sabato 14 marzo 2009

"gli inglesi vincono perché sono normali"


Sul blog di Roberto Gotta, l'autore riporta una intervista a Paolo Di Canio pubblicata ieri mattina dal quotidiano Il Giornale. Di Canio, che in Inghilterra ci ha giocato e anche bene, evidenzia molto lucidamente alcune delle differenze sostanziali tra calcio italiano e inglese, soprattutto per quanto concerne la mentalità dei suoi stessi protagonisti e dell'intero ambiente circostante. Ripropongo anch'io questa interessante intervista, riprendendola dal blog di Gotta. Buona lettura. (d.d.p.)
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Il calcio inglese in poche ma essenziali parole
Di Roberto Gotta
Questa intervista di Paolo Di Canio al Giornale di ieri, venerdì, è a dir poco esemplare. Ha capito tutto, tutto, tutto. E qualcuno noterà che c'è uno dei miei tormentoni, l'accenno al fatto che da noi in Italia David Beckham è stato dipinto dai media come una specie di ex giocatore interessato solo alla moda, con affannosi tentativi poi dei medesimi media di correggere la mira quando ci si è accorti che sarebbe bastato studiare un po' lui ed i suoi trascorsi, invece di scrivere quali pantaloni indossi o cosa faccia sua moglie, per avere il quadro esatto. Anche su Mourinho leggete cose qui abituali...
«Vincono perché sono normali, senza stress e cerchietti sui capelli». Di Claudio De Carli (Il Giornale - 13 marzo 2009)
Scusi signor Di Canio, lei che li ha visti da vicino, come sono? «Normali. Vincono proprio per questo». Ma cos'è questa normalità? «È David Beckham, che chi non lo conosce chissà cosa pensa di lui, ragazzo invece normalissimo, grande professionista. Noi ci siamo fatti un'idea sbagliata dei giocatori inglesi perché leggiamo che si picchiano nei pub, vanno in prigione, si ubriacano. E non ci rendiamo conto che questo succede proprio perché loro sono come tutti gli altri e se sbagliano pagano, non ci sono privilegi. Loro sono persone normali. Non so se avete fatto caso: non ci sono giocatori inglesi col cerchietto che ferma i capelli. Cosa vuol dire? Fate voi, io l'ho solo notato».
Il segreto è meno ore dal coiffeur? «Loro pensano a correre, a menare e per loro ogni partita è importante: giochi un sedicesimo di Fa Cup e lo stadio è pieno come se fosse la finale. Per loro non esiste l’ultima spiaggia perché ogni partita la giocano alla stessa maniera. Per noi arriva la partita della vita, per loro è abitudine, è normalità. E magari la vincono».
Merito di chi? «Tutto un altro giro, poca pressione, niente radio e televisioni private, moviola inesistente e i risultati si vedono, il Liverpool quarta forza della Premier ha schiantato il Real e ha ridotto il calcio spagnolo al pari di quello italiano. Sapete cosa hanno fatto in Inghilterra? Non hanno avuto vergogna di ammettere che erano rimasti indietro e hanno cercato di imparare dagli altri. Sono arrivati degli allenatori stranieri che hanno portato disciplina, con i primi successi sono arrivati anche calciatori in grado di fare il salto di qualità e tutto il movimento è cresciuto».
Ci stavamo convincendo che il segreto del calcio inglese fosse quello di non avere inglesi in squadra, neanche allenatori e neppure proprietari... «Però poi c'è gente come Peter Kenyon che dirige il Chelsea come un orologio, londinese doc, chiedete a Josè Mourinho. Del resto quello è un altro calcio, quanti di voi conoscono il presidente del Manchester United campione del mondo? Sapete come si chiama? Quante interviste avete letto di questo signore? Ve lo dico io: nessuna. I nostri invece sono sempre sui giornali».
Dicono che ci mettono i soldi... «E allora parlano di tattica? Ma se non sono mai agli allenamenti, se non vivono la giornata con la squadra, come fanno a dire certe cose? E la stampa è complice perché spesso dà loro ragione. Gli allenatori poi li raccomando, finisce che mettono in campo giocatori impresentabili solo perché hanno paura della piazza. Ce ne sono pochi che non hanno paura, Capello ebbe il coraggio di mettere fuori Totti e la Roma vinse un campionato, lo tolse, si prese i fischi, entrò Montella e fece gol contro l'Atalanta».
Siamo rovinati? «No, c'è Mourinho, il più grande di tutti. Si espone e sa che paga in prima persona, lui può dare una svolta a questo nostro calcio. Chi ha giocato a pallone sa cosa vuol dire avere un allenatore che parla come lui, ti dà una forza mentale incredibile. Infatti c'è tutta l'Italia contenta, è uscito dall'Europa Mourinho e non l'Inter e questa è un'altra vittoria sua. In verità da noi si vede un calcio proprio brutto, quindi non lamentiamoci. Salvo due partite, il derby di Milano e Inter-Roma, per il resto ho visto tantissimi errori e tanta incompetenza».
I nostri dirigenti ogni tanto ci ricordano che siamo campioni del mondo... «Echissenefrega... quattro anni fa, adesso se la rigiochiamo le prendiamo sempre, da quasi tutti. Ammettiamo le cose, di quella squadra chi è rimasto? Sono passati quattro anni, nel calcio sono un'enormità».

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