giovedì 30 giugno 2011

napoli: il "caso hamsik" e le trappole di mino raiola

Di Diego Del Pozzo

Chi segue il calcio con un minimo di attenzione dovrebbe conoscere, ormai, le strategie del procuratore-squalo italo-olandese Mino Raiola per forzare la mano a un club calcistico e provocare, in maniera a volte persino innaturale, la cessione al miglior offerente di un determinato calciatore da lui assistito. Sul mercato italiano e in anni recenti, infatti, ciò si è verificato in modo eclatante prima con Ibrahimovic e poi con Balotelli, in entrambi i casi con l'Inter a interpretare (bene) il ruolo di società "gabbata". Adesso, invece, Raiola sta lavorando con grande impegno e notevole spiegamento di mezzi alla fiction che rischia di caratterizzare l'intera estate 2011 del calcio italiano: il trasferimento, possibilmente a buon mercato, di Marek Hamsik (del quale si occupa da qualche mese) dal Napoli al Milan, con consistente aumento dell'ingaggio per il calciatore e conseguente provvigione monstre per se stesso.
La strategia è quella nota: destabilizzare l'ambiente intorno al club di appartenenza del giocatore, ammorbandolo con interviste pilotate su testate italiane o straniere più o meno autorevoli, sue dichiarazioni sibilline a giornalisti amici, interventi criptici dello stesso calciatore. In questo modo, Raiola mette in moto un meccanismo perverso che pian piano stressa l'ambiente, fa montare in modo artificioso la rabbia dei tifosi nei confronti di chi fino a poche settimane prima era un loro idolo, costringe la società a chiedersi se il clima negativo attorno al calciatore non rischi di pregiudicare i risultati futuri della squadra.
Insomma, col suo perverso
modus operandi, Raiola crea le condizioni ideali per far sì che un'eventuale offerta per l'acquisto del suo assistito venga valutata dal club di appartenenza con occhi diversi e minori capacità di resistenza: e, in questo modo, dopo un iter che solitamente si prolunga nel tempo in modo logorante, la società nella quale gioca il calciatore tende ad accettare persino somme di denaro inferiori rispetto a quelle che magari aveva preventivato in un primo momento per perfezionare quella determinata operazione di mercato. Ed è ovvio che i soldi risparmiati per l'acquisto del suo cliente potranno poi essere utilizzati dal club acquirente per gonfiare l'ingaggio del nuovo acquisto e, conseguentemente, la percentuale dovuta al suo procuratore.
Ecco, nel "Caso Hamsik" si sta verificando proprio questo. Tutto è partito con una serie di lusinghe milaniste, strategicamente buttate lì, quasi per caso, dall'allenatore Allegri e dal boss Galliani; e subito raccolte e "pompate" da alcune autorevoli testate sportive. Appena il buon Marek ha solleticato il proprio giovane ego con tali lusinghe e ha aperto timidamente all'ipotesi di una sua partenza verso lidi rossoneri - pur senza specificare se la cosa potrà verificarsi quest'estate o in futuro - il bulldozer Raiola ha iniziato a fare fuochi d'artificio attraverso un'abile campagna mediatica orchestrata assieme al principale quotidiano sportivo italiano, poi rilanciata dalle televisioni e rafforzata dall'immancabile intervista esclusiva a un quotidiano slovacco. In questo modo, Hamsik è stato abilmente trasformato in un "traditore" agli occhi dei suoi tifosi, che ovviamente sono cascati subito nella trappola tesa da Raiola. Ai "mal di pancia" non siamo ancora arrivati, ma c'è tempo, poiché s'è capito che il Milan porterà avanti questa storia per tutta l'estate prima di assestare il colpo decisivo.
Rispetto ai succitati precedenti interisti, però, stavolta c'è una differenza sostanziale: la personalità vulcanica e da "masaniello" del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, molto meno signore, per esempio, di un Massimo Moratti e, dunque, meno propenso a farsi prendere per i fondelli da un procuratore. Così, De Laurentiis ha denunciato pubblicamente la manovra milanista-raiolesca, iniziando a rispondere colpo su colpo al procuratore, utilizzando a sua volta i media per smascherare fino in fondo il giochetto dell'ex pizzaiolo e lanciare messaggi ai vertici rossoneri, per far capire loro che - come si dice sotto al Vesuvio -
'cca nisciun' è fesso. Per come conosco De Laurentiis, dunque, mi aspetto una logorante guerra di nervi, con sparate contrapposte "a chi ce l'ha più lungo" e, soprattutto, mi aspetto una presa di posizione del presidente azzurro sulle questioni di principio, forte di un contratto che, volente o nolente, Hamsik dovrà rispettare senza fiatare almeno per un altro anno. Credo, infatti, che De Laurentiis provi enorme fastidio di fronte all'idea di farsi prendere in giro da Galliani e Raiola, pronto magari anche a perdere un po' di soldi pur di far capire a tutti che i rapporti di forza nei confronti della sua società (sempre più emergente e ambiziosa) devono essere quantomeno riconsiderati da parte dell'intero ambiente del calcio italiano e internazionale.
In tutto questo bailamme, da parte sua Hamsik ha fatto sapere che a Napoli sta molto bene e che non ha alcuna intenzione di andare via domattina, ma che, come ogni professionista che si rispetti, di fronte a qualche offerta di club importanti, italiani o stranieri, si siederà a un tavolo col Napoli e con l'eventuale acquirente per capire meglio i temini delle proposte. E non mi pare che in queste dichiarazioni vi sia nulla di particolarmente scandaloso... A meno che qualcuno non voglia strumentalizzarle...
Comunque, nonostante tutto, io sono abbastanza sicuro che alla fine dell'estate Marek Hamsik vestirà ancora la maglia azzurra e che, da professionista serio qual è, onorerà al meglio il contratto che lo lega al Napoli. Fino a prova contraria...

mercoledì 29 giugno 2011

argentina: river, il peggio deve ancora arrivare...

Di Valerio Clari
(Gazzetta.it - 28 giugno 2011)

Il peggio, forse, deve ancora venire. Il River Plate, dopo la storica caduta in serie B, continua a vivere i giorni più difficili della sua ultracentenaria storia. Dopo i disastri sportivi, ora c'è da affrontare quelli economici, risultato di quasi un decennio di gestione del club per lo meno discutibile. Il grande imputato per la situazione attuale, che vede la società più vincente d'Argentina sull'orlo del fallimento è José Maria Aguilar, l'ex presidente. Ma anche l'attuale, Daniel Passarella, è decisamente contestato ("Ma non me ne vado, dovranno portarmi via da cadavere" ha dichiarato ieri).
In soccorso di Passarella arriva l'intervento di Diego Armando Maradona: primo tifoso del Boca Juniors, arci-rivale del River, il Pibe de Oro si è comunque mosso in prima persona per denunciare il malgoverno del River e della federazione, anche per ricambiare il gesto di Passarella che lo aveva appoggiato nella sua battaglia contro i vertici federali. Ha quindi presentato presso la magistratura un esposto per amministrazione fraudolenta contro ex dirigenti del club e contro il presidente della Federcalcio argentina (AFA), Julio Grondona. Attraverso il suo avvocato, Maradona ha fatto pervenire la denuncia "per atti illeciti commessi dalla dirigenza del River Plate con la complicità, in accordo o per omissione, della federcalcio argentina". Tali illeciti - afferma Maradona - "avrebbero portato all'attuale situazione di indebitamento del club e alla crisi calcistica sfociata nella recente e drammatica retrocessione. Di fronte a tale situazione risulta imprescindibile l'intervento della giustizia".
In attesa di un eventuale intervento della magistratura, resta da gestire l'emergenza: ieri sono arrivate puntuali le dimissioni del tecnico JJ Lopez, che con ogni probabilità tornerà a gestire le giovanili. Al suo posto è stato subito indicato come tecnico Matias Almeyda, 37 anni e simbolo di questa squadra. Tornato a giocare da un paio d'anni rientrando dal ritiro, Almeyda è tornato subito idolo dei tifosi per volontà e orgoglio "riverista", mostrato anche polemicamente nel derby perso col Boca. Problema panchina risolto praticamente a costo zero, ma forse era il problema minore. Il club ora deve fare cassa con alcune cessioni, prima che parte dei giocatori chiedano la rescissione per mancati pagamenti. Gli stipendi infatti sono indietro di parecchi mesi. Erik Lamela è il tesoretto da vendere sul mercato, il primo a partire dovrebbe essere uno fra Roberto Pereyra o Facundo Affranchino (4 milioni di dollari), mentre Carrizo, Ferrero, Arano, Caruso, Pavone e Ballón se ne andranno a fine contratto. Maidana e Roman potrebbero finire altrove perché il River li ha comprati, ma è in tremendo ritardo con i pagamenti per i cartellini, Funes Mori avrebbe già chiesto di avere il suo gratis. Insomma, Il "Millo" potrebbe trovarsi a giocare la B Nacional con i ragazzi delle giovanili, sempre che riesca a puntellare le finanze, su cui incombono anche multe e lavori dopo i disordini del Monumental. Il peggio, forse, deve ancora venire.

lunedì 27 giugno 2011

argentina: il dramma del river, prima retrocessione in 110 anni

Di Adriano Seu
(Gazzetta.it - 26 giugno 2011)

L'incubo si è materializzato e per i tifosi del River da pochi minuti la serie B non è più un semplice fantasma, ma una cruda realtà con cui dover fare i conti. Il pareggio del Monumental contro il Belgrano non è infatti stato sufficiente a ribaltare le sorti di uno spareggio per la verità già compromesso all'andata dal 2-0 incassato a Cordoba. Niente da fare per Lamela e compagni nonostante la spinta e il tifo sfrenato dei quasi 70mila sugli spalti del Monumental.
Il River parte subito all'attacco, con Pavone e Caruso supportati alle spalle da Lamela, e i primi 45 minuti sono a senso unico. Le occasioni per i padroni di casa arrivano numerose, anche se raramente si tratta di opportunità cristalline. Dopo il grande spavento per un gol degli ospiti annullato per sospetto fuorigioco, il River passa in vantaggio al 5' con Pavone, abile a piazzare alle spalle di Olave un angolato rasoterra da posizione centrale. Il vantaggio dovrebbe dare ai padroni di casa la spinta necessaria per raggiungere il raddoppio, che significherebbe la permanenza nella massima divisione, ma con il passare dei minuti il pallone diventa sempre più pesante e ingestibile. A metà del primo tempo, il Monumental grida allo scandalo per un netto rigore su Caruso non concesso dall'arbitro Pezzotta, e negli ultimi 10 minuti prima dell'intervallo Pavone e Caruso sprecano tre opportunità sparando alto da buona posizione.
Al ritorno in campo per i secondi 45 minuti tutti si aspettano l'arrembaggio dei padroni di casa ma, dopo una clamorosa opportunità da gol fallita dagli ospiti, è Farré a far sprofondare il popolo millonario nella disperazione: scontro a centro area tra Ferrero e Manuel Diaz, e il giocatore del Belgrano si avventa sul rimpallo per trafiggere Carrizo in tutta libertà da posizione ravvicinata. Alla metà della ripresa Pavone ha la possibilità di riportare avanti il River e riaccendere le speranze con un calcio di rigore, ma spara sul portiere e per la gente sugli spalti scende la notte.
Il River (che nella sua storia ha conquistato 33 titoli nazionali, una Intercontinentale e 2 Libertadores) avrebbe bisogno di segnare altri due gol, ma il pareggio del Belgrano è una batosta a cui è impossibile reagire.
E nel frattempo esplodono la rabbia e le lacrime dei tifosi. Mentre fuori dallo stadio scoppiano incidenti tra ultrà e polizia, i giocatori si radunano a centrocampo abbandonandosi alla disperazione. Nessuno sembra capacitarsi dell'accaduto, e c'è spazio solo per le lacrime e la disperazione, mentre fuori dalla mura dello stadio esplode la guerriglia, con venticinque feriti (bilancio che rischia di esere provvisorio) e assalti ai mezzi delle emittenti televisive. Alcuni gruppi di ultrà hanno costruito barricate intorno all'impianto per rendere impossibile l'uscita dallo stadio dei giocatori. Il clima è da guerriglia, la polizia è in difficoltà. I feriti a decine tra gli agenti e gli ultrà.

giovedì 23 giugno 2011

libertadores 2011: il santos torna sul tetto del sudamerica

Di Luca Calamai
(Gazzetta.it - 23 giugno 2011)

È la notte del Santos. La squadra di Ramalho conquista la Coppa Libertadores battendo per 2-1 il Penarol. Era dal 1963 che la società cara a Pelè non conquistava questo prestigioso trofeo. Una vita. Il calcio brasiliano si aspettava un acuto da Neymar (qui nella foto), l'ultimo fenomeno. E il ragazzino terribile non ha tradito le attese sbloccando il risultato in avvio di ripresa con un diagonale da dentro l'area di rigore. Neymar, classe '92, ha ribadito una volta di più di essere un vero fuoriclasse. Non deve sorprendere che il Real sia pronto a sborsare una montagna di soldi per portarlo al Bernabeu.
Il raddoppio arriva al 24' grazie a una discesa travolgente di Danilo conclusa con un tocco che lascia immobile il portiere uruguaiano Sosa. Partita chiusa? No. Il Santos sbaglia un paio di facili contropiedi e gli avversari tornano in gara con una rete di Estoyanoff favorita da una deviazione di Durval. Il finale è un assalto all'arma bianca degli ospiti che ci provano con un paio di conclusioni di Martinuccio. Al fischio finale dell'arbitro argentino Pezzotta si scatena una furibonda rissa in campo. Protagonisti i giocatori e alcuni tifosi. La polizia impiega alcuni minuti per riportare la situazione sotto controllo.
Nel Santos molto positiva la prova di Ganso che tornava in campo dopo più di un mese di assenza a causa di un infortunio muscolare. Il talento brasiliano, nel mirino del Milan, ha dimostrato di avere qualità e grande senso del gioco. I dirigenti rossoneri faranno bene a non perderlo di vista. A centrocampo preziosa anche la prova di Arouca, altro elemento corteggiato dal mercato italiano e autore dell'assist che ha propiziato il gol di Neymar. Alla fine grande festa del popolo del Santos. Con il mitico Pelè presente alla premiazione.
Pelè ha avuto parole di elogio per l'ottimo gioco mostrato dal gioiello Neymar. Tuttavia ha voluto tenere a distanza ogni paragone e ha voluto mandare un messaggio al fuoriclasse argentino Leo Messi. "Neymar è un giocatore di grande talento. Nel primo tempo non ha fatto bene, perché la difesa del Penarol è molto forte. Ora speriamo che nel Brasile possa fare buone prestazioni, quello che non accade a Messi, perché gioca bene nel Barcellona ma in nazionale non fa bene". A una domanda precisa se Neymar potrà arrivare ai livelli di Pelè, l'ex campione brasiliano ha risposto seccamente: "Per riuscirci dovrà fare più di 1282 gol...".

mercoledì 22 giugno 2011

venticinque anni fa il gol più bello della storia del calcio

Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 22 giugno 2011)

Diego Maradona assume l'incarico di c.t. dell'Argentina nel novembre 2008, pochi giorni prima di un'amichevole in Scozia. Sul momento nessuno lo sa, ma appena si sbarca a Glasgow i tabloid avvisano di un'incredibile coincidenza: il viceallenatore degli scozzesi è Terry Butcher, in ordine di apparizione il secondo dei sei inglesi che il 22 giugno 1986 cercarono di fermare l'irresistibile corsa di Maradona verso il gol più bello della storia del calcio. Ventidue anni dopo Butcher, ex stopper dai modi bruschi come racconta il suo cognome (vuol dire macellaio), è ancora furente con Diego. Così furente da convocare i giornalisti per annunciare: "Non gli stringerò la mano".
L'episodio finisce lì, interpellato in proposito a Maradona basta replicare con candore finto e feroce "Scusate, chi è Butcher?" per deridere una seconda volta l'antico avversario. Ma nei meandri della sua rabbia un pò sconnessa, il vecchio Terry ha il tempo di spiegare nel profondo il suo odio: non è tanto la slealtà della mano de Dios ad avergli rovinato la vita, quanto la perfidia maradoniana di coprire quell'infamia col massimo capolavoro della storia. Senza il gol del 2-0 tutto il mondo avrebbe schifato per sempre Diego e la disonestà dell'1-0, restituendo agli inglesi, se non la qualificazione alla semifinale, l'onore dei battuti perché truffati, non soverchiati. Quel gol portentoso - equivalente di Guernica per la pittura o The Dark Side of the Moon per la musica - derubrica il colpo di mano a sghiribizzo di un genio in fase di riscaldamento, prima del momento della creazione dell'opera d'arte. Ed è questo che Butcher non è riuscito a mandare giù.

La coincidenza fra Maradona e il diavolo ha fatto capolino molte volte, ma in quel pomeriggio di 25 anni fa balena nella maniera più chiara, con l'inganno diabolico - imputato per di più a Dio - riscattato da una gemma paradisiaca. Ben dentro la sua metà del campo, Diego fa un piroetta tra Reid e Butcher e parte verso Shilton con l'allegria di un ragazzo in gita. YouTube permette di rivedere quel viaggio all'infinito, se vi capita di trovarlo con la radiocronaca del grande Victor Hugo Morales la goduria sarà totale. Maradona stacca Butcher, dribbla Sansom che si gira subito per inseguirlo, salta Fenwick al limite dell'area, accarezzando il pallone evita l'uscita di Shilton e la scivolata estrema di Sansom, e infine lo spedisce nella porta vuota dove il furbo Stevens si sta dirigendo.
Tra le migliaia di fotografie scattate durante la cavalcata, ce n'è una bellissima che ferma per sempre il momento magico. La palla è in rete e non si vede, Maradona si sta rialzando da terra per correre verso il corner a esultare, ma a colpire sono le reazioni. Trascinato dalla foga Stevens sta finendo contro il palo, Sansom a terra ha il volto amaro della sconfitta, Shilton in piedi è una statua di rassegnazione, Burruchaga è il fratello che per primo scatta ad abbracciare Diego. Valdano, il più sensibile e intelligente, sta allargando le braccia in un gesto che non è di esultanza, ma di meraviglia. Sono una felice comparsa dentro alla Gioconda, è il suo pensiero.

lunedì 20 giugno 2011