(Ansa - 21 marzo 2011)
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Nell'affermare che Krasic "ha ricominciato a saltare l'uomo" il telecronista s'è sentito felice e la sua gioia è stata anche la mia. Quasi che tutti s'erano scordati della estrosità di fascia del serbo. Ho preso così a camminare avanti e indietro per casa, felice per l'ala destra, e la mia quiete interiore era la stessa avvertita dinanzi a Salvo Randone in una replica del tutto imprevista e notturna de I fratelli Karamazov.
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Se ho voglia di avvistare qualcosa di Veron, naturalmente soltanto come figura, postura e abbigliamento, non posso far altro che puntare, in campo, Almiron. Per le stilosità è chiaro che mi debbo volgere altrove e fare ricorso ai vecchi filmati che riguardano Juan Sebastian. Sul tiro da lontano, però, l'immagine di quella traiettoria tesa resiste. E continua ad essere vero che la serenità torna sempre con un pulsante di "avvio" e una "scelta capitoli", ovvero con un dispiegarsi nuovamente del passato.
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Quella storia ormai consolidata che il portiere Eduardo non trattenga il pallone - l'ultimo a giovarsene è stato Eto'o - ha invogliato i calciatori del Bologna a tempestare da lontano il portiere portoghese del Genoa. La speranza era che egli di nuovo eccellesse in quella goffagine. Di colpo mi sono ricordato di quando, negli anni '70, il piccolo Francesco Quintini, portiere della Roma per una manciata di partite, veniva fatto oggetto di siluri addirittura da centrocampo. In quel caso l'ardire avversario era motivato dalla altezza del portiere. Quintini, l'opposto di Peter Schmeichel a dirla tutta, era un gatto tra i pali e fu, probabilmente, il più piccolo portiere i tutti i tempi. Ma il piccolo gatto Quintini i palloni li tratteneva.
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Non v'è possibilità che un'eleganza duri più di un istante in un campo di calcio. E neppure a gioco fermo. Come siamo colpiti da un bel gesto ecco che, immediatamente, siamo rigettati nell'affresco volgare. Termina il primo tempo di Udinese-Catania e un calciatore bianconero - di colore: Armero? Asamoah? - consegna all'arbitro il pallone. Quell'azione, che sembra voglia elegantemente chiudere il tempo lineare, viene subito macchiata da uno sputo in terra del calciatore; se costui avesse atteso anche soltanto mezzo minuto non avrebbe di certo compromesso il suo stato fisico. Ignoro se l'arbitro se ne sia accorto; sarebbe importante conoscere il suo parere: sono rimasto ai tempi in cui "il signor preside" entrava in classe e tutti ci si alzava in piedi.
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Chi è in testa alla classifica era, da calciatore, una mezzala. Nel caso di Leonardo un fuoriclasse. Chi è ad inseguire ebbe ancora a che fare con il centrocampo. Fino a Reja tutti costruttori. Se si osserva il fondo della classifica, la pratica difensiva fu ben rappresentata e tra De Canio, Cavasin, Jachini, e Simeone i parastinchi per gli avversari furono introdotti per decreto.
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Lampo della memoria: vedere d'improvviso in campo Ermanno Cristin. Che forse egli stonerebbe oggi accanto a Pozzi e Guberti? E uno come Gastaldello, in quale fase difensiva potrebbe occuparsi del vecchio centravanti sampdoriano? Con Fuffo Bernardini direttore tecnico, l'ultimo minuto a Marassi per Ermanno Cristin era il vero finale di partita, quello che donava la salvezza. Almeno evocatelo, portatelo in tribuna... servirà nelle sfide decisive in casa, in quella curva alla destra del video.
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Le parole addolorate di Edi Reja, l'unico affresco puro in questi ultimi tempi, quasi in un bianco e nero da sceneggiato televisivo anni '60. Uno sguardo vero, onesto, come il grande attore Antonio Battistella. E il tutto tra multimedialità, fiction, aggressioni verbali, doppie file, volgarità in pressing e personaggi alla Quentin Tarantino.
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