A perdere, comunque, è stato soprattutto Carlos Dunga, destinato a venire letteralmente divorato dalla famelica stampa brasiliana, in attesa solo di questa dolorosissima eliminazione per dare fuoco alle polveri di una critica che ha sempre odiato - e non sembri eccessivo questo termine - la "filosofia calcistica" dell'ex mediano e attuale (ancora per poco) commissario tecnico verdeoro. Dunga ha perso - va detto - principalmente per aver puntato con insistenza su un giocatore come Felipe Melo, chiaramente inadatto dal punto di vista temperamentale a disputare match importanti sotto pressione: ancora una volta, infatti, in un clima infuocato e pieno di difficoltà, il centrocampista juventino s'è fatto espellere per una vera e propria follia, dopo aver perso la testa. Va detto, tra l'altro, che con un arbitro più severo il Brasile avrebbe potuto chiudere la gara in otto, a causa dei tanti falli impuniti commessi su Robben. Dunga ha puntato tutto su Melo e ha perso, così come ha perso eleggendo leader della Selecao un calciatore sopravvalutato come Kakà, ottimo elemento ma non certo il fuoriclasse che le multinazionali vorrebbero far credere (e la centralità dell'ex stella del Milan nella rosa brasiliana è costata la convocazione di Ronaldinho e di qualunque altra alternativa credibile al "Dieci" titolare, che infatti non aveva cambi adeguati in panchina...). A peggiorare la situazione di Dunga, infine, s'è messa anche la stravagante decisione di oggi pomeriggio di sostituire il centravanti Luis Fabiano con Nilmar, quando la sua squadra doveva attaccare per recuperare nel punteggio.
In quanto all'Olanda, invece, ancora una volta la "ricetta" del ct Bert van Marwijk ha funzionato "alla grandissima", con la difesa "bloccata" e adeguatamente protetta - nonostante la grave distrazione sul gol brasiliano - dalla coppia centrale di centrocampo Van Bommel - De Jong, con una gestione della palla effettuata prevalentemente a ritmi blandi, alternata alle improvvise e irresistibili accelerazioni dei suoi solisti d'attacco (Robben su tutti). Nel secondo tempo, tra l'altro, gli olandesi hanno mostrato anche una condizione atletica nettamente superiore rispetto a quella degli avversari che, però, avevano praticamente smesso di giocare dopo il pareggio arancione, schiacciati dal crollo nervoso di troppi loro uomini (oltre a Felipe Melo, anche lo stesso Kakà, Dani Alves, Robinho e uno stranamente impreciso Julio Cesar). L'Olanda, insomma, va avanti con merito e adesso aspetta la vincente tra Ghana e Uruguay, conscia della propria forza tecnica e mentale e, soprattutto, di una concretezza che in passato non aveva mai esibito e che la rende molto, molto pericolosa per le altre rivali che saranno ancora in corsa per la vittoria finale.
Da quando in qua i più forti hanno paura di perdere?
RispondiEliminaPrima l'Italia ieri il Brasile, forse erano forti solo sulla carta (noi nemmeno lì) mentre è di poco fa la catastrofe argentina. Medita gente....
Senatore