venerdì 31 dicembre 2010

buon 2011!!!

Calciopassioni augura un felicissimo 2011 a tutti i lettori!!!

martedì 28 dicembre 2010

un gran libro su mou nel quale c'era già tutto il crollo di rafa

Di Diego Del Pozzo

Se la dirigenza interista avesse avuto la lungimiranza di andare a leggersi il bellissimo libro di Sandro Modeo L'alieno Mourinho, avrebbe compreso, molto prima di dicembre, l'inadeguatezza della scelta di Rafa Benitez come successore del tecnico portoghese alla guida della squadra reduce dal Triplete, ben al di là del valore intrinseco (indubbio) dell'allenatore spagnolo e delle coppe comunque portate in bacheca societaria nel corso della sua breve e burrascosa gestione tecnica, interrotta bruscamente subito dopo il recente trionfo nel Mondiale per Club, con Benitez che ha evidentemente deciso di farsi cacciare, perché non reggeva più le pressioni e i sotterranei veleni di un ambiente ancora devastato psicologicamente dai due anni trascorsi sotto il suo predecessore lusitano.
Ma come avrebbe potuto un pur notevole saggio mettere sul chi va là scafati uomini di calcio come Moratti e Branca? Avrebbe potuto, certamente, per come tratteggia la psicologia di José Mourinho, per come ne approfondisce le dinamiche comportamentali, ne analizza i metodi di training calcistico, ne rintraccia origini e influenze anche involontarie.
L'alieno Mourinho, infatti, è davvero un libro straordinario e raro, coltissimo senza mai essere pedante, pieno zeppo di spunti e suggestioni inattese e a tratti geniali; un libro che miscela sapientemente le neuroscienze e Houdini, Bela Guttmann e la storia portoghese, Arthur Jorge e il cinema di fantascienza, il calcio totale dell'Olanda anni Settanta e gli esperimenti ucraini di Lobanovskij e Zelentsov. Naturalmente, però, lo fa soffermandosi sugli snodi principali dell'avventura interista di Mourinho, con particolare attenzione alla probabilmente irripetibile stagione del Triplete. Sì, perché Modeo parla comunque di calcio, con ottima capacità di indagine negli aspetti tecnico-tattici, commentando per esempio i vari schemi alternati dal Mou nerazzurro fino al "definitivo" 4-2-3-1 imposto nella storica vittoria esterna a Stamford Bridge contro il Chelsea (punto di svolta dell'Inter vinci-tutto mourinhiana 2009-2010).
Di particolare interesse sono le pagine dedicate al rapporto tra José Mourinho e le neuroscienze. Particolarmente interessanti - e qui torno alla provocazione iniziale - anche per quel dirigente che avesse saputo leggervi tra le righe. L'altra faccia della teoria mourinhiana dell'atleta neuronale inteso come unità funzionale di cui vanno allenati simultaneamente corpo e cervello è, infatti, il completo "prosciugamento" mentale al quale sono andati incontro i giocatori interisti dopo due anni nei quali gli è stato imposto di tenere sempre il pedale dell'acceleratore premuto fino in fondo. Mourinho, si legge nel libro, imposta la scansione di una stagione agonistica come una vera e propria narrazione, all'interno della quale hanno uguale peso gli aspetti mitici-irrazionali-affettivi-emotivi e quelli razionali: in questa narrazione, lui è il leader e la vittoria è il premio finale per il gruppo che vorrà seguirlo, dandogli tutto se stesso. Diventa persino ovvio, dunque, che nel momento in cui si è raggiunto il premio e la narrazione è terminata vi sia, da parte di un gruppo come quello nerazzurro (peraltro dall'età media avanzata e privo di Balotelli rispetto alle stagioni mourinhiane e manciniane), l'esigenza quasi fisica di rifiatare, prima di ricominciare una nuova avventura. Ebbene, il comunque ottimo Benitez si è trovato coinvolto, suo malgrado, proprio in questo momento di rifiatamento collettivo, che s'è tradotto in crolli psico-fisici assolutamente inattesi e imprevedibili (basti pensare al "Robocop" Javier Zanetti che s'è riposato quasi per un mese, prima di ripartire più fresco che mai, o agli strani malanni di Sneijder e ai "mal di pancia" di Maicon) e che è durato quanto doveva durare: qualche mese.
Dopo questo "periodo-cuscinetto" - che, forse, i vertici interisti avrebbero dovuto avere l'onestà di far gestire da un allenatore meno blasonato di Rafa Benitez, una sorta di traghettatore giovane oppure una scommessa alla Zeman - il nuovo allenatore dell'Inter, cioè "l'entusiasmatore" ex milanista Leonardo, si troverà in mano una squadra che avrà, finalmente, superato lo shock del distacco da Mourinho e, credo, sarà pronta per vincere ancora una volta. Anche perché il nuovo tecnico, intelligentemente, ha capito che per entrare nei cuori e nelle teste dei propri uomini non dovrà rinnegare l'eredità mourinhiana (come fatto da Benitez, nemico sincero del Mou) ma a lei ricollegarsi idealmente.

Sandro Modeo, L'alieno Mourinho. Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio, Isbn Edizioni - 184 pagine, 13.50 euro (con prefazione di Arrigo Sacchi e postfazione di Irvine Welsh).

lunedì 27 dicembre 2010

nasce la rivista di studi breriani, per ricordare un grande

Di Furio Zara (www.corrieredellosport.it)

Se oggi si parla ancora di Gianni Brera, a quasi vent'anni dalla sua morte e a più di settanta dal primo articolo, significa che siamo di fronte a un giornalista unico, un punto di riferimento per almeno tre generazioni di colleghi, una stella polare lontana e inimitabile. Significa, di fatto, che c'è ancora molto da dire e da imparare. E' per questo motivo che un gruppo di amici ha avuto l'idea di proporre una Rivista di studi breriani, dando alle stampe i Quaderni dell'Arcimatto. Studi e testimonianze per Gianni Brera.
Viene sancita così, in maniera definitiva, quella verità che tanti per pigrizia sfuggivano: Brera è stato prima di ogni altra cosa un intellettuale irregolare che ha attraversato, con la maestria della sua penna, la storia dell'Italia. Si è occupato di sport in generale, e di calcio in particolare, con il metodo dello storico e la passione di chi è curioso della vita e delle sue infinite sfumature. Gustosissimi, tra gli altri, il capitolo in cui si racconta del colpo di fulmine per Gioàn Piubello e quello dedicato alla storia d'amore e d'odio tra Gianni Brera e Giovanni Arpino, due cavalli di razza che con i loro articoli ci hanno raccontato come si fa giornalismo.

Quaderni dell'Arcimatto. Studi e testimonianze per Gianni Brera (Rivista di studi breriani), Limina Edizioni - 156 pagine, 20 euro.

mercoledì 22 dicembre 2010

buon natale!

Calciopassioni si prende qualche giorno di vacanza. Buon Natale, dunque, a tutti i lettori più o meno affezionati...

martedì 21 dicembre 2010

napoli: il novanta non fa più paura

Di Giovanni Chianelli

Cose che succedevano solo quando c'era Diego. La qualità dei grandi è l'autorizzazione a dissacrare. Embè, quando il Pibe de oro faceva impazzire il San Paolo fu naturale, per niente blasfemo, vederlo entrare di diritto nella tombola: il numero 10, che fino all'84 la Smorfia faceva corrispondere nelle cartelle di tutti i partenopei a "I fagioli", divenne pure, o soprattutto, "Maradona". E oggi? Oggi succede che il numero 90, da sempre identificato con l'inquietante "La paura", diventa "Quando segna il Napoli".
Già l'anno scorso Walter Mazzarri aveva esordito con due vittorie in extremis, con Bologna e Fiorentina, e soprattutto con una clamorosa rimonta sul Milan, in vantaggio per 2-0, perpetrata proprio negli ultimi cinque minuti, in pieno recupero. Ma è nella stagione attuale che la squadra guidata dall'allenatore toscano si è guadagnata il diritto a ribattezzare i minuti finali come "Zona Mazzarri", scalzando la precedente e annosa denominazione di "Zona Cesarini", giocatore che peraltro segnò un solo gol oltre il novantesimo.
Le vittorie con Sampdoria, Cagliari, Palermo, Steaua e Lecce, più l'incredibile pareggio di Bucarest conseguito al novantasettesimo, hanno fatto scuola. Tanto che i tifosi più scafati accendono la tivvù intorno alla metà del secondo tempo. Inutile soffrire prima. E quando scocca il recupero finalmente possono concentrarsi, sicuri che il Napoli farà gol. Qualcuno vorrebbe chiedere di far giocare agli azzurri solo gli ultimi cinque minuti, ma la Lega Calcio è un po' restia. E allora la leggenda viaggia su Internet, si moltiplica su Facebook, scavalca la Paura e il novanta vuol dire solo Gol, Gol del Napoli. Oltre ai gradi di angolazione della schiena della squadra avversaria, legittimamente autorizzata a sentirsi un po'... "violata" dalle fortune della "Zona Mazzarri".

domenica 19 dicembre 2010

venerdì 17 dicembre 2010

i sorteggi di champions ed europa league

Di Diego Del Pozzo

Sono stati effettuati i sorteggi per gli ottavi di finale di Champions League e per i sedicesimi di Europa League. Ecco il quadro completo.
Champions League: Milan - Tottenham, Valencia - Schalke 04, Roma - Shakhtar Donetsk, Arsenal - Barcellona, Lione - Real Madrid, Copenaghen - Chelsea, Inter - Bayern Monaco, Olympique Marsiglia - Manchester United.
Europa League: Napoli - Villarreal, Rangers - Sporting Lisbona, Sparta Praga - Liverpool, Anderlecht - Ajax, Lech Poznan - Sporting Braga, Besiktas - Dinamo Kiev, Basilea - Spartak Mosca, Young Boys - Zenit San Pietroburgo, Aris Salonicco - Manchester City, Paok Salonicco - Cska Mosca, Siviglia - Porto, Rubin Kazan - Twente, Lille - Psv Eindhoven, Benfica - Stoccarda, Bate Borisov - Paris Saint Germain, Metalist Kharkiv - Bayer Leverkusen. Per l'Europa League sono stati sorteggiati anche gli accoppiamenti degli ottavi di finale, con la vincente tra Napoli e Villarreal che affronterà la vincente tra Metalist Kharkiv e Bayer Leverkusen.

giovedì 16 dicembre 2010

mercoledì 15 dicembre 2010

domenica 12 dicembre 2010

napoli: aurelio de laurentiis e la rivoluzione del calcio

Di Gaia Piccardi
(Corriere della Sera - 11 dicembre 2010)

Sei anni, due promozioni consecutive e tre allenatori dopo, la pazziata è diventata 'na malattia. "Il Napoli mi assorbe, mi diverte, mi impegna. Non vado più a Los Angeles due volte al mese, ho dovuto intensificare la produzione di film italiani. Per essere amato, il Napoli andava conosciuto".
Aurelio De Laurentiis, figlio di Luigi e nipote di Dino, appena scomparso, guarda il calcio con occhi celesti come la passione dallo studio che domina Roma. Una mattina di luce cinematografica illumina le locandine, il 27° cinepanettone ("Un record da Guinness!"), Natale in Sudafrica, pronto al decollo, il terzo posto da difendere, stasera, dal Genoa.
Presidente, cosa ha capito del calcio fino a qui?
"In questi anni ho fatto un percorso su due binari: applicare la mia cultura industriale del cinema al pallone e osservare l'ambiente. Nel 2004 sapevo poco. La mia preoccupazione era capire. E creare qualcosa che non esisteva più, la Ssc Napoli. In tre anni siamo risaliti in A, in anticipo sui tempi. Non è poco".
E non è tutto.
"Abbiamo creato un vivaio, osservatori collegati col mondo. A Castelvolturno sono in progetto altri 10 campi e una scuola per far studiare i giovani talenti, perché non è detto che diventino tutti campioni".
Gli altri presidenti sono meglio o peggio di come li immaginava?
"All'inizio mi guardavo intorno come un marziano. E pensavo: qui si sta sbagliando tutto. Conferma ne fu Calciopoli. Dopo, con i miei colleghi, ho lottato per staccare la Serie A dalla Serie B e fondare una nuova Lega. Beretta è un uomo che stimo molto perché viene da Confindustria e le società, dal '96, sono delle Spa".
Com'è il suo calcio ideale?
"Meno partite: bisogna ridurre il numero delle squadre in A e cominciare il 1° ottobre. Ci si deve allenare per bene, fare il mercato senza fretta. Un torneo come la Nba: nessuno retrocede, le ultime sono aiutate dalle prime. Platini vuole il salary cap perché il giocattolo gli sta sfuggendo dalle mani. Tutto si potrebbe risolvere se aumentassero le entrate".
Il fuoriclasse in squadra non basta.
"Se io prendo Brad Pitt lo pago milioni perché il suo film incasserà molto. Ma dove sta scritto che se compro quel calciatore vinco la Champions? Le Serie B e C, che da sole non ce la fanno più, dovrebbero diventare un serbatoio di giovani, massimo diciannovenni, da fornire a una Serie A blindata e di altissimo livello".
Interessante. Come procede il copione?
"Abolizione di Champions ed Europa League. È assurdo che chi esce dalla Champions finisca in Europa League. Poi a Montecarlo l'Atletico batte l'Inter: ma così si svilisce la credibilità dei campioni d'Europa! Errore madornale: sul marketing l'Uefa ha molto da imparare".
Trovato l'assassino, serve il colpo di scena.
"Oltre al campionato nazionale, un unico campionato europeo per club di Italia, Francia, Germania, Spagna e Inghilterra. Così si potrebbero creare i presupposti per fatturare fino a 8 miliardi di euro. Giocano le prime 8 con un calendario che non sfasci i giocatori. Se poi le nazionali li vogliono, che paghino. Troppo facile avere Cavani per un'amichevole in Asia e restituirlo spompato. Eh no! Innanzitutto le nazionali dovrebbero pagare almeno 100mila euro a partita ai club e, soprattutto, assicurare i giocatori dagli infortuni che pregiudicherebbero l'investimento delle società. I contratti vanno rivisti: se Steve McQueen fosse stato in un mio film, non sarebbe potuto andare a correre a Le Mans".
Giovani, vivaio, progetto. Il modello-Barcellona.
"Ho visto Barça-Real 5-0. Che spettacolo: 11 calciatori che volavano e un tecnico, Guardiola, di forte personalità".
Cosa significa produrre calcio nella città della monnezza e di Gomorra?
"La monnezza e la camorra non sono un problema di Napoli, sono un problema dell'Italia, che non è sufficientemente matura per capire di cosa è ricca. La malavita è endemica nel nostro Paese. Lizzani ci fece un film, Banditi a Milano, negli anni '60. Abbiamo il 50% del patrimonio artistico mondiale e non siamo capaci di sfruttarlo. Non esiste che Disneyworld stacchi più biglietti di Pompei! Basta con la melina politica, cominciamo a fare la politica contro il fancazzismo!".
Proviamoci.
"In Campania oggi ci sono oltre 10mila industriali. Mi hanno chiesto un coinvolgimento. Ecco la proposta per uscire dal limbo: una società aperta a tutti, ciascuno mette 1 milione. Facciamo leva sulle banche: il problema monnezza potremmo risolverlo tutti noi. Il buon esempio crea sempre un circolo virtuoso".
Se Cassano quella scenata l'avesse fatta a lei?
"Non conosco a fondo la situazione. Conosco però Garrone, che è persona garbata. Quanto al giocatore, mi stupirei molto se Mazzarri mi chiedesse di comprarlo".
E Balotelli.
"Eh, Mario mi piace. Pensavo si potesse sposare bene con la sfrontatezza della gioventù della mia squadra. Mi divertiva come approccio, quasi come un figlio. L'avrei affidato a Mazzarri, che sa fare da allenatore, padre e fratello. L'esuberanza guascona di Balotelli mi sta simpatica. Ma è stato fatto eroe prima che lo fosse. Io lo resetterei, ripartendo da zero. Però non lo inseguo più: chi viene a Napoli deve volerlo".
Per questo Quagliarella è partito?
"Con l'arrivo di Cavani sarebbe stato a mezzo servizio. Nessuno è indispensabile. Il fatto che El Matador sia capocannoniere con Eto'o sembra darci ragione".
Ogni tanto anche lei cade nella tentazione di fare l'allenatore.
"È successo, e non è detto che abbia fatto bene. Con l'esperienza, si può anche cambiare idea. All'inizio volevo una squadra tutta di napoletani, poi ho virato sulla tradizione vincente di Napoli: il Sudamerica".
A proposito. Tocca parlare di Maradona.
"Diego, innanzitutto, ha un problema col Fisco. Risolto quello, lo accoglierei a braccia aperte. Non certo in panchina, però potrebbe organizzare partite all'estero, fare l'ambasciatore sportivo del Napoli nel mondo. Abbiamo ottimi rapporti: io con Maradona ho fatto un film, Tifosi. Quando arrivò sul set giocò a pallone tutto il giorno con Abatantuono e De Sica".
Su Reja, secondo con la Lazio, fu forse dato qualche giudizio affrettato?
"Fu lui a dirmi con grande umiltà nel 2009 che, forse, non aveva più presa sui ragazzi. Siamo rimasti amici. Edy è stato il nostro Clint Eastwood. Prima di andare alla Lazio mi chiamò: Aurelio, che ne pensi?".
Il giocattolo Inter si è rotto?
"Non credo, è una crisi passeggera. Però la mia mentalità sarebbe stata di aprire un nuovo corso: investire su un tecnico giovane, come ha fatto Berlusconi".
Chi sono le facce da cinema del calcio?
"Ho pensato a un film con Totti e Del Piero. Francesco è un talento comico straordinario. L'anno scorso lo volevo nel cinepanettone ma capii subito che sarebbe stato impossibile conciliare il calendario".
Il calcio del futuro.
"Stadi nuovi, più piccoli, con posti comodi. I nostri 450 prodotti di merchandising: le camerette per bambini firmate Napoli, lo scooter col marchio del ciuccio che De Sica mi ha chiesto per girare a Capri. Voglio portare il Napoli in Cina e in India, voglio che entri tra le prime 15 squadre del mondo, chiudendo sempre in attivo".
Scusi la digressione: Belén è una fuoriclasse?
"È bella, spontanea, professionale. Le chiederò di dare il calcio d'inizio a un'amichevole, con gli shorts che indossa nello spot. Prevedo il San Paolo esaurito".

venerdì 10 dicembre 2010

libri: quando l'inter era meno forte e potente di oggi

Alla vigilia degli impegni mondiali dell'Inter, ecco la segnalazione - tratta dal sito del Corriere dello Sport - di un bel libro dedicato a quando i nerazzurri erano decisamente meno forti e potenti di oggi (d.d.p.).
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Un libro sull'Inter che non parli delle vittorie degli ultimi cinque anni o dello straordinario triplete dell'ultima stagione è una rarità e una divertente divagazione. Come in un precedente libro sul Milan, l'autore è andato a cercare l'angolo più buio nella storia recente di una grande, riportandoci a una quindicina di anni fa, a quel campionato 1993/94 che vide - clamoroso ma vero - i nerazzurri salvarsi solo all'ultima giornata dalla retrocessione in Serie B.
Era ancora l'Inter di Pellegrini - che di lì a poco avrebbe passato la società a Moratti - ma la squadra nerazzurra si era presentata all'inizio della stagione come il principale antagonista del super Milan di Capello. E invece, giornata dopo giornata, le ambizioni interiste finirono per annegare in un mare di errori, sopravvalutazioni e ambiguità, malgrado i vari Bergkamp, Jonk, Zenga, Ruben Sosa - uno dei pochi a brillare nel grigiore generale - Berti, Bergomi... E così, mentre Capello conquistava il terzo titolo consecutivo, l'Inter si salvava grazie soltanto a un faticoso 2-2 con la Roma. In Europa, invece, riuscì a prendersi una parziale ma comunque importante rivincita conquistando la Coppa Uefa, battendo in finale gli austriaci del Salisburgo.
Tra cronaca e rivisitazione passionale, la storia di una stagione da dimenticare, tanto lontana dai trionfi di questi anni recenti.

Sergio Taccone, Un Biscione piccolo piccolo. 1993/94: l'Inter quasi in B conquista la Coppa Uefa, Limina Edizioni - 104 pagine, 18 euro.

martedì 7 dicembre 2010

domenica 5 dicembre 2010

brasileirao 2010: fluminense campione 26 anni dopo

Di Diego Del Pozzo

E dunque Muricy Ramalho ce l'ha fatta di nuovo. Il più europeo dei tecnici brasiliani, infatti, ha portato il Fluminense alla conquista del secondo Brasileirao della sua storia (dopo quello del 1984), confermando le doti che lo avevano visto già trionfare per tre volte sulla panchina del San Paolo. Dunque, il passaggio dal futebol paulista a quello carioca è stato assorbito senza traumi, a conferma del valore assoluto di un allenatore che oggi guiderebbe senz'altro la Nazionale brasiliana al posto di Mano Menezes, se soltanto i dirigenti del club di Rio de Janeiro gli avessero dato il permesso di accettare la proposta della Federcalcio verdeoro (ma, alla fine, hanno avuto ragione loro a trattenerlo...). Dunque, al Corinthians di Ronaldo non è riuscita la miracolosa rimonta, fermatasi sull'1-1 in trasferta col retrocesso Goiás, anche se pure una vittoria del Timao sarebbe stata inutile a causa del successo casalingo odierno del Tricolor, 1-0 sul Guaranì con rete decisiva dell'attaccante Emerson (naturalizzato del Qatar). A completare il trionfo della squadra di Ramalho, arriva anche la nomina del trequartista Darìo Conca (nella foto) a miglior giocatore del Brasileirao 2010: 27 anni, mai convocato nella Selecciòn Albiceleste, Conca ha giocato tutte e 38 le partite del torneo, segnando nove reti ma, soprattutto, tenendo in piedi la squadra nei momenti di difficoltà, grazie alla sua tecnica spesso abbinata a una grande rapidità nelle giocate decisive. Ha marchiato a fuoco la stagione dei neo-campioni, insomma, più lui che i pubblicizzatissimi "europei di ritorno" Deco, Belletti, Fred, comunque importanti per il carisma e l'esperienza con i quali hanno aiutato i compagni a trasformare la salvezza in extremis della scorsa stagione - dove, però, Fred c'era già - nel trionfo di questo 2010.
Dietro al Fluminense, primo con 71 punti, si classifica sul filo di lana il Cruzeiro (69), che supera il Corinthians (68) grazie al 2-1 casalingo sul Palmeiras. Alle spalle delle prime tre (qualificate per la Copa Libertadores 2011 assieme al Santos vincitore della coppa del Brasile e all'Internacional, campione in carica del massimo torneo continentale) si posiziona, quindi, il Gremio (63) allenato da Renato Gaucho, l'ex attaccante romanista subentrato a metà stagione e responsabile della decisa sterzata della squadra di Porto Alegre, che alla fine può vantare il miglior attacco del torneo e il capocannoniere (Jonas, 23 reti). Per qualificarsi alla prossima Libertadores, però, gli uomini di Renato devono sperare che l'appena retrocesso Goiás non conquisti mercoledì la Copa Sudamericana contro gli argentini dell'Independiente, altrimenti toglierà proprio al Gremio il posto utile. A proposito di retrocessioni, infine, fanno compagnia ai verdi della Goiania anche Vitória Bahia, Guaranì e Gremio Prudente. Nella massima serie, invece, salgono Coritiba, Figueirense, Bahia e América Mineiro.

giovedì 2 dicembre 2010

un'opera d'arte: il barcellona di guardiola ne fa 5 a mourinho



napoli: de laurentiis chiede concentrazione e parla di mercato

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 2 dicembre 2010)

A poche ore dal match di Europa League contro gli olandesi dell'Utrecht, il presidente Aurelio De Laurentiis ritorna sull'episodio che, in questi giorni, ha un po' agitato l'ambiente azzurro, per mettervi la parola "fine" ma anche per lanciare un segnale alla squadra: "Per l'uscita serale di venerdì scorso - spiega De Laurentiis - mi sono arrabbiato moltissimo, perché poi, domenica in campo, alcuni giocatori erano più svagati del solito, proprio come se avessero la testa da un'altra parte. Però, a questi ragazzi non posso dire nulla, perché il gruppo sta dimostrando di essere sano e l'episodio resterà isolato. Comunque, la società ha ribadito a tutti la volontà di far rispettare il codice di comportamento che ci siamo dati e, per questo, terremo gli occhi ben aperti".
Il presidente azzurro, dunque, non dimentica la sua squadra nemmeno durante la cerimonia di consegna dei Biglietti d'oro, ieri sera a Sorrento nell'ambito delle Giornate professionali di cinema, dove il produttore ha portato a casa l'ennesimo riconoscimento per gli incassi di Natale a Beverly Hills. Stavolta, però, meglio del cine-panettone Filmauro ha fatto Benvenuti al Sud. "Ma io firmerei adesso - sottolinea De Laurentiis - per arrivare secondo ogni anno, perché vorrebbe dire aver incassato più delle altre centinaia di film che si producono annualmente in Italia. Il calcio, invece, è diverso: lì un secondo posto preventivo non m'interessa. Però, ciò non vuol dire che le vittorie debbano essere inseguite saltando le tappe necessarie per una crescita graduale, corretta e duratura". Come dire: il Napoli sul mercato di gennaio non farà follie. Ma cosa potrebbe accadere se, a quel punto della stagione, gli azzurri dovessero essere ancora nelle zone altissime della classifica? "Non bruceremmo comunque le tappe. Sarebbe come una eiaculazione precoce in un rapporto sessuale: io preferisco che il piacere duri il più a lungo possibile. D'altra parte, i fuochi d'artificio fini a se stessi sono inutili e dietro si lasciano soltanto fumo".
Ma, concretamente, quali potrebbero essere le mosse alle quali la società sta lavorando per rafforzare l'organico? De Laurentiis ha le idee chiare: "Faremo mercato tra gennaio e luglio, prendendo giocatori convinti di venire da noi e di confrontarsi con una realtà ambiziosa e impegnativa come Napoli. Ovviamente, secondo quelle che sono le indicazioni di Mazzarri, manterremo una rosa di 22-23 uomini, quindi non prenderò certo atleti destinati a marcire in panchina o in tribuna. Inoltre, prima di muoverci dobbiamo capire bene quali potranno essere le reali potenzialità di gente come Sosa, che pian piano si sta inserendo nel nostro progetto". La priorità, comunque, andrà alla difesa: "E non è nemmeno detto che ci limiteremo a un solo rinforzo, perché potremmo anche decidere di prendere un centrale in più".
Per quanto riguarda, infine, un argomento caro, come il futuro del calcio, Aurelio De Laurentiis non si smentisce nemmeno durante la kermesse sorrentina: "Credo che la cosa più importante sia rispettare i dettami del Fair-play finanziario voluto da Platini, anche perché sono convinto che da qui a tre-quattro anni non esisteranno più Champions né Europa League, ma qualcosa di diverso. E, guardando sempre avanti, mi piacerebbe se anche le rose potessero essere gestite diversamente: magari facendo giocare il primo tempo a una squadra e il secondo a un'altra tutta nuova".

mercoledì 1 dicembre 2010

barcellona - real madrid 5-0: così si gioca solo in paradiso

Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 30 novembre 2010)

Non state a sentire chi sostiene che il calcio sia un passatempo plebeo, uno svago per le masse ignoranti; portatelo piuttosto a vedere il Barcellona di Guardiola, l'opera d'arte più limpida e maestosa di questi tempi moderni, il frutto di un talento espresso sì in forma collettiva, ma che altro non ha di diverso da ciò che ispirò un Beethoven o un Picasso. Scaduto il tempo delle parole, la fase in cui José Mourinho regge ogni confronto, il calcio dice in forma chiara e favolosa che il Barça resta di un altro pianeta pure dopo che il Real Madrid, in campo e in panchina, ha razziato un'altra volta il meglio che c'era. E a dimostrazione che per il club di Florentino Perez si tratta di un incubo senza fine, ecco arrivare la violenta conclusione di serata: se le sette ammonizioni testimoniano che nelle vene del Madrid scorre sangue e non acqua, il calcione di Sergio Ramos all'imprendibile Messi è un gesto di frustrazione indegno di un campione del mondo.
Gli inglesi hanno ribattezzato il calcio The Beautiful Game pensando a esibizioni di questa magnificenza, perché lo stordimento provocato dal gioco del Barcellona, paragonabile alla sindrome di Stendhal che fa vacillare i sensi davanti a un quadro, non è mai stato profondo come in questa fresca, stupefacente, indimenticabile notte di mezzo autunno, che riecheggia quella di quasi 17 anni fa. Era l'8 gennaio 1994: un altro 5-0 blaugrana al Camp Nou con tripletta di Romario e il sommo Cruijff in panchina. Floro invece in quella del Real. Guardiola mantiene le promesse e attacca con decisione dal fischio d'inizio con la mossa che indirizza subito il match: il terzino Dani Alves gioca altissimo, quasi da attaccante aggiunto, e anziché allargare un po' le maglie del centrocampo per contenerlo Mourinho ordina a Di Maria di inseguirlo sino all'altra area. La perdita dell'ala, che diventa a sua volta un terzino, squilibra il quartetto offensivo sul quale il Real aveva costruito il suo brillante avvio di stagione: è come se al tavolino mancasse una gamba, e la difficoltà nel tenere il pallone di Ronaldo, Benzema e Ozil - privati dello sviluppo laterale - permette al Barcellona il totale controllo del pallone, e la conseguente incessante offensiva.
Il Clasico ha il potere di ispirare i cuori saldi e le menti fredde, e così sono Iniesta e Xavi a costruire il gol che funge da apriscatole con un passaggio verticale sul quale Marcelo chiude in ritardo. E' l'inizio della grandinata alla quale Mourinho, nero come un cielo di Van Gogh - in una serata così, solo metafore artistiche -, non riesce a ribellarsi. Assiste impotente al naufragio della difesa, sin qui un modello di organizzazione, china il capo quando Pedro sfrutta una scorreria di Villa sulla linea di fondo, osserva senza sentimento le prime scaramucce, dovute a uno spintone di Ronaldo a Guardiola sulla linea laterale che infiamma Valdes - sempre sopra le righe - e gli altri blaugrana. Si potrebbe immaginare uno straccio di riorganizzazione nell'intervallo, e invece il Barça rientra determinato a infliggere al Real una lezione anche numerica che scavi un bel fossato psicologico a futura memoria. Nel primo quarto d'ora della ripresa arrivano i due gol di Villa, ispirato dai passaggi di Messi, e se già il primo è molto bello, il secondo - una lunga rasoiata diagonale in campo aperto - è qualcosa che fa inumidire gli occhi, se come noi siete così plebei da godere per un bonbon calcistico. La doppietta di Villa è importante perché tampona l'unica imperfezione del primo tempo, la difficoltà del Barça a leggere il gioco sul filo dell'offside del suo nuovo cannoniere.
Di lì in poi il Real, innervato dall'ingresso del brutale Lass Diarra, alza i tacchetti per convincere il Barça a placarsi. Dopo l'8-0 all'Almeria, Ronaldo aveva sarcasticamente detto: "A noi non ne faranno altrettanti". Rischia di venire smentito. Nel finale Jeffren dilata a 5-0 la storica goleada e la gente del Camp Nou deride Mourinho invitandolo ad alzarsi dalla panchina. E' l'unico gol del Madrid: malgrado ciò che ha visto, la gente continua a temere Mou.

venerdì 26 novembre 2010

un bel libro sulla solitudine dei portieri di calcio

"Sono un combattente solitario. Dopo di me non c'è più nulla. Sono l'ultimo uomo, ne sono consapevole, nessuno può fare nulla per me...". Nelle parole di Uli Stein, mente sveglia e numero uno dell'Amburgo negli Anni Ottanta, l'essenza del ruolo del portiere, rimasto una figura romantica e vulnerabile anche nel nostro calcio moderno.
Proprio sull'originalità del ruolo punta il dito l'autore di questo esauriente e divertente almanacco dei portieri, sorta di azzeccata raccolta di personaggi e storie, tutte particolari e imprevedibili. Dai mitici Combi, Jascin, Zoff, Banks, Maier ai supermen moderni (Buffon, Casillas, Julio Cesar); e poi Albertosi, Zenga, Shilton, Ceni, Barthez, Pfaff, Kahn, Mazurkiewicz... Un capitolo è dedicato anche ai "numeri 1 che non ti aspetti", a quei personaggi della storia o della letteratura accomunati dall'essere stati - in qualche momento, lungo o breve, della loro vita - portieri di calcio: Camus, Nabokov, Che Guevara, Conan Doyle, fino ad arrivare addirittura a Giovanni Paolo II. Infine, da Abbiati a Zoff, le schede dei portieri più famosi. "Essere un bomber è un sogno, fare il portiere è una missione".

Gianpaolo Santoro, La solitudine dei numeri uno, ManifestoLibri - 176 pagine, 18 euro.

martedì 23 novembre 2010

lunedì 22 novembre 2010

giovedì 18 novembre 2010

l'esordio dell'under 21 di ciro ferrara da "obiettivo calcio"

Obiettivo Calcio: L'under 21 di Ferrara è un punto Fermo: "Qualche annotazione sull'esordio dell'Under 21 di Ciro Ferrara nel test amichevole di Fermo contro la Turchia, vinto dagli azzurri per 2-1 (doppietta di Macheda..."

domenica 14 novembre 2010

giovedì 11 novembre 2010

nella liga, preciado (gijon) attacca mourinho: "farabutto!"

Di Diego Del Pozzo

José Mourinho inizia a farsi amare anche in Spagna. Tra i suoi fans, c'è anche l'allenatore dello Sporting Gijon, Manolo Preciado, che a pochi giorni dal confronto diretto in programma domenica sera allo stadio Molinon dedica parole di fuoco al tecnico portoghese: "Mourinho è un farabutto!", urla Preciado contro lo Special One, reo di aver accusato la formazione asturiana di aver "regalato" a settembre la vittoria al Barcellona nel match disputato al Camp Nou, quando lo stesso Preciado schierò una formazione rimaneggiata rispetto all'undici titolare.
"Forse - aggiunge il tecnico dello Sporting Gijon - la sua era solo una battuta. Ma poi l'ha ripetuta. Se voleva essere uno scherzo, è stato pessimo. Se voleva provocare per avere una risposta dal Barcellona, non l'avrà. Se parla sul serio, è un farabutto. Mourinho ha mancato di rispetto a una società umile come lo Sporting e domenica sera troverà un ambiente rovente".
Per la cronaca, Mourinho domenica non sarà seduto in panchina, poiché dovrà scontare la prima giornata di squalifica comminatagli in terra iberica, a conferma di come, evidentemente, il problema non fosse l'intolleranza della giustizia sportiva italiana.

martedì 9 novembre 2010

napoli: un grande cavani fa dimenticare liverpool

venerdì 5 novembre 2010

europa league: gerrard da solo spezza i sogni del napoli

Di Diego Del Pozzo

Sempre a proposito di caratura internazionale, l'ottimo Napoli sceso in campo ad Anfield nel ritorno di Europa League, contro un Liverpool dominato per almeno un'ora di gioco, è stato letteralmente spazzato via, nel finale di gara, dal solo Steven Gerrard, non appena mister Roy Hodgson ha rotto gli indugi e lo ha fatto alzare dalla panchina.
Ebbene, in pochi minuti il fuoriclasse dei Reds ha risposto alla grande al suo allenatore e al pubblico che lo invocava, con una tripletta che ha annullato la rete iniziale di Lavezzi e ha fissato il punteggio sul 3-1 conclusivo. Peccato, perché sui tre gol inglesi pesano anche alcuni clamorosi errori difensivi dei napoletani. Però, di fronte alla personalità immensa del simbolo di questo Liverpool, i giovanotti in maglia azzurra sono sembrati - come si dice a Napoli - "piscitielli 'e cannuccia", ovvero pesciolini di acqua dolce di fronte a uno squalo.

giovedì 4 novembre 2010

l'inter riscopre la "sindrome dell'eterno rimpianto"

Di Diego Del Pozzo

Per capire fino in fondo le reali difficoltà con le quali si sta confrontando (e dovrà confrontarsi anche in futuro) Rafa Benitez nel suo ruolo di allenatore dell'Inter, al di là dei tanti infortuni e dell'inevitabile appagamento post-triplete di gran parte della sua rosa, basta guardare ciò che è accaduto negli ultimi due giorni, in occasione del turno di Champions League.
Infatti, mentre martedì sera i nerazzurri venivano letteralmente disintegrati a Londra dal Tottenham, con una rassegnazione fatalistica che va ben oltre il 3-1 finale, a Milano centinaia di tifosi interisti accoglievano da trionfatore José Mourinho, in città alla guida del Real Madrid per affrontare il Milan la sera dopo: atmosfera surreale, supporters nerazzurri a urlargli "Torna a Milano" et similia, con i decibel dei cori ulteriormente aumentati ieri sera, al momento dell'uscita di Mourinho dall'albergo per raggiungere San Siro, con l'autobus del Real Madrid letteralmente preso d'assedio da truppe di interisti in preda alla nostalgia.
Visto dall'esterno, mi sembra chiaro come l'ambiente dell'Inter stia seriamente rischiando di ricadere nella medesima sindrome che lo stesso Mourinho aveva contribuito a guarire (si pensava per sempre) con i successi dell'anno scorso: la nostalgia verso un passato irripetibile, che ha frenato per decenni la crescita nella mentalità della squadra. Il rischio, adesso, è che dal rimpianto eterno verso Herrera si passi a quello, altrettanto eterno, nei confronti del tecnico portoghese.

sabato 30 ottobre 2010

serie a: si continua a sottovalutare troppo la lazio

Di Diego Del Pozzo

C'è troppa sottovalutazione nei confronti della sorprendente Lazio di questo avvio di stagione. Tutti i principali commentatori, infatti, sembrano attendersi da un momento all'altro il crollo della squadra allenata da Edi Reja, come se fosse lesa maestà avvicinarsi troppo alla vetta se non si è di Milano o Torino.
E, invece, secondo me la Lazio ha tutte le carte in regola per confermarsi anche nel prosieguo del torneo, grazie a una rosa ampia e piuttosto qualitativa, alle migliori stagioni in carriera di uomini-cardine come Mauri a centrocampo e Biava in difesa, alle giuste alternative in panchina (da Matuzalem a Rocchi), a uno Zarate definitivamente sulla rampa di lancio e, soprattutto, all'inserimento su un telaio collaudato di un giocatore in grado di fare realmente la differenza: l'ottimo brasiliano Hernanes. Se l'ambiente terrà la testa a posto, insomma, gli uomini del sempre troppo criticato Lotito potrebbero togliersi davvero qualche soddisfazione inattesa.

martedì 26 ottobre 2010

ancora difetti di personalità: napoli-milan 1-2

Di Diego Del Pozzo

Dopo il Liverpool anche il Milan. Con l'aggravante, però, che i rossoneri sono riusciti addirittura a espugnare il San Paolo (1-2), invece di accontentarsi dello 0-0 come gli inglesi. Insomma, di fronte ad avversari di caratura superiore, soprattutto dal punto di vista della personalità, il Napoli continua a mostrare di essere ancora piuttosto acerbo, soprattutto nei suoi uomini-guida, o presunti tali. A rincuorarmi, però, c'è la consapevolezza che questo gruppo, nonostante qualche evidente limite strutturale, è chiaramente destinato a crescere. Vedremo...

lunedì 25 ottobre 2010

rassegna stampa su sky sport: la competenza dimenticata

Di Diego Del Pozzo

Esilarante rassegna stampa, stamattina a Sky Sport 24. Il buon Paolo Leopizzi, sempre caustico nel commentare gli errori altrui, si accinge, infatti, a illustrare le pagine dei quotidiani in edicola oggi dedicate a Napoli-Milan di questa sera, subito dopo un servizio della redazione che ha appena presentato la possibile formazione rossonera, con Papastathopoulos schierato titolare in difesa.
Ebbene, Leopizzi inizia la sua rassegna stampa dal quotidiano partenopeo Il Mattino, con queste testuali parole: "Vedete, a differenza del nostro servizio, sul Mattino non c'è nessuna traccia di Papastathopoulos...". Tutto ciò, mentre la regia inquadra la formazione milanista riprodotta sulla pagina del giornale napoletano, dove si legge in bella evidenza il nome Sokratis (a indicare proprio Papastathopoulos, che sulla maglia preferisce far scrivere quello che è nient'altro che il suo nome di battesimo). Pochi secondi dopo, l'ineffabile Leopizzi insiste: "E adesso passiamo alla Nazione: anche qui, vedete, è sparito Papastathopoulos...". Ovviamente, la regia inquadra pure stavolta la pagina del quotidiano fiorentino, che schiera Sokratis al centro della linea difensiva invece che sulla destra. Naturalmente, il Sokratis evidenziato è di nuovo lo stesso Papastathopoulos "dimenticato" secondo Paolo Leopizzi.
Per la serie: la competenza, questa sconosciuta... Lei sì davvero dimenticata.

sabato 23 ottobre 2010

napoli-liverpool 0-0: la caratura internazionale fa la differenza

Di Diego Del Pozzo

Il match di Europa League tra Napoli e Liverpool non ha fatto altro che confermare come la caratura internazionale la si conquisti soltanto frequentando regolarmente determinati palcoscenici. Un Napoli intimorito e contratto, infatti, è stato controllato abbastanza agevolmente da un Liverpool infarcito di riserve e giovanotti di belle speranze, perché il tecnico Hodgson ha preferito risparmiare i titolari per le gare di un campionato più complicato del previsto.
Comunque, anche così i Reds sono riusciti a imporre la loro maggiore personalità e a portare a casa lo 0-0 che volevano alla vigilia. I padroni di casa, invece, devono crescere ancora tanto...

giovedì 21 ottobre 2010

napoli violenta contro i tifosi del liverpool: che vergogna!

Di Diego Del Pozzo

Poi dicono gli hooligans... I due episodi di aggressione contro tifosi del Liverpool avvenuti a Napoli nella notte prima del match di Europa League tra azzurri e Reds mi hanno fatto davvero vergognare di essere napoletano. Non è possibile, infatti, che in una città semi-blindata grazie a un piano-sicurezza senza precedenti (mirato sopratutto al tifo inglese, però) vi sia tanta maleducazione e violenza gratuita (o forse, sì, nella Napoli di oggi ciò è possibile...).
Uno dei feriti degli agguati notturni avvenuti in pieno centro cittadino è addirittura il proprietario di un ristorante, uscito in strada per calmare un gruppo di facinorosi che stavano lanciando pietre e bottiglie all'indirizzo di quindici turisti inglesi intenti a cenare nel suo locale. Portato all'ospedale, i sanitari gli hanno riscontrato contusioni e ferite all'orecchio e alla mano sinistra guaribili in sette giorni. Intorno all'una di notte, poi, una decina di giovani armati di bastoni e almeno un coltello hanno aggredito e ferito due inglesi. I due malcapitati, Ian Lee Friar (44 anni) e Alexander Philip Phillips (53 anni), sono stati entrambi giudicati guaribili in dieci giorni dai sanitari dell'ospedale Loreto Mare, dove sono stati portati dopo l'aggressione per aver riportato, rispettivamente, una ferita lacerocontusa al cranio e ferite da punta e taglio al gluteo sinistro, coscia destra e regione occipitale. Per Phillips si è reso necessario il ricovero mentre Friar è stato dimesso.
Che vergogna!

mercoledì 20 ottobre 2010

champions league: ancora una goleada casalinga per l'arsenal


La consueta goleada di Champions League dell'Arsenal all'Emirates (stavolta 5-1 allo Shakhtar Donetsk)

lunedì 18 ottobre 2010

serie a: il "flaco" pastore continua a crescere...

Di Diego Del Pozzo

C'è un calciatore che, in queste prime settimane, sta mettendo letteralmente a ferro e fuoco la Serie A dall'alto della sua classe cristallina. Si tratta di Javier Pastore, il ventunenne fuoriclasse del Palermo, ormai nel mirino dei grandi club di mezza Europa.
Cresciuto nel Talleres di Cordoba, squadra della quale è anche tifoso, Pastore è esploso a soli vent'anni durante il Clausura 2009, che l'ha visto sfiorare il titolo di campione d'Argentina nelle fila dello spettacolare Huracan allenato da Angel Cappa. Quella squadra giovane e sbarazzina aveva in rosa anche altri elementi interessanti, come il baby bomber Matias De Federico e il centrocampista Mario Bolatti. Però, è indubbio che già allora fosse proprio Pastore la stella più ammirata.
Bravissimo, dunque, il presidente del Palermo, Maurizio Zamparini, a battere sul tempo la concorrenza di club europei ben più potenti dei rosanero, contando anche sul fatto che il potentissimo agente del fuoriclasse argentino, il discusso Marcelo Simonian, volesse far crescere il proprio pupillo con calma, in una piazza di livello medio, prima di fargli spiccare il volo verso destinazioni ben più remunerative per entrambi.
Dopo alcuni mesi di studio e di ambientamento al calcio italiano, Javier Pastore ha cambiato marcia già nel corso della seconda metà della scorsa Serie A, strappando il posto nell'undici titolare al brasiliano Fabio Simplicio e mettendosi in luce per le doti tecniche fuori dal comune, per la velocità di corsa e di esecuzione e per una personalità già sviluppata. A fare il resto, poi, ci ha pensato Diego Armando Maradona durante il Mondiale sudafricano (nella foto), inserendo Pastore tra i tredici-quattordici uomini della rotazione-base e dandogli ulteriore convinzione con una definizione che ha fatto subito il giro del mondo: quella di "maleducato del calcio", per come il ragazzo sa affidarsi all'istinto purissimo e alla superiore intelligenza calcistica, al di là degli schemi e degli accorgimenti tattici.
Al suo secondo anno in Italia, quindi, Pastore ha saputo compiere un nuovo salto di qualità, grazie anche a una maggiore efficacia in fase conclusiva. E, giovandosi degli insegnamenti di un maestro di calcio come Delio Rossi (che lo sta gestendo in maniera assolutamente saggia e oculata), sono certo che, da qui al termine della stagione, il giovane e longilineo trequartista argentino (detto El Flaco) potrà compiere nuovi passi in avanti verso la sua definitiva esplosione ai massimi livelli mondiali.

sabato 16 ottobre 2010

libri: ritorna la guida alla premier league di renato la monica

Di Diego Del Pozzo

Davvero da non perdere, per tutti gli appassionati di calcio inglese e non solo. Confermando la formula vincente dello scorso anno, formato tascabile ma contenuti extralarge, questa utilissima guida realizzata ottimamente da Renato La Monica offre, agli addetti ai lavori e ai semplici appassionati, schede dettagliate e coloratissime delle venti squadre della Premier League inglese 2010-2011, dall'Arsenal al Wolverhampton.
Di ogni allenatore e calciatore presente in rosa, la guida riporta carriere, dati biografici, scadenza del contratto, curiosità (per esempio, il piede preferito), presenze in Nazionale, palmarès. A completare il prezioso libretto, poi, ci sono anche calendario del campionato, statistiche particolari delle varie squadre e generali della Lega, albi d'oro delle principali competizioni inglesi, acquisti e cessioni dell'ultima sessione di calciomercato.

Renato La Monica, Guida alla Premier League 2010-2011, Edizioni Cardano - 160 pagine, 15 euro.

giovedì 14 ottobre 2010

italia-serbia, non disputata: le colpe di chi organizza...

Di Diego Del Pozzo

Martedì sera, a Genova, Italia e Serbia non hanno potuto disputare il loro match di qualificazione per gli Europei del 2012. L'intero stadio, infatti, è stato letteralmente preso in ostaggio da un gruppo di teppisti serbi, capeggiati da un energumeno idiota tatuato di nome Ivan, che in appena due giorni - dopo il sacrosanto arresto dell'altra notte - è già diventato un divo per i mass media italioti e che, dunque, non mi meraviglierei di vedere arruolato, tra qualche mese, nel cast dei protagonisti di show catodici come L'isola dei famosi. D'altra parte, siamo o non siamo "la terra dei cachi"? (qui, nella foto: la sera dopo c'era già chi lo imitava a Le Iene)
Quanto accaduto martedì sera a Genova, però, deve far riflettere molto seriamente per un altro motivo: la totale inadeguatezza dell'organizzazione italiana (che, per questo, merita una punizione, oltre a quella sacrosanta e ben più pesante che dovrà colpire la Federcalcio serba...) e, in particolar modo, l'inefficienza dei servizi di Intelligence nostrani, evidentemente troppo occupati con vicende amene come la proprietà della presunta casa di Montecarlo del presidente della Camera, invece di tenere sotto controllo una situazione che, tra l'altro, appariva fin troppo chiara anche a un osservatore distratto di cose balcaniche, a maggior ragione dopo gli incidenti verificatisi durante il Gay Pride belgradese di qualche giorno fa. La mafia serba, che per ovvi motivi non vuole l'ingresso di Belgrado in Europa, sta facendo di tutto per far sì che tale ingresso avvenga il più tardi possibile: e quale cassa di risonanza migliore, per i loro obiettivi, di una partita di calcio con l'Italia trasmessa dalle televisioni di mezzo mondo?
Naturalmente, tutto ciò con lo sport non c'entra assolutamente nulla. Ma c'entra, purtroppo, con la credibilità di un Paese - l'Italia - agli occhi del resto d'Europa: sarebbe semplicemente bastato lavorare un po' meglio in fase preventiva, infatti, per far sì che nulla di quanto visto martedì sera a Genova avesse potuto verificarsi...

mercoledì 13 ottobre 2010

bestie feroci...

domenica 10 ottobre 2010

l'ultima ca$$ata di Sky: Del Piero miglior 10 di sempre!!!

Di Diego Del Pozzo

Approfittando della pausa dei campionati per i match delle nazionali, nella redazione di Sky Sport 24 hanno deciso di trascorrere la domenica allegramente insieme, sperimentando funghi allucinogeni e altre sostanze più o meno naturali, in modo da ampliare le "porte della percezione". Soltanto così si può spiegare, infatti, "l'allucinante" - lui sì - sondaggio portato avanti per l'intera giornata, approfittando del fatto che il calendario odierno segnasse 10/10/10. "Chi è il più forte numero 10 di sempre?", hanno chiesto agli zombie che avevano deciso a loro volta di trascorrere l'intera giornata domenicale con quell'allegra compagnia invece di scegliere una bella gita autunnale fuori porta. E, come sempre capita in tali circostanze, il verdetto del sondaggio-supermegacazzatona è stato degno dell'idea di partenza: il buon Alex Del Piero, infatti, ha "eliminato" in semifinale Maradona e - col 63% delle preferenze contro il 37% - in finale Pelé, "vincendo" il "titolo" di miglior numero 10 di sempre, secondo i telespettatori di Sky Sport 24, che ovviamente ha omaggiato il "vincitore" con un bel servizio su di lui, trasmesso in "heavy rotation" fino a notte fonda, manco fosse l'ultima "bomba" di calciomercato. A quando, passando dal calcio al basket, un nuovo sondaggio per stabilire chi è più forte tra Michael Jordan e Carlton Myers? E quello su chi è più forte tra Hulk e la Cosa?

sabato 9 ottobre 2010

euro 2012: un'italia troppo buona (e lenta) fa 0-0 a belfast

Di Diego Del Pozzo

Ieri sera, la Nazionale italiana allenata da Cesare Prandelli ha sprecato una buona occasione per ipotecare la qualificazione per gli Europei 2012 di Polonia-Ucraina. Lo 0-0 di Belfast contro una non certo irresistibile Irlanda del Nord, infatti, avrebbe potuto (dovuto, visto il livello degli avversari) facilmente essere una vittoria che, considerato il clamoroso successo esterno dell'Estonia in Serbia (1-3), avrebbe permesso all'Italia di lanciarsi in una prima "fuga".
Invece, da Belfast la squadra di Prandelli ritorna con qualche dubbio in più circa la reale caratura internazionale di troppi giocatori, a partire dal leader tecnico Cassano per giungere al rilanciato Borriello e al pariruolo Pazzini, colpevoli di essersi divorati le due più clamorose occasioni da rete dell'intero match. Il ritmo dell'Italia è stato troppo blando, nonostante la buona prova di Mauri: e le tante chance di far gol lo stesso dimostrano soltanto che, alzando un po' quel benedetto ritmo di gioco, si sarebbe potuto sferrare facilmente il colpo del k.o. ai nordirlandesi.
Adesso, martedì a Genova, gli azzurri si troveranno di fronte una Serbia ferita dall'inatteso stop casalingo contro gli estoni. E i serbi, come tutti i balcanici, sono sempre da prendere con le molle; soprattutto quando tutto sembra remargli contro...

giovedì 7 ottobre 2010

anche per prandelli in italia ci sono pochi giovani validi

Di Diego Del Pozzo

Mi hanno molto colpito le parole di questi giorni del commissario tecnico italiano Cesare Prandelli che, per spiegare ai mass media la convocazione dello stagionato Gianluca Zambrotta in vista del doppio impegno della Nazionale contro Irlanda del Nord (domani) e Serbia (martedì), ha detto - testualmente - che "Non ci sono molti ventenni più bravi di lui" e, allargando il discorso al contesto, che "In Serie A non vedo così tanti giovani di valore". Insomma, dopo un paio di mesi di lavoro, anche il nuovo c.t. è giunto alle stesse conclusioni del suo predecessore Marcello Lippi. Che sia proprio questa la realtà del pallone italico?

martedì 5 ottobre 2010

due bellissimi articoli sul ritorno di zeman domenica a foggia

Ieri e oggi, La Gazzetta dello Sport ha pubblicato due bellissimi articoli dell'inviato Paolo Condò dedicati al "ritorno a casa" di Zeman. Mi piace riproporre qui di seguito questi due pezzi - il secondo è una lunga intervista al Boemo - in omaggio a ciò che è stata Zemanlandia e - perché no? - a ciò che potrà ancora essere in futuro. (d.d.p.)
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Il tempo si è fermato. Riapre casa Zeman
Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 4 ottobre 2010)

C'è molto di studiato, e qualcosa di istrionico, nella lentezza con la quale Zdenek Zeman, sedici anni dopo l'ultima volta da allenatore del Foggia, entra sul prato dello Zaccheria. L'intero stadio scatta in piedi ad applaudirlo, una corsia di flash gli disegna il percorso verso la panchina, ma lui indugia. Scruta i tifosi più vicini. Aspetta. L'aveva detto alla vigilia, che si attendeva l'omaggio delle caramelle che un suo tifoso personale, Fernando Iannucci, non gli aveva mai fatto mancare ai tempi di Zemanlandia. "Spero innanzitutto di vederlo perché so che non è stato bene", aveva spiegato il boemo, misurando con un semplice pensiero l'abissale distanza umana che corre fra il calcio metropolitano e il pallone di provincia, nel quale può essere un tecnico a preoccuparsi di un tifoso anziché il contrario. Le caramelle arrivano sul filo del fischio d'avvio, e Zeman ne è in qualche modo rassicurato visto che poi dirà, con una smorfia divertita, "per darmele ha atteso che i fotografi fossero rivolti verso di lui".
Dopo due turni giocati a Vasto per l'indisponibilità dello stadio, il ritorno di Zdenek Zeman allo Zaccheria è una storia piena di zeta ma non per questo final. Facile che si riveli piuttosto una (ri)partenza, perché molti dei ragazzi arrivati in prestito dalle Primavera dei grandi club sono di qualità. Casillo e Pavone hanno sì costruito una squadra competitiva con 10 mila euro, ma se il Milan ha concesso Romagnoli e il Palermo Laribi è perché sanno che Zeman glieli restituirà laureati. Basterà il magistero del vecchio profeta per centrare la promozione in B? Difficile dirlo ora: questo 2-2 col Viareggio conferma al Foggia lo status di squadra professionistica più prolifica (18 gol segnati) ma anche più perforata (15 subiti). E' una questione di tempi. Zeman attua un fuorigioco a metà campo che non si impara in un mese: il primo gol subito ieri nasce da un allineamento sbagliato, il secondo da un errore individuale a difesa schierata. Viceversa le sovrapposizioni giocate dai triangoli laterali terzino-mezzala-punta esterna, ringiovaniscono di sedici anni i presenti allo stadio. Alla fine sono applausi: difficile non essere grati a chi ti toglie sedici anni.
Sarà per questo che la firma di Zeman, più che mai assimilabile al segno di Zorro, figura persino sulle tessere di abbonamento. Sarebbe marketing, ma la parola è un po' troppo metropolitana per trovarsi a suo agio qui. Mister Pernacchia, un fiorellino che ha spiato insieme a noi l'allenamento (chiuso) del sabato emettendo suoni di singolare efficacia, verosimilmente è digiuno di marketing; ma capisce molto bene che quell'uomo strano e serio può fare per la sua città assai più di un onorevole. E Zeman, che sa di essere sia l'eroe dei gessati in tribuna che del popolino scapigliato, governa la scena con consumata maestria. Oggi vola a Roma per passare il giorno libero in famiglia, domani è il turno dei famosi gradoni, la massacrante seduta atletica su e giù per curve e gradinate.
Ricorderete la scena di Karate Kid in cui il maestro Miyagi promette a Danny di insegnargli il karate, e come primo esercizio gli ordina di dare la cera con un movimento circolare della mano destra e di toglierla nello stesso modo con la sinistra. Stremato da un lavoro del quale non vede l'attinenza col karate, a fine giornata Danny se ne lamenta. Miyagi allora fa il gesto di colpirlo, e il ragazzo para muovendo il braccio a cerchio prima verso destra ("dai la cera"), poi verso sinistra ("togli la cera"). Allo stesso modo i ragazzi del Foggia, distrutti al martedì dai gradoni, ogni domenica dovranno estrarre da quella fatica l'energia per correre a perdifiato oltre i loro limiti verso la terra promessa: Zemanlandia. Uno striscione spiega tutto e anche di più: "Ciao mamma, guarda come mi diverto".
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Zeman: "Molti copiano il mio calcio..."
Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 5 ottobre 2010)

"Che cosa stavamo dicendo?". Zdenek Zeman sembra arrossire, o forse è soltanto il bel sole di Foggia a cuocergli il viso come capita ai marinai. Pochi istanti prima la Gialappa's si è messa a chiacchierargli dentro a una tasca e lui - che già sussurra e non esclama - ha farfugliato mezza frase imbarazzata, "è la suoneria del cellulare, parlano con Frengo...", la memorabile macchietta che Antonio Albanese gli dedicò a Mai dire gol. Ma se è facile fermare il tempo su un telefonino, farlo in campo è un'altra faccenda. Tornare indietro di sedici anni, poi... "Il mio calcio non è cambiato, i concetti base sono rimasti gli stessi come l'obiettivo ultimo, che è riempire lo stadio. Gli attori hanno bisogno di un pubblico, le sue dimensioni aiutano a capire la bontà di un lavoro".
Lei ha detto che se sedici anni fa la definivano avanti di vent'anni, oggi gliene restano comunque quattro di vantaggio sulla concorrenza. Al di là della bella battuta, si sente sempre un anticipatore?
"E' passato molto tempo e certe mie vecchie idee ora sono condivise. Prendiamo la preparazione atletica. Quando cominciai ad allenare, molti giocatori erano abituati a fare due giri di campo e poi subito la partitella; logico che le mie squadre, sottoposte a un lavoro fisico duro e metodico, alla domenica corressero il doppio delle altre. Oggi la parte atletica è curata ovunque, non posso più marcare una differenza in quel senso".
Dal punto di vista tattico siete un cantiere, com'è normale dopo due mesi di lavoro. Però le sovrapposizioni dei bei tempi si cominciano a intravedere; e fare il portiere di una squadra di Zeman è sempre una professione eccitante...
"Dobbiamo ancora lavorare molto, la costruzione del nuovo Foggia è appena agli inizi, e non pensi che sia orgoglioso di avere la difesa più battuta dei campionati professionistici. Fra qualche settimana spero di conservare soltanto il miglior attacco, anche perché in carriera, e la cosa non è mai stata granché sottolineata, soltanto una volta ho chiuso un torneo con la difesa peggiore. E comunque non sono retrocesso nemmeno quella volta".
Vero, ma non ci ha risposto. Si sente ancora un anticipatore?
"No. Il Barcellona di questi anni ha occupato il terreno alla mia maniera, ma sviluppando possesso palla anziché verticalizzazione, e l'ha fatto benissimo grazie a una straordinaria tecnica individuale. Io credo più nell'attacco rapido perché i miei ragazzi a un certo punto della ragnatela sbaglierebbero un passaggio. Devono essere più veloci dell'errore in agguato".
Sempre deluso da come Mourinho fece fuori il Barcellona in semifinale?
"La questione è semplice: se voglio che la mia squadra diventi un modello, e l'Inter aveva e ha quest'ambizione, devo proporre qualcosa e non solo distruggere. Ho criticato il Mourinho di Barcellona, e solo quello, perché rinunciò a giocarsela".
Ma era rimasto in dieci. E l'anno prima Hiddink, con il Chelsea, ragionando alla stessa maniera fu l'unico a mettere nei guai il Barça.
"Non mi interessa, è una mentalità che non mi appartiene. Non è giusto giocare così, o almeno io la vedo in questo modo".
Come la trattano?
"Con rispetto eccessivo. Siamo tutti uguali, se sono qui è perché valgo la Lega Pro, evidentemente".
C'è una differenza. Lei è l'unico allenatore di terza serie cui Moratti, nel corso dell'estate, ha esplicitamente pensato per la panchina dei campioni d'Europa.
"Le sue parole mi hanno fatto piacere, ma sapevo che nel concreto andare all'Inter sarebbe stato difficilissimo. Non sbagliavo".
Come l'avrebbe cambiata?
"Mettendo i giocatori nel ruolo in cui rendono di più, e trovo che Benitez si stia muovendo in quel senso. Eto'o è un centravanti formidabile, dev'essere lui a giocare in mezzo".
Tornando alle verticalizzazioni, ha sentito che Allegri chiede a Pirlo di giocare più o meno come faceva Di Biagio con lei?
"Il problema del Milan non è Pirlo, che sa verticalizzare come pochi. Il problema è la staticità delle punte. Il lancio rapido per impedire alla difesa di schierarsi ha un senso se gli attaccanti, col loro movimento, l'hanno già spettinata".
La nuova Juve le piace?
"Non gioca il mio calcio".
Le resterà per sempre il rimpianto di non averla allenata, vero?
"Forse ho avuto una possibilità l'ultimo anno di Boniperti. Ora è improponibile, ovviamente, ma è vero che da ragazzo sognavo di sedere su quella panchina".
Zeman, visto che altrove non la chiamano, utilizzerà il Foggia per tornare in Serie A?
"Ci utilizzeremo a vicenda per divertirci. Se poi cominceremo a salire, immagino che il divertimento sarà maggiore".

lunedì 4 ottobre 2010

serie a: il napoli domina la roma e si issa al secondo posto

Di Diego Del Pozzo

"Napoli-Roma è la sfida tra chi ha fiato e chi no": era stato il tifoso giallorosso Carlo Verdone, nella giornata di sabato, a introdurre il "Derby del Sud" con queste preoccupate parole. E, ieri pomeriggio, il match del San Paolo ha confermato in pieno i suoi timori.
Dopo un primo tempo piuttosto equilibrato, anche perché giocato a ritmi blandi, il Napoli ha letteralmente spazzato via la Roma nel corso della seconda frazione di gioco, nel momento stesso in cui ha deciso di accelerare. E pensare che, a metà settimana, i giallorossi avevano potuto giocare di martedì sera a casa propria in Champions League, mentre i partenopei erano stati in trasferta su un campo complicato come Bucarest ben due giorni dopo (di giovedì sera) ed erano potuti rientrare a Napoli soltanto nella prima mattinata di venerdì (senza voler citare le energie inutili sprecate per rimontare dall'assurdo 0-3 iniziale al definitivo 3-3 contro la Steaua...). Ebbene, la differenza di condizione atletica s'è vista, ma a tutto vantaggio degli uomini di Mazzarri, peraltro a sua volta nettamente vittorioso nel confronto diretto con un Claudio Ranieri colpevole di aver azzardato una formazione cervellotica (il 3-4-2-1 di partenza, speculare a quello di un Napoli che, però, gioca così da sempre) e di aver ulteriormente peggiorato la situazione con cambi sbagliatissimi come quello di Borriello (quando era evidente a tutti che Totti non si reggeva in piedi...).
Detto ciò, però, vanno sottolineati - pur senza ingigantirli - anche i meriti del Napoli, che quando può schierare tutti i suoi titolari è in grado di giocarsela con chiunque, soprattutto se gli viene concesso di impostare la gara sui prepotenti scatti del Pocho Lavezzi (ieri davvero incontenibile) e sui repentini capovolgimenti del fronte di gioco organizzati da quel regista atipico che è Gargano e da un Hamsik monumentale quando riesce ad abbinare, come ieri, lucidità e fluidità di gioco in mezzo al campo e capacità di preservarsi per quei letali inserimenti offensivi che, in questi anni, sono diventati il suo marchio di fabbrica (paradigmatico, in tal senso, è il suo primo gol di ieri pomeriggio: sopra nella foto). Certo, nulla si può dire su una ritrovata solidità difensiva degli azzurri, dato l'assoluto nulla offensivo prodotto dalla Roma al San Paolo. Però, va salutato comunque con favore quello che, dopo lo 0-0 casalingo contro l'Utrecht e i due allenamenti contro gli svedesi dell'Elfsborg, è stato il primo match stagionale concluso dal Napoli senza mettere a repentaglio le coronarie dei propri sostenitori. Anzi, vista la condizione attuale delle due squadre e il gioco espresso in questo momento, direi che nel primo "Derby del Sud" della stagione 2010-2011 tutto è andato secondo logica, una volta tanto senza particolari sussulti.

successo per il film di incerti ambientato durante argentina '78

Mi piace segnalare, qui di seguito, il successo conseguito in questi giorni da un film italiano intelligente e coraggioso ambientato durante i "Mondiali della vergogna", cioè quelli del 1978 in Argentina. Mi riferisco a "Complici del silenzio" di Stefano Incerti, capace di conquistare il pubblico svedese durante il bel festival segnalato più sotto. (d.d.p.)
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Grande commozione e diversi minuti di applausi a Stoccolma per Complici del silenzio, il film di Stefano Incerti che indaga tra gli orrori della dittatura militare argentina durante i Mondiali di calcio del 1978 (qui sotto, una scena col protagonista Alessio Boni). La pellicola del regista napoletano è stata proiettata nella capitale svedese nell'ambito della tredicesima edizione dell'Italian Film Festival, la principale manifestazione dedicata alla promozione del cinema italiano sul mercato scandinavo. Tra gli altri film visti in questi giorni, hanno riscosso particolare successo, oltre a quello di Incerti, anche Il compleanno di Marco Filiberti (che sarà distribuito in Svezia dalla Non Stop Entertainment), Due vite per caso di Alessandro Aronadio, Cosa voglio di più di Silvio Soldini, Marpiccolo di Alessandro Di Robilant, Basilicata Coast to Coast di Rocco Papaleo, Alza la testa di Alessandro Angelini. Durante la serata conclusiva, in programma domani, sarà proiettato Il prossimo tuo della regista italo-finlandese Anne Riitta Ciccone, che sarà presente al cinema Sture assieme al produttore Francesco Torelli.
L'Italian Film Festival, diretto dallo storico del cinema Vincenzo Esposito, è organizzato dall'Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma e dalla FICC - Federazione Italiana dei Circoli del Cinema, col contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale Cinema.

domenica 3 ottobre 2010

bundesliga: la sorpresa mainz non si ferma e fa 7 su 7!

Di Diego Del Pozzo

La sorpresa più grande nell'intero panorama calcistico europeo arriva certamente dalla Germania. Per la precisione, da Mainz (che gli autarchici italianizzano in Magonza), cittadina di 200mila abitanti alla confluenza dei fiumi Reno e Meno. Qui, infatti, la piccola squadra locale sta facendo gridare al miracolo tutti gli osservatori, dominando letteralmente la Bundesliga dall'alto di sette vittorie nelle prime sette giornate. Allenato dal rampante Thomas Tuchel, il Mainz d'inizio stagione ha già raggiunto il Bayern Monaco del 1995-'96 e il Kaiserslautern del 2001-'02 nel libro dei record, perché nessun'altra squadra tedesca, tranne queste tre, era mai riuscita a partire in maniera così prepotente. Con i loro 21 punti in classifica, i ragazzini terribili di Tuchel hanno già scavato un solco profondo nei confronti del resto della concorrenza, eccezion fatta per l'ottimo Borussia Dortmund che segue a sole tre lunghezze. L'impresa più recente - quella del 7 su 7 - è di ieri: 4-2 all'Hoffenheim in uno Stadion am Bruchweg coloratissimo e ribollente di entusiasmo. Alla fine, tecnico e giocatori si sono issati lungo le reti di protezione per andare a salutare i loro tifosi sugli spalti.
Sono tanti, finora, i giocatori che stanno rendendo ben oltre le aspettative della vigilia, a partire dagli interessantissimi Schurrle e Szalai (nella foto sopra, mentre esulta dopo un gol), ventitreenne fotocopia di Robin Van Persie che, nonostante il posto da titolare nella nazionale ungherese, era stato dirottato dal Real Madrid - che lo aveva prelevato l'anno scorso dallo Stoccarda - nella squadra satellite, il Castilla. Adesso, invece, l'attaccante che il Mainz ha acquistato a titolo definitivo sta calamitando su di sé gli occhi degli uomini-mercato di mezza Europa e, se dovesse confermarsi a questi livelli, sarà certamente un pezzo pregiato del prossimo calciomercato.
Probabilmente, il Mainz non durerà fino alla fine. Ma, per il momento, nessuno sembra aver avvertito questo gruppo di ragazzi veloci e spettacolari, che la scorsa settimana, tra le altre cose, s'è pure tolto lo sfizio di espugnare l'Allianz Arena, facendo piombare il Bayern di Van Gaal in una crisi abbastanza inattesa. Ovviamente, il decisivo 2-1 è stato del solito Adam Szalai.

venerdì 1 ottobre 2010

gli sconcertanti sali-scendi del napoli d'inizio stagione

Di Diego Del Pozzo

Da 1-0 a 1-1 (contro la Fiorentina), da 0-1 a 2-1 e poi 2-2 (contro il Bari), da 0-1 a 2-1 (contro la Sampdoria), da 1-0 a 1-3 (contro il Chievo), da 0-1 a 4-1 (contro il Cesena), da 0-3 a 3-3 (contro la Steaua Bucarest): questi sono gli sconcertanti sali-scendi che hanno caratterizzato lo scoppiettante inizio di stagione del Napoli. Troppe altalene di risultato, spesso all'interno della stessa partita, lasciano pensare, però, a una "coperta" un po' troppo corta. Forse sarebbe servita un po' di "stoffa" in più, per stare appena appena più comodi...

giovedì 30 settembre 2010

un napoli sempre più schizofrenico rimonta tre gol a bucarest

Di Diego Del Pozzo

Alla fine il "miracolo" è riuscito! Ma anche il pazzesco 3-3 di Bucarest ha confermato la schizofrenia assoluta di questo inizio di stagione del Napoli di Walter Mazzarri, capace dapprima di farsi travolgere dalla Steaua in soli quindici minuti (subito sotto di tre reti) e poi di rimontare perentoriamente fino al definitivo pareggio, siglato dal solito Cavani addirittura al 98'.
Com'era prevedibile, il Napoli ha pagato anche durante questa seconda giornata del girone di Europa League la sua scarsa personalità e la quasi inesistente esperienza in campo europeo: la Steaua, infatti, lo ha aggredito fin dal fischio d'inizio e lo ha spazzato via in maniera indegna. Pur volendo concedere agli azzurri, infatti, gli "alibi" della formazione rimaneggiata dall'ampio turnover e dei gravi errori difensivi in occasione di tutte e tre le reti rumene, non è possibile approcciare in questo modo, molle e tremebondo, un match internazionale.
Peccato, perché una volta ritrovato un minimo di equilibrio e di ordine, anche se favorita dalla superiorità numerica causata dall'espulsione di Kapetanos, la squadra di Mazzarri ha saputo chiudere la Steaua nella propria metà campo per l'intero secondo tempo, sfiorando il gol a più riprese (ma, subito dopo l'intervallo, subendo anche due traverse clamorose). E magari, a ripensarci dopo, con un po' di attenzione in più e con un diverso approccio alla gara, gli azzurri avrebbero anche potuto risparmiare energie preziose in vista del difficile match di domenica contro la Roma.
Note liete della serata, comunque, arrivano dal reinserito Vitale (autore del primo gol azzurro e di una buona prova sulla fascia sinistra), dalla personalità di Hamsik (nettamente il migliore in campo, oltre che marcatore della seconda, straordinaria rete partenopea) e dalla puntualità sotto porta del Matadòr uruguayano Cavani. Destano serie preoccupazioni, invece, il già citato approccio inadeguato a una gara europea, l'enorme fragilità difensiva (ingigantita anche dalla serata-no di De Sanctis) e la necessità di dover ricorrere sempre ai soliti noti - su tutti Hamsik e Lavezzi, che riposavano placidamente in panchina - per riuscire a rovesciare partite ormai compromesse anche per colpa della scarsità di rincalzi di livello, con buona pace di un turnover reale. Con la Roma in campionato e col Liverpool nelle prossime due partite di Europa League, comunque, servirà decisamente un'altra squadra.

il napoli a bucarest: un disastro in tempo reale...

Di Diego Del Pozzo

Sarebbe esilarante, se non ci fosse da piangere! Il tempo di sedermi per seguire Steaua Bucarest - Napoli e i rumeni avevano già seppellito gli azzurri sotto il peso di tre gol; e ancora adesso stanno continuando a schiacciarli nella propria metà campo. Insomma, un autentico shock!
E io che mi preoccupavo dell'impatto emotivo che gli uomini di Mazzarri avrebbero potuto subìre ad Anfield contro il Liverpool... Invece, è bastata Bucarest per far capire quale peso hanno, a questi livelli, l'esperienza e la "caratura" internazionale... Sarà per un'altra volta...
Ps: Intanto, con la Steaua ridotta in dieci per un'espulsione, il Napoli è riuscito a portarsi sul 3-1.

mercoledì 29 settembre 2010

lunedì 27 settembre 2010

napoli: grande vittoria a cesena, ma decidono sempre gli stessi

Di Diego Del Pozzo

La sconcertante altalena di risultati del Napoli in questo stranissimo inizio di stagione prosegue con la squillante vittoria di ieri a Cesena (1-4), dove gli azzurri sono riusciti a rimontare uno svantaggio immeritato provocato da un grave errore difensivo di Cribari, schierato da Mazzarri al posto di Paolo Cannavaro in ossequio alle regole del turnover.
Ma proprio i risultati della rotazione tra gli uomini della rosa, col conseguente riposo di alcuni titolari più stanchi di altri per aver giocato sempre (il citato Cannavaro, Gargano e Cavani, ai quali sono stati preferiti i per ora improponibili Cribari, Yebda e Sosa) hanno offerto ulteriori motivi di apprensione a chi, come me, ritiene che il Napoli 2010-2011 non abbia un organico adeguato per poter affrontare con buoni risultati Serie A, Europa League e Coppa Italia. Alla fine, infatti, anche a Cesena a decidere sono stati sempre gli stessi: i subentrati Gargano e Cavani e i già presenti Hamsik e Lavezzi, che hanno a loro volta tratto grande giovamento dai nuovi ingressi. Fino a quel momento, nonostante un dominio territoriale piuttosto netto, il Napoli stava perdendo 1-0 e soltanto negli ultimi venti minuti, quando i nuovi entrati hanno rovesciato il match come un guanto, c'è stato il decisivo sorpasso ai danni degli uomini di Ficcadenti, peraltro col determinante aiuto dell'arbitro Damato - che ha concesso agli azzurri un rigore inesistente - e con tanto di show finale targato Cavani (autore di due reti straordinarie che lo hanno issato in vetta alla classifica dei marcatori assieme a Eto'o, entrambi a quota 5).
Il concetto, insomma, è sempre lo stesso, anche dopo il trionfo di Cesena: per fare bene, il Napoli di quest'anno deve pregare che ai vari Gargano, Hamsik, Lavezzi, Cavani non venga nemmeno un raffreddore. E, intanto, alla finestra ci sono la Steaua a Bucarest (giovedì) e la rilanciata Roma al San Paolo (domenica).

sabato 25 settembre 2010

amarcord cine-calcistico: napoli, cesena e massimo troisi

Sul quotidiano Il Mattino in edicola oggi c'è una mia intervista all'attrice Giuliana De Sio per rievocare simpaticamente, alla vigilia di Cesena-Napoli, la "mitica" sequenza contenuta in Scusate il ritardo, il secondo film di Massimo Troisi, del 1983. La sequenza è visibile qui sotto. Chi volesse leggere l'articolo, invece, può cliccare qui. (d.d.p.)

napoli: e se semplicemente la rosa fosse inadeguata?

Di Diego Del Pozzo

Quella di mercoledì sera col Chievo è stata la classica partita che il Napoli dello scorso anno avrebbe rovesciato grazie agli innesti in corso d'opera degli uomini presenti in panchina. D'altra parte, quanti match spinosi, durante lo scorso campionato, sono stati risolti in extremis attraverso i guizzi di subentranti di qualità come Cigarini, Denis, Bogliacino? Certamente non pochi.
Ebbene, la dolorosa ma meritatissima sconfitta casalinga, 1-3, inflitta dai veronesi a una compagine azzurra spompatissima per non essere abituata a giocare due gare alla settimana, getta ombre pesanti sulle strategie estive della società, che ha preferito circoscrivere la rosa a 22-23 calciatori, privandosi però di alcuni elementi che, se fossero stati convinti - come fa una società di primo livello - ad accettare una stagione non da riserve ma da titolari aggiunti (penso a quelli citati poco fa, oltre naturalmente a Quagliarella), avrebbero potuto rivelarsi estremamente utili alla causa. Invece, nel momento in cui i vari Cavani o Gargano o Lavezzi o Hamsik appaiono stanchi per il super-lavoro di queste settimane, dalla panca possono alzarsi soltanto giocatori che, chiaramente, non sono ancora pronti per incidere come dovrebbero: dagli ancora inguardabili Sosa e Yebda (spero che per loro sia solo una questione di scarsa condizione...) al pur promettentissimo Dumitru.
Insomma, se queste sono le premesse, la stagione 2010-2011 degli azzurri si preannuncia durissima.

mercoledì 22 settembre 2010

il finto sciopero e le vacanze lunghe

Di Diego Del Pozzo

Come tutti sapevano fin dall'inizio, la minaccia di sciopero dei calciatori è puntualmente rientrata a tre giorni esatti dalla giornata di campionato che si sarebbe voluto far rinviare (cioè quella di domenica). L'Aic - inesistente quando si tratta di discutere questioni realmente decisive per la categoria - ha ottenuto una vittoria storica (si fa per dire...): la concessione, da parte della Lega, di non giocare nel giorno dell'Epifania, prolungando la già lunga sosta invernale e, di fatto, le vacanze degli stressati atleti attivi in Italia di un altro paio di giorni. Ovviamente, in questa antipatica vicenda nessuno ha pensato ai tifosi che, avendo più tempo libero a loro disposizione in quel periodo, avrebbero potuto andare allo stadio più facilmente e volentieri, magari assieme ai propri familiari, come avviene in quegli stessi giorni per il cinema, il teatro e qualsiasi altra forma di intrattenimento (e come avviene, restando allo specifico calcistico, in Paesi civili come l'Inghilterra e la Spagna, dove evidentemente i calciatori si stressano molto di meno rispetto ai "nostri").
Sul sito della Gazzetta dello Sport ho trovato un commento di un utente del forum residente all'estero. Mi piace riportarlo per esteso qui di seguito, perché esprime molto bene un punto di vista del quale coloro che gestiscono il "giocattolo-calcio" non tengono per niente conto, mai: "Io vivo all'estero - scrive l'utente che si firma Beneamata 1908 - e posso tornare in italia solamente per passare le due o tre settimane delle feste natalizie. Come sempre, spero che finalmente tornino a giocare il campionato nei giorni di Santo Stefano ed Epifania, così da poter andare allo stadio e vedere almeno una partita della mia squadra del cuore (l'Inter). Immagino che il mio desiderio sia espresso da tanti altri emigranti di qualsiasi altra fede calcistica, non solamente interisti. É un peccato che giocatori che lavorano due ore al giorno per quattro o cinque giorni alla settimana e che possono passare il resto del tempo con le loro famiglie o dove gli pare, fuorché a lavorare, oltretutto superpagati, facciano i capricci per non lavorare in quei giorni che sarebbero ideali per le famiglie e per tanta gente che come me non può andare allo stadio durante tutto l'anno. Si vergognino!!!".

martedì 21 settembre 2010

il riscatto del napoli: travolgente vittoria in casa della samp

Di Diego Del Pozzo

Domenica sera a Marassi è accaduto ciò che nessuno si sarebbe aspettato alla vigilia della terza giornata di Serie A: la lanciatissima Sampdoria di Antonio Cassano, infatti, è stata battuta a domicilio da quello stesso Napoli che, appena pochi giorni prima, aveva mostrato il volto peggiore di sé in occasione dei deludenti pareggi casalinghi con Bari e Utrecht. A Genova, invece, gli uomini di Walter Mazzarri hanno giocato un match bellissimo, dominando i blucerchiati ben oltre il singolo gol di scarto (1-2 il punteggio al fischio finale).
In particolare nel corso del primo tempo, poi, il dominio del Napoli è stato quasi assoluto, con la Sampdoria letteralmente schiacciata nella propria area di rigore e le offensive partenopee che giungevano da tutte le direzioni a un ritmo elevatissimo. Purtroppo, però, proprio durante questo autentico assedio a Fort Apache è emerso, ancora una volta, il limite principale della squadra di Mazzarri: la scarsa capacità di concretizzare il notevole volume di gioco prodotto. Prima o poi questo difetto potrebbe rivelarsi decisivo...
Comunque, tornando al match di Marassi, va sottolineato come tra le fila del Napoli abbia funzionato davvero tutto: dalla ritrovata solidità difensiva del trio Grava-Cannavaro-Campagnaro (davanti a un De Sanctis sempre attentissimo) al gioco sulle fasce dei dinamici Maggio e Dossena, dalla diga di centrocampo Pazienza-Gargano al resuscitato Lavezzi e a un Hamsik davvero a tutto campo, fino a un Cavani letale come i veri bomber. Inoltre, mi piace mettere in evidenza come il Napoli abbia avuto l'ulteriore merito di saper rimontare nel finale l'immeritato svantaggio giunto su calcio di rigore di Cassano, fischiato per un fallo di Paolo Cannavaro su Pozzi in netto fuorigioco. Nel giro di un paio di minuti, infatti, gli azzurri hanno ribaltato la situazione, grazie ai guizzi dei due giocatori più forti presenti in rosa, cioè Marek Hamsik e il capocannoniere della Serie A - assieme a Samuel Eto'o e Antonio Cassano - Edinson Cavani.
O meglio, per ora i fiori all'occhiello del Napoli sono loro due, ma se Walter Gargano dovesse dare continuità alla mostruosa prestazione individuale sfoderata contro i blucerchiati entrerebbe di diritto nel ristrettissimo club dei migliori centrocampisti del mondo: il trottolino uruguayano, infatti, ha preso per mano la sua squadra, guidandola con personalità e raziocinio, gestendo i ritmi di gioco - quasi sempre elevatissimi - e dosando sapientemente la palla; a tutto ciò ha abbinato la consueta vitalità nel pressing (feroce più che mai sul malcapitato Palombo, tolto dal cuore del gioco) e un dinamismo con pochi eguali a livello internazionale. Insomma, quello visto domenica sera a Marassi sembrava davvero un riuscito mix tra Pizarro e Gattuso e, alla lunga, potrebbe rivelarsi il calciatore decisivo per le sorti del Napoli nel corso della stagione appena avviata. Certo, vista l'assenza di alternative in panchina (per scellerata scelta della società), sarà altrettanto importante che a Cavani non venga nemmeno un raffreddore...

domenica 19 settembre 2010

l'interismo-leninismo in un saggio davvero originale

Di Alberto Castellano*

"Interisti-leninisti di tutto il mondo unitevi!". Lo slogan sintetizza la reazione spontanea e ironica al libro Interismo-Leninismo (manifestolibri, 142 pagine, 15 euro). Il saggio di Luigi Cavallaro, magistrato del lavoro a Palermo, è un libro serio, colto e sofisticato che fa incontrare la politica e il football, vuole parlare di comunismo attraverso il calcio, propone audaci ma plausibili comparazioni tra le strategie politiche e gli schemi di gioco, applica il materialismo storico marxista alle tattiche calcistiche come recita il sottotitolo La concezione materialistica della zona: breve corso.
Le suggestioni anche scherzose che attiva lo stravagante connubio tra la fede nerazzurra e l'ideologia leninista non sono poche: dal nome originario del club, Internazionale come l'inno dei lavoratori (diventato Ambrosiana Inter per volere di Mussolini, prima di quello definitivo di Inter), alla vocazione internazionalista e multietnica della squadra nata da una costola del Milan; dal magico "sinistro" di Mariolino Corso all'anarchismo ribelle che ha accompagnato varie generazioni di calciatori (fuoriclasse e gregari) sempre poco aziendalisti; dai presidenti Moratti (padre e figlio), capitalisti illuminati, alla recente presa del Palazzo d'Inverno del potere calcistico dopo i misfatti di Calciopoli.
I primi a ipotizzare un "interismo bolscevico" sono stati i fondatori a Ravenna nel 1993 del circolo "Interisti-leninisti" (nel logo campeggiano affiancati i volti di Moratti e Lenin). Ma Cavallaro, interista e leninista convinto, con la sua analisi vuole andare oltre facili accostamenti e schematiche analogie. Il concetto-chiave intorno al quale ruota il saggio è che la zona se applicata bene può trasformare undici giocatori in un gruppo vincente, in un collettivo capace di sprigionare una straordinaria forza d'urto e di esaltare il ruolo dell'allenatore-guida; e che la si può adottare come paradigma comunista del rapporto tra una società collettivistica e l'indidualismo capitalistico. Citando Barthes e Bentham, Adorno e naturalmente Marx e Lenin e come modelli il grande Ajax degli anni Settanta e il Milan di Sacchi degli anni Ottanta, Cavallaro con competenza calcistica e raffinate considerazioni di filosofia politica si ritaglia un interismo-leninismo sull'asse Herrera-Mourinho complici i presidenti Moratti (padre e figlio), petrolieri democratici. La tesi del magistrato è suggestiva sul piano del leaderismo carismatico dei due maghi dell'Inter legati da evidenti analogie: lo spirito di sacrificio totale chiesto ai giocatori, lo studio maniacale dell'avversario, l'impegno psico-fisico estremo di ognuno per la "causa". E il Mourinho della stagione coronata dalla leggendaria tripletta, più di Herrera irradia un'aura leninista per come sfida il Sistema, i media, gli avversari, trasforma ogni partita in una battaglia che va oltre il risultato, trasmette al gruppo la determinazione e concentrazione necessarie per arrivare alla "meta". Anche se poi le argomentazioni calcistiche di Cavallaro si dimostrano un po' deboli: l'Inter, compresa quella di Mourinho, non ha quasi mai giocato a zona (se si esclude il disastroso esperimento dell'intellettuale Orrico), ha nel suo Dna il contropiede, il gioco di rimessa, il Catenaccio.
In definitiva, comunque, Interismo-Leninismo è un libro piacevole, intelligente, interessante non solo per gli interisti (che sono tanti) o per i leninisti (che in Italia sono pochi) e stimola un interrogativo: può convincere un interista di destra a diventare leninista o un milanista-leninista a diventare interista?

* Una versione più breve di questo articolo è stata pubblicata nella pagina dei libri del quotidiano Il Mattino in edicola oggi.