora Pirlo, fine primo tempo con la Costa Rica, che tira appo­sta una puni­zione alla cazzo perché Balo­telli gli ha rivolto una frase, e vale più di una con­fe­renza stampa far­locca del sopravvalu­tato ct.
Che ti fa alzare in piedi, a casa da solo, al sublime stop di petto e sini­stro all’incrocio del favo­loso James Rodri­guez. E il palo caram­bo­lato di Dze­maili e la tra­versa super­so­nica di Pinilla all’ultimo degli ultimi secondi e cam­bia il destino e i forti, i potenti, ancora una volta vin­cono e - come ti sbagli - «il cane moz­zica lo strac­ciato». E lo strac­ciato in que­sto caso è sem­pre Pinilla.
Oppure gron­dare ammi­ra­zione per la spet­ta­co­lare difesa della Costa Rica e del suo alle­na­tore Pinto, prof colom­biano di edu­ca­zione fisica, che mette in fuo­ri­gioco gli avanti avver­sari più del dop­pio delle volte di qual­siasi altra squa­dra. Una linea, dritta e armo­nica, che ha messo in crisi i due continenti ege­moni. E il men­ta­li­sta Aloi­sius Van Gaal che per venirne a capo s’inventa la mossa del por­tiere, riu­scendo a inver­tire una sto­rica tra­di­zione con­tra­ria nei rigori per poi subirne il contrappasso in quella successiva.
Fre­mere per Hal­li­che, tosto cen­trale dell’Algeria che porta ai sup­ple­men­tari le schiere teu­to­ni­che. Per le mano­vre sinuose del Mes­sico, squa­dra ela­stico, palla avanti palla indie­tro, piedi sapienti. Per gli inscal­fi­bili «bassi» cileni che anda­vano a cento all’ora non per bal­lare lo ye ye.
Cer­care un modo (Twit­ter?) per spie­gare a Ney­màr e Balo­telli che se ogni par­tita passi 40 minuti per terra, poi quella fini­sce e tu perdi.
Rima­nere sgo­menti di fronte al per­fetto Neuer, miglior gio­ca­tore del tor­neo in due ruoli diversi: portiere e cen­trale di difesa.
E poi sti­lare - San De André pro­teg­gici - la formazione-molotov da eterni bam­bini ormai vec­chi di quelli che qual­cuno lo vedre­sti volen­tieri nella tua squadra.
Spe­rare che sta­sera il mira­colo lo fac­cia Angelo Di Maria, il pre­scelto, l’unico che può scal­fire il cemento armato.
Con­sta­tare, attra­verso il Mon­diale, il defi­ni­tivo dis­sol­versi della Rai, azienda ege­mone come nes­suna lo fu, ormai ridotta a cir­colo par­roc­chiale. Leg­gere, sui media che rac­con­tano il Mon­diale, la para­bola ita­lica di un tec­nico medio­cre prima incen­sato in coro una­nime privo di senso e di meriti, grondante reto­rica d’accatto adesso figlia di nes­suno, con i lau­da­to­res che ora rin­ghiano aggressivi.
Il Mon­diale è il Mon­diale è il Mon­diale, ogni quat­tro anni, diven­tiamo più vec­chi, e il pros­simo in Rus­sia, e quello dopo in Qatar e poi ancora su Marte. E lo guar­de­remo anche da lì, con le imma­gini sfo­cate e dif­fe­rite, per non per­derci l’esordio imper­di­bile di una fre­ne­tica, fan­ta­stica, squa­dra di cui si parla molto, fatta tutta di super tec­nici omini verdi.

giovedì 10 luglio 2014

brasile 2014: la finale sarà germania-argentina, dopo le semifinali shock

Di Diego Del Pozzo

Dopo quasi un mese di abbuffata calcistica, saranno Germania e Argentina a contendersi il titolo di campione del mondo, domenica sera, nella cornice unica dello stadio Maracanã di Rio de Janeiro. E, al di là del tifo e delle personali predilezioni o idiosincrasie, si può certamente affermare con convinzione che, all'atto finale del Mondiale brasiliano, stavolta arrivano le due nazionali più meritevoli e più forti, dal punto di vista tecnico e mentale, dell'intero panorama internazionale.
Il primo gol di Schurrle: e sono sei!
La Germania allenata da 8 anni da Joachim Löw raccoglie quanto seminato da un decennio a questa parte e si presenta al match decisivo sull'onda apparentemente inarrestabile del clamoroso 7-1 rifilato al malcapitato Brasile di Felipão Scolari in una semifinale apparsa da subito senza storia ma che, invece, alla storia passerà come la più pesante sconfitta della Seleção in una partita ufficiale e in una giocata in casa propria. Da parte sua, invece, l'Argentina guidata dal sottovalutato tecnico Alejandro Sabella suda le proverbiali sette camicie per avere la meglio su un'Olanda che conferma ancora una volta i pregi e i difetti già evidenziati nel corso dell'intero torneo. Abilissima a distruggere il gioco avversario e ad anestetizzarne le fonti, infatti, la squadra del "diabolico" Louis Van Gaal contribuisce largamente allo spettacolo noioso e a tratti persino avvilente che va in scena a San Paolo, dove uno 0-0 ovvio - per quanto visto in campo, non per il potenziale dei due team - resiste fino al termine dei tempi supplementari, col 4-2 finale che premia l'Albiceleste concretizzatosi soltanto dopo i calci di rigore.
Ma è meglio ripercorrere con qualche dettaglio in più tutte e due le semifinali.

Disperazione brasiliana
Brasile - Germania 1-7
Il match di Belo Horizonte fa parte di quegli eventi storici che, tra 50 anni, faranno dire a chi vi ha assistito in diretta: "Mi ricordo di quella sera in cui la Germania distrusse il Brasile 7-1 in casa sua...".
Sì, perché quanto accade nella prima semifinale mondiale ha davvero dell'incredibile, con i padroni di casa umiliati dai tedeschi come una squadretta di dilettanti qualsiasi. Dopo mezz'ora, il tabellone indica già 0-5, con gli uomini di Löw che, appena recuperano palla, scendono a folate verso l'area di rigore avversaria, tagliano la difesa verdeoro come lame nel burro e depositano immancabilmente in rete, quasi indisturbati da un assetto difensivo ridicolo, non giustificabile nemmeno con la pur grave assenza di capitan Thiago Silva per squalifica.
La grande gioia tedesca
Nei primi 20 minuti del secondo tempo, addirittura, i tedeschi si fermano letteralmente, permettendo ai brasiliani di tirare ripetutamente in porta, in modo da far allenare un po' anche il fino a quel momento disoccupato portierone Manuel Neuer. In realtà, infatti, per lunghi tratti pare davvero di assistere a un allenamento defatigante di metà settimana, con i padroni di casa mai visti in una versione così vergognosa. Terminata senza danni anche la sessione di training di Neuer, la Germania riprende ad attaccare, semplicemente perché qualcosa deve pur fare, in attesa che arrivi il novantesimo. E gli altri due gol di André Schürrle (dopo quelli del primo tempo, in rapida sequenza, di Müller, Klose, da quel momento miglior marcatore nella storia dei mondiali, Kroos due volte e Khedira) sono l'inevitabile conseguenza della leggera accelerata finale tedesca, che peraltro avrebbe potuto produrne ancora altri e, invece, concede proprio sul fischio finale la marcatura della bandiera al pallido Oscar, il quale fissa il punteggio su un fantascientifico 1-7 che i brasiliani non dimenticheranno mai. Altro che Maracanazo!
In vista della finale, la Germania è brava, matura, forte di testa oltre che nella tecnica, dunque non dovrebbe correre il rischio di sopravvalutare il risultato roboante della semifinale. Il Brasile di questo Mondiale, infatti, è apparso subito come inadeguato e, con ogni probabilità, in un torneo giocato altrove sarebbe stato eliminato già al primo turno da Messico e Croazia. Con la solida Argentina sarà tutta un'altra storia. Ma questo la Germania lo sa.

Sergio Romero festeggia dopo i rigori
Olanda - Argentina 0-0 (2-4 dopo i calci di rigore)
Nella seconda semifinale mondiale, lo spettacolo è di tutt'altro tenore. Quelle allenate da Van Gaal e Sabella, infatti, sono due squadre molto consapevoli dal punto di vista tattico, arcigne, esperte, anche se dotate di parecchie individualità di spicco (non sempre impiegate al meglio...). La partita è equilibratissima, inevitabilmente brutta e bloccata, come quasi sempre in questo torneo quando ci sono di mezzo gli Oranje. Il 5-3-1-1 olandese chiude tutti i varchi ai solisti argentini, mentre dall'altra parte l'assenza di un tuttofare imprevedibile e talentuoso come Angel Di Maria si sente più del dovuto, nonostante la buona prova tutta corsa e sostanza del suo sostituto Enzo Perez. A centrocampo giganteggia il leader nato Javier Mascherano, che imposta la propria manovra, contrasta e pressa, distrugge le trame altrui, senza mai fermarsi per un solo secondo. In fascia, Lavezzi sgomma e percorre i consueti chilometri, mentre Higuain e Messi appaiono un po' fuori tono o, forse, soffrono la vigoria della difesa olandese, nella quale si distingue in positivo il centrale Ron Vlaar e in negativo il solito Martins Indi, opportunamente sostituito da Van Gaal all'intervallo.
Il penalty segnato da Leo Messi
Le occasioni da gol restano poche per tutto il match, con le due squadre più concentrate sugli aspetti agonistici piuttosto che su quelli strettamente tecnico-spettacolari. E nemmeno il cambio di modulo di Sabella nel secondo tempo, con gli ingressi offensivi di Palacio e Aguero al posto di Perez e Higuain, produce troppi scossoni al nervoso tran tran destinato ad approdare alla soluzione dagli undici metri. Qui, però, Van Gaal si risparmia l'effetto-placebo di Krul al posto del titolare Cillessen, poiché gli argentini non si sarebbero certo fatti intimidire da simili giochetti, come accaduto nei quarti ai meno esperti costaricani. Invece, sull'altro fronte, sale in cattedra l'estremo difensore dell'Albiceleste, Sergio Romero, che para i penalties di Vlaar e Wesley Sneijder, valorizzando le perfette realizzazioni dei compagni Messi, Garay, Aguero e Maxi Rodriguez.
Così, sul suolo brasiliano ancora fresco di profanazione teutonica, l'Argentina si toglie la soddisfazione immensa di andare a giocarsi la finale mondiale contro la fortissima Germania nel tempio carioca del Maracanã, in quello che, dopo i due precedenti di segno opposto del 1986 e 1990, si preannuncia un vero e proprio spareggio iridato.
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brasile 2014: elogio di javier mascherano

Di Diego Del Pozzo

"Oggi è il tuo giorno, oggi diventi un eroe. Hai capito?": con queste parole, Javier Mascherano carica il portiere dell'Argentina, Sergio Romero, al termine dei tempi supplementari della semifinale mondiale di ieri sera contro l'Olanda.
Mascherano parla alla squadra, prima dei rigori
Intorno a lui, i volti dei compagni sono stremati dalla fatica, ma "El Jefecito" - e non è un caso che lo chiamino così - si trasforma in vero e proprio allenatore in campo e arringa il resto della squadra prima del momento decisivo che dovrà portare l'Albiceleste in finale 24 anni dopo Maradona.
L'intervento decisivo in scivolata su Robben
Poco prima, allo scadere dei supplementari, lo stesso Mascherano - miglior centrocampista di questo Mondiale, anche secondo le statistiche - aveva salvato in scivolata su Robben un gol quasi fatto, ennesimo intervento decisivo di un match condotto con leadership e carisma da capitano vero (anche se la fascia sul braccio la porta Messi) dal primo all'ultimo secondo.
Messi e Mascherano: chi è il vero leader?
Nella Selecciòn, come in qualunque squadra nella quale abbia giocato, Javier diventa in maniera naturale il punto di riferimento per i compagni e l'allenatore. In campo, dà ordine alla manovra con una tecnica discreta ma una comprensione del gioco mostruosa e una enorme duttilità tattica. Imposta l'azione con lanci lunghi o passaggi brevi filtranti, pressa chiunque si muova, distrugge costantemente le azioni offensive avversarie. Da qualche anno, sa rendere con grande profitto anche da difensore centrale in linee a tre (da libero 2.0) o a quattro. In pratica, è una sorta di Daniele De Rossi all'ennesima potenza. E la fascia di capitano della nazionale l'ha ceduta lui a Leo Messi, per far sentire più importante e coinvolto il compagno anche quando indossa la camiseta albiceleste.
Nel momento del trionfo, i compagni corrono ad abbracciare "El Jefecito"
A parte il tifo "interessato" per il "Pipita" Higuaìn, dunque, è anche o soprattutto per giocatori come Mascherano che domenica sera sosterrò senza indugi l'Argentina. E spero sia definitivamente chiaro, anche ai più distratti, perché Rafa Benitez ha fatto di tutto, negli ultimi due anni, per portare Javier con sé a Napoli. Purtroppo, senza riuscirci...
Ps: E Diego Armando Maradona, oggi, scrive giustamente sul suo sito: "Quando dissi che la mia squadra era composta da Mascherano più altri dieci, molti sorrisero...".
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brasile 2014: l'omaggio alla "saeta rubia"

L'omaggio ad Alfredo Di Stefano prima della semifinale mondiale tra Olanda e Argentina (col lutto al braccio)

martedì 8 luglio 2014

se ne va alfredo di stefano, uno tra i più grandi di sempre

Alfredo Di Stefano, la "Saeta Rubia" (1926 - 2014)

lunedì 7 luglio 2014

brasile 2014: i quarti promuovono la nobiltà calcistica

Di Diego Del Pozzo

Il bellissimo Mondiale brasiliano entra nella fase decisiva, quella delle semifinali, dove da domani si affronteranno quattro tra le nazionali più importanti e blasonate dell'intera storia del calcio, in un doppio confronto tra nobiltà del Sudamerica ed europea che promette davvero scintille. Che cosa c'è di meglio, infatti, che chiudere un torneo iridato spettacolare come questo con Brasile - Germania e Olanda - Argentina? In campo ci sono ben dieci titoli mondiali più altre tre finali...
In attesa di gustarci questi fantastici match, dunque, ecco il mio personale riepilogo di quanto accaduto nei quarti di finale di Brasile 2014.
Gioia tedesca al fischio finale
Francia - Germania 0-1
Nel primo quarto, i tedeschi vincono 1-0 con i francesi in uno tra i derby europei tradizionalmente più sentiti e accesi. E vanno in semifinale di un Mondiale per la tredicesima volta in totale e per la quarta edizione consecutiva.
Con mezza squadra febbricitante, la Germania si dimostra più esperta e solida, tecnicamente e mentalmente, di una buona Francia, giovane e con ulteriori, ampi margini di miglioramento.
Il match è equilibrato, deciso da un colpo di testa di Hummels dopo 12 minuti e poi difeso con la consueta organizzazione tattica, arricchita da alcuni interventi in chiusura dello stesso difensore centrale del Borussia Dortmund (belli e decisivi, in particolare, quattro recuperi prodigiosi su altrettante conclusioni avversarie) e dalla presenza tra i pali di Manuel Neuer - il miglior portiere del mondo, con buona pace di tanti commentatori italioti - con due paratone fatte con tale sicurezza e naturalezza da far dubitare del fatto che qualcuno possa realmente fargli gol.
D'altra parte, questa Germania gioca assieme (e sotto la stessa guida tecnica di Joachim Low) già da diversi anni e il Mondiale brasiliano potrebbe essere il momento giusto per la raccolta dopo tanta semina. Vedremo.

L'omaggio di David Luiz a James Rodriguez
Brasile - Colombia 2-1
Un Brasile rude e un po' scarpone, tostissimo, grintoso come il suo allenatore Scolari e difensivamente equilibrato batte in extremis 2-1 una Colombia che, però, paga oltremodo la mancanza di esperienza in match di questo livello e, soprattutto, di questa tensione nervosa. Ma paga anche alcune scelte cervellotiche del ct Pekerman, che all'inizio schiera il fantasma di Ibarbo al posto di Jackson Martinez, non inserendolo poi nemmeno durante l'assedio finale.
Come previsto, il futebol bailado lo giocano i colombiani che, però, regalano quasi l'intero primo tempo ai più blasonati e scafati avversari, i quali, in apertura, li intimidiscono fisicamente con una serie di interventi spezzagambe, in particolar modo con un Fernandinho fallosissimo su James Rodriguez (e con un arbitro meno casalingo - nonché opportunamente dotato di cartellini gialli e rossi - il mediano verdeoro sarebbe finito molto presto sotto la doccia).
Ma il Brasile, nella prima metà, aggredisce i colombiani, entra spesso nella loro area di rigore e costruisce diverse occasioni da gol, dopo aver sbloccato il risultato con una deviazione di ginocchio di Thiago Silva (lasciato colpevolmente libero dalla difesa colombiana) su calcio d'angolo.
Nel secondo tempo, invece, soprattutto dopo aver subito il 2-0 su uno splendido calcio di punizione di David Luiz, la Colombia inizia davvero a giocare, Pekerman fa qualche aggiustamento tattico e James Rodriguez si sblocca e sale in cattedra, mettendo spesso i compagni in possibilità di concludere a rete, finalizzando da par suo il calcio di rigore del 2-1 e guidando la propria squadra fino all'ultimo secondo, quando almeno un paio di volte i Cafeteros sfiorano il clamoroso - e probabilmente meritato - 2-2.
Trovo indicativo, comunque, che questo Brasile solido e pieno di cuore abbia vinto grazie a due gol dei suoi difensori centrali (gli unici fuoriclasse della rosa, oltre a Neymar) e che, nel finale, si sia difeso spezzettando il gioco con falli tattici e buttando continuamente la palla in tribuna, con grande umiltà (e schierando persino Henrique come schermo davanti alla difesa!). La squadra di casa, d'altra parte, sapeva di essere meno tecnica dei propri avversari. E, dunque, non s'è vergognata di puntare forte su altre "doti".
Ma, anche in semifinale, sarà meno dotata tecnicamente della Germania, che però è squadra fornita di ben altra grinta, esperienza e mentalità rispetto alla bella Colombia che, in ogni caso, saluta il Mondiale tra gli applausi dei tifosi brasiliani e degli amanti del bel calcio.
Dopo il fischio finale, c'è uno tra i momenti più belli del Mondiale, quando l'esperto guerriero David Luiz, match winner col suo potentissimo piattone da 25 metri su calcio di punizione, abbraccia a centrocampo il giovane leader colombiano James Rodriguez in lacrime (per me, il migliore giocatore del torneo), lo indica platealmente al pubblico di casa e chiede a grandi gesti un applauso che, per il quasi ventitreenne numero 10 della Colombia, sa tanto di riconoscimento ufficiale del suo nuovo status di superstar calcistica globale.

Il gol decisivo di Gonzalo Higuain
Argentina - Belgio 1-0
Ci voleva una grande Argentina per battere il Belgio visto finora a Brasile 2014. E grande Argentina è stata, almeno per 80 minuti: una squadra in crescita costante e che, soprattutto, dimostra di avere assorbito molto meglio degli avversari le fatiche degli ottavi di finale. Il Belgio, infatti, appare stanco nel fisico e un po' scarico nella testa, con quasi tutte le sue notevoli individualità davvero in ombra.
L'Argentina, invece, è ordinata tatticamente, con la difesa alta, il pressing feroce su difensori e centrocampisti avversari, le fasce presidiate dal solito grande Angel Di Maria (poi sostituito per infortunio da Enzo Perez) e da un Lavezzi millepolmoni, generosissimo e sempre pronto al sacrificio. Su tutti, però, si staglia un fantastico Gonzalo Higuain, autore del gol decisivo del 1-0 e di una serie di giocate di qualità elevata, tra le quali le due con le quali sfiora il raddoppio. E il Pipita, a fine match, è il migliore in campo.
Nei 10 minuti finali il Belgio (meglio con i subentrati Lukaku e Mertens piuttosto che con i titolari Origi e Mirallas) assedia l'Argentina di puro orgoglio e, in extremis, sfiora persino un pareggio che, però, sarebbe stato esagerato. Il giovane Belgio, comunque, è fisiologicamente destinato a crescere ancora, in vista degli Europei 2016. Stavolta, invece, viene eliminato da una squadra più forte, pronta, matura, meritatamente in semifinale mondiale, 24 anni dopo, con cinque vittorie in altrettanti match (unica tra le quattro semifinaliste ad aver vinto, fin qui, ogni partita disputata).

Il pararigori Krul all'opera
Olanda - Costa Rica 0-0 (4-3 dopo i calci di rigore)
Il meno prestigioso tra i quarti di finale è, innanzitutto, una sfida tra due grandi allenatori, tatticamente preparatissimi: Louis Van Gaal e Jorge Luis Pinto.
Alla fine, vince il primo, tirando fuori dal cilindro la mossa a effetto del portiere pararigori, Tim Krul, fatto riscaldare per tutto il secondo tempo supplementare e fatto entrare allo scadere apposta per neutralizzare i due calci di rigore che, poi, decidono il risultato: una sostituzione geniale e inattesa, come l'intera gestione di Van Gaal nel corso di Brasile 2014.
A partire dai minuti finali dei tempi regolamentari e durante tutti i supplementari, dopo aver incontrato enormi difficoltà in precedenza grazie alla perfetta partita difensiva impostata dalla Costa Rica, gli Oranje schiacciano gli ormai stremati centroamericani nella loro metà campo, colpendo pali e traverse e costringendo l'ottimo portiere Keylor Navas a ergersi a protagonista assoluto del match. Quando possono, però, i Ticos ripartono comunque in contropiede, impedendo all'Olanda di stare tranquilla dietro.
A un certo punto, da santone iper-razionale qual è, Van Gaal si convince che la soluzione ai rigori può premiare la sua squadra, più esperta e dotata di tiratori scelti del calibro di Van Persie, Robben, Sneijder, Kuyt, Huntelaar. Al resto, può pensare lo specialista seduto in panchina accanto a lui... E, puntualmente, va tutto come previsto dal Grande Manipolatore.
Comunque, al netto dei pali e delle traverse colpiti dagli arancioni, questa Olanda speculativa e un po' noiosa - che, però, va in semifinale meritatamente - continua a non convincere, pur potendo battere chiunque nella partita secca, in un modo o nell'altro. Da parte sua, la Costa Rica lascia il Mondiale da imbattuta dopo aver giocato contro Uruguay, Italia, Inghilterra, Grecia e Olanda. Applausi, please!
Adesso, nelle semifinali ci sarà spazio soltanto per la storia del calcio.
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mercoledì 2 luglio 2014

brasile 2014: terminati gli ottavi di finale, le grandi ai quarti

Di Diego Del Pozzo

Le emozioni mondiali di Brasile 2014 continuano senza sosta. Ecco il riepilogo di quanto successo negli ottavi di finale del torneo, con le otto vincitrici dei gironi del primo turno (dunque, le migliori otto squadre del Mondiale) che si qualificano per i quarti, al termine di match intensi, spettacolari e ricchissimi di spunti interessanti.
Julio Cesar festeggiato dai compagni
Brasile - Cile 1-1 (4-3 dopo i calci di rigore)
Che questa partita sarebbe stata una battaglia lo si capisce fin dal momento degli inni nazionali, quando i tifosi brasiliani sommergono di fischi la parte finale dell'inno cileno (quella più intensa e sentita, cantata senza il sottofondo musicale), con le facce dei giocatori della Roja inquadrate dalle tv di tutto il mondo davvero furiose.
Il match, quindi, conferma le perplessità sul conto dei padroni di casa, ancora troppo dipendenti da Neymar e appena appena più sciolti in mezzo al campo con Fernandinho schierato da Scolari al posto del più difensivo Paulinho. Nonostante le diverse occasioni da gol prodotte, infatti, i verdeoro si dimostrano squadra tecnicamente farraginosa e tatticamente confusa. E stavolta, per una qualificazione-thrilling non del tutto meritata, devono ringraziare Julio Cesar, paratutto durante i 120 minuti di gioco e pararigori al momento della verità: e pensare che, rimasto senza squadra proprio nell'anno del Mondiale casalingo, l'ex portiere dell'Inter è dovuto emigrare in Canada per prepararsi adeguatamente.
In quanto al Cile, è ormai una realtà calcistica di primo livello, anche se avrebbe bisogno di più peso e centimetri in difesa per compiere il decisivo salto di qualità. Comunque, il preparatissimo tecnico argentino Jorge Sampaoli ha costruito un gioiellino dal gioco fluido e scorrevole e dal pressing inesauribile, arricchito da alcuni elementi di notevole livello tecnico (primo tra tutti, Alexis Sanchez). E, anche contro il Brasile, alcune manovre di prima in velocità palla a terra sono da applausi, come quella che, alla metà del secondo tempo, porta al tiro in area che costringe alla paratona decisiva Julio Cesar. E la traversa colpita da Pinilla all'ultimo minuto del secondo tempo supplementare grida ancora vendetta. Grande Roja, in ogni caso, anche se poi ai calci di rigore si dimostra meno fredda e lucida dei padroni di casa.

James Rodriguez
Colombia - Uruguay 2-0
Il secondo derby sudamericano degli ottavi di finale, invece, oppone la squadra tecnicamente più dotata emersa dalla prima fase a quella tradizionalmente impostata prima di tutto per far giocare male gli avversari.
Stavolta missione fallita, però, per gli arcigni uruguagi, che devono inchinarsi alla scintillante Colombia assemblata dal ct José Pekerman (altro argentino da esportazione), arricchita dalla classe superiore dei vari James Rodriguez (autore dei due gol decisivi e, fin qui, autentico padrone del Mondiale), Juan Cuadrado (che rischia le gambe in almeno un paio di occasioni), Jackson Martinez, Juan Camilo Zuniga (al momento, il miglior terzino destro del torneo).
Nonostante l'assenza per squalifica di Luis Suarez (per il morso a Chiellini), il "Maestro" Tabarez ci prova comunque in tutti i modi, puntando su un Edinson Cavani voglioso e caricatissimo, pronto a prendersi la Celeste sulle spalle, senza peraltro poter contare su un sostegno all'altezza da parte dei compagni (primo tra tutti un Forlàn assolutamente deludente).
In ogni caso, la differenza tra le due compagini è davvero troppo netta, anche perché la perfetta macchina da calcio costruita da Pekerman può giovarsi pure di un ottimo equilibrio tra i vari reparti e, alla bisogna, persino di un portiere attento e reattivo come David Ospina, sempre all'altezza quando viene impegnato dagli uruguayani, in particolar modo nella seconda parte del match.
Una menzione speciale la merita il primo, bellissimo gol di James Rodriguez, con stop di petto e rapidissimo tiro al volo da 25 metri sul quale Muslera proprio non può nulla. A 23 anni ancora da compiere, il numero dieci colombiano - di proprietà del Monaco, che l'anno scorso lo ha comprato dal Porto per 45 milioni di euro - ha saputo trasformarsi in superstar planetaria in soli quattro match di Brasile 2014, anche se chi sa di calcio lo conosce bene già da qualche anno.
Nei quarti di finale, la Colombia si giocherà l'ingresso in semifinale contro i padroni di casa brasiliani, per i quali - se la squadra di Pekerman si confermerà sui livelli mostrati finora - sarà davvero molto, molto dura.

La gioia di Sneijder e Huntelaar
Olanda - Messico 2-1
Restare in vantaggio fino all'87esimo minuto e poi buttare al vento una qualificazione ai quarti che sarebbe stata meritata. Così fa il Messico contro l'Olanda, nel terzo ottavo di finale del Mondiale brasiliano.
In vantaggio grazie a un gran gol di Giovani dos Santos, pochi minuti dopo l'inizio del secondo tempo, i messicani riescono per oltre metà gara a irretire completamente un'Olanda ancora più mazzarriana che nei precedenti tre match (ma Martins Indi è più scarso di Aronica!), schierata con undici uomini rintanati dietro la linea della palla e il solo Robben dotato di licenza di ripartire (pericolosamente) in contropiede.
Poi, però, dopo il vantaggio, il Tricolòr allenato dal "Piojo" Miguel Herrera - fin lì, tra i migliori allenatori dell'intero torneo - arretra troppo il proprio baricentro e rinuncia a giocare come ha dimostrato di saper fare, invece, fino a poco prima. Parallelamente, Louis Van Gaal - che in questo Mondiale, tra mille critiche, sta rileggendo il calcio totale olandese in maniera originalissima, discutibile, molto pratica e, forse, epocale - risistema le proprie pedine sulla scacchiera in un modo più consono al loro talento, aggiunge l'ottimo Memphis Depay agli altri attaccanti, avanza il multiuso Dirk Kuijt, permette a Sneijder di dedicarsi con più libertà alla fase offensiva e inserisce il più pesante e fisico Huntelaar al posto di un fino ad allora evanescente Van Persie. Tutto ciò costringe il Messico nella propria area di rigore, col fenomenale portiere Ochoa che si conferma tra le rivelazioni del torneo e salva almeno tre gol fatti (uno in modo quasi soprannaturale). A pochi minuti dal fischio finale, però, la grande pressione olandese produce il risultato più logico, cioè l'uno-due siglato da Sneijder con un gran tiro al volo dal limite dell'area (sul quale la difesa messicana copre male) e, poi, da Klaas-Jan Huntelaar su un calcio di rigore conquistato da Arjen Robben (il migliore dell'Olanda) in pieno recupero.
Così, si arriva al 2-1 finale, col Messico che esce tra gli applausi e i rimpianti, mentre l'Olanda dimostra che si può giocare e vincere a temperature impossibili anche se si è europei (vero Prandelli?). E gli Oranje adesso diventano davvero temibilissimi.

Il ct dei Ticos, Jorge Luis Pinto
Costa Rica - Grecia 1-1 (6-4 dopo i calci di rigore)
Nell'ottavo di finale che oppone le due sorprese del Mondiale brasiliano, Costa Rica batte Grecia 6-4 dopo i calci di rigore (1-1 al termine dei supplementari), con i centroamericani che si qualificano per i quarti, dove giocheranno contro la corazzata Olanda. E la loro bella favola continua...
La partita è molto equilibrata e combattuta, anche se giocata a un livello tecnico non paragonabile a quello degli altri ottavi. La Grecia prova ad affidarsi ancora una volta al suo grande cuore, rimontando allo scadere dei tempi regolamentari (col difensore Papastathopoulos) il vantaggio costaricano siglato dal "solito" Bryan Ruiz pochi minuti dopo l'inizio del secondo tempo. Stavolta, però, gli ellenici non riescono a ripetere il miracolo del girone di primo turno, nemmeno quando si trovano con un uomo in più dopo l'espulsione di Duarte al 67' e, nei supplementari, sfiorano ripetutamente la rete della vittoria. Ai rigori, infatti, arrivano stremati, rispetto agli avversari. Così, mentre i Ticos riescono a mettere a segno tutti e cinque i loro rigori, per i greci l'esperto Gekas si fa parare da Navas (gran protagonista del match) il tiro che risulta decisivo.
In ogni caso, senza voler scioccamente gridare al miracolo, la Costa Rica si conferma una discreta squadra, allenata meravigliosamente dal "mitico" Jorge Luis Pinto, dotata di un ottimo portiere (davvero ottimo Keylor Navas, tra i migliori portieri della Liga, col Levante), di tre-quattro buoni giocatori di livello ed esperienza internazionali (direi, su tutti, il capitano Ruiz, Bolaños e la stellina Joel Campbell, di proprietà dell'Arsenal), una notevole condizione atletica (fattore determinante) e un incredibile spirito di gruppo. Grazie a tutto ciò, finora al Mondiale ha battuto Italia e Uruguay e pareggiato con Inghilterra e Grecia, sconfiggendola poi ai calci di rigore. Adesso, vada come vada contro l'Olanda, non parlerei più di sorpresa...

Benzema e Pogba, decisivi
Francia - Nigeria 2-0
La Francia supera nel suo ottavo la Nigeria uscendo fuori nettamente alla distanza, dopo una settantina di minuti piuttosto complicati.
Nel finale, infatti, il portiere nigeriano Enyeama - fin lì tra i più efficaci del Mondiale e anche oggi migliore tra i suoi, con almeno quattro grandi parate - regala il vantaggio ai Blues con un'uscita scriteriata su calcio d'angolo (e Pogba appoggia in rete indisturbato di testa). Nei minuti di recupero, poi, altro regalo non richiesto alla Francia, da parte degli esausti nigeriani, per il definitivo 2-0 (su autogol di Yobo).
Decisiva, per rovesciare un match che non voleva saperne di sbloccarsi, è la mossa del tecnico francese Deschamps, che di fronte alle trame offensive troppo farraginose della propria squadra sostituisce il pesante centravanti Giroud col più agile e veloce Griezmann, riportando così al centro dell'attacco Karim Benzema, fino a quel momento schierato largo a sinistra con scarsi risultati. E, con il nuovo assetto, è subito tutta un'altra Francia, complice però anche il vistoso calo atletico di una Nigeria fin lì estremamente generosa (e l'uscita di Onazi, dopo un'entrata-killer di Matuidi).
Così, i francesi accedono ai quarti di finale, dove attendono la vincente tra Germania e Algeria: la prima da evitare perché tecnicamente molto forte, la seconda pericolosissima anche per questioni storiche e socio-politiche.

Schurrle esulta dopo il suo gol
Germania - Algeria 2-1 (dopo i tempi supplementari)
Ma che bella partita, quella degli ottavi di finale tra Germania e Algeria, con tutte e due le squadre impegnate a superarsi fino all'ultimo minuto del secondo tempo supplementare. Sì, perché i tedeschi devono faticare per più di 120 minuti per avere la meglio (per 2-1) su un'Algeria coraggiosissima, fisica, veloce, molto tecnica, incapace di accettare la sconfitta anche di fronte all'evidenza.
Nel primo tempo, addirittura, sono i nordafricani a dominare il match, sfiorando ripetutamente il gol del vantaggio e, orchestrati alla grande da Feghouli, mettendo costantemente in difficoltà la Germania grazie a ripartenze veloci sulle fasce, in particolare su quella sinistra, dove si distingue un ottimo Ghoulam. Man mano, però, i tedeschi entrano nella gara e iniziano a rendersi sempre più pericolosi, costringendo il portiere algerino Rais a salire in cattedra e a prodursi in almeno quattro-cinque grandi parate. Ma se la pressione della Germania aumenta costantemente, l'Algeria non rinuncia mai a ripartire in veloci contropiede manovrati, sollecitando più volte un comunque sempre attento Neuer.
Si va ai tempi supplementari sullo 0-0 e qui un gol di tacco di Schurrle, anche un po' fortuito, rompe l'equilibrio, proprio mentre gli algerini iniziano a calare vistosamente dal punto di vista atletico (primi effetti del Ramadan?). Così, la Germania prende possesso pieno del match, sigla l'inevitabile raddoppio con Ozil, ma proprio in extremis deve concedere a Djabou il gol del 2-1 e rischia persino di subire un clamoroso pareggio lasciando Bougherra solo davanti al portiere per un debole colpo di testa.
Al fischio finale, sono i tedeschi a festeggiare, ma tutto lo stadio è in piedi per applaudire un'Algeria bellissima, che lascia il Mondiale con onore e a testa molto, molto alta.

Di Maria segna il decisivo 1-0
Argentina - Svizzera 1-0 (dopo i tempi supplementari)
Minuto 121 dell'ottavo di finale tra Argentina e Svizzera a San Paolo. L'Albiceleste è in vantaggio da appena tre minuti, grazie a un irresistibile spunto in velocità di Leo Messi, che serve Angel Di Maria sulla destra e poi assiste alla perfetta finalizzazione a incrociare del compagno (nettamente il migliore in campo): 1-0. Stanno per chiudersi anche i tempi supplementari, ma gli elvetici si buttano in avanti alla ricerca della rete che potrebbe valere i calci di rigore. Nel primo minuto di recupero, Dzemaili colpisce di testa da due passi e centra il palo a Romero battuto. Il rimpallo gli finisce sul ginocchio e, sempre col portiere argentino immobile, termina fuori tra l'incredulità generale.
Così, dopo il Brasile contro il Cile, anche l'Argentina contro la Svizzera si salva grazie a un palo colpito dagli avversari allo scadere dei supplementari (lì Pinilla, qui il centrocampista del Napoli): e se non sono segni del destino questi...
Prima degli incredibili minuti finali, comunque, il match offre un'Albiceleste ancora poco fluida nelle sue trame di gioco e la squadra di Hitzfeld (all'ultima panchina in carriera) ottimamente organizzata in fase difensiva. Messi va a corrente alternata, mentre Di Maria a destra e un inesauribile Rojo a sinistra non danno tregua sulle fasce alla difesa rossocrociata. Bello, a centrocampo, è il duello tutto muscoli e sostanza tra Inler e Mascherano (avrebbero potuto essere compagni di club all'ombra del Vesuvio: peccato!).
Nel primo tempo, la Svizzera riparte un paio di volte in contropiede, rendendosi pericolosissima. Poi, dalla seconda metà, si rintana nella propria metà campo, schiacciata da un'Argentina che, nonostante una costruzione di gioco farraginosa e un Higuain ancora lontano da una condizione accettabile, trasforma la partita in un autentico assedio, anche se caotico e ben poco organizzato. Il risultato non si sblocca e lo stesso succede anche durante i supplementari. Poi, come sta accadendo continuamente durante questo Mondiale, quando la stanchezza inizia ad allungare le squadre e ad annebbiare le idee, i fuoriclasse salgono in cattedra e decidono i destini delle proprie squadre con la giocata che fa la differenza. Stavolta, tocca al più grande tra i suoi contemporanei, Lionel Messi, il quale premia con l'assist colui che più di tutti merita la soddisfazione personale: un Angel Di Maria semplicemente perfetto.

L'esultanza belga dopo il gol di Lukaku
Belgio - Stati Uniti 2-1 (dopo i tempi supplementari)
Il match più intenso e spettacolare di Brasile 2014 va in scena a Salvador, dove Belgio e Stati Uniti chiudono il tabellone degli ottavi di finale onorando l'appuntamento iridato con una prestazione destinata a restare negli annali.
In particolare, i talentuosi Diavoli Rossi allenati da Marc Wilmots finalmente giocano a briglia sciolta, dopo le tre vittorie del primo turno, meno convincenti sul piano del gioco. Stavolta, invece, in spazi più ampi, mostrano per la prima volta sul suolo brasiliano tutto il loro strapotere tecnico, reso ancora più devastante da una varietà di soluzioni da far invidia a tante nazionali ben più blasonate. E, a partire dall'affascinante quarto di finale contro l'Argentina, si ripropongono con forza come possibile sorpresa del torneo, persino in chiave di vittoria finale. Quella del Belgio attuale, infatti, è davvero una "generazione d'oro", perché soltanto così si può definire una nidiata di talenti che comprende, in contemporanea, Hazard, Mertens, De Bruyne, Witsel, Fellaini, Origi, Lukaku, Courtois, Kompany, Vertonghen (e potrei aggiungerne ancora). Non è un caso che, ogni volta che Wilmots fa un cambio, riesca a rovesciare una partita, tanto numerose sono le soluzioni sulle quali può contare in panchina.
Accade lo stesso anche contro gli Stati Uniti, quando il tecnico decide di sostituire un Origi fin lì molto positivo con la maggiore delusione belga del torneo: il centravanti dell'Everton, di proprietà del Chelsea, Romelu Lukaku. Siamo all'inizio dei tempi supplementari, dopo che per 90 minuti abbondanti le due squadre si sono affrontate a viso aperto, con grinta e in velocità, col Belgio a bombardare letteralmente gli americani (e il portiere Howard migliore in campo) e con questi ultimi a ripartire in contropiede in maniera sempre pericolosa. Lukaku entra e, in pochi minuti, distrugge le resistenze avversarie con un assist per Kevin De Bruyne e un bel gol personale: due giocate di pura potenza atletica, 2-0 e tutto sembra deciso.
Peccato, però, che nessuno abbia avvertito gli Stati Uniti, che riescono a risorgere dal baratro atletico nel quale parevano calati e schiacciano il Belgio nella sua metà campo, alla ricerca di qualcosa che avrebbe dell'incredibile. Così, al minuto 107, il neoentrato Julian Green (giovanili del Bayern Monaco) dimezza lo svantaggio. Dopo sessanta secondi, il leader "Terminator" Jones sfiora il 2-2. Al minuto 114, Courtois si immola sulle gambe di Dempsey e salva la sua porta. Tre minuti dopo, ancora Jones spara alto sulla traversa. E allo scadere il giovane Yedlin - un terzino destro fortissimo, da comprare immediatamente - svirgola a lato.
Sconfitti sul campo da una squadra più forte di loro, gli Stati Uniti confermano, comunque, la crescita dell'intero movimento calcistico d'Oltreoceano e dicono una parola chiara sul notevole lavoro che Jurgen Klinsmann sta portando avanti da quando siede sulla panchina della squadra. Alle già note capacità fisico-atletiche, infatti, gli americani iniziano ad abbinare significative conoscenze tattiche, una certa esperienza internazionale e una serie di individualità di spicco, giovanissime e, pertanto, destinate a crescere ancora in futuro. Mentre si attende ancora l'esplosione del calcio africano, non è che la nuova frontiera del calcio internazionale passi proprio per gli Stati Uniti?

Il tabellone dei quarti di finale
  • Venerdì 4 luglio, ore 18 italiane, a Rio de Janeiro: Francia - Germania.
  • Venerdì 4 luglio, ore 22 italiane, a Fortaleza: Brasile - Colombia.
  • Sabato 5 luglio, ore 18 italiane, a Brasilia: Argentina - Belgio.
  • Sabato 5 luglio, ore 22 italiane, a Salvador: Olanda - Costa Rica.
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