domenica 30 ottobre 2011

tanti auguri a diego armando maradona!

Oggi Diego Armando Maradona compie 51 anni. Tanti auguri Fenomeno! Grazie per tutta la gioia che hai saputo darci!

lunedì 24 ottobre 2011

premier league: a manchester va in onda "six and the mancity"

Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 24 ottobre 2011)

L'ultima volta che lo United aveva beccato sei gol a Old Trafford, Sir Alex Ferguson - che pure accusano di essere anziano - non era neanche nato. Successe nel 1930, e quando qualche storico glielo racconta in sala stampa Roberto Mancini annuisce meccanicamente, ma senza capire. Nessuno capisce più niente, nello spogliatoio del City, perché l'1-6 sul display di Old Trafford che brilla nella nebbiolina incipiente va talmente oltre le aspettative da essere metafisica allo stato puro. In altre parole, e viste anche le premesse, "non ci posso credere".
Prendiamo Mario Balotelli (qui, nella foto, esulta dopo il suo primo gol, esibendo una sottomaglia destinata a fare storia): riscaldatosi alla vigilia dando fuoco alla casa con i petardi, il suo impatto sul match produce devastazioni persino più evidenti di quelle domestiche. Il primo gol è un piatto preciso al millimetro, il secondo una più semplice correzione sotto porta, e in entrambi i casi gli inviti provengono dal portentoso Milner (che scelta di Mancini! E abbiate pazienza se ci scappa la volgarità dell'esclamativo); ma l'episodio che spacca la gara a inizio ripresa è l'espulsione di Evans, che Balotelli provoca prima dettando il triangolo ad Aguero e poi guadagnando la posizione - solo con la porta davanti - che costringe l'avversario al fallo. Se volete aggiungerci un po' di panna montata, un suo sapiente colpo di tacco scoperchia la difesa dello United in occasione del 3-0, che arriva da Aguero su assist di Richards. Insomma, tanti di questi incendi, caro SuperMario.
Lo strepitoso pomeriggio di Balotelli, mai visto in questo formato, è però soltanto una grande storia individuale dentro all'enorme storia collettiva del cambio di stagione a Manchester. In meno di due anni Mancini ha completato il trittico, battendo lo United prima in Carling Cup, poi in Fa Cup e adesso in Premier, oltre tutto a casa sua, infliggendo a Ferguson quella che lo stesso scozzese ha definito "la peggior sconfitta della mia carriera". Le dimensioni del sacco di Old Trafford sono un po' spinte, con i due contropiede in campo aperto nel recupero che dilatano un più corretto 4-1. Però Mancini vince perché centra alla perfezione ogni scelta, da quelle di formazione (Milner e Richards, in ballottaggio ancora sabato sera, gli danno tantissimo), a quella tattica di uscire in pressing sul portatore di palla, a quella psicologica di affrontare la superiorità numerica senza aggiungere una punta ma aumentando soltanto il controllo della palla. Il City si difende con ordine e qualche sofferenza nei primi 20', perché la qualità dello United è periferica - Young più di Nani - e quindi la linea arretrata deve tendersi chiamando Milner a rinforzo per coprire il campo nell'intera larghezza. L'1-0 di Balotelli nasce anche da una delle prime discese a sinistra di Clichy, altra chiave del match, ma a separare la gara in un prima e in un dopo è l'espulsione di Evans. Una volta tanto, nel frangente la delusione è Ferguson: anziché inserire Jones per difendere lo svantaggio minimo sino all'80', e lì giocarsi il tutto per tutto, Sir Alex accentra Smalling, sposta il combattente Fletcher a terzino, compatta il centrocampo arretrando ancor più Rooney (fa quasi il lavoro di Pirlo), e si consegna al possesso palla del City. Secondo e terzo gol - uguali - sono pure conseguenze di giochi a tre in superiorità numerica. Il quarto, che cancella l'estrema reazione di Fletcher, nasce da una disattenzione dell'invecchiato Ferdinand che regala il corner sul quale una coproduzione fra Barry, Lescott e Dzeko fissa il 4-1. Silva e Dzeko infine maramaldeggiano, mentre la gente dello United sta già lasciando il teatro dei sogni, trasformato in scena degli incubi.
Una vittoria così esagerata deve in qualche modo spaventare Mancini che infatti ripete come un mantra "sono solo tre punti". In classifica però, complice lo stop del Chelsea, le lunghezze di vantaggio (sullo United secondo) salgono a cinque, come sale la sensazione che questo sia l'anno del City. E di SuperMario, se dopo l'autista gli daranno di scorta pure un pompiere.

sabato 22 ottobre 2011

l'inattualità del boemo: zeman e la bellezza del calcio

Di Marco Ciriello
(Il Mattino - 22 ottobre 2011)

Passa il tempo, ne soffre, ma non cambia il suo modo di essere. Zdenek Zeman è sempre quello di Praga, che usciva con due palloni, "uno per me e uno per chi non poteva permetterselo". Figlio di un primario di otorinolaringoiatria e nipote di Cestmír Vycpálek, giocatore e allenatore della Juve di Boniperti, passava il tempo sui campi, unico mondo, lo sport il linguaggio per decifrare la vita: atletica, pallavolo, pallamano, pallacanestro, baseball, hockey e calcio. Prima che uno sportivo, un allenatore è un saldatore di mondi diversi. Unisce processi vitali, nel giusto tempo. Ha creato sempre organismi complessi assemblando parti lontane. E davvero non gli interessa vincere o perdere, ma formare.
È un uomo sereno, appagato, adesso allena il Pescara, l’importante non è la squadra conta il progetto. Zeman ama ricostruire, ricominciare, e il suo agire non è da castello di sabbia, piuttosto da uno bravo a scovare le potenzialità, a disegnare il futuro di quelli che incontra, bravo a indicare la strada, far crescere, chiedete a Totti: "Alla Roma gli spiegai che se mi avesse ascoltato poteva diventare il migliore". Mentre il calcio cerca di mantenere artificialmente in vita gran parte del suo spettacolo, lui continua a segnare la strada di molti ragazzi, non gli interessa vincere la Champions, vincere il campionato, ma creare squadre, formare ragazzi: "E no, quando leggo i giornali non incontro altri che mi fanno dire, posso stare tranquillo, non mi interessa avere ragione su doping farmaceutico e finanziario, non mi interessa che ora anche Sacchi dica che come si gioca conta più di vincere, mi interessa dire le cose come stanno".
A vederlo, al Poggio degli Ulivi, con la lunga corda bianca tra le mani, dividere il campo, assegnare compiti, mi viene da pensarlo un capitano di nave, che spiega come affrontare il mare. Lo fa con poche parole, mentre si dispone a centro, pronto ad andare in mezzo alla tempesta. E non solo per come indica l’orizzonte, soprattutto per come arriverà in porto, senza aver tradito nulla, e nel tragitto ne verrà fuori di gente, questa volta chiedete a Insigne o a Immobile che faceva la panchina a Siena con Conte e con Zeman è capocannoniere. Questione di sguardo. Zeman è quello che Oliver Sacks definirebbe un "osservatore permanente". Ora esce un cofanetto da minimumfax (due dvd e un libro, di Giuseppe Sansonna), Il ritorno di Zeman. E lui dimesso, sminuisce: "Venite tutti da me perché nessuno vi dice le cose come stanno. Sono normale, sono gli altri ad essere alieni". Che è invecchiato lo capisci non solo dal fatto che non può più giocare a tennis e se ne lamenta, ma anche dai sorrisi che esibisce quando racconta, come è diventato così.
Per quanto sia italiano dal 1975, rimane un uomo dell’Est, di quelli attenti che fanno della capacità di rubare i dettagli una forza. Il suo sguardo, non ha corrispondenze nel mondo del calcio. Come la sua profondità, e no, non è un guru Zeman, ma un uomo libero. Che può permettersi di andare ad aspettare Casillo fuori Poggioreale, di chiamare Beppe Signori e di mettersi in fila, a San Pietro, per rendere omaggio a Wojtyla. E ancora si entusiasma per le combinazioni riuscite, come questa mattina in allenamento. È devoto alla semplicità del bello, dell’essenziale, ma dietro, c’è una applicazione e una combinazione che solo chi aveva tante vite e tante storie come lui, poteva cucire insieme. "Le mie verticalizzazioni vengono dall’hockey, l’allenamento sui gradoni dalla pallavolo". È come se avesse sincronizzato gli sport in quello che gli riesce meglio. È oltre la banalità del risultato, e se fosse meno fedele a se stesso oggi guiderebbe una grande squadra, "Sono contento così e poi un allenatore non sceglie, è scelto".
Zeman fa giocare le sue squadre sempre al presente, è come se dicesse conta l’adesso non il dopo, nemmeno quello immediato dei minuti successivi, conta lo stile: che tu vinca o perda. "Il calcio è un gioco e come tutti i giochi deve essere imprevedibile". E non generare tristezza. Zeman ha questa vocazione religiosa per lo sport. Ha la praticità dei pugili, si è creato un suo tempo: dentro e fuori i novanta minuti di gioco. Il calcio ha rischiato di perderlo, estromettendolo, ma lui ha le spalle larghe e la pazienza per resistere. Gli avvocati di Moggi e anche diversi giornalisti gli hanno imputato di non aver vinto mai e di parlare per invidia. Lui, a bassa voce, "Se state attenti mi sentite", ha rispiegato che la vittoria nel suo mondo, viene dopo, prima: conta come arrivarci, e se non ci arrivi conta come hai tentato. E loro non lo capiranno mai.

venerdì 21 ottobre 2011

napoli: paolo sorrentino e il suo film-scudetto...

Di Davide Cerbone
(La Gazzetta dello Sport - 20 ottobre 2011)

Non serve altro che un pallone per dribblare le ritrosie dell'intellettuale. Pronunci la parola-chiave e in un attimo nella cortina di riservatezza che avvolge Paolo Sorrentino si apre una breccia. La chiave per scardinare l'aplomb di un napoletano dal cervello fino è quel "calcio" vituperato da certi pensatori schizzinosi. Tanto che Eduardo Galeano, fuoriclasse uruguaiano che sta alla letteratura come Cavani al pallone, raccontò: "Quando dico che mi piace il fùtbol, i miei colleghi mi guardano come se andassi in giro a stuprare le novantenni vedove".
Come Galeano, Sorrentino, regista, scrittore e attento fruitore di musica ("Ascolto di tutto, anche cose molto lontane tra loro"), non ha problemi a confessare la propria passione. "Sì, lo amo. E poi non sono né intellettuale né schizzinoso", si schermisce sorridendo lui, che d'altra parte il suo primo, poetico film, L'uomo in più (2001), l'ha ambientato proprio nel sottobosco pallonaro. "Ci sono fuoriclasse molto vicini alla forza poetica. Ho avuto la fortuna di vedere a bordo campo alcune partite di Serie A e lì si ha una percezione della fisicità devastante. La forza fisica è poetica quanto la tecnica".
Dove ha visto la partita col Bayern?
"A casa, da solo. Sono riuscito a strappare un'ora e mezza al lavoro. Anzi, meno: ho acceso la tv che la partita era già cominciata da un quarto d'ora, mi sono perso il gol del Bayern. Meglio così".
Manca qualcosa a questo Napoli per il copione che i tifosi sognano?
"Il Napoli è forte. Il Bayern non prendeva gol da 25 partite e noi ne abbiamo fatto uno. Mi sembra proprio che non manchi nulla. Un sostituto di Cavani? C'è Pandev, quando entrerà in forma potrà risultare decisivo".
Il suo film, This Must be the Place è primo nelle sale. Anche il Napoli insegue il primato?
"Sì, il film mantiene il primato. E anche il Napoli può agganciare il primo posto in questo campionato molto livellato, in cui Milan e Inter non sono invincibili e la Juve corre troppo per farcela fino alla fine".
La Champions può essere un ostacolo?
"Io romanticamente sono molto legato alla gioia dello scudetto. Ero ragazzino quando vincemmo gli scudetti con Maradona e fui felicissimo. A Babbo Natale Aurelio come regalo chiederei il campionato. O la Champions, ma solo a patto di chiamarla Coppa dei Campioni, alla vecchia maniera".
Domenica vi siete incrociati sul palco del Napoli Film Festival. Che vi siete detti?
"Aurelio mi ha detto che vedrà il film e mi farà sapere. Io gli ho risposto che aspetto con ansia. Negli ultimi giorni ha avuto un po' da fare (sorride, n.d.r.), ma sono sicuro che mi chiamerà presto. Ci conosciamo bene, mi ha invitato spesso allo stadio e con me in tribuna il Napoli ha sempre vinto. Tornerò al San Paolo e all'Olimpico accanto a lui anche quest'anno".
Il presidente ha paragonato Mazzarri a Sean Penn, protagonista del suo film. Che ne pensa?
"Non la ritrovo questa somiglianza. Mazzarri nei tratti somatici è profondamente italiano, Penn è profondamente americano".
Anche Sean Penn, nel suo genere, è un campione.
"Certamente, ma anche Servillo lo è. I fuoriclasse ce li abbiamo anche in casa".
De Laurentiis è più bravo come produttore o come presidente?
"È molto bravo in entrambi i ruoli. Sta facendo cose straordinarie come presidente e ha un grande intuito per il cinema. Lavorare insieme? Perché no, ogni tanto ne parliamo. Bisogna trovare l'occasione".
Com'è la sua Napoli vista da (relativamente) lontano?
"Quando vivevo a Napoli ero un po' assuefatto ai problemi della città. Da quando sto a Roma, li noto di più. C'è, ad esempio, una pericolosa convergenza tra le negligenze della politica e quelle della cittadinanza. Almeno uno dei due elementi dovrebbe tirare dall'altra parte, invece continuano ad andare entrambi nella stessa direzione".
L'ubriacatura collettiva e trasversale per il calcio denuncia lo stato di crisi della città?
"Non ho mai creduto a questa cosa, si diceva pure ai tempi di Maradona. I napoletani hanno una meravigliosa predisposizione al gioco e il calcio è il gioco più bello, più raffinato, più strategico. Pensare che vanno allo stadio per dimenticare sarebbe un'offesa all'intelligenza dei napoletani".

mercoledì 19 ottobre 2011

champions: napoli-bayern secondo massimo de luca

Di Massimo De Luca
(Circo Massimo - 18 ottobre 2011)

[...] Il Napoli ha rischiato il crollo nella prima mezzora. Aveva di fronte la squadra forse più in forma d'Europa, solido come sa esserlo il Bayern nelle sue annate-sì (e questa lo è). Ha incassato subito il gol prima ancora di bagnare la maglia di fatica, regalando ai tedeschi la partita che volevano: quella, cioè, in cui il Napoli fosse costretto all'offensiva, offrendosi alle loro ripartenze.
Quando tutto s'era fatto tremendamente complicato, lo spunto di Maggio (il migliore, a braccetto con De Sanctis) che ha costretto all'autogol Badstuber ha cambiato di nuovo le carte in tavola. Da lì in poi, scampato il pericolo del rigore ingiustamente fischiato a Cannavaro e ottimamente neutralizzato da De Sanctis, il Napoli ha avuto il merito di gestire con grande maturità, levandosi anche lo sfizio di far correre qualche brivido ai tedeschi. Avesse avuto un Cavani più ispirato e un Hamsik meno assente, avrebbe potuto forse tentare il colpaccio.
Ma il Bayern è più forte, e il girone è tremendo. Aver imbrigliato i bavaresi e aver chiuso l'andata di un gruppo così duro al secondo posto, imbattuto e con 5 punti è un risultato notevolissimo. La qualificazione si può sognare, a patto di non illudersi, perché Mancini col suo Manchester City, vittorioso in extremis sul Villarreal, è a un solo punto. E perfino gli spagnoli avrebbero le armi per rimettersi in pista [...].

martedì 18 ottobre 2011

napoli-bayern di champions: la presentazione di carratelli

Di Mimmo Carratelli
(Roma - 18 ottobre 2011)

Eccola qua la panzer-division di Monaco di Baviera, la squadra che sta uccidendo la Bundesliga, la rutilante formazione di Jupp Heynckes. È il biondino che folleggiava nell’attacco del Borussia Moenchengladbach (210 reti negli anni '60 e '70), giunto alla bella età di 66 anni. Era alla guida della squadra bavarese anche ai tempi di Maradona, Coppa Uefa 1989. Eccolo lo squadrone dell’Allianz Arena che, in questa stagione, ha vinto 12 partite su 14 e scaraventato nelle porte avversarie 35 gol prendendone appena uno all’inizio di tutte le sfide proprio dalla squadra che era stata di Heynckes, il Moenchengladbach, una sconfitta sorprendente al via della Bundesliga, subito cancellata da un impressionante percorso di guerra. Il portiere Manuel Neuer (1,93) è imbattuto da 1108 minuti. Il centravanti Mario Gomez (26 anni, alto 1,89, padre spagnolo) è già andato a segno 14 volte, un avvoltoio dell’area di rigore. Franck Ribery (28 anni, uno dei nani del Bayern: 1,70: qui nella foto) è il più devastante esterno sinistro d’Europa. Tre giocatori (Neuer e i difensori Van Buyten e Jerome Boateng) sono vicini ai due metri. Altri otto giocatori superano il metro e ottanta. Un club di corazzieri con nove nazionali tedeschi e sei di altre squadre nazionali. Vogliono diventare i padroni d’Europa perché la finale della Champions si giocherà proprio a Monaco di Baviera il 19 maggio.
Achtung! Intanto fanno i furbi. Dicono che il Napoli è la squadra più forte del campionato italiano, che fa un bel gioco perché è formazione che predilige l’attacco uscendo dal solco del catenaccio e contropiede della tradizione italica, quella però che li ha fatti sempre soffrire e li ha sempre battuti. Ecco il loro subdolo invito ad attaccarli per colpire il Napoli di rimessa perché hanno una difesa sontuosa (forse un po’ lenta nei centrali) e la capacità di distendersi in un fastoso contropiede manovrato con le discese a sinistra del terzino Lahm, uno dei pochi piccoletti di questa formazione di giganti, con le penetrazioni del poderoso Jerome Boateng (1,92) e dell’irresistibile Ribery, col gioco pilotato da Schweinsteiger e da Thomas Muller e le finalizzazioni per Mario Gomez, l’aquila reale.
Quale gioco dovrà fare il Napoli per deluderli e imbarazzarli? Questo è il problema. Il Napoli non è squadra di colossi. Rende complessivamente al Bayern 150 centimetri (De Sanctis 1,90, tre piccoletti, sette oltre il metro e 80) e ha minore peso fisico. In una serata felice, la velocità è l’arma per scuotere i guerrieri tedeschi, costringerli a non svagare sulle fasce aggredendoli lungo le corsie e costringendo Boateng e Lahm a non fare gli spavaldi attaccando. Bisognerà pressarli sino alla morte perché guai a fargli girare la palla. Gioca a memoria, questa Sturmtruppen, con passo cadenzato e improvvise accelerazioni. Precisa ed efficace la sistemazione in campo. Davanti ai quattro difensori, l’ucraino Anatolj Tymoshchuk e Schweinsteiger difendono e iniziano la manovra, il primo più arretrato, il secondo più in appoggio al fronte offensivo. A centrocampo (tanta gioventù) aggiungono la concretezza di Kroos (21 anni) e la fantasia di Thomas Muller (22). Ribery parte da lontano e bisognerà impallinarlo prima che giunga in area. Mario Gomez non ha grande tecnica, ma è un attivissimo cannoniere puntando molto sulla forza fisica. Messe così le cose, al Napoli serve un’impresa. Sulla carta, la superiorità del Bayern è preponderante. Solo l’Hoffenheim in casa propria lo ha costretto allo 0-0 punzecchiandolo in velocità. In Champions hanno liquidato seccamente (2-0) il Villarreal sul campo degli spagnoli e il Manchester City.
Al Napoli servirà tanta energia per ridurre la spettacolare vigoria dei tedeschi. In mezzo al campo ci vorrà un gruppo di lottatori (chi oltre Gargano?) per frenarne gli slanci e la difesa azzurra non dovrà essere mai scoperta. I tedeschi sono micidiali nell’uno contro uno. Franck Ribery, lo sfregiato di Boulogne-sur-Mer, ha scatti perentori e dribbling secchi. Meno male che non c’è Robben, ma l’assenza passa in secondo piano per la forza complessiva del Bayern. Abbiamo un solo amico fra i tedeschi, il difensore Diego Armando Contento, nato a Monaco, 21 anni, padre di Afragola, tutti tifosi del Napoli in famiglia, e lui battezzato col nome del pibe, una maglia di Lavezzi autografata fra i suoi cimeli, un tatuaggio con il viso di Diego. Sarà in panchina, emozionato di entrare nello stadio delle imprese di Maradona.
Difendersi e attaccarli in contropiede come nelle più felici giornate del Napoli? Aggredirli subito? Attenderli per studiarne le mosse e ripartire potrebbe essere un tema tattico interessante a patto che il Bayern non diventi padrone del campo e non sfoderi la sua potenza d’urto prima che gli azzurri possano sorprenderli. E’ un match difficile, ma molto entusiasmante. E’ il fioretto del Napoli contro la spada del Bayern. E’ Davide contro Golia in uno stadio che sarà pieno come non mai, come ai tempi di Diego, ma quello era un altro Bayern e non faceva paura. La squadra di Monaco, 22 volte campione di Germania, sei vittorie continentali (quattro in Coppa campioni/Champions), due Coppe intercontinentali, è la regina del calcio tedesco. Ci vorrà un grande Napoli, ci vorrà il Napoli di Manchester e di San Siro per abbatterla. Ci vorrà il Pocho più scatenato per fare saltare la fortezza tedesca, scompigliarne il centrocampo e mandare in affanno la difesa. Ci vorrà un super Hamsik. Ci vorrà il Matador della tripletta al Milan per sfondare la muraglia centrale bavarese. Partendo da lontano, non dando punti di riferimento, Cavani potrà puntare alla porta imbattuta di Neuer. Ma ci vorrà, complessivamente, una gara di totale sacrificio, abnegazione, mutuo soccorso, esplosività fisica, corsa e assenza di errori degli azzurri, oltre al talento dei tre tenori, per cantare stasera "Oj vita mia".

lunedì 17 ottobre 2011

napoli: intervista ad aurelio de laurentiis prima della champions

Di Diego Del Pozzo

Ieri sera, quasi alla vigilia del big match di Champions League col Bayern Monaco, ho incontrato il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, al Napoli Film Festival, dov'è intervenuto come ospite serale nell'auditorium di Castel Sant'Elmo per parlare dei film della sua vita e del futuro del cinema italiano. Ebbene, nonostante la sconfitta casalinga di sabato contro il Parma, ho visto un De Laurentiis più carico che mai, per nulla intristito ma, anzi, pronto ad affrontare la gara di domani col piglio guerriero che serve in simili occasioni.
Presidente, potrebbe essere, quello di domani sera, il film calcistico finora più bello della sua vita?
"Naturalmente, me lo auguro. Però, non dimentichiamo contro chi dobbiamo giocare: questi attualmente sono i signori del calcio europeo. Magari, l'anno scorso non lo erano; ma quest'anno è così. Però, detto ciò, in campo si è in undici contro undici e il pallone è rotondo. Dunque, vediamo un po' che cosa riusciamo a fare. Tra l'altro, sarebbe bello riuscire a segnare almeno un gol contro di loro, in modo da interromperne il record di imbattibilità".
Che Napoli arriva a questa sfida?
"Una squadra concentrata e carica. Anzi, forse sabato sera contro il Parma abbiamo pagato proprio il fatto di essere già con la testa alla gara di Champions League. Direi che era quasi inevitabile, dato che i nostri ragazzi non sono robot, ma esseri umani".
Si spiega soltanto così la sconfitta interna contro la squadra di Colomba?
"No, perché comunque il Parma aveva più "fame" e maggiori motivazioni rispetto a noi. E poi, non dimentichiamo i voli transcontinentali ai quali sono stati sottoposti alcuni nostri uomini importanti, che probabilmente hanno dormito male e mangiato male. E anche questo sicuramente ha avuto una sua influenza".
A proposito di maggiori motivazioni e di dispendio, fisico e nervoso, derivante dagli impegni europei, quali avversarie teme di più per il prosieguo del campionato?
"Forse la Juventus potrebbe giovarsi del fatto di non dover giocare durante la settimana. Anche per questo motivo, mi sembra molto pericolosa in ottica scudetto. E poi, li vedo tutti molto carichi".
Alla vigilia del match europeo più importante della storia del suo Napoli, che bilancio si sente di fare della sua presidenza?
"Un bilancio positivo, per il quale parlano i fatti e i risultati. D'altronde, non dimentichiamo che siamo ancora al terzo anno del mio secondo quinquennio di presidenza. Nei primi cinque anni, il Napoli è risorto. Adesso si sta inserendo stabilmente nell'elite italiana ed europea: lo dimostrano anche la considerazione sempre crescente da parte dei mass media e, passo dopo passo, il valore sempre maggiore del nostro marchio. L'importante, comunque, è continuare a restare con i piedi ben saldati per terra e proseguire nel nostro lavoro. Non dimentichiamo, infatti, dove eravamo pochi anni fa. E poi, quando c'è stato il sorteggio del gruppo di Champions League, tutti si fasciavano la testa per la complessità dei nostri abbinamenti, mentre adesso sembra che il Napoli debba fare i bozzi in testa a tutti. Come al solito, invece, ci vuole equilibrio e bisogna proseguire la scalata un passo alla volta, in modo da farsi trovare pronti nel momento di grande cambiamento del calcio europeo che arriverà da qui a qualche anno".

sabato 15 ottobre 2011

il napoli crolla in casa col parma: la testa è già al bayern!

Di Luigi Panella
(www.repubblica.it - 15 ottobre 2011)

Al San Paolo va in scena una nuova forma di turn over, quello mentale. Nonostante la corazzata Bayern stia per passare il Brennero, Mazzarri schiera i più bravi per evitare scivoloni in stile Chievo. I giocatori del Napoli però peccano di presunzione: regalano un tempo al Parma nella convinzione di poter risolvere comunque la pratica con qualche colpo di genio, finiscono però per arrendersi di fronte a una squadra perfettamente messa in campo dall'ex Colomba. La vittoria degli emiliani è ovviamente un colpo a sorpresa, ma è anche la logica evoluzione di una netta ripresa dopo un inizio complicato. Circa il Napoli, pensiero al Bayern o no, sono le tipiche gare che non dovrebbero essere perse, anche perché mandano in fumo le carrettate di punti prese alle milanesi.
Miglior Napoli possibile dunque: c'è Cavani, ci sono Lavezzi ed Hamsik a sostegno, c'è una mediana propositiva sugli esterni con Dossena e Maggio. Dalla parte opposta, pur con una certa prudenza, Colomba lancia un segnale chiaro schierando in mediana l'intraprendente Biabiany, punto di riferimento importante per Giovinco nei rifornimenti per Floccari. Proprio Biabiany con il suo movimento crea problemi alla difesa partenopea, ma se De Sanctis deve effettuare solo un mezzo intervento, facilissimo, su colpo di testa di Floccari, appare chiaro come lo 0-0 maturato sia frutto del classico compitino in fase di contenimento degli emiliani.
Il Napoli non combina comunque molto di più. Lavezzi qualche fiammata la produce (su una di queste Gobbi rischia un rigore che poteva starci), ma le altre due stelle dell'attacco non brillano. Cavani non partecipa granché al gioco attendendo il momento della zampata che non arriva, Hamsik è un po' sfasato, Inler soffre la pressione avversaria arrivando al tiro, non insidioso, in un paio di circostanze. In pratica, nonostante una partenza più determinata nella ripresa, a svegliare il Napoli ci pensa... Floccari: perfetto il gioco di sponda della punta del Parma, bravo anche nel dispensare assist importanti, come il colpo di tacco che mette Gobbi (freddo e preciso) nella condizioni di battere De Sanctis.
Dopo un salvataggio di Jadid nei pressi della linea di Cavani, Mazzarri getta nella mischia Mascara per Aronica: ne esce un tridente con Hamsik leggermente arretrato. Il Napoli rischia costantemente, ma produce guizzi interessanti: il migliore, un altro colpo di tacco - stavolta di Lavezzi - che dà a Mascara l'occasione, concretizzata, del pareggio. Il Napoli prova ad insistere, ma il Parma non si scompone ed approfitta degli ampi spazi a disposizione: è sempre Floccari ad iniziare l'azione decisiva, Giovinco la porta avanti e Modesto, a pochi metri dalla porta, insacca. L'ingresso di Lucarelli per Inler dà agli assalti del Napoli il carattere di una lotteria: ne esce una straordinaria parata di Mirante su colpo di testa di Maggio, poi Cavani batte al volo ma centra il palo.

venerdì 14 ottobre 2011

da ieri in edicola l'album panini della champions league

Di Massimo Grilli
(Corrieredellosport.it - 13 ottobre 2011)

La prima volta del Napoli e della Russia, le figurine "orizzontali": sono le principali novità dell'ultimo nato in casa Panini, l'album dedicato alla Champions League (con Milan, Inter e Napoli, più gli "stranieri" Balotelli, Rossi e Criscito), che il Corriere dello Sport distribuirà in allegato lunedì.
Sono 560 figurine adesive - che presentano un nuovo e moderno formato, in orizzontale - di cui 36 olografiche, in un album di 72 pagine che, oltre alle immagini dei campioni di calcio europei, fornisce dati statistici e una particolare sezione dedicata alle "leggende" che hanno conquistato questa competizione nelle ultime sei edizioni.
Grande novità è la presenza del Napoli - ulteriore conferma dei progressi in campo internazionale della società di De Laurentiis - mentre tra i 56 Paesi del mondo dove verrà distribuito l'album figura per la prima volta la Russia.
Un nuovo "mercato", quello ex sovietico, nel quale la Panini si sta lanciando. Per la prima volta, infatti, l'azienda modenese ha allestito un album con le figurine del campionato russo, Eto'o e Spalletti compresi.

mercoledì 12 ottobre 2011

la guerra fredda tra il napoli e "il mattino" secondo "iustitia"

Il Napoli sta vivendo una stagione da protagonista in campionato e in Champions League, ma Il Mattino è costretto a seguire a distanza i successi della squadra di calcio. Eppure furono gli scudetti conquistati nel 1987 e nel 1990 con Maradona a portare Il Mattino di Pasquale Nonno al record di vendite con le 179.940 copie giornaliere del 1990, mentre oggi Il Mattino diretto da Virman Cusenza dichiara di vendere meno della metà delle copie di venti anni fa; il dato più recente è di agosto con un venduto di 89.900 copie.
Il gelo tra la società di De Laurentiis e il quotidiano di Caltagirone è calato a giugno scorso quando Il Mattino ha mandato in edicola un libro e un dvd sulla cavalcata del Napoli con terzo posto finale nel campionato scorso. Al presidente del Napoli che bussava a denari in nome di presunti diritti d’autore i dirigenti del Mattino replicarono dicendogli che non gli spettava niente perché testi e foto erano di proprietà del Mattino.
La reazione del vendicativo presidente non si è fatta attendere: a fine luglio, con il Napoli in ritiro a Dimaro, in provincia di Trento, ha fatto ritirare il pass al cronista del Mattino Roberto Ventre, costretto a seguire il Napoli da lontano, perché ovviamente gli inutili comunicati di solidarietà degli organismi di categoria non hanno spaventato De Laurentiis, un imprenditore abituato a muoversi con durezza e anche con rozzezza nei rapporti con la stampa. Gli episodi sono numerosi, ma uno è sufficiente per illuminare il personaggio. A metà luglio sulla nave da crociera Splendida il Napoli presenta il nuovo acquisto Gökhan Inler; il giornalista Gianluca Monti della Gazzetta dello Sport fa una domanda al calciatore, ma De Laurentiis si impadronisce del microfono: “Tu fai sempre domande soltanto per rompere i coglioni”. La risposta maleducata del numero uno del Napoli non scatena proteste da parte dei giornalisti, ma “applausi ossequiosi” e “risate deferenti e gioiose”.
E torniamo al duello con Il Mattino. Da parte di De Laurentiis arrivano sciabolate alle quali via Chiatamone risponde con punture di spillo. Un esempio? Il 27 settembre al San Paolo il Napoli, con reti di Hamsik e Cavani, strapazza il Villarreal, terza classificata nell’ultimo campionato spagnolo e l’anno scorso, nella sfida a eliminazione diretta, vittorioso sul Napoli nel torneo Uefa.
Il 28 settembre Il Mattino on line apre sull’Unione europea che vara la Tobin tax, seguono Angelo Bagnasco con Gianni Letta e Silvio Berlusconi alle prese con i sabotatori che gli impediscono di governare, quindi la Comunità europea che boccia il piano rifiuti, infine il Napoli con i servizi sulla vittoria al San Paolo.
“Ci troviamo in una situazione paradossale - spiega uno dei redattori del Mattino che segue da vicino la querelle - con un orizzonte che dopo quattro mesi non lascia intravedere novità. E non so se ci sono altri motivi di tensione, ad esempio ruggini tra Vittorio Raio, consigliere del presidente e redattore dello sport del Mattino in pensione, e il responsabile dello sport del Mattino Toni Iavarone. Certo è che De Laurentiis ha proibito ai tesserati del Napoli di rilasciare interviste esclusive al Mattino e così alla vigilia di un big match come Napoli-Milan siamo stati costretti a intervistare Allegri”.