A proposito dell'impatto di Maradona sull'immaginario globale contemporaneo (dove per "contemporaneo" intendo "degli ultimi trentacinque anni"), questa è un'immagine tratta da Il sapore della ciliegia, bellissimo film del maestro iraniano Abbas Kiarostami, premiato nel 1997 con la Palma d'oro al Festival di Cannes. Il film è ambientato tra lande desolate alla periferia e nei dintorni di Teheran. Eppure, a un certo punto, in mezzo al nulla, in un angolo dell'inquadratura spunta questo poster che vale più di mille trattati sociologici.
Questo, ovviamente, è solo uno tra i tanti esempi possibili, ma mi sembra perfetto per far capire perché chi si riferisce a Maradona soltanto come al più grande calciatore della storia di questo sport continui a sbagliare per difetto. Con Maradona, dal punto di vista dell'impatto sulla propria epoca anche al di fuori del suo specifico ambito, siamo dalle parti, forse, di John Lennon e Muhammad Ali, ma onestamente non me ne vengono in mente altri.
Ecco, provate a pensare a questo personaggio enorme, a modo suo titanico dall'alto del suo metro e sessantacinque centimetri, e inseritelo calcisticamente - cioè per quel che riguarda il suo ambito specifico, nel quale è il più grande di tutti - in una squadra tutto sommato di secondo piano rispetto alle tradizionali big del calcio mondiale e umanamente nel contesto di una città con la quale scatta subito un'immedesimazione totale. Se mettete assieme tutti questi elementi e li shakerate ben bene tra di loro, non riuscirete comunque a capire fino in fondo, dall'esterno, che cosa sia stato e sia ancora oggi Diego Armando Maradona per Napoli e per i napoletani. Ok?
Questo maledetto 2020 della pandemia da Covid-19 s’è portato via anche Diego Armando Maradona.
Il più grande calciatore di tutti i tempi è morto, infatti, a soli 60
anni nella sua casa argentina di Tigre, nella provincia di Buenos Aires,
dove stava trascorrendo la convalescenza dopo l’intervento chirurgico alla testa delle scorse settimane. La notizia arriva a metà pomeriggio come un fulmine a ciel sereno
e, soprattutto in quella Napoli che lo aveva eletto a suo re, spacca i
cuori degli appassionati di calcio e, naturalmente, dei tifosi azzurri. A
stroncare l’ex fuoriclasse sarebbe stato un arresto cardiocircolatorio – ha scritto il quotidiano El Clarìn, che per primo al mondo ha battuto la notizia – con la corsa in ospedale rivelatasi, purtroppo, inutile per salvargli la vita.
Maradona aveva compiuto 60 anni il 30 ottobre ed era
stato festeggiato in tutto il mondo, con messaggi di auguri arrivati da
parte del gotha dello sport internazionale ma non solo dello sport (qui il bellissimo video di oltre mezz’ora con gli auguri dei big del calcio e dello sport). Quel giorno, avevo iniziato il mio articolo celebrativo per Il Crivello in modo un po’ provocatorio, scrivendo alcune righe che, conscio degli storici problemi di salute del Pibe de Oro, potevano certamente essere considerate molto “a rischio”: “Diego Armando Maradona oggi compie 60 anni.
Chi lo avrebbe mai detto? Mi si perdoni l’incipit provocatorio,
autorizzato però dall’irriducibile spirito autodistruttivo col quale il D10S del fútbol
mondiale ha vissuto questi suoi primi sei decenni che valgono almeno
tre-quattro vite normali, tanto piena, eccessiva, debordante,
fantasmagorica – nel bene e nel male – è stata finora la sua esistenza“.
Ecco, i 60 anni di Dieguito sono stati eccessivi, debordanti,
fantasmagorici e, senza ombra di dubbio, valgono almeno tre-quattro vite
normali. Personaggio bigger than life come pochi altri nella
storia dello sport mondiale, Maradona ha incarnato in sé, in modo
contraddittorio ed estremamente problematico, tanti uomini differenti: è
stato, sul campo di calcio, un fuoriclasse straordinario, unico e
irripetibile, capace di segnare in profondità la storia di questo sport e
periodizzarlo tra un “prima” e un “dopo”; ma è stato anche – quant’è
brutto e amaro questo verbo utilizzato al passato – un leader populista
autoproclamato, un idolo globale ipermediatico, un simbolo vivente del riscatto dalla povertà, un’icòna su due gambe capace di far sorgere in suo onore un vero e proprio culto religioso (quella Iglesia maradoniana
che, nel momento della sua massima diffusione, è arrivata a contare
oltre 100.000 fedeli), un adorabile fuorilegge che s’è sempre schierato
contro l’arroganza del potere fine a se stesso (chi ricorda le sue
battaglie contro i vertici corrotti della Fifa e la fine che, poi, hanno
fatto i vari Blatter e Platini?).
Santo ed eroe, dannato e ribelle, talento calcistico inimitabile
(anche dal semi-clone Messi, sì), Diego Maradona è stato soprattutto,
fino alla sua morte, un ragazzo fragile che ha continuato a portare
dentro di sé il barrio poverissimo di Villa Fiorito che gli
diede i natali nel 1960. Quella sua fragilità e quella sua incapacità di
controllare fino in fondo la sua vita lo hanno portato a drogarsi –
certamente limitandone le doti calcistiche, che
altrimenti sarebbero state ancora più scintillanti – e gli hanno fatto
commettere tanti errori, più o meno gravi, perché, parafrasando una
celebre frase di un altro fuoriclasse indomabile come Zlatan
Ibrahimovic, “puoi togliere il ragazzo dal barrio, ma non il barrio dal ragazzo“. Ma in tutti i suoi sbagli non c’è mai stato calcolo, perché Maradona – da autentico punk rocker quale in realtà è stato – ha sempre vissuto all’insegna del no future, gustandosi fino in fondo ogni attimo di un’esistenza all’ennesima potenza,
che probabilmente avrebbe schiacciato quasi chiunque altro come ha
finito per fare, fuori dal campo, anche con Diego. Il suo essere
eccessivo ne ha caratterizzato anche la vita privata, nella quale è
stato padre di cinque figli: Dalma e Gianinna, nate dal matrimonio con la storica compagna di vita, moglie e poi ex Claudia Villafañe;
Diego junior, nato a Napoli dalla relazione con Cristiana Sinagra e poi
riconosciuto nel 2007; Jana, avuta durante la relazione con Valeria
Sabalaín; e Diego Fernando, nato dal rapporto con Veronica Ojeda.
Genio e sregolatezza, ma anche maledettismo epico, sono concetti che lui ha contribuito in molti modi a ridefinire, sfidando costantemente le leggi della fisica in campo (la storica punizione a due in area di rigore contro la Juventus,
ancora oggi inspiegabile per come sia riuscita a finire in rete),
segnando il gol del secolo (il secondo contro l’Inghilterra ai Mondiali
del 1986) subito dopo aver insaccato in quello stesso match quell’ardito
e clamoroso imbroglio (ma fu un atto politico) poi entrato negli annali
come La mano de Diòs. Diego Armando Maradona è stato il più grande calciatore della storia del gioco nonostante se stesso.
Ha saputo regalare a generazioni di appassionati e di amanti del bello
gioie immense e gesti e momenti indimenticabili. Ha portato la nazionale
argentina a vincere un campionato del mondo, in Messico nel 1986,
con una squadra appena normale. E ne avrebbe vinto almeno un altro, in
Italia quattro anni dopo, se non fosse stato letteralmente scippato da
una Germania reduce dalla caduta del muro di Berlino e da una
riunificazione che la Fifa aveva deciso dovesse essere celebrata anche
sui campi di gioco in diretta televisiva globale. Come dite, le squalifiche per doping? Quelle le ha subìte più che davvero cercate.
Con le squadre di club, dopo gli esordi con l’Argentinos Juniors, ha vinto col Boca Juniors un campionato argentino, tre coppe con quel Barcellona
che fu la prima tormentatissima tappa europea della carriera e il punto
di non ritorno per quanto concerne l’iniziazione alla droga, fino
all’apoteosi di Napoli, la città dalla quale fu accolto
come un sovrano, nella quale effettivamente regnò per sette anni e
dalla quale dovette poi fuggire di notte solo e abbandonato per
liberarsi da un abbraccio che, nel corso di quell’esperienza
intensissima, s’era trasformato in una morsa quasi letale. È la città
che in queste ore lo celebra col lutto cittadino e con
le luci dello stadio San Paolo, il suo tempio e palcoscenico (che gli
potrebbe essere intitolato), accese a illuminare una notte rigata di
lacrime. All’ombra del Vesuvio, Maradona è stato il
leader e capitano di una squadra che fino a quel momento aveva la
bacheca semivuota e che lui ha condotto a vittorie poi mai più
replicate: due campionati italiani (1986-1987, 1989-1990), una Coppa
Uefa (1988-1989), una Coppa Italia (1986-1987) e la Supercoppa italiana
1990. Avrebbe potuto certamente vincere molto di più,
se soltanto avesse indossato la maglia di qualche club più potente, in
Italia e nel resto d’Europa, ma lui quei colori azzurri come il cielo e
come il mare aveva deciso di farli diventare come una seconda pelle e di
trasformarli, da populista autentico quale era, in simbolo del riscatto di un Meridione storicamente umiliato e offeso nei confronti del ricco Nord industriale e “prepotente” delle varie Juventus, Milan e Inter.
Capace di risorgere ogni volta dalle proprie ceneri come la Fenice
dei miti, dopo aver appeso le scarpette al chiodo s’è accompagnato negli
anni con l’amico Fidel Castro (morto nel 2016 in
questo stesso giorno) e con i principali capi di Stato del Sudamerica,
s’è proposto persino alla guida dei movimenti anti-globalizzazione e a
favore dei diseredati (lo ha raccontato molto bene il sodale Emir Kusturica nel suo film-omaggio), s’è trasformato ancora in vita in oggetto di studio in simposi universitari come il celebre Te Diegum nella sua Napoli, ma soprattutto in opera d’arte grazie agli sguardi di registi più o meno noti e importanti (dallo stesso Kusturica aMarco Risi, da Javier Vázquez a un documentarista da Oscar come Asif Kapadia, fino al superfan Paolo Sorrentino), di cantanti come Manu Chao, di poeti, letterati, fumettisti (anche italiani, come il Paolo Castaldi del poetico Diego Armando Maradona).
La nazionale argentina tanto amata è riuscito anche ad allenarla, tra
il 2008 e il 2010, ma in panchina non è mai riuscito nemmeno
lontanamente ad avvicinarsi alla magia che sprigionava
quando era lui a calcare i campi da gioco. Un cruccio probabilmente gli è
rimasto dentro fino alla fine: quello di non aver mai potuto allenare
il Napoli, né di aver mai ricevuto un ruolo dirigenziale anche puramente
onorifico. Dal punto di vista professionale, la sua parabola terrestre
s’è comunque conclusa alla guida tecnica di una squadra, seppur non di
primissimo livello come l’attuale Gimnasia y Esgrima La Plata, nella primera division argentina. Ora, però, è l’ora del silenzio e delle lacrime. Gracias, campeòn, ci hai fatto sognare e ci hai reso certamente più felici.
"Segnalo volentieri il tuo blog, misurato e ben scritto" (Andrea Aloi, "Guerin Sportivo" n.° 26/1754, 30 giugno-6 luglio 2009, pag. 81)
calciopassioni
Il calcio come passione, ma anche come fenomeno sociale da analizzare per capirne di più sul mondo che ci circonda: storie del presente e del passato, miti ma anche nomi dimenticati. Assieme al calcio, che per "fede" significa Napoli (e poi Arsenal), ci sono anche passioni come il cinema, la musica (rock e jazz, soprattutto), i fumetti, le serie tv, i libri e tutto ciò che rende più piacevole la vita quotidiana
In questo luogo virtuale scrivo solo per passione, non per professione come faccio quotidianamente. Perciò, mi occuperò soltanto di ciò che ritengo appassionante, divertente, stimolante, interessante.
Di Diego Del Pozzo Per analizzare la stagione 2014-2015 del Napoli di Rafa Benitez mi sono preso molto tempo, in modo da poterci riflette...
un po' di pubblicità
Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito (a cura di) Il cinema secondo Springsteen
Collana visionirock Quaderni di Cinemasud per Mephite edizioni 240 pagine, 12 euro
Quarta di copertina
Il rapporto tra Bruce Springsteen e il cinema è affascinante e complesso. E non può essere ridotto alla presenza del rocker del New Jersey nei film, in veste di attore o autore di brani da colonna sonora, come accade per Elvis, Beatles, Rolling Stones, Dylan o Bowie. Il caso di Springsteen è diverso, persino unico, per la profonda influenza che il patrimonio culturale del cinema americano ha esercitato sulla sua scrittura estremamente “visiva”; ma anche per come egli stesso ha ispirato tanti film e cineasti con “pezzi di immaginario” derivanti dalla sua produzione. Si è di fronte, dunque, a un rapporto fortemente empatico e assolutamente paritario, fatto di un “prendere” dal cinema ma anche di un generoso “dare” all’immaginario popolare americano. Il libro curato da Del Pozzo ed Esposito ne ripercorre le tappe e, con ulteriori approfondimenti (Tricomi e Maiello) e un’ampia analisi iconologica (Morra), ne restituisce la ricchezza e l’assoluta originalità.
I curatori
Diego Del Pozzo, giornalista e critico, è autore del libro Ai confini della realtà. Cinquant’anni di telefilm americani (Torino, 2002) e dei testi del volume fotografico di Gianni Fiorito Scenari. Dieci anni di cinema in Campania (Napoli, 2006). Ha curato con Vincenzo Esposito Rock Around the Screen (Napoli, 2009). Ha pubblicato numerosi saggi in volumi collettivi, enciclopedie, cataloghi di festival, riviste specializzate. Collabora col quotidiano Il Mattino e fa parte del comitato editoriale della rivista Quaderni di Cinemasud. Insegna Comunicazione pubblicitaria presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli (indirizzo Fotografia, Cinema, Televisione).
Vincenzo Esposito, storico del cinema, è autore di una monografia su Alf Sjöberg (Roma, 1998) e di un libro sul cinema svedese, La luce e il silenzio (Napoli, 2001). Ha curato con Diego Del Pozzo il volume Rock Around the Screen (Napoli, 2009). Ha pubblicato molti saggi in volumi collettivi e riviste specializzate. Dirige l’Italian Film Festival di Stoccolma. Insegna Teoria e Analisi del Cinema all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Recensioni
"Quanto ha influito il cinema sulla poetica del grande cantautore e musicista? E in che misura Springsteen ha inciso sull'immaginario visivo della fine del Novecento? Il cinema secondo Springsteen analizza, in maniera del tutto inedita e appassionata, il legame tra l'autore di Born to Run e la settima arte. [...] Il testo, corredato da alcune foto in bianco e nero, ricostruisce l'universo concettuale del Boss legato a doppio filo col grande schermo". (Ilaria Urbani, La Repubblica, 21 luglio 2012)
"L’arrivo in Italia di Springsteen ha scatenato anche le case editrici. Detto dei testi commentati di Labianca, almeno altri due titoli vanno ricordati: All The Way Home di Daniele Benvenuti [...] e Il cinema secondo Springsteen di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, che indaga i diversi intrecci tra la sua musica e l’arte cinematografica". (Piero Negri, La Stampa, 7 giugno 2012)
"Il testo svela in una prospettiva inedita il rapporto tra l’icona della “working class” americana e l’universo di celluloide. La chiave di lettura dei due curatori partenopei, mai sviscerata neanche nella robusta produzione patria dedicata al rocker, è infatti quella di una relazione profondamente empatica, osmotica, tra il cinema (non solo) a stelle e strisce e i racconti del cantore dei “losers”, che come pochi ha saputo e sa narrare in musica e parole l’oscurità, l’emarginazione, la disoccupazione, i corsi e ricorsi delle crisi economiche, la guerra, il sogno americano (o quel che resta)". (Teresa Mancini, LeiWeb.it, 7 giugno 2012)
"C'è grande attesa per il tour di Wrecking Ball di Bruce e della E Street Band, un ritorno salutato anche da un libro sul suo rapporto con il cinema, un amore intenso e proficuo, ricco di scambi, col cantautore pronto a ispirare i suoi testi ai capolavori del grande schermo e il cinema in prima linea per accaparrarsi le canzoni del Boss. Un fenomeno studiato da Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito, che ne hanno tratto una mostra, conclusasi di recente al Palazzo delle Arti di Napoli, e, appunto, un volume: Il cinema secondo Springsteen, edito da Mephite (nella neonata collana visionirock). L'opera ha il merito di non soffermarsi solo sui contributi da Oscar regalati a numerose colonne sonore, [...] ma di raccontare come il mondo delle immagini abbia invaso, fino dagli albori della carriera, la musica del rocker americano". (Dunya Carcasole, L'Arena - Il Giornale di Vicenza - Bresciaoggi, 7 giugno 2012)
"Testo interessante anche Il cinema secondo Springsteen (euro 12, pp. 240) che Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito hanno curato per Mephite edizioni: vi si indaga il rapporto di mutua reciprocità tra il rocker del New Jersey e l'immaginario cinematografico a stelle e strisce. Perché il vecchio Bruce ha lavorato per il cinema (vi dice niente Streets of Philadelphia?), deve molto al cinema (il suo Tom Joad è lo stesso del Furore di John Ford) e ha influenzato molto cinema (vedi, tra le altre cose, The Wrestler con Mickey Rourke). Inoltre resta una meravigliosa faccia da cinema. Come un po' tutti gli americani con sangue italiano nelle vene". (Francesco Prisco, Ilsole24ore.com, 6 giugno 2012)
"Sono spesso i ribelli senza causa del cinema americano degli anni Cinquanta e Sessanta a ispirare il rock di Bruce Springsteen. Senza dimenticare che il forte impatto di film come Philadelphia o The Wrestler è dovuto anche alle colonne sonore che includono canzoni di Springsteen, che per Philadelphia ha anche vinto un Oscar. Forse, però, se proprio si vuol cercare un punto di riferimento nel rapporto tra il cinema e il rocker del New Jersey, occorre fare un passo indietro fino a Furore di John Ford, anno 1940, per capire come Tom Joad, l'anti-eroe di John Steinbeck alla ricerca di una "terra fertile" e ripagato con paghe da fame (a cui presta il volto Henry Fonda), abbia fortemente influenzato Springsteen, che ha basato proprio su questo film il suo album The Ghost of Tom Joad. Fervidi cultori del rapporto tra immaginario cinematografico e musicale, Del Pozzo ed Esposito non potevano che approfondire il tema curando il volume che dà il titolo alla nuova rassegna, Il cinema secondo Springsteen, da oggi in libreria nella collana visionirock del marchio Quaderni di Cinemasud (edizioni Mephite)". (Nino Marchesano, La Repubblica, 31 maggio 2012)
"Ma nelle pagine di Del Pozzo e Esposito, naturalmente, c’è molto di più, da film sconosciuti a tutti quelli che sono stati "sonorizzati" dalla voce di Bruce o dalle sue canzoni, dalla sua capacità di farsi illuminare dall’immaginario cinematografico americano alla disponibilità a rendere il favore, ispirandolo a sua volta. Autore di canzoni-sceneggiatura, padre di personaggi-workin’ class hero che potrebbero uscire da un lavoro di Bogdanovich, di Scorsese, di Coppola, Bruce è nato per correre come i "beautiful losers" di tanti film, non sempre capolavori. E, in attesa dell’ennesimo tributo di adrenalina e sudore che gli pagheranno i tanti fans campani che non si faranno sfuggire l’occasione di rivederlo con le sue nuove canzoni (e, purtroppo, senza Clarence "Big Man" Clemons), il giochino da cinerockettari è un mare di suoni e visioni in cui è dolce naufragare". (Federico Vacalebre, Il Mattino, 30 maggio 2012)
---------------------------------------
Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito (a cura di) Rock Around the Screen. Storie di cinema e musica pop
Liguori Editore 294 pagine, 24.50 euro
"Un'opera brillante e dettagliata, che ha il merito di fissare con buona sintesi alcuni punti fermi e di valorizzare il legame tra note e immagine, così cruciale nella cultura pop"
(Donato Zoppo, Jam, Maggio 2010)
"Undici saggi, colti e non pallosi, su cinema e rock. Un altro libro sul tema? Già, ma vale la spesa. Per la scioltezza di linguaggio, la ricchezza dei riferimenti [...].Una manciata competente di studiosi, cinefili, giornalisti, ispirati da un taglio trasversale, ricostruisce contesti e scenari, senza fermarsi alle curiosità da fan né parlare solo agli iniziati"
(Raffaella Giancristofaro, Rolling Stone, Aprile 2010)
"Di monografie sul rapporto tra rock 'n' roll e cinema ne sono già state scritte, ma Rock Around the Screen di Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito risulta oggi la più completa e attuale. [...] Un libro rigoroso e da non perdere"
(Mauro Gervasini, Film Tv, 4 aprile 2010)
"Un excursus ampio e stimolante [...]. Del Pozzo e Esposito mettono ordine in una materia magmatica evitando il pericolo della nostalgia, canaglia soprattutto quando si parla di rock"
(Federico Vacalebre, Il Mattino, 1 febbraio 2010)
alcune mie passioni
calcio, cinema, napoli, serie tv, u2, clint eastwood, valerio evangelisti, bruce springsteen, francis ford coppola, basket, rock, jazz, arsenal, fumetti, musica, sport, friedrich wilhelm murnau, argentina, libri, italia, ncaa basketball, david peace, highbury, jack white, sandman, editoria, michael chabon, londra, vampiri, americana, mark lanegan, stephen king, new york, giornalismo, giuseppe de santis, gremio, eric dolphy, politica, comics, elvis presley, giochi di ruolo, guns 'n' roses, horror, diego maradona, noir, buffy, nick hornby, supereroi, john coltrane, film, howard phillips lovecraft, orson welles, dischi, escapista, philip kindred dick, saggi, neil gaiman, boston celtics, roberto rossellini, x-men, nirvana, francois truffaut, geopolitica, batman, ciclismo, espressionismo tedesco, blues, james ellroy, parigi, lost, johnny cash, spiderman, roberto saviano, tim burton, rugby, martin scorsese, cat power, alan moore, praga, fantascienza, j. j. abrams, art blakey and the jazz messengers, daredevil, mario bava, subbuteo, universal monsters, frank miller, 24, caligari, cormac mccarthy, watchmen, gianfranco zola