giovedì 12 marzo 2009

england vs. italy: l'analisi di stefano olivari


Ovviamente gli esiti nefasti - per le italiane - della serata di Champions League hanno tenuto botta, oggi, anche su Internet, sui blog e un po' su tutti i siti specializzati. Ecco l'intelligente pezzo di Stefano Olivari, pubblicato stamattina sul suo blog Indiscreto. (d.d.p.)
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Aspettando il prossimo colpo
Di Stefano Olivari
Tutto merito degli stadi di proprietà, del mitico merchandising, dei fenomeni che l'Italia non si può più permettere? Delle tre squadre inglesi che hanno buttato fuori i club italiani dalla Champions solo il Chelsea risponde in parte all'idea superficiale che viene propagandata dai nostri dirigenti e ripresa acriticamente dai loro stenografi: tanti soldi, tanti campioni presi all'apice del loro valore di mercato, alla fine più o meno si arriva spesso in fondo alle competizioni. Una specie di morattismo estremo, con una dimensione però mondiale.
Dimenticando che la quasi totalità dei giocatori degli altri tre club di Premier League approdati ai quarti sono arrivati da 'normali': giocatori di livello internazionale ma con il curriculum, quando sono stati presi, di Grygera, di Cambiasso, di Menez. Evra, Arbeloa, Sagna, Bosingwa, Vidic, Skrtel, Eduardo, Alex, arrivati rispettivamente da Monaco, Porto, Auxerre, Depor, Spartak Mosca, Zenit San Pietroburgo, Dinamo Zagabria, Santos (via PSV). Nessuno di questi contattato in mezzo alla strada, mentre aspettava l'autobus: tutti giocatori di livello medio o medio-alto, quando sono stati presi, ma alla portata all'epoca anche del Siena o del Lecce. E non apriamo nemmeno il discorso su chi è cresciuto in casa, causa nascita, o è arrivato da lontano ma da minorenne: Clichy, Bendtner, Scholes, Giggs, Gerrard, Carragher, eccetera. Non è un caso la citazione solo di giocatori scesi in campo negli ultimi due giorni...
L'eccezione è come abbiamo detto il Chelsea, che però da qualche anno ha cambiato politica: fra poco l'esplosione dei vari Taiwo, Hutchinson, Sawyer, Woods (solo per citare quelli noti agli scout italiani) e dei ragazzi in prestito (il più famoso è Ben Sahar) farà vedere anche il club di Stamford Bridge in un'altra prospettiva. Poi ci sono i supersoldi spesi per Rooney, Cristiano Ronaldo (relativamente: 18 milioni di euro del 2003, cioé mezzo Quaresma o due anni del contratto di Flamini), Fernando Torres o per giocatori normali alla Carrick, ma quello che bisogna ricordare è che la superiorità dei top club inglesi (in caso di traversa-gol di Ibrahimovic e di rigore segnato da Vucinic ovviamente gli editoriali sarebbero stati invertiti: "Una lezione ai ricchi", "La vittoria della scuola italiana", "I campioni del mondo siamo noi" e cose del genere) risulta più evidente ragionando sul lungo periodo. Dove investimenti enormi, mirati in parte sul presente ed in parte sul futuro della prima squadra, si scontrano con altri investimenti enormi però quasi tutti basati sul presente: questo al di là delle note eccezioni (Santon, Balotelli, Giovinco, Marchisio) e del dibattito sulle singole scelte, dove valutazioni tecniche si mescolano a convenienza personale quando non direttamente a furti.
Non è escluso che nei prossimi anni un'italiana vinca la Champions, con qualche episodio che giri bene, e che il livello medio delle prime squadre si avvicini grazie allo sceicco (anche italiano) di turno, ma la differenza di prospettiva rimarrà. Crescita graduale più investimento per il fenomeno contro colpi di mercato: possono vincere anche i colpi di mercato, è successo tante volte, ma quando si perde (cioè quasi sempre, essendo il vincitore uno) rimane poco o niente.
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Sempre a proposito dell'eliminazione italiana che ha fatto discutere maggiormente, cioè quella dell'Inter di Mourinho, ho trovato illuminante, poi, un paragrafetto contenuto all'interno di un altro articolo dello stesso Olivari, che l'ha pubblicato nel corso della giornata odierna ancora sul suo Indiscreto. Eccolo. Direi che c'è di che riflettere, per i fans del vate portoghese. (d.d.p.)
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"[...] Prima Champions League di Roberto Mancini da allenatore dell'Inter: quarti di finale, eliminato dai finalisti (vicecampioni, secondo il poeta) del Milan. Seconda Champions da allenatore dell'Inter: quarti di finale, eliminato dal Villarreal. Avrebbe potuto fare meglio, ma anche peggio.
In ogni caso nelle sue quattro stagioni l'Inter ha sempre giocato come una squadra, al di là dei risultati che dipendono anche dalla fortuna, con gente che accompagnava l'azione invece di dare o pretendere il pallone sui piedi e vaffanculare l'autore di ogni errore.
Con dedica alla corrente di pensiero becera che dice che nel calcio contano solo i trofei, quando non direttamente la 'mentalità internazionale'. [...]".

1 commento:

  1. Condivido l'interessante analisi di Olivari: quello che distingue il calcio inglese da quello italiano è, prima dei soldi, una superiore capacità di programmazione nel tempo.

    A mio avviso si spiega con una maggiore cultura calcistica, che dà meno pressione e più tempo a dirigenti e ad allenatori. Qui in Italia se sei in una grande squadra, se non vinci subito sei un fallito.

    Emblematico il curriculum di Sir Ferguson, che prima di vincere tutto al Manchester United, su quella stessa panchina era rimasto ben 5 anni senza vincere nulla. E nessuno l'ha cacciato...

    E ora i risultati si vedono, dopo un ventennio sulla stessa panchina! Un record insuperabile qui in Italia...

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