martedì 27 novembre 2012

napoli: finora il bilancio è positivo, secondo a - 2 dalla vetta della serie a

Di Diego Del Pozzo

Siamo arrivati a fine novembre e se ne sono andati, dunque, quasi tre mesi di stagione calcistica. Può essere un buon momento, allora, per tracciare un primo bilancio di quanto accaduto finora, in particolare puntando l'attenzione sulla contestatissima - da chi è miope o in malafede - annata del Napoli.
Dopo la pesante vittoria di ieri sera a Cagliari (0-1, con gol decisivo di Hamsik - qui nella foto - al 73') e le concomitanti sconfitte di Juventus e Inter, gli azzurri sono tornati al secondo posto in classifica in Serie A, a due soli punti di distanza dalla capolista Juve. E in Europa League la squadra partenopea si è già qualificata per il turno successivo (i sedicesimi di finale, andata e ritorno a eliminazione diretta) con un turno di anticipo, rendendo praticamente inutile - poco più che un'amichevole, nella quale far giocare un po' di seconde linee e giovanotti assortiti - la gara conclusiva, al San Paolo con il Psv Eindhoven. Ricapitolo: secondo posto in classifica in Serie A (a meno due dalla vetta) e qualificazione europea conquistata in anticipo.
Eppure, mai come quest'anno Walter Mazzarri è contestato e criticato, soprattutto all'interno dell'ambiente napoletano, tra critica locale e tifosi, lasciando spesso sbalorditi gli osservatori esterni per un atteggiamento del tutto irrazionale e ingiustificato, tanto più se si tengono presenti i reali valori tecnici medi della rosa partenopea - Cavani e Hamsik esclusi - e li si confrontano con quelli di avversarie interne come Juventus, Inter, Roma, ma aggiungerei persino Lazio e Fiorentina.
Insomma, seppur avvelenato nel cuore per quanto gli tocca subire quasi quotidianamente, Mazzarri sta compiendo anche quest'anno un nuovo miracolo. Non lo dico io, bensì i numeri, i quali parlano - a questo punto della stagione - del secondo Napoli migliore della sua storia. Nel primo, però, giocava un certo Diego Armando Maradona...
(Articolo pubblicato anche sul sito Napolisoccer.net)

domenica 18 novembre 2012

apologia di walter mazzarri, allenatore odiato a prescindere

Di Diego Del Pozzo

Dopo il 2-2 casalingo di ieri sera contro il Milan, con tanto di rimonta subita dal Napoli (da 2-0 a 2-2), sono tornate a gridare forte le voci - soprattutto napoletane - contro Walter Mazzarri, accusato dai più di essere troppo rigido, non adatto a guidare una squadra di vertice e altre assurdità simili. Assurdità, però, che a furia di essere urlate e ripetute a cantilena stanno diventando quasi leggende metropolitane, in maniera straordinariamente ingenerosa nei confronti di un uomo di calcio che ha letteralmente forgiato questa squadra.
Partiamo dal match di ieri sera. Molti osservatori ingenerosi affermano che il Napoli sul 2-0 non ha giocato più. Gli stessi osservatori, ancora più ingenerosi, urlano che Mazzarri non capisce nulla di calcio. Però, in realtà, durante Napoli-Milan di ieri sera (contro il miglior Milan della stagione, finora), dal 2-0 in poi è accaduto esattamente quanto segue: 1) Insigne solo davanti al portiere prova a passare a Cavani marcato invece di tirare in porta e segnare il 3-0; 2) nel secondo tempo, Hamsik irrompe in area da sinistra, crossa basso a tagliare tutta l'area piccola e Maggio in scivolata non mette dentro da pochi passi; 3) ancora Hamsik si inserisce centralmente in velocità e tira dal limite dell'area sfiorando il palo (e di solito queste azioni le segna otto volte su dieci); 4) Cavani tira forte dal limite dell'area e costringe Abbiati a un'ottima parata; 5) Ancora Cavani tira e sollecita il portiere milanista alla parata, a conclusione di un'azione tambureggiante del Napoli in area rossonera. A questo punto, Napoli-Milan di ieri sera poteva essere tranquillamente sul 4-1, nonostante la serata non felice di molti azzurri, soprattutto dal punto di vista fisico-atletico (lo stesso Cavani è apparso stanco e meno lucido del solito).
E allora, passando dal particolare al generale, mi chiedo: ma è chiaro ai tanti, troppi nemici di Walter Mazzarri che, se al Napoli manca qualche titolare in attacco, dalla panchina deve alzarsi l'ectoplasma di Edu Vargas, mentre il Milan - squadra quest'anno da metà classifica - può tenere Pazzini e Robinho (senza contare il fantasma di Pato) tra le riserve? E non parliamo nemmeno delle possibili rotazioni di Juventus, Inter e Roma (Destro per Osvaldo è un lusso assoluto). Perché, allora, chi non sopporta il tecnico toscano non prova a chiedersi chi è che tiene questa rosa - nella quale vi sono soltanto due veri fuoriclasse, Cavani e Hamsik; oltre a un fuoriclasse potenziale come Insigne e ad alcuni buoni giocatori - ai vertici del calcio italiano da tre stagioni a questa parte (con tanto di Coppa Italia in bacheca), nonostante una società inadeguata a livello di vertice e spesso assente che costringe il tecnico a metterci sempre la faccia anche in questioni che dovrebbero essere risolte dai dirigenti, come avviene in altre piazze? Dove gli altri, infatti, hanno Marotta e Branca (se non direttamente Agnelli e Moratti, quando serve), Galliani, la coppia Sabatini-Baldini, Lotito, Pradè, Lomonaco, ecc. il Napoli ha sempre e soltanto Walter Mazzarri, peraltro - come si è capito da qualche settimana - con i problemi di salute che lo stanno accompagnando e, forse, a fine stagione lo costringeranno a fermarsi per qualche tempo.
Allora, senza voglia di polemica con nessuno, inviterei i detrattori per partito preso a ragionare con maggiore lucidità e meno isteria su che cosa sia realmente il Napoli di questi anni e su ciò che sta facendo in Italia e in Europa, probabilmente mantenendosi ben al di sopra delle proprie reali possibilità tecniche ed economiche. Poi, tanto si è capito che a fine stagione sarà consumato il divorzio tra Mazzarri e Napoli. E allora temo che molti nodi verranno al pettine e che, finalmente, anche i criticoni di professione capiranno quale (chi) fosse il valore aggiunto di questa squadra, Cavani e Hamsik a parte.
Al Mazzarri di questa stagione imputo, finora, un solo errore grave: aver dato il via libera alla cessione di Gargano, peraltro a una diretta concorrente come l'Inter, invece di provare a convincerlo a continuare a far parte di una rosa di 14-15 titolari che avrebbero ruotato tra loro più o meno regolarmente. Ma, ovviamente, anche in questa vicenda la società si è distinta per assenza, delegando ogni responsabilità direttamente al tecnico. Per quanto riguarda, coloro che criticano l'allenatore per il modo nel quale utilizza Insigne e Vargas, nel primo caso è semplicemente in atto un processo graduale che pian piano porterà il talento di Frattamaggiore a una maglia da titolare fisso, senza bruciarlo di fronte a una piazza complessa come quella partenopea (mai tenera con i propri figli); nel secondo, invece, non dimentichiamo che Mazzarri non aveva chiesto né voleva l'attaccante cileno, perché evidentemente non lo reputava (reputa) adatto al gioco che ha in mente di far praticare alla squadra: Vargas, infatti, non ha il fisico, l'atletismo e l'intensità che servono per reggere i ritmi del calcio italiano ed europeo. Poi, sempre guardando alla rosa attuale degli azzurri, mica è colpa di Mazzarri se in panchina non ha nessun altro attaccante (nemmeno un Cristiano Lucarelli, per dire...) che possa surrogare Cavani in caso di bisogno e, dunque, sia costretto a far fare proprio a Vargas un gioco per il quale non è evidentemente tagliato. Lui il centravanti di riserva lo ha chiesto molte volte ai suoi dirigenti, ma loro non glielo hanno mai preso: due anni fa, addirittura, il presidente Aurelio De Laurentiis bocciò e definì vecchio Luca Toni, quando l'acquisto dell'attaccante oggi (due anni dopo!) in gran spolvero alla Fiorentina era stato praticamente concluso. E perché, invece, nessuno ricorda mai il lavoro notevole fatto dallo staff tecnico azzurro su calciatori come Paolo Cannavaro, Totò Aronica (errore col Torino a parte...), Camilo Zuniga o Goran Pandev (rinato al calcio, nonostante la pausa delle ultime settimane)?
Se Mazzarri fosse un po' più diplomatico e meno arrogante sarebbe probabilmente considerato all'unanimità il miglior allenatore italiano in circolazione. Invece, gli si riconoscono al massimo, quasi come contentino, le buone doti di motivatore, tacendo regolarmente il fatto che mezza Serie A, ha copiato e adottato, negli ultimi due anni, la sua difesa a tre e lo schema tattico 3-5-2 con le sue varianti.
(Articolo pubblicato anche sul sito Napolisoccer.net)

giovedì 15 novembre 2012

la storia del calcio dall'enciclopedia treccani

Calcio - La Storia Del Calcio

Enciclopedia dello Sport
La storia del calcio sommario:□ Il calcio dalle origini a oggi. □ L'evoluzione della tecnica di gioco. □ Gli schemi tattici. □ Le tecniche di allenamento. □ Le regole. □ L'arbitraggio. □ Le attrezzature e gli impianti. □ Gli stadi del calcio. □ Le organizzazioni internazionali. □ Aspetti legislativi. □ Doping. □ Aspetti economici. □ Il calcio-mercato. □ Il calcio e la televisione. □ Calcio e sponsor. □ Il tifo. □ La violenza e le tragedie del calcio. □ I grandi incidenti delle squadre. □ Gli scandali del mondo del calcio
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venerdì 9 novembre 2012

cavani sempre più mostruoso: quattro gol al dnipro in europa league

Un Edinson Cavani davvero mostruoso realizza ben quattro gol al San Paolo contro il Dnipro Dnipropetrovsk allenato da Juande Ramos e trascina il suo Napoli alla rimonta dal 1-2 del 75' fino al definitivo 4-2 nel match di Europa League di ieri sera. Pazzesco!!! (foto di Sergio Siano)

sabato 3 novembre 2012

l'arroganza truccata da perbenismo...

"I deboli su questa terra non sono rappresentati. Per questo ho sempre detestato la Juventus, l'immagine dell'arroganza truccata da perbenismo. Per me vincere era un incidente di percorso, per loro una condanna" (Ezio Vendrame, calciatore e poeta).

domenica 28 ottobre 2012

la vergogna di catania-juventus e una serie a già assegnata a tavolino...

Di Diego Del Pozzo

Poiché l'Italia è in grave crisi economica, perché la Lega A e la Federazione Italiana Giuoco Calcio non danno il proprio contributo concreto al risanamento del Paese, iniziando col risparmiare i tanti soldi necessari per l'organizzazione e la gestione delle restanti partite della Serie A 2012-2013?
Dopo la vergogna alla quale tutto il mondo ha assistito stamattina, in occasione di Catania-Juventus 0-1, sarebbe decisamente più saggio, infatti, dare fin da ora il campionato vinto a tavolino alla squadra dell'onesto Antonio Conte e della dinastia Agnelli, in modo da evitare a tifosi, calciatori, tecnici e allenatori delle altre squadre ulteriori prese per i fondelli da qui a maggio 2013.
Lo schifo che si è consumato sul prato del Massimino è ben evidente nella foto visibile qui sotto, nella quale è possibile "ammirare", a sinistra, il gol regolare annullato al Catania per un fuorigioco inesistente, con l'arbitro e il guardalinee che avevano convalidato la rete, ma dopo le proteste violente della panchina bianconera hanno cambiato idea, probabilmente spaventati dall'idea di un errore a discapito dei campioni in carica; a destra, quindi, si vede il decisivo gol irregolare convalidato alla Juve con Bendtner in chiara posizione di fuorigioco.
Che vergogna!!!
E' anche così che si vincono i campionati, come dimostra il precedente dello scorso anno, col celeberrimo gol di Muntari non convalidato per i rossoneri, ingiustamente, in un fondamentale Milan-Juventus. E quest'anno, l'andazzo è ancora peggiore...
Addirittura, l'importante bookmaker irlandese Paddy Power, in seguito a questo vergognoso doppio episodio, ha creato un precedente storico per il mondo italiano delle scommesse, decidendo di applicare il cosiddetto "Justice Payout" per non penalizzare gli scommettitori. In base a tale principio, infatti, verranno pagate vincenti tutte le scommesse singole sul segno 1 del Catania nel match contro la Juventus. "Certe volte un risultato è talmente ingiusto che, semplicemente, è giusto rimborsare", è il messaggio che Paddy Power ha voluto lanciare a un campionato che continua a perdere la propria credibilità anche agli occhi degli scommettitori internazionali.
Tra l'altro, se il gol di Bergessio che avrebbe portato il Catania sul 1-0 è stato annullato dall'arbitro di linea Rizzoli - com'è quasi certo, ormai, in particolar modo dopo un'accurata ricostruzione trasmessa da Sky Sport 24 nel pomeriggio - probabilmente potrebbe essere stato commesso persino un errore tecnico, perché mi risulta che all'arbitro di linea, a inizio stagione, sia stata data l'indicazione di non intervenire sui fuorigioco, bensì di concentrarsi soltanto su ciò che accade in area, in modo da favorire i guardalinee, che così possono dedicarsi proprio a giudicare i fuorigioco e azioni simili. Infatti, in questo caso, il guardalinee all'inizio aveva convalidato il gol, poi ha cominciato ad avere dubbi dopo che Rizzoli lo ha richiamato attraverso l'auricolare e, quindi, si è cacato sotto di fronte alle veementi (e immotivate: anche di questo bisognerebbe parlare...) proteste juventine.
Ma si può andare avanti così, dopo ciò che si è già visto in appena due mesi di stagione calcistica italiana? Quale credibilità ha, di fronte a tutto ciò, l'intero movimento calcistico italiano?

venerdì 26 ottobre 2012

le brutte figure europee di una società che vorrebbe essere grande (ma non lo è)

Di Diego Del Pozzo

Una società emergente che ha l'ambizione di inserirsi tra le grandi dell'Europa calcistica non può permettersi di fare brutte - anzi pessime - figure come quelle che sta inanellando il Napoli durante l'Europa League 2012-2013. E nemmeno la pur legittima esigenza di concentrarsi esclusivamente sul campionato può giustificare imbarcate come quelle prese dagli uomini di Walter Mazzarri sia a Eindhoven che a Dnipropetrovsk, contro avversarie di buon livello - e, nel primo caso, di notevole blasone - come Psv e Dnipro. Così, infatti, si rischia di vanificare in breve tempo tutto il credito internazionale accumulato lo scorso anno grazie alla sorprendente Champions League conclusasi agli ottavi con la sconfitta soltanto ai tempi supplementari contro i futuri campioni del Chelsea. Continuando lungo la strada intrapresa, il Napoli rischia - oltre all'eliminazione - di essere percepito dagli osservatori stranieri come la squadretta europea di questa stagione, grazie a una gestione arrogante e superficiale, ai limiti della provocazione, da parte di società e allenatore.
Il pasticcio difensivo sul 2-0 ucraino
La partecipazione a una competizione internazionale non può essere ridotta ad allenamento infrasettimanale o a test per capire il reale livello dei cosiddetti rincalzi, come hanno lasciato intendere le discutibilissime dichiarazioni rese da Mazzarri nel post-partita ucraino. La partecipazione a una competizione internazionale - conquistata sudando sul campo - si onora nel miglior modo possibile: è così che fanno le grandi squadre, pur praticando tutte un turnover tra gli uomini delle rispettive rose: l'Inter ha fatto turnover, lo ha fatto il Liverpool, l'Atletico Madrid, il Lione, la Steaua Bucarest; tutte squadre con una tradizione europea più lunga e consolidata rispetto a quella del Napoli. E in giro per il Continente sono già in tanti, tra gli addetti ai lavori più autorevoli, a considerare presuntuosa la "politica" della società partenopea e del suo allenatore: basti ricordare soltanto le dichiarazioni di tecnici di prestigio come Dick Advocaat (dopo la facile vittoria del suo Psv, nel penultimo turno) o Mircea Lucescu (il guru rumeno dello Shakhtar Donetsk, che alla vigilia aveva dato per spacciato il Napoli 2 contro il Dnipro).
Il turnover si può certamente fare, ma innanzitutto tarandolo sulle singole partite, poiché giocare al San Paolo con l'Aik Solna non è la stessa cosa che andare in Olanda e Ucraina per affrontare Psv e Dnipro (società gloriosa che, peraltro, con la vecchia denominazione russa di Dniepr ha anche vinto due titoli di campione sovietico durante gli anni Ottanta, quando poteva schierare in attacco il grande Oleg Protasov). E poi, turnover a parte, in campo bisogna mettere la medesima intensità riservata alle grandi sfide interne con le big italiane, intensità che è, d'altronde, una tra le caratteristiche del gioco del Napoli di questi anni e che, in campo internazionale, diventa elemento basilare per potersi confrontare con qualche chance di successo contro chiunque: nelle competizioni europee, infatti, si corre e si pressa in maniera dinamica e con una velocità e continuità nell'arco dei 90 minuti ormai quasi del tutto sconosciute nella nostra impoverita Serie A (e, in questi anni, proprio il Napoli di Mazzarri ha rappresentato, in tal senso, una felice eccezione...).
Le antipatiche dichiarazioni che Walter Mazzarri ha reso ieri sera, al termine della disfatta di Dnipropetrovsk, mi hanno lasciato un retrogusto amaro in bocca ("Questi giovani li dobbiamo vedere all'opera anche per capire fino a che punto possano essere utili anche in campionato. [...] D'altronde non abbiamo 22 top player nella rosa. Prendiamo Insigne e Vargas: io so bene che giocare a certi livelli in Europa non è come fare bene in Serie B o essere protagonisti in Cile. Sono i giornali che esaltano i ragazzi se fanno bene per dieci minuti"), come se il tecnico azzurro avesse voluto dimostrare alla società e all'opinione pubblica di avere a tutti i costi ragione per quel che concerne le proprie scelte e convinzioni, anche a rischio di bruciare qualche giovane talento come Lorenzo Insigne, che magari, se fosse inserito in un Napoli appena un po' meno sperimentale, potrebbe giocarsi meglio le occasioni che gli vengono concesse: perché, per esempio, non provare a schierarlo dall'inizio accanto a uno tra Pandev e Cavani, alternando questi due per un tempo a testa? E perché inserire Zuniga in una posizione assolutamente delirante, che ha danneggiato non poco anche lo stesso Insigne? Le domande, però, potrebbero continuare e riguardare anche portiere (Che bisogno ha, un "highlander" come De Sanctis, di fare turnover già a ottobre?), difensori (Uno tra Cannavaro e Campagnaro in campo proprio non serviva?) e centrocampisti (Inler, col fisico che ha, si sarebbe stancato così tanto a giocare 45 minuti?). Forse, per uscire indenni dalla Dnipro Arena (o magari per vincere), sarebbe bastata una formazione come questa: De Sanctis - Gamberini, Cannavaro (Campagnaro), Aronica - Mesto, Dzemaili, Inler (Donadel), Zuniga - Vargas, Insigne - Cavani (Pandev). E, naturalmente, tanta voglia in più...
Con tutto il rispetto per il Chievo (tradizionale "bestia nera" del Napoli), siamo proprio sicuri che battere i veronesi domenica sera al San Paolo sia (sarà) più difficile che giocare in trasferta contro un avversario di buon livello come il Dnipro, secondo in Ucraina dietro soltanto a quello Shakhtar Donetsk che oggi rientra certamente tra le cinque-sei squadre più forti d'Europa? Forse, se questo deve essere l'approccio alla seconda competizione continentale per club, il Napoli sarebbe stato più onesto se, al termine della scorsa stagione, avesse deciso di rinunciare a disputare l'Europa League, lasciando libero un posto per una squadra più motivata e che avrebbe prodotto minori danni al già disastrato ranking Uefa delle compagini italiane.

venerdì 19 ottobre 2012

tattica: adriano bacconi gioca juve-napoli in anticipo

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 19 ottobre 2012)

Il centrocampo della Juventus contro l'attacco del Napoli. Su questo piano si giocherà la supersfida di sabato. Una statistica parla chiaro a questo proposito. Il Napoli ha segnato finora col suo tridente 12 gol, l'86% dell'intero bottino della squadra. Modesto, molto più modesto il bilancio delle punte bianconere ferme a quota 8, pari al 47% del totale dei gol della Vecchia Signora. Come interpretare questo dato macroscopico in chiave scontro diretto? La lettura è abbastanza semplice. La squadra di Conte per fare gol deve attaccare con 2, a volte 3 reparti, producendo uno sforzo fisico, organizzativo e mentale enorme. Deve pressare altissimo, posizionare molti giocatori oltre la linea della palla e arrivare spesso al tiro con azioni molto manovrate. Quest'anno è cresciuta di 5 punti la percentuale dei gol del reparto offensivo (dal 42% della stagione scorsa appunto al 47%), ma questo miglioramente è dovuto ai 3 centri di Giovinco (peraltro inutili, fatti cioè a punteggio acquisito), altrimenti il problema del gol sarebbe, in casa Juve, ancor più pressante. Non è un caso che i passaggi completati dai bianconeri nell'ultimo terzo d'attacco siano circa 800 (300 in più di quelli del Napoli!).
La spiegazione è tattica e di mentalità. Mazzarri ha stabilito delle priorità precise in fase di possesso palla e al primo posto c'è l'equilibrio, ovvero: mai rischiare l'inferiorità numerica centralmente anche nelle transizioni negative (quindi due difensori marcano e uno scala), l'opposto deve chiudere sempre la diagonale (quindi difficilmente i due esterni si staccano contemporaneamente), i mediani devono stare attenti a darsi copertura preventiva (uno a sostegno dell'altro). Tutto questo produce una squadra accorta che difficilmente aggredisce alto ma che riesce a gestire la gara anche se non ha la palla nei piedi. Cosa che potrebbe accadere spesso a Torino. Se il pressing ultraoffensivo dei bianconeri non dovesse funzionare gli azzurri sapranno come sfruttare la situazione. Pandev e Hamsik avanzeranno sul lato debole dell'avversario per dettare il cambio di gioco e l'improvvisa ripartenza. La capacità di arrivare al tiro in pochi secondi del Napoli è unica forse nel mondo, grazie anche alla complementarietà tecnica dei tre marines d'assalto che hanno alzato, dall'anno scorso, il loro peso specifico in termini di gol dal 74% all'86% (considerando anche la rete di Insigne naturalmente). Mazzarri infatti ha diminuito il gioco in ampiezza e aumentato ancor più la ricerca della profondità.
Atteggiamento che si intuisce chiaramente vedendo la disposizione tattica del secondo tempo con l’Udinese. Sette giocatori ben ancorati nella propria metà campo, 2 attaccanti che partono larghi ma si accentrano e Hamsik pronto a inserirsi in verticale, come nell’occasione del gol del 2-1. Il tridente sembra apparentemente slegato dal resto della squadra ma così non è. La capacità di corsa e di leggere le situazioni di gioco di tutti i suoi interpreti rendono questo reparto comunque connesso col resto della squadra anche se le distanze appaiano a prima vista troppo lunghe. Sarà ancora una volta lo slovacco, cerniera lampo della squadra, la mina vagante che dovrà fare la differenza allo Juventus Stadium. Il suo duello con Pirlo caratterizzerà il match. Da una parte la sua capacità di rientrare e posizionarsi sulle linee di passaggio e la sua maggiore fisicità dovranno servire a rallentare, limitare e rendere più prevedibile il regista bresciano (decisivo coi suoi lampi anche con la Nazionale), dall’altra dovrà avere la forza di ripartire, la lucidità per servire i suggerimenti ai compagni, l'opportunismo di cercare ancora la via del gol.
Sapendo che conterà avere pazienza. Entrambe le squadre arrivano a tirare di più nella seconda parte della gara (10 tiri in più il Napoli, 11 la Juve). Ma attenzione! La maggior incisività della Juve nella ripresa è frutto di un maggior numero di passaggi fatti dalla squadra in zona d'attacco, quindi di un rischio calcolato che Conte si prende per sbloccare o chiudere le partite. Il Napoli no, aumentano solo gli spunti individuali, in particolare i dribbling. Nei momenti caldi del match il Napoli fa la differenza col maggior tasso tecnico dei suoi top player, senza bisogno di sbilanciare la squadra. Si potrebbe dire che mentre Conte nella ripresa deve sparigliare per vincere (come ha fatto a Siena mettendo Giaccherini ed Asamoah a fare i terzini in uno sbilanciatissimo 4-3-3), a Mazzarri basta più semplicemente tirar fuori l'asso nella manica (che sia Insigne?).

martedì 16 ottobre 2012

sempre più perplesso...

Perplesso, il Boemo scruta l'orizzonte...

lunedì 24 settembre 2012

il dottor stramamore, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba

Qualcuno può avvertire Massimo Moratti che Derek Zoolander non è adatto ad allenare l'Inter? Grazie.

domenica 16 settembre 2012

serie a: il nuovo che avanza!

Di Diego Del Pozzo

Forse anche nel calcio italiano sta finalmente arrivando il momento del nuovo che avanza, complice la profonda crisi economica che in estate ha provocato la "fuga" all'estero di tanti campioni stranieri affermati e strapagati. Sia come sia, comunque, meglio tardi che mai!
Il gol di Lorenzo Insigne in Napoli-Parma 3-1
Durante la terza giornata di Serie A, infatti, sono andati in gol ben cinque giovani talenti emergenti del panorama calcistico nazionale: Lorenzo Insigne (fresco di convincente esordio in Nazionale), Ciro Immobile, Gianluca Caprari (cioè il tridente d'attacco del Pescara zemaniano vincitore della Serie B 2011-2012), Marco Sau (lanciato due anni fa proprio da Zeman a Foggia in Lega Pro) e Alessandro Florenzi (centrocampista tuttofare della Roma allenata dal Boemo), tutti già grandi protagonisti dello scorso torneo cadetto.
Insomma, questa terza giornata di Serie A ha definitivamente acceso i riflettori su cinque possibili uomini-copertina del calcio italiano prossimo venturo, uniti dal comune "marchio di qualità" di un grande maestro di calcio e di vita e perfetti per proporsi in maniera convincente come simboli viventi della notevole qualità, troppo spesso snobbata dai club tricolori di prima fascia, presente nei tornei minori e nei vivai italiani.

sabato 15 settembre 2012

napoli: frustalupi racconta mazzarri alla vigilia del match col parma

Di Roberto Ventre
(Il Mattino - 15 settembre 2012)

Sempre al suo fianco. Collaboratore fidatissimo, Niccolò Frustalupi, il secondo di Mazzarri, quello che ne conosce tutti i segreti e ne ha seguito il percorso professionale in serie A che domani tocca le 300 panchine.
«Devo tutto a Mazzarri, il primo a credere in me, il tecnico che mi ha dato fiducia in questi anni. Ho imparato tutto ma proprio tutto da lui».
Walter Mazzarri e il suo vice Niccolò Frustalupi
Come si è incrociata la sua strada con quella di Mazzarri?
«Lavoravo nella Pistoiese dove svolgevo più ruoli. Il direttore sportivo Bini mi disse che dovevamo andare a prendere una persona e assistere con lui alle finali playoff Primavera a Padova. Questa persona era Mazzarri: guidavo l’auto e dai discorsi capii che sarebbe stato il nuovo allenatore della Pistoiese».
E da quel momento cominciò la collaborazione?
«Sì, mi ha portato nel suo staff tecnico, cominciai a fare l’osservatore alla Pistoiese, poi più avanti il viceallenatore, il ruolo attuale. Studio gli avversari e sottopongo le mie relazioni a Mazzarri che prende le sue decisioni».
La compattezza dello staff, uno dei punti di forza?
«Mazzarri dà grande importanza alla distinzione dei ruoli che ognuno cerca di svolgere al meglio. Poi tocca a lui prendere le decisioni dopo essersi confrontato con noi».
È il migliore allenatore in A?
«Senza ombra di dubbio, parlano i risultati. In carriera non ha mai fallito un obiettivo alla guida di qualsiasi squadra riuscendo a tirare fuori sempre il massimo dai suoi giocatori e anche di più».
Ce lo descrive nell’immediata vigilia delle partite?
«Cerca di prevedere tutto quello che potrebbe succedere nello sviluppo della gara e ne parla con noi collaboratori. Negli spogliatoi pensa a tutti gli eventi che potrebbero capitare sia in negativo che in positivo per poter apportare delle modifiche in corso».
Con voi parla molto anche durante la gara: cosa vi dice?
«Si rivolge a noi e ai calciatori in panchina, commenta le situazioni che avvengono in campo, le cose fatte bene, altre fatte male e altre che potrebbero farsi meglio».
Quali sono le sue caratteristiche migliori?
«Dal punto di vista tattico è bravissimo: è un perfezionista, studia ogni minimo particolare, cerca di capire quale possa essere anche qualche piccolo spunto per vincere le partite. È un perfezionista in tutto, non solo nella lettura della partita, in tutto quello che può far rendere al meglio i giocatori».
Un’altra qualità, la gestione del gruppo...
«La coerenza, questa è la dote maggiormente apprezzata dai calciatori. E poi è molto diretto con il gruppo, così gode della stima di tutti».
La volta che l’ha visto più felice?
«Dopo la vittoria in coppa Italia a Roma sulla Juventus, per una volta si è sciolto, liberando le sue emozioni dopo aver centrato un grande traguardo. Di momenti belli vissuti insieme a Napoli ce ne sono stati tanti, la vittoria a Torino per 3-2 sulla Juve, il pareggio con l’Inter al San Paolo con la qualificazione in Champions, la vittoria sul Manchester City».
E la volta che l’ha visto più arrabbiato?
«Dopo il pareggio 2-2 contro il Catania. Era incavolato nero, inavvicinabile».
Si arrabbiò anche con la squadra?
«Nel dopo partita non parla mai negli spogliatoi alla squadra sia in caso di vittorie che di sconfitte: la partita viene rianalizzata alla ripresa degli allenamenti».
Il Mazzarri lontano dal campo, come lo descriverebbe?
«Non stacca mai la spina, eccezion fatta per una ventina di giorni di vacanza a fine campionato. La giornata per lui dura 24 ore, il telefono è sempre acceso, vive per il suo lavoro».
In questi anni quanto è cambiato?
«È sempre lo stesso per quanto riguarda i principi base, l’approccio al lavoro, la voglia di ottenere sempre il massimo. Ha modificato di volta in volta la sua metodologia in base alle esperienze professionali che sono mutate di anno in anno».
Più va avanti in carriera e più fuma?
«Ha sempre fumato tanto e anche adesso credo fumi almeno un pacchetto. La sigaretta sempre accesa, tranne che durante la partita, poi recupera alla fine».
Quando il primo giorno di lavoro a Castelvolturno disse a luglio di essere il nuovo allenatore del Napoli, cosa pensò?
«Sorprese anche me, non sapevo nulla. Confermò la sua genialità, fu il suo modo per trasmettere nuovi stimoli a se stesso e al gruppo».

mercoledì 5 settembre 2012

un'inchiesta su calcio e camorra, pubblicata sul quotidiano "il mattino"

Di Gigi Di Fiore
(Il Mattino - 5 settembre 2012)

In campo, nel torneo di Promozione, era sempre aggressivo. Tirava calci, pugni, provocava. Luigi Baccante, detto Maurizio, giocava da mediano nel Marano e tutti sapevano che era un affiliato del clan Nuvoletta. Oggi è all’ergastolo, accusato di essere uno dei mandanti dell’omicidio di Giancarlo Siani.
Calcio e camorra, lo sport più popolare in Italia che, soprattutto nei piccoli centri e nelle serie minori, attira simpatie, consensi. Le squadre sono per questo appetite da dirigenti in odore di camorra. È successo per il Quarto calcio, arrivato fino alla serie D con la presidenza di Castrese Paragliola, imprenditore considerato vicino al clan Polverino. E succedeva, anni fa, con il Posillipo calcio a Napoli, che aveva in prima divisione dirigente-allenatore Giovanni Paesano, il boss del quartiere ucciso dinanzi all’ippodromo di Agnano il 4 giugno 1995. Nell’ottobre del 1980, Antonio Sibilia, presidente dell’Avellino in Serie A con simpatie per il boss della Nco Raffaele Cutolo, costrinse il suo calciatore di colore Juary a consegnare durante un processo una medaglia al noto capocamorra. Per la gioia di telecamere e giornalisti.
In tempi più recenti, quelli in cui inchieste della Dda napoletana sui clan sono incappate nelle intercettazioni del calcio scommesse, le sorprese sono state continue. Tutte legate al giro di affari delle scommesse legate al calcio controllate, anche nelle serie inferiori, dai clan camorristici. Raccontò, negli anni Novanta, il pentito Raffaele Giuliano di Forcella: "Fu mio fratello a inventarsi il sistema del totonero, il sistema delle scommesse clandestine legate al calcio. Già agli inizi, rendeva fino a 200 milioni di lire a settimana". E aggiunse il fratello Guglielmo, anche lui pentito: "Le scommesse rappresentano il maggior introito del nostro clan. Con il tempo, siamo arrivati a guadagnare due miliardi a settimana". Furono proprio i Giuliano ad accogliere, nella loro casa di Forcella, addirittura Maradona dopo la vittoria del primo scudetto del Napoli. Le foto del calciatore con Carmine Giuliano fecero il giro del mondo. E si parlò del pibe de oro e di camorra anche dopo il furto del Pallone d’oro alla Banca della Provincia di Napoli. Alcuni amici di Maradona si rivolsero ai Lo Russo di Miano, per cercare di recuperare i beni del calciatore rubati nel caveau durante la clamorosa rapina.
Il sindaco di Castellammare, Luigi Bobbio, ex magistrato, non ha mai perso occasione di denunciare le infiltrazioni del clan D’Alessandro nell’area stabiese. E non ne è stata estranea neanche la squadra locale, la Juve Stabia, che finì nell’inchiesta Golden goal per la partita con il Sorrento al centro di un appetitoso giro di scommesse. Due calciatori del Sorrento, ipotizzò l’indagine dei carabinieri, accettarono 25mila euro da esponenti dei clan stabiesi D’Alessandro-Di Martino per alterare l’incontro. I calciatori della Juve Stabia furono anche costretti da malintenzionati a rimanere in mutande dopo una trasferta. Denunciò due anni fa l’allora procuratore capo di Napoli, Giandomenico Lepore: "I clan sono sempre più attivi nel giro delle scommesse legate al calcio". Oltre alle scommesse, la squadra locale è anche un mezzo per apparire e attirare simpatie sul clan. A Pagani, provincia di Salerno, due dirigenti della squadra furono arrestati per associazione camorristica dalla Dda di Salerno. Ritenuti vicini al clan D’Auria Petrosino, da finanziatori della campagna elettorale del sindaco, bussavano a soldi al Comune, per la squadra: almeno diecimila euro all’anno.
Da una provincia all’altra. Albanova era il nome antico di Casal di Principe. Un nome dato alla squadra locale, che arrivò a sfiorare la promozione in C1 con la presidenza di Dante Passarelli, imprenditore dello zucchero morto in un incidente misterioso, considerato affiliato al clan dei Casalesi. Nel 1992, tra i dirigenti ci fu anche Francesco Schiavone detto Sandokan uno dei vertici della mafia-camorra casertana. Un famoso comunicato annunciò quell’ingresso societario: "Finalmente un raggio di sole nel Casale calcio. Il noto imprenditore Francesco Schiavone è entrato a far parte della dirigenza". L’investimento nella squadra serviva a far girare soldi, cambiarli, trasformarli. Riciclaggio, ma anche consenso sociale sul territorio. Allo stadio, si consolidavano le simpatie dei tifosi per un boss definito "solo un imprenditore". Anche la Mondragonese, sempre provincia di Caserta, squadra di Serie D, ha avuto dirigenza inquinata, con Renato Pagliuca, ex calciatore che fu reggente del clan La Torre. Diceva in giro di voler comprare il brasiliano Cerezo. La squadra era il suo giocattolo. Finì male, ucciso nel 1995.
Storie di camorra e di calcio inquinato. Nelle ultime inchieste sul calcio scommesse, protagonisti sono gruppi di clan slavi. Ma le squadre dei piccoli centri restano strumenti di potere e controllo sociale. E, su questo, le mafie sono molto sensibili. In Campania, come nelle altre regioni. Sicilia e Calabria in testa.

lunedì 3 settembre 2012

serie a: il napoli si conferma solido contro un'ottima fiorentina

Di Diego Del Pozzo

L'orribile terreno di gioco del San Paolo ieri sera
Partite come quella di ieri sera contro la Fiorentina il Napoli dello scorso anno le avrebbe pareggiate 0-0 o addirittura perse. Dunque, il fatto di essere riusciti a prevalere sull'ottima squadra allenata da Vincenzo Montella, pur non esprimendo un gioco particolarmente brillante né efficace, deve caricare positivamente gli azzurri e renderli pienamente consapevoli della propria forza: senza cali di tensione, infatti, questo potrebbe proprio essere l'anno giusto per provare a puntare a uno scudetto atteso dai tempi di Maradona. La squadra c'è, la rosa è più profonda e piena di valide alternative, l'esperienza e la convinzione sono maggiori e innesti come Britos e Behrami (ieri sera deludente, però) hanno reso ancor più fisico il gruppo di Walter Mazzarri. Ma, naturalmente, per puntare davvero in alto è necessario che Cavani si ripeta agli stessi livelli delle sue prime due stagioni partenopee e che Hamsik continui sulla strada di queste prime giornate.
Tornando a ieri sera, l'indegno campo di gioco del San Paolo (scandaloso!) ha reso il match più bloccato di quanto ci si sarebbe potuti immaginare alla vigilia, nonostante una Fiorentina volitiva e affascinante nella sua volontà di produrre incessantemente gioco abbia provato in ogni modo a "fare la partita". Il Napoli, forse anche per lo shock provocato dal fatto di doversi esibire su un vero e proprio campo di patate, non ha fatto più di tanto per vincere la gara, controllandola però sempre con una certa autorevolezza. Nel secondo tempo, il cambio tra uno spento Behrami e un più convincente e lucido Inler, però, ha provocato la svolta, concretizzata grazie a due suggerimenti da fermo di un ottimo Lorenzo Insigne (neo-nazionale di Prandelli: auguri!) sui quali ha finalizzato prima Hamsik (aiutato dalla decisiva deviazione di Borja Valero) e poi Dzemaili con una botta rasoterra da fuori area dopo respinta della difesa viola. Il forcing finale degli uomini di Montella, per fortuna, ha portato soltanto alla rete di Jovetic del definitivo 2-1.
E adesso, alla prima sosta per le Nazionali, il Napoli è al comando della classifica di Serie A, assieme alla Juventus campione in carica e alla Lazio del nuovo allenatore Petkovic. 

serie a: ancora una volta l'arbitro spiana la strada alla juve (e sono 3 su 3!)

Di Diego Del Pozzo

La seconda giornata di Serie A ha confermato che quest'anno chi vorrà opporsi alla Juventus campione in carica dovrà davvero sudare sette camicie, non soltanto per l'oggettiva forza della squadra bianconera ma anche per l'evidente extrabudget che, in fase di calciomercato, la dirigenza di casa Agnelli pare proprio aver destinato... ai "rapporti" con la classe arbitrale, in ossequio ai bei tempi moggiani non troppo andati.
Scherzi a parte, in questo inizio stagione, sta cominciando a diventare davvero fastidiosa la tendenza degli arbitri italiani a sbagliare - in modi clamorosi - sempre a favore dei bianconeri: tre match ufficiali e tre condotte di gara infarcite di inaudite decisioni errate che hanno sempre fatto partire la Juve con un vantaggio sull'avversario del quale, probabilmente, non avrebbe avuto bisogno (ma chissà, almeno nella finale-farsa di Supercoppa, cosa sarebbe accaduto con un arbitro degno di questo nome).
E anche ieri, per non rischiare più di tanto, lo 0-0 al Friuli di Udine è stato schiodato grazie a un generoso rigore e a una inesistente espulsione del portiere Brkic, dopo appena un quarto d'ora dal fischio d'inizio. Poi, certo, in undici contro dieci per quasi tutta la partita diventa più facile dominare i match e vincere 4-1 in trasferta. Ma, almeno per ora, andiamo avanti e incrociamo le dita... Certo che se il buongiorno si vede dal mattino...

sabato 1 settembre 2012

mazzarri e i suoi due napoli: "quest'anno niente titolarissimi!"

Di Diego Del Pozzo

Nella conferenza stampa odierna di presentazione di Napoli-Fiorentina (domani sera, ore 20.45, stadio San Paolo, seconda giornata della Serie A 2012-2013), Walter Mazzarri ha lanciato quello che sarà lo slogan della nuova stagione calcistica della sua squadra: "Quest'anno, niente più "titolarissimi" - ha dichiarato - ma più turnover, grazie a una rosa ben più profonda rispetto all'anno scorso".
Mazzarri indica la strada giusta al suo Napoli
E, in effetti, le giornate conclusive del calciomercato estivo hanno portato al Napoli alcuni calciatori di sicuro interesse e grande utilità, da inserire all'interno di una rosa che, attualmente, può davvero contare su due (o più) alternative per ciascun ruolo.
Ecco, dunque, la possibile formazione-tipo dell'ambizioso Napoli 2012-2013, con le alternative (in alcuni casi ben più che semplici riserve) indicate tra parentesi: De Sanctis (Rosati) - Campagnaro (Gamberini), Cannavaro (Fernandez), Britos (Aronica) - Maggio (Mesto), Behrami (Dzemaili), Inler (Donadel), Hamsik (El Kaddouri), Zuniga (Dossena) - Pandev (Insigne) - Cavani (Vargas). A questi 22 giocatori vanno aggiunti Grava, il neo-acquisto Bruno Uvini e il terzo portiere Colombo.
La profondità della rosa si evince ancora meglio schierando le due formazioni una contro l'altra:
Napoli 1 (3-5-1-1): De Sanctis - Campagnaro, Cannavaro, Britos - Maggio, Behrami, Inler, Hamsik, Zuniga - Pandev - Cavani;
Napoli 2 (3-5-1-1): Rosati - Gamberini (Uvini), Fernandez, Aronica (Grava) - Mesto, Dzemaili, Donadel, El Kaddouri, Dossena - Insigne - Vargas.
E credo che proprio questo cosiddetto Napoli 2, se ben amalgamato, possa difendersi piuttosto bene, sia in campionato che in Europa League. Peccato soltanto per la cessione di Walter Gargano a una diretta concorrente come l'Inter. Ma, si sa, nessuno è perfetto... 

europa league: sorteggio amico per il napoli, con psv, dnipro e aik

Di Gianluca Vigliotti
(Il Mattino - 1 settembre 2012)

Walter Mazzarri non è tranquillo: "È un girone da non sottovalutare - dice il tecnico azzurro - con squadre di prestigio come Psv ed altri due club che hanno dimostrato il loro valore nei turni preliminari e nei playoff".
Ma quali sono punti di forza e di debolezza delle avversarie? Ecco un piccolo vademecum.
Il gruppo del Napoli in Europa League 2012-2013
Psv Eindhoven. Gioca nel Philips Stadion (capienza 35mila spettatori). Ha vinto 21 campionati, 9 coppe d’Olanda e altrettante Supercoppe. Ha conquistato la coppa Uefa ’78 e la Coppa dei Campioni ’88. L’allenatore, Dick Advocaat, è tornato ad allenare il Psv Eindhoven vincendo subito la Supercoppa d’Olanda. Negli ultimi due anni è stato il ct della Russia. Ha guidato anche le nazionali di Belgio, Emirati Arabi e Corea del Sud. È stato allenatore della nazionale olandese dal ’92 al ’94 e dal 2002 al 2004. Advocaat ha già allenato il Psv Eindhoven nel periodo 1995-1998, vincendo un campionato, una Coppa d’Olanda e tre Supercoppe. Con i Rangers Glasgow ha vinto due campionati, due Coppe di Scozia e una Coppa di Lega. Alla guida dello Zenit in Russia ha vinto la Coppa Uefa e la Supercoppa d’Europa nella stagione 2007-2008. Advocaat schiera la squadra con il 4-3-3. Tra i pali gioca il polacco Tyton. La linea difensiva prevede sulla destra Hutchinson, al centro il brasiliano Marcelo e il capitano Bouma, mentre la corsia di sinistra è riservata a Willems. La gestione del centrocampo è affidata all’esperienza di Van Bommel, ex Milan, insieme a Toivonen e Strootman. Il tridente d’attacco vede Matavz, a lungo seguito anche dal Napoli, con Lens e Mertens ai lati. Il punto debole è la difesa, forte nel gioco aereo ma patisce le giocate rapide palla a terra. Le ripartenze delle avversarie possono mettere in difficoltà i centrali difensivi, lenti. Il punto di forza è l’attacco: Matavz è il terminale delle giocate insieme al belga Mertens ed a Lens.
Dnipro Dnipropetrovsk. Gioca nella Dnipro Arena (31mila posti). Ai tempi dell’Urss, la squadra ucraina ha vinto 2 scudetti, una Coppa e una Supercoppa. La società è controllata dal Privatbank Group. L’allenatore è Juande Ramos, spagnolo, che guida il Dnipro dal 2010. Nel suo ricco palmares spiccano i successi ottenuti con il Siviglia: due Coppe Uefa (2006 e 2007) e una Supercoppa Europea (2006), oltre a una Coppa del Re e una Supercoppa. Con il Tottenham ha vinto la Coppa di Lega inglese 2008. Una parentesi al Real Madrid. Ramos solitamente dispone la sua squadra con lo schema 4-2-3-1. In porta il ceco Lastuvka. La difesa a quattro prevede sulla destra l’utilizzo del centrocampista adattato Cheberyachko, i centrali difensivi sono Mandziuk e Mazuch, con il nigeriano Odibe ottimo sostituto, mentre sulla corsia sinistra c’è il croato Strinic. La coppia centrale di centrocampo è formata dal brasiliano Giuliano e dal capitano Rotan, con Kravchenko e Olijnyk buoni ricambi. Il forte nazionale ucraino Konoplyanka, insieme alla sorpresa Zozulya e ad Alijev ruotano alle spalle dell’unica punta, il croato Kalinic, vera stella del Dnipro, con il brasiliano Matheus valida alternativa. Il punto debole è il centrocampo: la tecnica e la lentezza di giocatori abili come Giuliano e Rotan, poco abituati al lavoro di contenimento, spesso mette in difficoltà il reparto difensivo. Il punto di forza è il fattore campo: la squadra, imbattuta in campionato, ha vinto 4 gare su 4, segnando 11 gol. Alla Dnipro Arena anche 4 al Liberec nel ritorno dei playoff di Europa League.
Aik Stoccolma. Gioca nello stadio Rasunda (36mila posti). Ha vinto 11 campionati, 8 coppe di Svezia ed una Supercoppa. L’allenatore, Andreas Alm, ha 39 anni ed è alla guida dell’Aik da due stagioni. Alm schiera la squadra con il 4-4-2. In porta Turina. La linea difensiva a quattro prevede sulla destra Tjernstrom, al centro la coppia svedese Karlsson e Backman, mentre a sinistra la corsia è affidata a Johansson. Lo schieramento di centrocampo prevede a destra Danielsson, a sinistra Lalawelè, mentre la coppia centrale è composta dal fantasista del Costa Rica Borges, e da Gustavsson. In attacco Lundberg e Lorentzon, due reti a testa nei turni di qualificazione di Europa League. Il punto debole è la difesa: come spesso accade per le formazioni svedesi, lo schieramento subisce la velocità degli avversari. Il punto di forza è la condizione fisica: la squadra svedese ha superato già tre turni di qualificazione di Europa League, eliminando Cska Mosca e Lech Poznan.

il napoli fa il botto all'esordio. e domani sera arrivano i viola

Di Diego Del Pozzo
 
Il Napoli ha iniziato la Serie A 2012-2013 domenica scorsa con una prova di forza davvero notevole contro il Palermo, sul terreno di gioco della Favorita: vittoria in trasferta per 3-0 e un dominio costante in ogni fase del match, con un Marek Hamsik assolutamente perfetto per come ha saputo finalizzare, suggerire, contrastare e "far legna" in mezzo al campo, interpretando le due fasi di gioco da calciatore totale con pochi eguali attualmente anche a livello internazionale.
Per avere un quadro più chiaro della reale consistenza degli azzurri di Walter Mazzarri, però, bisognerà attendere almeno il confronto casalingo di domani sera con l'affascinante nuova (rivoluzionata) Fiorentina allenata da Vincenzo Montella, perché il Palermo letteralmente annientato dalle reti di Hamsik, Maggio e Cavani mi è sembrato davvero ben poca cosa (e il povero Sannino ne avrà di lavoro da fare...).
In attesa della partita con i viola, comunque, mi piace riproporre la lucida analisi tattica di Palermo-Napoli 0-3, curata dall'esperto Adriano Bacconi e pubblicata martedì scorso sul quotidiano partenopeo Il Mattino. Eccola, qui di seguito. Buona lettura.
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Squadra con meccanismi perfetti. La vittoria porta il marchio Mazzarri
Di Adriano Bacconi
Marek Hamsik, uomo-guida del nuovo Napoli
Il Napoli riparte da Mazzarri, dal suo modo di intendere il calcio e dalla filosofia di gioco che ormai la sua squadra ha acquisito. La vittoria del Barbera è la vittoria di un gruppo che negli anni ha acquisito certezze nel modo di stare in campo, negli atteggiamenti, nelle relazioni di gioco, nella capacità di gestire i diversi momenti della gara. Già con la Juventus in SuperCoppa, nei primi 30', si erano visti segnali positivi. Il Napoli aveva messo in sotto i Campioni d'Italia sul piano del ritmo e della consapevolezza di sé. Gli episodi avevano poi stravolto l'andamento della finale di Pechino, interferenze che non hanno condizionato la gara di Palermo.
Il risultato, in questo caso è stato la logica conseguenza dello stratosferico predominio tecnico-tattico della squadra partenopea, che va ben oltre il 56% di possesso palla o il 9% in più di giocate nel terzo offensivo rispetto all'avversario. Sin dai primi minuti si è vista una squadra autorevole nella costruzione del gioco da dietro con Britos in grado di esprimersi finalmente compiutamente. I suoi lanci a cambiare gioco sono stati una valida alternativa all'inizio azione proposto fino all'anno scorso dal solo Cannavaro. Queste aperture hanno sistematicamente allungato all'indietro il Palermo creando lo spazio. L'alternanza delle giocate d'attacco del Napoli è uno dei segreti del successo azzurro.
La difesa a tre di Sannino è costretta a indietreggiare spesso fino al limite della propria area di rigore per non concedere profondità a Cavani. Si crea così lo spazio a centrocampo per la regia bassa di Inler e, tra le linee, per gli inserimenti devastanti di Hamsik.
In questo quadro tattico si inseriscono le azioni più importanti della partita, tra cui la clamorosa traversa di Cavani. L'azione parte con un lancio di Cannavaro sull'inserimento di Maggio a destra (altra costante del match). Subito Hamsik a sostegno, giro palla su Aronica e nuovo cambio gioco sull'esterno, questa volta posizionato sul secondo palo. Il Palermo in questo continuo spostamento della palla da destra a sinistra perde la bussola e perde, soprattutto, la marcatura di Cavani che può concludere indisturbato da un metro. Siamo al 42' e c'è una squadra sola in campo. Inevitabile il gol che arriva di lì a poco, questa volta su combinazione tutta rasoterra Inler-Maggio. Hamsik semina Barreto e detta il passaggio filtrante al compagno prima di fulminare Ujkani sul primo palo.
Lo slovacco dimostra personalità, opportunismo, condizione fisica. È lui l'uomo chiave del Napoli che vuol contendere lo scudetto alla Juventus. La sua duttilità tattica è impressionante. Rientra sotto la linea della palla in fase di non possesso, si muove senza palla con maestria sia sul gioco lungo, posizionandosi al posto giusto sulle sponde e sui rimbalzi, sia nel fraseggio breve, buttandosi negli spazi con perfetta scelta di tempo. È forse oggi il trequartista più completo del campionato italiano.
Nella ripresa si vede il Napoli a mio avviso migliore. Il Palermo parte carico, cerca di aumentare la velocità delle giocate, punta sull'estro e l'orgoglio di Miccoli. Ma gli ospiti ne vanificano ogni velleità continuando a gestire la palla con grande maturità tattica. Il Napoli non arretra il baricentro, non si affida al contropiede. Tutt'altro. Manda a vuoto il pressing dei rosanero con una circolazione palla molto lucida che prevede una fase di maggior fraseggio sull'out sinistro, dove Aronica fa valere la precisione del suo sinistro e una di accelerazione e finalizzazione a destra dove Maggio spinge come un forsennato e Hamsik si butta a creare la superiorità numerica.
Al 61' esce Insigne per crampi. Non lascia il segno sul match, come non lo lascia Behrami. Entrambi fanno il loro compitino ma si vede che devono ancora prendere confidenza con gli schemi di Mazzarri. Il tecnico livornese ci ha abituati a questo. Tutti i nuovi hanno bisogno di mettersi a studiare di buona lena per poter prendere dei buoni voti all'esame finale. Britos e Vargas (entrato nel finale e autore dell'assist a Cavani del 3-0) lo possono testimoniare. Solo ora, dopo un anno di apprendistato, iniziano a capire come si deve giocare nel Napoli.
Poco dopo Maggio stende Cetto davanti a De Sanctis, Orsato lascia correre. È l'unico neo di una partita altrimenti perfetta. A chiudere il conto ci pensa ancora la premiata ditta Hamsik (rifinitura di 30 metri di sinistro) - Maggio (controllo in corsa di petto e collo secco sul secondo palo). Se il buongiorno si vede dal mattino...

martedì 28 agosto 2012

la nuova stagione al via: il punto di fine estate

Di Diego Del Pozzo

L'estate sta finendo, potrei osservare tra Catalano e i Righeira. Con lei, però, sta finendo anche il tempo del chiacchiericcio del calciomercato (per la verità molto fiacco quest'anno, causa crisi, tranne che per lo sceicco parigino "pigliatutto"). Tocca di nuovo al campo, dunque, dare i propri verdetti, con l'inizio della nuova stagione calcistica.
Nel post precedente, ormai vecchio di un paio di mesi, salutavo l'arrivo di Giroud all'Arsenal come un rinforzo per l'attacco, mentre negli ultimi giorni di mercato i Gunners hanno ceduto Robin Van Persie ai rivali del Manchester United e Alex Song al Barcellona, in modo da prepararsi degnamente a non vincere nulla anche quest'anno. Per il resto, con un clamoroso immobilismo da parte del Mancity campione, in Inghilterra ha fatto acquisti soltanto il Chelsea trionfatore in Europa riaffidato a Roberto Di Matteo, aggiungendo in rosa, tra gli altri, anche un vero fuoriclasse come il trequartista belga Hazard.
In Germania, il movimento più rilevante mi sembra l'arrivo di Marco Reus ai campioni in carica del Borussia Dortmund, dove andrà a sostituire Kagawa, ceduto al Manchester United, con un saldo tecnico a mio avviso nettamente positivo. Anche la Liga, causa debiti delle banche spagnole che li foraggiano generosamente, s'è distinta per la sobrietà di Real Madrid e Barcellona, che hanno comprato rispettivamente solo Modric e la coppia Song-Alba.
Del "caso" del ricchissimo Paris Saint Germain ancelottiano non mi va nemmeno di parlare (bastano i nomi: Ibra-ThiagoSilva-Lavezzi-Verratti-Lucas), mentre è interessante capire come escono la Serie A e il calcio italiano da una sessione di mercato che, pure, ha fatto seguito alla rinascita del secondo posto europeo conquistato dalla Nazionale guidata da Cesare Prandelli.
Senza troppi giri di parole: il campionato italiano è diventato ancora più mediocre e povero tecnicamente, con la perdita di altri protagonisti di primissimo piano e con squadroni-guida come il Milan ridimensionati in maniera inattesa e, francamente, imbarazzante. Ciò non vuol dire che la nuova stagione non riuscirà a offrire momenti di divertimento e interesse agli appassionati, ma un po' tutti hanno dovuto fare i conti con debiti crescenti e con una liquidità sempre più limitata. Che sia la volta buona per far davvero giocare con continuità un po' di giovani in rampa di lancio?
Intelligenti mi sono sembrate le mosse di mercato dei campioni in carica della Juventus, che hanno aggiunto due ottimi giocatori come Asamoah e Isla, facendo anche tornare alla base (riacquistandolo a caro prezzo) Sebastian Giovinco. L'impressione, però, è che - almeno finora - manchi ancora quell'attaccante di livello internazionale capace di fare la differenza in Italia e in Europa, dove peraltro la ritrovata (anche nell'arroganza) Vecchia Signora non potrà contare sui favori arbitrali che, in ossequio ai bei tempi moggiani, l'hanno certamente agevolata nelle prime uscite ufficiali di stagione, con la farsa cinese della Supercoppa, in particolare, che griderà ancora vendetta per tanto tempo, così come il gol-fantasma di Muntari dello scorso anno, a mio avviso decisivo per il crollo psicologico del Milan e la conseguente conquista del titolo da parte dei bianconeri. E decisiva, in senso negativo però, potrebbe risultare pure la squalifica di dieci mesi del tecnico juventino Antonio Conte, importante in panchina per la grinta e la "presenza" con la quale sa guidare la propria squadra. Vedremo...
Per la lotta al vertice, dietro ai bianconeri piazzerei la Roma di Zeman, affascinante e talentuosissima, con i suoi tanti attaccanti e la guida di un grande Maestro come il Boemo, capace di ridare entusiasmo all'intero ambiente col suo solo ritorno sulla panchina giallorossa (e mi aspetto molto da Mattia Destro); poi, la solida Inter di Stramaccioni (ma basta giochi di parole col cognome dell'allenatore, please...), che ha addizionato in questi giorni Cassano-Gargano-Pereira agli altri nuovi Handanovic-Silvestre-Mudingayi-Palacio, rivoluzionando e ringiovanendo una squadra che era giunta, ormai, a fine ciclo; infine, il Napoli di Walter Mazzarri, libero dal peso psico-fisico della Champions League, ulteriormente maturato da quella decisiva esperienza, rinforzato dall'acquisto di Behrami e dall'approdo nell'undici titolare di un fuoriclasse come Goran Pandev, col campioncino di casa Lorenzo Insigne in rampa di lancio, con Gamberini a dare esperienza e profondità alla difesa, Britos titolare che va considerato un nuovo acquisto a tutti gli effetti, Cavani sempre più straripante già ad agosto, Hamsik ormai campione totale di livello mondiale e il giovane talento El Kaddouri pronto a dargli un po' di fiato quando se ne presenterà la necessità. A mio avviso, non peserà più di tanto la perdita di Lavezzi, mentre potrebbe farlo quella di Gargano, stupidamente ceduto a una concorrente diretta, alla quale porterà il suo dinamismo unico e quella capacità rara di rovesciare il fronte e ripartire come pochi altri centrocampisti. La vera differenza, però, potrebbe farla un allenatore come Mazzarri, che rispetto ai suoi altri colleghi di vertice siede da quattro stagioni sulla stessa panchina e, dunque, può guidare una squadra dai meccanismi già perfettamente rodati.
Senza dilungarmi ulteriormente, voglio chiudere con una meritatissima menzione per la nuova, affascinante Fiorentina di Vincenzo Montella, che ha messo assieme un trio di centrocampo unico in Italia per la tecnica e il talento che porterà sul campo (Borja Valero - Pizarro - Aquilani): mi incuriosisce davvero molto. E domenica prossima, alla seconda giornata di Serie A, arriverà al San Paolo per sfidare proprio il Napoli...

martedì 26 giugno 2012

l'arsenal rinforza l'attacco con olivier giroud

Dopo Lukas Podolski, preso già a maggio, l'Arsenal ha appena ufficializzato il suo secondo grande acquisto in vista della nuova stagione calcistica: il centravanti francese Olivier Giroud, proveniente dai neo-campioni di Francia del Montpellier. Eccolo, qui nella foto, con la bellissima maglia 2012-2013 dei Gunners.

sabato 17 marzo 2012

champions: il chelsea prende a spallate un napoli bello ma timido

Di Mario Sconcerti
(Corriere della Sera - 15 marzo 2012)

Finisce in una disfatta una partita che il Napoli per 60 minuti meritava di vincere. Poi c'è stato un resto dove tutto si è confuso e il calcio semplice degli inglesi ha portato gol abbastanza casuali. Non si può parlare di equilibrio in una gara che finisce 4-1, ma una gara del genere, se non fosse equilibrata, non finirebbe nemmeno ai supplementari. Il Napoli non ha avuto fortuna, sullo 0-0 ha giocato nettamente meglio, poi si è spaventato, è stato spinto fisicamente nella propria area e lì ha proseguito con urgenza la sua partita. L'impressione è che sia stata persa una straordinaria occasione, non in generale, ma proprio in questa singola partita. Il risultato è pesante per quello che si è visto sul campo, troppe tre reti di differenza. Ma sono tre reti arrivate a distanza di mezzora l'una dall'altra, dentro il solco della partita, segno che la qualità di resistenza del Napoli si è andata fiaccando minuto dopo minuto. Mazzarri ha perso quando gli spazi lasciati dal Chelsea nel primo tempo sono stati sfruttati dai suoi in modo accademico. C'è stata un po' di leggerezza, un piccolo abbandono davanti allo specchio. Ma il Chelsea non sapeva ripartire mentre il Napoli viaggiava in leggerezza. Il gol di Drogba, bellissimo, estremamente fisico, ha mescolato le carte mandando in confusione la sicurezza del Napoli. Il resto è stato tutto un inseguire. E bravissimo è stato il Chelsea a rimediare al gol di Inler. Dispiace perché c'è stato gioco. Il Napoli poteva passare o non passare, non era un problema di merito, era l'umore di una moneta lanciata in aria. Molto ha pesato l'infortunio di Maggio che nel Napoli è come il vecchio Maicon nell'Inter campione di tutto. È mancata la spinta che tirasse fuori la squadra dall' aggressività del Chelsea. In sostanza non c'è stata chiarezza tecnica, solo una serie di opportunità, una specie di sfinimento che alla fine ha prodotto una superiorità apparentemente indebita. Ma quando si segna tanto, si ha anche molti diritti. È stato forse questo l'angolo più incerto e più bello degli ottavi di Champions ma sempre ottavi erano. Fra le prime otto resta adesso una sola squadra italiana rimasta peraltro attaccata al torneo quasi per i capelli.
L'idea è che il Napoli abbia portato qualcosa di diverso in una Champions piena di 7-0, cioè di risultati improponibili. Mazzarri è il meglio del calcio all'italiana rivisitato nel tempo, ma non ha ancora l'esperienza. Quando rigiocherà questa partita non la perderà più, ma non so quando sarà. Resta il Milan, la sua vecchia tradizione di lusso e di forza, tramonta il vecchio e il nuovo (Inter e Napoli) del nostro calcio. Ma non dobbiamo rifondarci solo noi. La tempesta è di tutti.

champions: rimonta-shock del chelsea, che fa fuori il napoli

Di Luca Valdiserri
(Corriere della Sera - 15 marzo 2012)

Solo grazie. È tutto quello che si può dire al Napoli al termine di una partita di straordinaria intensità, una di quelle notti di coppa dove tutto è grande calcio: lo stadio, i giocatori, il pubblico, gli allenatori, la passione. È vero, il Napoli esce dalla Champions ai supplementari, contro il Chelsea, pagando la sua carenza sulle palle alte: nel 6-3 al Cagliari, in campionato, venerdì scorso, aveva concesso tre gol di testa a Larrivey e anche ieri sera le tre reti inglesi nei tempi regolamentari sono arrivate in seguito a colpi di testa (Drogba, Terry e Ivanovic che provoca il rigore). Però la squadra di Mazzarri ha onorato la competizione sempre. Ha fatto il possibile, che non è bastato perché si è trovata contro un Drogba assetato di vendetta.Giuste, giustissime le parole di De Laurentiis e Mazzarri, all'unisono,a fine gara: «Spiace, ma questo è un punto di partenza: è esperienza per il futuro». Di Matteo (tre partite e tre vittorie) si gioca la carta dell'esperienza e fa bingo. Giocano i grandi vecchi, contro il fantasma di Villas Boas: Cech, Terry, Cole, Lampard, Essien e Drogba. Tutti decisivi. Il dato sulle presenze in Champions League è impressionante: l'undici iniziale del Chelsea ne totalizza 558 e il Napoli 80. Numeri che peseranno. Mazzarri si affida ai titolarissimi, che non lo hanno mai tradito, e infatti il Napoli controlla l'inizio di gara, quello che il Milan non era stato capace di fare contro l'Arsenal. Lascia al Chelsea solo un tiro insidioso di Sturridge (6' ); semmai sono Hamsik, Cavani e Lavezzi a farsi pericolosi. Purtroppo sarà l'unico lampo del Pocho, ieri il peggiore in campo dopo tante gare eccellenti.
Il momento topico della gara è al 28': Maggio, fin lì tra i migliori, si allunga il pallone e Ramires entra come un treno, prendendo palla e avversario. Un colpo tremendo, che l'esterno paga 60 secondi dopo quando, zoppicante, non chiude il brasiliano che crossa comodamente: Drogba si avventa sul primo palo, brucia Aronica e mette in rete. L'inerzia della gara, però, è cambiata e il Napoli spreca un contropiede tre contro due con un tiro di Cavani in diagonale, che sfila largo. Il finale di primo tempo (con Dossena al posto di Maggio) è sofferenza pura: nei secondi di recupero Cannavaro salva a un metro dalla riga un tiro di David Luiz. Bastano due giri di orologio, nella ripresa, per il bis del Chelsea. Campagnaro non si intende con De Sanctis e regala un corner. Terry anticipa secco l'italo-argentino, trovando l'angolo lontano: è 2-0. Discorso qualificazione ribaltato. Sale prepotente il ricordo del tiro a botta sicura di Maggio, nel finale della gara di andata, salvato sulla riga da Cole.
Quando sembra tutto perduto il Napoli reagisce da grande squadra, come ha fatto per tutta la Champions League. Costringe il Chelsea sulla difensiva, mettendone a nudo i limiti del reparto arretrato. Come era successo a Villarreal ci pensa Inler, il migliore dei partenopei, con un tiro da fuori area: palla imprendibile per Cech e qualificazione di nuovo in mano della Banda Mazzarri, La partita è bellissima, tanto che sembra esserci un copione per trascinarla il più a lungo possibile quando, a un quarto d'ora dalla fine, Dossena si fa beccare in un chiaro fallo di mano in area su colpo di testa di Ivanovic. È rigore, Lampard lo trasforma e si va ai supplementari. Lì, nella terra di nessuno, esce un nome: Ivanovic. È lui, su assist di Drogba, a fare impazzire il Chelsea e condannare il Napoli. Ma mai come ieri avrebbero meritato tutte e due di andare avanti.

martedì 28 febbraio 2012

povera vecchia inter: il napoli la maciulla al san paolo...

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 28 febbraio 2012)

Il Napoli e l'Inter viaggiano in questo momento a due velocità diverse per poterci essere gara. I cambi di passo che mettono in mostra Dzemaili, Lavezzi, Maggio, Gargano, a tratti Cavani, sono veramente troppo per qualsiasi avversaria, figuriamoci per la scalcinata banda di Ranieri. Già al primo minuto si capisce l'antifona con il primo folgorante blitz. Campagnaro anticipa al volo Milito e in pregevole coordinazione al volo di collo piede serve nel cerchio di centrocampo Cavani. Stacco imperioso e sponda aerea per Inler, pronto a venire a sostegno. Prima ancora che la palla arrivi al mediano Lavezzi già taglia dentro all'interno di un stralunato Faraoni. Il lancio in verticale è leggermente lungo, l'azione sfuma ma si capisce che le scelte di Mazzarri sono giuste.
In fase di non possesso Dzemaili si abbassa nella zona di competenza di Cambiasso formando un folto centrocampo a 5. Anche Cavani partecipa scalando su Stankovic. In questo modo Inler e Gargano possono presidiare la trequarti ed ingabbiare sistematicamente Sneijder. Un atteggiamento interpretato perfettamente dai giocatori che non sono mai passivi ma accorciano e scalano avanti non appena i nerazzurri, sotto pressione, sbagliano un controllo o sono costretti al retropassaggio.
Appena recuperata palla l'obiettivo è mettere in difficoltà i terzini dell'Inter. A destra si cerca Maggio sulla corsa lanciata. È chiaro che nello stretto Nagatomo potrebbe avere un vantaggio competitivo, ma l'esterno del Napoli sulla potenza espressa una volta presa velocità non è secondo a nessuno. Viene cercato sui cambi di gioco lunghi dai mediani e dai difensori, in particolare da Cannavaro che è più inspirato e concentrato del solito. Sulla corsia opposta si arriva al cross dal fondo con la superiorità numerica che Lavezzi crea allargandosi e fraseggiando nel corto con Zuniga.
Gli attacchi del Napoli si susseguono a destra e a sinistra lavorando ai fianchi l'avversario senza soluzione di continuità. Per trenta minuti c'è una squadra sola in campo che pressa, costruisce, corre, finalizza ma non segna. L'Inter arretra, soffre, incassa ma resiste. E nel finale di primo tempo quando i padroni di casa hanno bisogno di rifiatare i nerazzurri riescono anche a creare l'unica opportunità del primo tempo con una punizione di Sneijder poco lontana dall'incrocio. È il primo e ultimo guizzo dell’olandese che nell'intervallo rimarrà nello spogliatoio insieme a Forlan, non pervenuto. Ranieri non è contento dei suoi. Non vuole più regalare la superiorità numerica al Napoli sulle fasce, quindi via libera a 3-5-2 con Cordoba a rafforzare il pacchetto difensivo e Pazzini in avanti.
Anche Mazzarri non sta a guardare. Stringe Lavezzi e Cavani per pressare i difensori nerazzurri sull'inizio azione e sposta Dzemaili nel mezzo nella zona di Stankovic. Piccoli accorgimenti che cambiano i flussi di gioco del Napoli e determinano alla fine il risultato. La densità centrale rende la partita più vischiosa, contrastata, confusa. Ma il pallino è sempre in mano agli azzurri.
La svolta al 14'. Dzemaili raddoppia su Milito, che sbaglia il controllo, soffiandogli la palla sulla linea mediana. Scatta immediata la transizione. Decisivo l'uno-due stretto e rapido con Cavani che taglia fuori Stankovic e Cambiasso. Si crea il «3 contro 3». Dzemaili punta con decisione Lucio e lo salta con facilità irrisoria. Baricentro basso e forza nelle gambe gli consentono di reggere il ritorno in tackle scivolato di Stankovic e di servire sulla corsa Lavezzi. Il Pocho, di prima intenzione con una frustata di piatto destro, incrocia verso l'angolo lontano, il lato debole di Julio Cesar che aveva già vissuto di recente anologhi momenti di impotenza con Miccoli e Rocchi.
Il gol cambia l'inerzia della gara. Le verticalizzazioni del Napoli trovano ora gli spazi che prima non c'erano e già Cavani potrebbe chiudere il risultato da lì a poco. Il Matador è però meno lucido del solito sotto porta. L'espulsione di Aronica rimette così in corsa l'Inter che nel finale con Pazzini potrebbe addirittura pareggiare ma il colpo di testa finisce a lato. Il Napoli può continuare a correre per provare ad agguantare il terzo posto.

giovedì 23 febbraio 2012

champions: il napoli europeo batte 3-1 il chelsea (in rimonta)

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 23 febbraio 2012)

Cavani... tanta roba! Il valore aggiunto di una squadra che inizia a cercarlo al primo minuto con lanci in diagonale e finisce richiamandolo a dare una mano in difesa fino all'ultimo istante. E il Matador risponde presente, come quasi sempre accade quando la posta in palio è alta, o altissima come in quest'occasione.
I suoi tagli defilati si capisce che sono studiati a tavolino. Gli azzurri lo cercano sistematicamente sapendo di una terza linea inglese spesso alta e non rapidissima nei ripiegamenti. Che il movimento sia scientifico lo si capisce quando al 47' Cavani segna di spalla il gol del 2-1 su lancio in diogonale di Inler. Azione in fotocopia con quella vista al 10', lancio identico dalla trequarti opposta del centrocampista svizzero, allargamento identico sull'out sinistro dell'attaccante uruguagio. Peccato che in questo caso Cech ci metta il piedone.
La partenza del Napoli è col piede giusto. La spinta non è costante ma a folate, come nelle sue caratteristiche, ma quando arriva l'onda il Chelsea vacilla. Purtroppo dopo tre opportunità targate Napoli arriva l'onda anomala che cambia per un po’ l'inerzia della partita. Gargano commette l'unico errore di una prestazione perfetta facendosi soffiare la palla da Ramires. Dalla ripartenza arriva il gol di Mata con Cannavaro che rimarrà psicologicamente condizionato dalla sfortunata topica andando completamente fuori sincronia per il resto della gara. Buon per il Napoli se alcuni suoi successivi passaggi a vuoto producono solo spaventi e non danni contabilizzabili.
L'1-0 trasforma una partita tattica in una gara tremendamente umorale. Il Napoli perde la sua dose di incoscienza, i giocatori non si predispongono bene alla fase di possesso, sbagliano molti passaggi e serpeggiano immotivati timori sulle veloci iniziative del tridente predisposto da Villas Boas. Sturridge, Drogba e Mata, che fino alla mezz'ora non si erano mai visti, aggrediscono ora gli spazi che il Napoli lascia. Ma proprio nel massimo picco del down arriva la seconda onda anomala del match quella che sommergerà il Chelsea. L'iniziativa è di Cavani che attacca ancora da sinistra, si accentra e chiede l'uno-due a Lavezzi. Ivanovic, Cahill e, soprattutto, Meireles (inguardabile per tutta la partita) si fanno distrarre da Cavani. Lavezzi può così spostarsi tranquillamente la palla sul destro e fulminare Cech sul palo lontano, 1-1.
Il gol si pensa possa ridare serenità al Napoli. Invece lo stato confusionale persiste. Hamsik è troppo defilato a destra per poter dare una mano alla manovra, Inler non riesce a fare il playmaker come dovrebbe, il reparto defensivo (ad eccezione di Aronica) è in fibrillazione. La squadra sembra aspettare con impazienza l'intervallo per riordinare le idee. Per fortuna ci pensa Cavani col suo guizzo alle spalle di Ivanovic a rimettere a posto le cose prima che Frustalupi possa dire la sua nello spogliatoio.
Comunque il secondo di Mazzarri qualcosa dice lo stesso, visto che il Napoli torna in campo con un'approccio molto più razionale. In fase di non possesso sette giocatori si abbassano compatti e difendono ai 30 metri. Hamsik rimane sopra la linea della palla per far partire il contropiede. Sull'azione manovrata, invece, lo slovacco si abbassa a ricevere palla facilitando il fraseggio del Napoli.
La gara riprende un suo filo logico. Chi perde prova a fare la partita, chi vince copre e riparte... con Cavani che serve due assist d'oro a Lavezzi su altrettanti svarioni di una delle difese più scarse della Champions League. La prima volta è la premiata ditta Luiz-Meireles a regalare il pallone a Cavani, nella seconda Luiz fa tutto da solo andando a vuoto sullo stop a rientrare dell'attaccante azzurro. Lavezzi capitalizza il 50% delle occasioni che gli capitano (una media altissima rispetto ai suoi standard) e regala il 3-1 ai suoi.
Nell'ultimo quarto di gara entrano Lampard da una parte e Dzemaili dall'altra. Il primo alza immediatamente il tasso tecnico del Chelsea ma manca della determinazione che il momento richiederebbe. Lo svizzero invece si butta nella mischia col piglio giusto. Il Napoli con lui in campo passa al 3-5-2 con Hamsik temporaneamente (da lì a poco lo sostituirà Pandev) spostato in attacco. Giusto il tempo necessario per confezionare l'ultima enorme palla gol della partita. Sterzata sulla sinistra e passaggio delizioso per Cavani che, però, è controtempo. Come sempre a rimorchio arriva Maggio che calcia a colpo sicuro. Cole, che sulla finta di Hamsik era finito dentro la porta, ha un guizzo da tarantolato e salva d'istinto. Sarebbe stato il gol del ko ma vogliamo pensare che la dote sarà comunque sufficiente tra 20 giorni a Londra.

domenica 19 febbraio 2012

lavezzi e il "tempo fuor di sesto" secondo marco ciriello

Di Marco Ciriello
(Il Mattino - 19 febbraio 2012)

Chi ha visto Lavezzi lanciato verso la porta con la Fiorentina ha intuito che era troppo veloce rispetto agli altri, anche a se stesso, e ha rischiato di non segnare. Poi ha calciato e tutto è tornato alla normalità. Ma per un attimo è stato più veloce del pensiero stesso di lanciarsi verso la porta avversaria. Sembrava Jannacci, che è sempre in anticipo sui propri pensieri, e soprattutto Eduardo che aveva un tempo tutto suo. Per me Eduardo è irrappresentabile oltre se stesso, nessuno può avere il suo tempo dilatato (nel presente), come nessuno ha il tempo dilatato (in avanti) di Lavezzi (qui, nella foto, mentre supera Cassani della Fiorentina).
Le sue partite sono come i viaggi di Doc Emmett Brown della serie Ritorno al futuro. Avanti e indietro nel tempo. Con lui sembra di avere, oltre l’Hd, l’asincrono di Ghezzi che da Fuori orario è arrivato in campo. Lui corre, gli altri vanno al rallentatore. Magari non tutti ci fanno caso, ma Lavezzi in alcuni momenti della partita porta il tempo fuori dai cardini, in un senso o nell’altro (“The time is out of joint”, il tempo è uscito dai cardini – Amleto primo atto, scrive Shakespeare). C’è un eccesso di velocità che spinge il calciatore fuori da tutto, al punto di sembrare elastico, e infatti, quando non gioca il Napoli pare muoversi in collegamento satellitare. Quando, invece, è in campo, ed è in grado di reggere “il peso del tempo”, la squadra ha una velocità superiore, e in alcuni momenti riesce persino a rendere presente quella di Lavezzi, anche solo per tre minuti, lui si asincronizza, se ne va, si estranea e crea un nuovo mondo e una nuova partita e un nuovo tempo. Ovvio, non è cosciente di questo, come i Beatles prima di battere Gesù in popolarità o Springsteen con Reagan. Per dire, la velocità di Sanchez, che se la gioca con Willy il coyote col carico di finte di Ronaldo, è comunque ordinaria e soprattutto in sincrono con la sua squadra.
Guardandolo non si ha visione dell’uscita dal tempo, ma solo di una accelerazione di questo, una velocità compatta e costante. Con Lavezzi no, la differenza salta agli occhi, proprio come quella tra bufalo e locomotiva. Sotto porta risulta indecifrabile, se pensa sbaglia, se va a istinto centra, se rallenta finisce tutto. Il gol a Firenze è nato da una palla che stava per smarrirsi sopra la sua testa, era il 92esimo, un calciatore normale che ha il senso del tempo è stanco, lui no, la sua velocità rischiava di scavalcare il pallone. Parte dalla sua metà campo, senza affanno, scavalca Salifu prima e Nastasic dopo, e con un gesto di retroguardia, il piede destro: rimasto nel tempo normale, rimedia, segnando alla sinistra di Boruc. Gol, finalmente. Sembra che la porta sia il non tempo, con cui ha un conflitto, e non sempre vince. Lavezzi è uno dei pochi calciatori che è un incontro di più tempi e quindi di più velocità. Un suo simile è Federer che fa cose semplici a velocità impensabili. Lavezzi è un supereroe impacciato: un Uomo Ragno che precipita d’improvviso per poi riuscire a dondolarsi tra i grattacieli, un Mandrake alle prime armi, qualche volta controlla la sua velocità, altre no. Spesso è vittima di questa speditezza, e ne ha pagato anche le conseguenze, in moltissime partite, anche nella stessa di Firenze: in passato critici e tifosi hanno espresso perplessità sul calciatore argentino per lo scarso numero di gol, proprio perché non conoscono le sue difficoltà con la variabile t, pari alle cattive, involontarie, frequentazioni fuori dal campo. Sbaglia, inciampa, cade. Si rialza e rimane come tutti quelli che non si spiegano al presente. Che vivono il tempo come una disavventura. Estraneo. Ogni campo una dimensione, ogni partita un tempo da violare. A volte in sincrono, a volte no. Perso dietro l’Alice di Carroll.

un napoli ritrovato espugna firenze: l'analisi di bacconi

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 19 febbraio 2012)

Cresce la febbre per la Champions, cresce il rendimento del Napoli. La squadra di Mazzarri ritrova finalmente tutte le sue caratteristiche vincenti: concentrazione, marcature ad uomo rigide, esplosività nelle ripartenze, grande concretezza sotto porta. La Fiorentina non è praticamente mai in partita travolta dal dinamismo e dalla determinazione agonistica dell'avversario. L'uomo chiave di questo ritrovato equilibrio tattico è Hamsik. Lo slovacco si sacrifica non poco a centrocampo nella fase di non possesso, soprattutto nel primo tempo, marcando ad uomo Montolivo ma non rinunciando mai a ripartire. E quando lo fa per la Fiorentina sono sempre guai. Le sue giocate sono essenziali e puntano esclusivamente alla massima efficacia. Mai un tocco di troppo, mai un gesto fine a se stesso. I gol che decidono la partita, quelli di Cavani, sono frutto della sua lucidità nel vedere i movimenti di smarcamento di Cavani e nel servirlo coi tempi giusti e la necessaria sensibilità tecnica (qui, nella foto, mentre esulta assieme ai suoi compagni).
Il primo: riceve palla nello stretto da Lavezzi, stop di piatto destro per proteggere la palla dalla pressione di Natali, tocco di piatto sinistro per girarsi e attrarre su di sé anche Gamberini, passaggio filtrante di interno sinistro nel corridoio tra i due difensori viola. Il secondo: si propone tra le linee per ricevere la sponda di Cavani che attacca subito la profondità tenuto in gioco dal rientro di Cassani, passaggio di piatto, secco, apparentemente facile, di prima intenzione a liberare il Matador davanti a Boruc.
Decisivo anche l'apporto di Hamsik alla fase difensiva che si evidenzia nell'unica sua distrazione. Al 39' del primo tempo si dimentica di seguire Montolivo. Il centrocampista della Nazionale può accelerare centralmente e liberare al tiro Amauri fermato da una segnalazione di offside che non c'è. Forse è proprio in quel momento, quando Mazzarri lo richiama ai suoi obblighi, che capisce quanto è importante il suo sacrificio per la squadra. Ma anche gli altri non stanno a guardare. Dove non arriva Hamsik ci pensano Cavani e Lavezzi sempre pronti a rientrare. È questo l'atteggiamento che Mazzarri vorrà rivedere contro il Chelsea martedì prossimo. E vorrà rivedere anche molte altre cose positive viste a Firenze. Innanzitutto la grande applicazione del reparto difensivo. Le marcature ad uomo sono efficaci perché la terza linea ha sempre un uomo in più che garantisce la copertura alle spalle del difensore che va ad aggredire.
Piace ancora molto Grava, il difensore più rapido a disposizione del Napoli, ma piace, questa volta, anche Cannavaro, finalmente puntuale nelle chiusure e in grado di trasmettere tranquillità a tutto il reparto. Anche gli esterni traggono giovamento da questa ritrovata coesione tattica. Maggio e Dossena trasformano spesso la linea difensiva da tre a cinque, permettendo una più rigorosa chiusura dei corridoi centrali. In attacco si vedono solo saltuariamente, ma quando è il momento di proporsi lo fanno con decisione e tempismo. Nel mezzo il traffico è smistato da Inler e Dzemaili. I due connazionali svizzeri non devono mai strafare. Fanno scudo davanti alla difesa e servono rapidamente i compagni smarcati in avanti permettendo una sollecita fase di transizione.
Certo i meriti del Napoli sono dilatati anche dalla Fiorentina che ci mette del suo, così come il suo allenatore. Delio Rossi non sa fare di meglio che togliere Montolivo dal cuore del centrocampo quando lo vede braccato sistematicamente da Hamsik, mettendo nel mezzo, ad inizio ripresa, un impacciato e lento Salifu, preso ripetutamente di mira dal pressing del Napoli. L'idea di riversarsi in avanti con un avventato 4-2-4, con Marchionni e Cerci sulle fasce, spacca la squadra che lascia praterie a disposizione degli azzurri che nel finale dilagano. Occorre, dopo questa larga vittoria, tenere alta l'asticella della tensione e affontare i Blues con lo stesso piglio. Ma l'arte di caricare il gruppo Mazzarri la conosce meglio di tutti.