Di Luigi Garlando
(La Gazzetta dello Sport - 10 agosto 2011)
All'Europeo 2008 la Spagna se la cavò ai rigori contro di noi. Faticò nei quarti come neppure in finale con la Germania, perché ci temeva, perché era frenata nella testa da traumi storici e in campo dalla nostra tradizione tattica. Loro giocavano e noi giocavamo a impedirglielo. Ambrosini e De Rossi scogli davanti alla difesa, Aquilani e Cassano esterni del tridente a sostegno di Toni (4-2-3-1), più soldatini disciplinati che talenti offensivi. Un centrocampo disegnato per imbrigliare, non per creare. Poteva andarci bene: a Camoranesi capitò la palla buona, i rigori sono un tiro di dadi. Sorrisero alla Spagna, simbolicamente: sbagliò De Rossi, scoglio difensivo, segnò quello decisivo Fabregas, qualità e pensiero.
Tirando dritta per la sua strada, la Spagna è arrivata in cima al mondo. Noi esattamente un anno fa (Londra, Costa d'Avorio-Italia 1-0) abbiamo sterzato con il debuttante Prandelli. Nel suo programma: coraggio, possesso, iniziativa e qualità. A centrocampo ha piantato la bandiera della rivoluzione: basta mediani puri, solo palleggiatori fini. Dai terzini arrembanti alle punte una mission comune: imporsi e ragionare in verticale. Per molti un'utopia insostenibile, quasi un oltraggio ai nostri valori sacri di resistenza e contropiede. In sintesi: meglio far bene le nostre cose che male quelle degli altri. Un anno di Prandelli, con la qualificazione a Euro 2012 in tasca, ha dimostrato che forse possiamo fare bene anche cose nuove.
Alla Spagna stasera chiediamo una risposta in più. Quanto dista il suo pianeta? Stavolta non giocheremo per imbrigliarla, ma per specchiarci. Non avremo scogli puri, ma tre centrocampisti di costruzione (Thiago Motta, Pirlo, più Aquilani o Montolivo) e un mediano dai piedi saggi (De Rossi). Non li aspettiamo all'angolo con la guardia alta, cercheremo di conquistare il centro del ring prima di loro. Ci proviamo, almeno. A Euro 2008 Donadoni cambiò 4 moduli in 4 partite, segnò la miseria di 3 gol, nessuno di attaccanti. Cerchiamo una Nazionale che abbia un'identità fissa, indifferente all'avversario; una Nazionale sfacciata che faccia del gol una festa. A Bari attaccheremo con i piccoli Cassano e Rossi, come Baggio e Schillaci nella finalina di Italia '90. Piccoli come David Villa. Restiamo convinti che la realizzazione del progetto-Prandelli abbia bisogno della potenza e del talento selvaggio di Balotelli. Aspettiamo.
Il 10 agosto è presto per responsi attendibili. Ma far cadere le stelle mondiali della Spagna nella notte di San Lorenzo darebbe ulteriore autostima alla banda Prandelli, dopo il bel pareggio di Dortmund con la Germania. Lippi lo svelò a Mondiale vinto: "La convinzione è nata dopo le amichevoli di lusso contro Germania e Olanda". E poi una buona prova all'alba della stagione incoraggerebbe il nostro calcio finito in pizzeria e già preso a sberle dagli svizzeri del Thun.
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