mercoledì 14 dicembre 2011

libri sotto l'albero: un capolavoro di saggistica calcistica

Di Mario Pagliara
(Gazzetta.it - 12 dicembre 2011)

Involontariamente forse, ma Sandro Modeo, parlando di un genere, ne ha inventato un altro. Modeo ha scomposto la sublimazione del calcio totale di origine olandese, divenuto il punto più alto del calcio postmoderno incarnatosi nel Barcellona di Pep Guardiola, finendo per scrivere un libro-totale: l'ultima frontiera della saggistica sul calcio. Una narrazione complessa, a tratti sfuggente, che ha il calcio totale, il totaalvoetbal, come bussola ma che utilizza come strumenti della narrazione la biologia, la fisica quantistica, la neuropsicologia, la letteratura, la musica, l'arte, la storia e la geografia. La tesi è semplice: "Il calcio è l'unico fenomeno culturale innovativo in un'epoca così ripetitiva". Lo svolgimento, però, è complesso, argomentato, a tratti geniale: il calcio va analizzato come un'opera d'arte. Ne esce Il Barça, un bel libro, forse il più originale (anche il migliore) pubblicato nel 2011. Parla di un buon calcio e ci invita a una lettura appassionante.
Modeo naviga attraverso una doppia galassia parallela. Da un lato rimette ordine nella storia del calcio totale; dall'altro ricerca nella scienza e nelle arti il genoma di questa invincibile armata, il Barcellona di Guardiola. Il Barça dei giovani della Masia diventa nella prosa di Modeo esempio di un organismo geneticamente modificato. Il calcio totale non nasce in Catalogna, ma qui, seguendo la teoria "in quel luogo, in quel tempo e da quel polo di attrazione" professata nella prefazione dal nostro Paolo Condò, si evolve, si sublima, fino a raggiungere la perfezione. Così Vic Buckingham, Rinus Michels, poi Johan Cruijff, Bobby Robson e il colonnello Lobanovskij diventano i patriarchi del calcio totale; Sacchi, Zeman, Van Gaal, Rijkaard gli apostoli; e infine Guardiola. L'uomo che ha condotto il calcio totale all'eccellenza.
La metafora più affascinante a cui ricorre Modeo per rappresentare le dinamiche del gioco del Barcellona ci è parsa quella del Barça come il quantum di luce della fisica quantistica: ovvero, la continuità assoluta delle parti continue e di quelle discrete. "Non c’è un qui e un lì - scrive Modeo -, ma tutta una schiera di stati intermedi corrispondenti a miscele di quelle possibilità: un po' di qui e un po' di lì, sommati tra loro. E così il gioco del Barça è un continuum composto da parti discrete". Il calcio totale assume una dimensione polifonica e diventa una commistione di generi: come le Lezioni americane di Italo Calvino così il Barça è rapido, esatto, visibile, molteplice, complesso, leggero; è una squadra che suona come Kid A e Amnesiac dei Radiohead, o che sembra la suite dei Pink Floyd; oppure è una "squadra liquida", parafrasando la teoria della società liquida di Zygmunt Bauman, il più grande sociologo contemporaneo.
Modeo gioca nella sua opera un "piccolo" Clasico. Scrive: "Oggi le due tendenze calcistiche dominanti sono il sistema-Barça e la prospettiva-Mourinho. Non si tratta solo della rivalità frontale, quasi scacchistica, tra i due coach. Si tratta di due modelli culturali, paralleli e opposti". Il sistema-Barça è la massima espressione del calcio totale, nell'accezione più pura; la prospettiva-Mourinho si muove su parametri diversi: giocatori funzionali e congeniali al suo metodo, con i campioni ma non coi prodotti del vivaio, gioco attendistico, corsa e forza fisica. Il sistema-Barça è più completo e flessibile, sembra avere risorse infinite, lancia talenti e valorizza la Cantera, ha il senso dello spazio e la dominante del possesso della palla.
Il libro di Modeo ci è sembrato, in conclusione, la risposta a tutti quei discorsi da bar incentrati su "con quei giocatori lì, al Barcellona vincerei anch'io". Si propone come l'omaggio a una filosofia, si offre come il riconoscimento all'uomo umile e al tecnico innovatore Guardiola. Se il Barça è molto più che una squadra (mes que un club), tra le pieghe di questo saggio abbiamo trovato l'ennesima prova che il calcio è molto più di un gioco.

Sandro Modeo, Il Barça, Isbn edizioni - 208 pagine, 13.90 euro (prefazione di Paolo Condò, postfazione di Irvine Welsh)

domenica 11 dicembre 2011

liga: il barcellona ancora una volta padrone al bernabeu

Di Stefano Cantalupi
(Gazzetta.it - 10 dicembre 2011)

Il Clasico continua a essere proprietà del Barcellona. Il 20 aprile 2011 continua a essere la data dell'unica vittoria di Mourinho su Guardiola da tecnico del Real Madrid, in 8 incontri. Il 7 maggio 2008 continua a essere il giorno dell'ultimo successo dei blancos nelle sfide col Barça in campionato. E, soprattutto, i campioni in carica continuano a dettare legge in quanto a gioco, classe e qualità, al di là di ogni numero e al di là di quello che dice la classifica. Il Real Madrid perde 1-3 la partitissima del Bernabeu, anticipo della 16ª giornata della Liga. E si fa agganciare al comando, anche se resta virtualmente a +3 per via della gara da recuperare rispetto agli eterni rivali.
La prima notizia degna di nota della serata precede addirittura il fischio d'inizio: è lo schieramento scelto da Mourinho, che opta per una mezzapunta in più (Ozil) e un mediano in meno (Khedira) nel 4-2-3-1, con tanti saluti all'atteggiamento sparagnino della scorsa stagione. Guardiola preferisce Sanchez e Fabregas a Pedro e Villa come cast di supporto di Messi nel trio d'attacco, mentre cosa volesse fare in difesa non lo sapremo mai. Il motivo? Semplice: dopo 23 secondi è già 1-0 per il Real Madrid, perché Valdes liscia malamente un rinvio dal fondo e Busquets viene centrato prima dal passaggio di Di Maria e poi dal tiro sballato di Ozil, con la carambola che finisce a Benzema prontissimo a insaccare. E a quel punto, pur con Alves, Piqué, Puyol e Abidal contemporaneamente in campo, Pep passa subito alla difesa a tre.
Il gol immediato fa sì che la partita si apra immediatamente, con Casillas che al 7' è già chiamato al primo intervento da "san Iker" sul rasoterra di Messi. Ma il Real Madrid, che può chiudersi e ripartire, non sta a guardare e con Ronaldo ha due chance di raddoppiare: fiacco il primo tiro, orribile il destro con cui spreca un sublime assist di Benzema. Poco prima della mezz'ora iniziano le sportellate: la classe leggera e sgusciante di Messi e Di Maria propizia le ammonizioni di Xabi Alonso e Sanchez, mentre qualche minuto più tardi è il Pallone d'oro a beccarsi un giallo per proteste e a rischiare il clamoroso rosso per un intervento pericoloso prima dell'intervallo. La "panolada" del Bernabeu non convince un arbitro di personalità come Fernandez Borbalan. In mezzo, però, la Pulga trova modo di far qualcosa che cambia la storia del match, vale a dire l'assist filtrante che ispira l'1-1 di Sanchez, con l'ex Udinese che elude il rientro del duo portoghese Coentrao-Pepe e trova l'angolino basso col destro in diagonale.
Dagli spogliatoi esce di nuovo meglio il Real Madrid, Ronaldo fa ammonire Piqué e calcia un paio di punizioni, la seconda delle quali scalda le mani a Valdes. Poi, però, il flipper che si era messo in moto sul vantaggio madridista si aziona nuovamente, premiando stavolta i catalani: Xavi calcia di destro al volo, il pallone incoccia Marcelo e finisce in porta dopo aver ingannato Casillas. Il Barça la sfortuna se l'era andata a cercare con la follia di Valdes, il Real invece è solo jellato, ma la sostanza non cambia. La botta dell'1-2 è forte per i blancos, Mourinho prova a scuoterli inserendo Kakà per lo spento Ozil, ma i cambi successivi dello Special One saranno dettati dalla disperazione, visto che Khedira deve rilevare un Diarra a rischio rosso e Higuain fa il suo ingresso nel match al posto di Di Maria quando il Real Madrid è già sotto di due gol. Sì, perché il Barça punisce un altro incredibile errore di Ronaldo (colpo di testa fuori da pochi passi) con la rete dell'1-3. E la dimostrazione di che razza di squadra sia questa viene dal fatto che a confezionare il gol siano i due blaugrana fin lì più opachi, con Alves a pennellare il cross e Fabregas a tuffarsi per la zuccata imparabile.
Resta quasi mezz'ora di tempo al Real Madrid per tentare la rimonta, ma non c'è più la forza mentale per farlo. Benzema e Kakà avrebbero la chance di riaprire il match, ma per ogni occasione madridista ce ne sono tre catalane, con Iniesta che porta a scuola tutti i presenti sul campo e anche chi lo fischia al momento della sostituzione al 90'. Quando l'arbitro decide che può bastare, la conclusione del 216° Clasico (85ª vittoria del Barça contro le 86 della Casa Blanca e 45 pareggi) coincide con la riapertura ufficiale della Liga, semmai qualcuno l'avesse considerata chiusa. Il popolo del Bernabeu esce deluso, tributando comunque un coro a Mourinho. Ma il portoghese ha altro per la testa: dovrà evitare che le cose prendano la piega della scorsa stagione, quando la prima sfida di campionato col Barça segnò i mesi successivi, fino al trionfo totale blaugrana. L'unica sua consolazione è che almeno, stavolta, la sconfitta non costa il sorpasso in vetta. Chissà se basterà? Intanto stringe la mano a Tito Vilanova a fine match, un gesto che gli fa onore, dopo i colpi proibiti tra lui e il vice di Guardiola nella Supercoppa spagnola. Annotazione finale: Ferguson a maggio scelse di sfidare il Barça senza chiudersi troppo e il Manchester Utd perse la finale di Champions League per 3-1. Notate qualche similitudine con la scelta di Mourinho di stasera e con l'esito della stessa?

giovedì 8 dicembre 2011

champions: nel "gruppo della morte" si qualifica il napoli!

Di Mario Zaccaria
(Ansa - 7 dicembre 2011)

Tutti in coro ''Oj vita, oj vita mia''. Cantano i quattromila tifosi del Napoli allo stadio El Madrigal. Gli azzurri sono negli ottavi di finale di Champions League. Per una squadra "rinata" da pochi anni dopo il fallimento è un traguardo prestigioso, grazie al quale la squadra, l'allenatore, il presidente entrano nella storia della società che non aveva mai realizzato un'impresa simile. Serviva una vittoria al Madrigal di Vila-Real e il Napoli la realizza. Senza grandi affanni, senza troppe sofferenze. D'altronde - e lo si era ben capito in occasione dei cinque precedenti incontri del girone - in questo momento la differenza tra le due squadre è netta. Il Villarreal è in crisi profonda e non è un caso che concluda con zero punti in classifica la sua stagione europea.
L'impresa del Napoli è davvero eccezionale (qui, nella foto, l'esultanza dei calciatori azzurri dopo il primo gol di Inler). A Vila-Real mai nessuna squadra italiana era riuscita a portar via l'intero bottino. La squadra di Mazzarri, però, scende in campo con una sola idea in testa: la vittoria. Troppo diversa la determinazione tra le due squadre in campo, troppo grandi le motivazioni del Napoli, troppo pressanti, nella mente e nel cuore dei giocatori del Sottomarino giallo, i problemi di classifica nella Liga per trovare la concentrazione giusta e la forza mentale di giocarsela fino in fondo. "Perché, per chi", si saranno inconsciamente chiesti i padroni di casa? Spazzati via, fugati in una notte magica per il Napoli e per Napoli anche i dubbi e le preoccupazioni del presidente De Laurentiis su un ipotetico premio a vincere che il proprietario del Manchester City avrebbe potuto mettere in campo per alterare artificiosamente gli equilibri del girone e favorire la sua squadra a danno dei partenopei.
All'inizio, per la verità, il Napoli è contratto e timoroso. Nel primo tempo, anzi, gioca la sua peggior partita nel torneo di Champions. Si vede lontano un miglio che gli uomini di Mazzarri sentono la responsabilità di un momento così importante. Sembra quasi che ai partenopei tremino le gambe, che siano più concentrati a difendere la propria porta, piuttosto che proiettarsi in avanti alla ricerca del gol decisivo. Il gioco è equilibrato e le azioni si svolgono ora da una parte ora dall'altra. In campo non c'è cattiveria, anche se l'arbitro norvegese Moen dispensa diverse ammonizioni tra gli spagnoli. Il centrocampo del Villarreal è quasi sempre in inferiorità numerica perché Hamsik scala molto spesso dietro la linea d'attacco per dare una consistente mano in mezzo al terreno di gioco. Ma nonostante ciò, è sull'impostazione delle manovre offensive che gli azzurri appaiono in difficoltà. Quando parte l'azione, chi deve farsi trovare a centro dell'area per la finalizzazione è sempre troppo lento e arriva in ritardo.
Nelle primissime fasi di gioco il Napoli si procura una limpida occasione con Zuniga che conclude debolmente tra le braccia di Diego Lopez. Per tutto il resto del primo tempo, sotto le due porte, nulla da segnalare. La ripresa si apre con una limpida opportunità per De Guzman che si impappina solo davanti a De Sanctis e non riesce a concludere. Poi per forza d'inerzia è il Napoli a guadagnare campo, a mantenere con più continuità in mano il pallino del gioco e a cominciare ad affacciarsi minacciosamente in area di rigore. Dopo un paio di occasioni fallite, Inler trova dalla distanza la via della porta. La replica è affidata a Marek Hamsik e la partita può dirsi conclusa. Rimane solo spazio per la gioia dei tifosi partenopei che hanno invaso il piccolo stadio spagnolo. Ed è solo l'inizio dei festeggiamenti, destinati a durare a lungo, per il raggiungimento di un traguardo che a inizio di stagione sembrava solo un miraggio.

lunedì 5 dicembre 2011

addio a socrates: l'omaggio di uno scrittore calciofilo

Di Marco Ciriello
(Il Mattino - 5 dicembre 2011)

Era uno strano tipo di calciatore. Aveva la faccia da Cristo allegro del sud, i ricci, la barba nera e folta, era alto (1,93 con un 37 di piede), predicava Gramsci, giocava a calcio in modo elegante e sorrideva triste: Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieria de Oliveira (57 anni). Morto ieri a San Paolo, per una infezione intestinale che si era andata ad aggiungere a un quadro clinico disastrato, conseguenza dell'abuso di alcol. Era uno splendido perdente, capitano di un Brasile meraviglioso (con Junior, Serginho, Zico, Eder, Falcao, Cerezo) che non riuscì a vincere i due mondiali che doveva avere in tasca (1982-1986).
"Sócrates Souza, pediatra", diceva la targhetta di lato all’entrata di casa sua. Sì, perché lui era anche dottore, anzi lo era prima di essere calciatore, poi cantante, pittore, commentatore sportivo per giornali e tv. Ma la passione era la medicina non era mai venuta meno: "Il calcio si esaurisce presto - diceva -, la medicina resta e serve di più". Era il riassunto di un'epoca e di un pallone che non c'è più. Socrates non correva, pensava. Non crossava, la dava di tacco. Se dribblava era per tirare in porta e segnare, non per superare l'avversario. Si muoveva a testa alta, con uno stile da aristocratico. Mai stato veloce, agile sì. Aveva lunghe gambe e un tocco leggero. Era una gazzella marxista, un po' intellettuale e molto cazzaro. Non aveva la disperazione di Garrincha anche se poi li ha fregati entrambi l'alcol, ma gli è mancata la determinazione che calciatori molto meno bravi di lui hanno avuto, vincendo il mondiale.
Il suo gol all'Urss, a Spagna ’82, è indimenticabile: un dribbling, una finta che apre la difesa e tiro da fuori area che si infila nell'angolo alto. Braccia alzate dentro maglia gialla e verde. Anche quello che fece a Zoff non era male, gliela mise tra lui e il palo, con una potenza e una velocità che tradirono per un attimo il suo animo: ai mondiali succede (segnò molto per un centrocampista: 76 gol in 157 partite ufficiali con le squadre di club, 22 reti in 60 partite con la maglia del Brasile). C’era in lui e nel suo gioco una sorta di ricorso alla semplicità, all’utilità della squadra, che poi erano anche i principi della democrazia corinthiana, un esperimento che Socrates si inventò durante gli anni della dittatura brasiliana. Applicare il socialismo in campo e nella vita della squadra, in attesa di estenderlo al Paese, usare le maglie e i corpi dei giocatori per inviare messaggi di democrazia. "I calciatori sono artisti e quindi hanno molto potere nelle loro teste", diceva fiducioso, poi ha cambiato idea vedendo il nuovo calcio.
Per lui, il pallone era la continuazione non solo dei giochi ma anche dei libri di infanzia e giovinezza. Ammirava i filosofi greci - "Una degna professione" - e raccontava a tutti che stava finalmente scrivendo un romanzo, sui mondiali in Brasile del 2014 con l’Argentina che vinceva. Chissà se era una storia come la canzone Notte speciale per un disco rimasto inedito, che parlava di un uomo che aspetta la donna che ama e per non fare figuracce si mette a pulire la casa prima dell’appuntamento, "soprattutto la cucina, mi piacciono le metafore". Però in Italia disse chiaro e tondo che un anno, alla Fiorentina, poteva bastare, se ne tornò in Brasile. Il campionato italiano richiedeva sacrifici che non poteva accettare. Ribadendo il suo diritto di fumare, bere e giocare un calcio diverso. La sua vita è stata una corrida lenta, allegra e senza cadute, peccato sia arrivato in fretta alla fine.

mercoledì 23 novembre 2011

champions: un grande napoli batte il city e lo scavalca nel girone

Di Mario Zaccaria
(Ansa - 23 novembre 2011)

A volte i miracoli si realizzano. Anche nel calcio. Il Napoli batte 2-1 il Manchester City e lo scavalca in classifica. Ora la qualificazione agli ottavi di finale della Champions League non è più soltanto un sogno. Certo, occorrerà vincere l'ultima partita a Villarreal, per essere matematicamente certi, ma a questo Napoli dei miracoli nulla appare impossibile. Oggi serviva la partita perfetta ed il Napoli l'ha giocata. La vittoria degli azzurri non ha nulla di casuale. E' meritatissima ed anzi, viste le occasioni create, il risultato finale avrebbe potuto e dovuto essere ancora più rotondo. Il Manchester City conferma quello che si era visto nella partita d'andata, quando solo una punizione di Kolarov aveva nascosto le magagne: la squadra di Mancini soffre il Napoli, non riesce ad inquadrarlo, va in soggezione di fronte all'organizzazione del gioco ed alla velocità degli azzurri.
E dire che gli inglesi hanno un potenziale che è oggettivamente di tutt'altro spessore rispetto agli avversari. D'altro canto basta dare uno sguardo alle due panchine per rendersi conto del divario. Mancini vi fa accomodare ad inizio partita gente con Aguero e Nasri, per citare solo i due più noti, ognuno dei quali, da solo, sarebbe in grado di cambiare in meglio i connotati di qualsiasi squadra al mondo. Ma questa sera il Napoli è troppo forte e sicuro di sé. Sospinta dal pubblico, la squadra di casa aggredisce l'avvesario in ogni parte del campo, non gli dà tregua, non lo fa respirare. Il Napoli è aggressivo a centrocampo ma anche veloce e risoluto in attacco. Lavezzi è in una di quelle sue serate in cui è quasi impossibile mantenerlo. Si piazza sul fronte sinistro dell'attacco partenopeo e le sue incursioni mettono sempre in grande difficoltà la retroguardia inglese. Il Manchester City ha il predominio del gioco a centrocampo dove Touré detta i tempi dell'azione, ma la manovra della squadra di Mancini è spesso troppo lenta, compassata e questo consente ai difensori napoletani di predisporre con calma e precisione le marcature.
Le possibilità della squadra di casa di far partire i suoi micidiali contropiedi si accrescono ovviamente dopo il gol del vantaggio di Cavani perché inevitabilmente il City, per recuperare il risultato, è costretto a venire fuori, a spingere maggiormente con Zabaleta e Kolarov sulle fasce e, dunque, ad offrire ai velocisti azzurri maggiori margini di manovra. Gli inglesi sembrano impacciati e forse anche un po' presuntuosi. Raggiungono il pareggio solo grazie ad un gravissimo errore di Aronica che, invece di spazzare il pallone in tribuna dal centro dell'area piccola, lo serve a Silva sulla cui conclusione, deviata da De Sanctis, Balotelli insacca comodamente a porta vuota. Ma è all'inizio della ripresa che il Napoli dà il meglio di se stesso. Subito prima e subito dopo il gol del raddoppio di Cavani (nella foto, la sua esultanza), la squadra di Mazzarri dà veramente spettacolo ed a tratti sembra incontenibile.
Con il trascorrere dei minuti il Manchester City sposta in avanti il baricentro del gioco ed il Napoli crea clamorose occasioni per chiudere la partita, prima con Lavezzi, che si fa respingere la conclusione da Hart, poi con Hamsik, che colpisce il palo ed infine con Maggio che, solo davanti al portiere, si fa anticipare. Gli ultimi minuti sono di sofferenza acuta. Entra anche, tardivamente, il Kun Aguero e si teme che il genero di Maradona dia il dolore più grande ai tifosi del Napoli. La gente dagli spalti fa partire un boato ad ogni azione degli inglesi che si consuma con un nulla di fatto. Poi c'è il trionfo. Ora ci si concentra sulla trasferta in Spagna che potrebbe davvero sancire la più grande sorpresa dei gironi eliminatori di Champions: come nella storia di Davide e Golia, il piccolo Napoli elimina la grande corazzata Manchester City che sta dominando la Premier League.

lunedì 21 novembre 2011

napoli-lazio 0-0: l'analisi tattica del pareggio tra mazzarri e reja

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 21 novembre 2011)

Mazzarri, per la prima volta dall'inizio dell'anno, decide di non snobbare il campionato prima di un incontro di Champions, conscio dell'importanza di battere un'avversaria diretta e accorciare la classifica, per cui formazione tipo (ad eccezione di Dzemaili al posto del convalescente Gargano) e atteggiamento iniziale aggressivo. Reja, invece, vuole solo limitare i danni, mancandogli i leader della difesa (Dias) e dell'attacco (Klose) e avendo un primo posto da preservare più che da implementare. Per cui il fatto che il Napoli abbia finalizzato molto di più (12 tiri contro 4) e sia arrivato spesso al cross (27 contro 18) è logica conseguenza delle scelte dei due allenatori più che una nota di merito per i padroni di casa.
L'inizio gara era stato promettente per gli uomini di Mazzarri che per 20' manovrano con velocità. Emergono però presto due evidenti difficoltà. La prima: la spinta "automatica" di Maggio e Dossena induce i centrocampisti a cercare a occhi chiusi il cambio di gioco in fascia rinunciando a priori alla giocata "dentro" sugli attaccanti. Cavani, che spesso fa il movimento a rientrare per poi buttarsi oltre la linea difensiva, è sempre ignorato. La seconda: Inler si posiziona basso, braccato da Hernanes, con Hamsik e Dzemaili interni alti, troppo alti. In quella posizione si vanno spesso a schiacciare sugli attaccanti, chiudendosi gli angoli di gioco e facilitando la densità centrale dalla Lazio.
Le difficoltà dell'ex parmense sono anche psicologiche ormai e l'errore di misura al 22' (assist in area a Cavani servito sui piedi invece che sulla corsa) lo testimoniano. Rimane il lancio lungo a scavalcare il traffico ma anche ad eliminare dal gioco i giocatori più qualitativi del Napoli (Hamsik in particolare).
Problematiche che hanno riflessi negativi per i padroni di casa sul diagramma del match. Il Napoli dovrebbe abbassare il baricentro, rifiatare e cercare qualche ripartenza. Invece continua a stare alto accentuando, se possibile, pressing e confusione. Per cui alla fine le opportunità del contropiede ce le hanno gli ospiti, che però non sfruttano alcuni break interessanti come quello al 41’ quando Radu intercetta un passaggio orizzontale del maldestro Dzemaili e accelera centralmente. Buon per il Napoli che Cissé è un fantasma e Sculli gira sempre troppo a largo. Solo un minuto prima un ottimo raddoppio di Inler su Hernanes aveva però aperto un'altra fase della partita. Il nazionale svizzero alza la testa e vede il taglio profondo di Cavani, il lancio verso il bomber spacca improvvisamenta in due la squadra avversaria e apre spazi fino ad allora mai visti. Si avventa Hamsik sulla corta respinta aerea di Radu, Maggio arriva a sostegno ma il passaggio decisivo è ancora fuori misura. I padroni di casa ritrovano velocità. Inler trasforma i recuperi difensivi in opportunità per ripartire e al 44' si vede il primo passaggio filtrante degno di questo nome. Sarà Stankevicius ad anticipare Cavani in angolo.
Nella ripresa Mazzarri decentra Lavezzi. Con le sovrapposizioni di Dossena si crea immediatamente il 2 contro 1 nella zona di Konko e arrivano le prime palle gol vere. Il Napoli pensa di aver trovato la chiave giusta per scardinare il bunker di Reja e in effetti il gol arriverebbe anche, ma un fuorigioco inesistente fischiato a Maggio tiene il punteggio in parità. Reja ripresosi dalla shock, cambia inserendo Matuzalem al posto del sempre più abulico Hernanes. La Lazio ritrova equilibrio e fiducia. Gargano entra per Dzemaili ma i benefici non sono immediati. Mazzarri non ci sta e cambia ancora. Butta dentro Pandev e arretra Maggio. Una mossa già vista. Il sistema di gioco diventa il 4-3-3. Reja si spaventa e toglie Sculli per Gonzalez. Passa a 4-5-0, visto che Cissé è inesistente. Lascia di fatto campo libero ai padroni di casa che ringraziano e partono in forcing. Dall'85' al 94' il Napoli produce il suo massimo sforzo e anche qualche clamorosa palla-gol. Le mischie, gli errori sotto porta di Lavezzi, le acrobazie di Marchetti lasciano l'amaro in bocca ai tifosi partenopei. Ma per vincere partite di questo genere serve una continuità di gioco che, forse, il Napoli oggi non ha.

sabato 12 novembre 2011

bella notizia! in arrivo un libro italiano sulla storia dell'arsenal!

Di Diego Del Pozzo

S'intitola London Calling ed è il nuovo libro di due super-esperti di calcio britannico come Luca Manes e Max Troiani; lo pubblica Bradipolibri (una garanzia!) ed è dedicato, come recita il sottotitolo, a La storia dell'Arsenal e di un secolo e mezzo di football all'ombra del Big Ben.
Insomma, chi ama il grande calcio inglese del passato e del presente e, ovviamente, chi tifa Arsenal non può assolutamente perderlo. Tanto più che il volume in questione si apre con una prefazione di Massimo Marianella, appassionata voce ufficiale del football "Made in England" su Sky Sport ma soprattutto tifoso doc dei Gunners.
London Calling - che è anche un blog dedicato, dove i due autori terranno aggiornati gli appassionati - sarà in libreria nelle prossime settimane. Per ora, ecco qui sotto la spettacolare copertina.

venerdì 4 novembre 2011

inghilterra: quel gol di billy sharp che ha commosso una nazione

Di Diego Del Pozzo

Nei match dello scorso turno infrasettimanale della Championship inglese è stato segnato un gol, peraltro tecnicamente pregevolissimo, molto diverso da tutti quanti gli altri. Lo ha realizzato Billy Sharp, il capitano dei Doncaster Rovers - team che chiude la classifica di quella che è la seconda divisione del calcio inglese -, nell'incontro casalingo perso contro il Middlesbrough. E la sua storia è riuscita a commuovere un'intera nazione.
Ma vediamo meglio ciò che è accaduto martedì sul terreno di gioco del Keepmoat Stadium, a partire proprio dal bellissimo gesto tecnico di Sharp, che ha colpito al volo di sinistro la palla dal vertice esterno dell'area avversaria e ha battuto con un perfetto diagonale il portiere del 'Boro. Subito dopo, però, il giocatore del Doncaster ha alzato la maglia per mostrare una scritta (qui, nella foto): "That's for You Son", cioè "Questo è per te figlio mio". Purtroppo, però, s'è trattato di una dedica molto, molto amara, perché Louie Jacob Sharp, il suo bambino di due anni, è venuto a mancare pochi giorni prima del match.
In ossequio al tremendo dolore di Billy Sharp, si era già osservato, naturalmente, un minuto di silenzio prima dell'inizio della gara. "Billy è venuto da me - ha poi raccontato in conferenza stampa il manager dei Rovers, Dean Saunders - e mi ha detto che voleva giocare comunque e segnare per il figlio: e non avrebbe potuto realizzare un gol migliore, è incredibile; come se fosse stato tutto già scritto".

mercoledì 2 novembre 2011

champions: bayern-napoli secondo massimo de luca

Di Massimo De Luca
(Circo Massimo - 2 novembre 2011)

Il martedì europeo di Napoli e Inter ha seguito un copione un po' sorprendente. Alla fine tutto è andato, sostanzialmente, come previsto ma, in mezzo, c'è stato spazio per emozioni e brividi che non erano tutti in preventivo. Al tirar delle somme, l'Inter è quasi qualificata (e non poteva non andar così, con un girone tanto morbido, nonostante l'inaudito scivolone inaugurale in èra-Gasperini), mentre il Napoli deve giocarsi il futuro faccia a faccia con Mancini e il suo travolgente Manchester City.
Il Napoli ha rischiato il crollo, e questo non era nelle previsioni, pur sapendo che il Bayern è di altro livello. E proprio quando gli scricchiolii si moltiplicavano, accompagnati dai 3 gol in 40' dell'implacabile Mario Gomez, la squadra si è riaccesa, tornando, a tratti, il Cavaliere elettrico dei momenti buoni, e spingendo la rimonta fino a sfiorare l'incredibile pareggio al penultimo respiro (l'ultimo è stato quello di De Sanctis che, avventuratosi anch'egli in attacco, s'è dovuto far di corsa tutto il campo per togliere di porta il pallone del 4-2).
L'esultanza dei tedeschi al fischio finale esprime meglio di qualsiasi parola la paura che devono aver provato. Padroni del campo e del punteggio, avevano cominciato a fare melina e torello fin dalla mezzora del primo tempo. Averli seriamente spaventati con un'ottima ripresa, in parte giocata in inferiorità numerica, è gran titolo di merito per il Napoli. Mazzarri ha diritto di pensare che un avvìo di gara meno timoroso avrebbe potuto produrre un altro risultato, ma contemporaneamente ha il dovere di riflettere sull'evidente stanchezza di Cavani, ormai appannatosi in maniera preoccupante, come della scarsa incisività di Hamsik. La Juve in arrivo non pare disposta a perdonare molto più del Bayern [...].

domenica 30 ottobre 2011

tanti auguri a diego armando maradona!

Oggi Diego Armando Maradona compie 51 anni. Tanti auguri Fenomeno! Grazie per tutta la gioia che hai saputo darci!

lunedì 24 ottobre 2011

premier league: a manchester va in onda "six and the mancity"

Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 24 ottobre 2011)

L'ultima volta che lo United aveva beccato sei gol a Old Trafford, Sir Alex Ferguson - che pure accusano di essere anziano - non era neanche nato. Successe nel 1930, e quando qualche storico glielo racconta in sala stampa Roberto Mancini annuisce meccanicamente, ma senza capire. Nessuno capisce più niente, nello spogliatoio del City, perché l'1-6 sul display di Old Trafford che brilla nella nebbiolina incipiente va talmente oltre le aspettative da essere metafisica allo stato puro. In altre parole, e viste anche le premesse, "non ci posso credere".
Prendiamo Mario Balotelli (qui, nella foto, esulta dopo il suo primo gol, esibendo una sottomaglia destinata a fare storia): riscaldatosi alla vigilia dando fuoco alla casa con i petardi, il suo impatto sul match produce devastazioni persino più evidenti di quelle domestiche. Il primo gol è un piatto preciso al millimetro, il secondo una più semplice correzione sotto porta, e in entrambi i casi gli inviti provengono dal portentoso Milner (che scelta di Mancini! E abbiate pazienza se ci scappa la volgarità dell'esclamativo); ma l'episodio che spacca la gara a inizio ripresa è l'espulsione di Evans, che Balotelli provoca prima dettando il triangolo ad Aguero e poi guadagnando la posizione - solo con la porta davanti - che costringe l'avversario al fallo. Se volete aggiungerci un po' di panna montata, un suo sapiente colpo di tacco scoperchia la difesa dello United in occasione del 3-0, che arriva da Aguero su assist di Richards. Insomma, tanti di questi incendi, caro SuperMario.
Lo strepitoso pomeriggio di Balotelli, mai visto in questo formato, è però soltanto una grande storia individuale dentro all'enorme storia collettiva del cambio di stagione a Manchester. In meno di due anni Mancini ha completato il trittico, battendo lo United prima in Carling Cup, poi in Fa Cup e adesso in Premier, oltre tutto a casa sua, infliggendo a Ferguson quella che lo stesso scozzese ha definito "la peggior sconfitta della mia carriera". Le dimensioni del sacco di Old Trafford sono un po' spinte, con i due contropiede in campo aperto nel recupero che dilatano un più corretto 4-1. Però Mancini vince perché centra alla perfezione ogni scelta, da quelle di formazione (Milner e Richards, in ballottaggio ancora sabato sera, gli danno tantissimo), a quella tattica di uscire in pressing sul portatore di palla, a quella psicologica di affrontare la superiorità numerica senza aggiungere una punta ma aumentando soltanto il controllo della palla. Il City si difende con ordine e qualche sofferenza nei primi 20', perché la qualità dello United è periferica - Young più di Nani - e quindi la linea arretrata deve tendersi chiamando Milner a rinforzo per coprire il campo nell'intera larghezza. L'1-0 di Balotelli nasce anche da una delle prime discese a sinistra di Clichy, altra chiave del match, ma a separare la gara in un prima e in un dopo è l'espulsione di Evans. Una volta tanto, nel frangente la delusione è Ferguson: anziché inserire Jones per difendere lo svantaggio minimo sino all'80', e lì giocarsi il tutto per tutto, Sir Alex accentra Smalling, sposta il combattente Fletcher a terzino, compatta il centrocampo arretrando ancor più Rooney (fa quasi il lavoro di Pirlo), e si consegna al possesso palla del City. Secondo e terzo gol - uguali - sono pure conseguenze di giochi a tre in superiorità numerica. Il quarto, che cancella l'estrema reazione di Fletcher, nasce da una disattenzione dell'invecchiato Ferdinand che regala il corner sul quale una coproduzione fra Barry, Lescott e Dzeko fissa il 4-1. Silva e Dzeko infine maramaldeggiano, mentre la gente dello United sta già lasciando il teatro dei sogni, trasformato in scena degli incubi.
Una vittoria così esagerata deve in qualche modo spaventare Mancini che infatti ripete come un mantra "sono solo tre punti". In classifica però, complice lo stop del Chelsea, le lunghezze di vantaggio (sullo United secondo) salgono a cinque, come sale la sensazione che questo sia l'anno del City. E di SuperMario, se dopo l'autista gli daranno di scorta pure un pompiere.

sabato 22 ottobre 2011

l'inattualità del boemo: zeman e la bellezza del calcio

Di Marco Ciriello
(Il Mattino - 22 ottobre 2011)

Passa il tempo, ne soffre, ma non cambia il suo modo di essere. Zdenek Zeman è sempre quello di Praga, che usciva con due palloni, "uno per me e uno per chi non poteva permetterselo". Figlio di un primario di otorinolaringoiatria e nipote di Cestmír Vycpálek, giocatore e allenatore della Juve di Boniperti, passava il tempo sui campi, unico mondo, lo sport il linguaggio per decifrare la vita: atletica, pallavolo, pallamano, pallacanestro, baseball, hockey e calcio. Prima che uno sportivo, un allenatore è un saldatore di mondi diversi. Unisce processi vitali, nel giusto tempo. Ha creato sempre organismi complessi assemblando parti lontane. E davvero non gli interessa vincere o perdere, ma formare.
È un uomo sereno, appagato, adesso allena il Pescara, l’importante non è la squadra conta il progetto. Zeman ama ricostruire, ricominciare, e il suo agire non è da castello di sabbia, piuttosto da uno bravo a scovare le potenzialità, a disegnare il futuro di quelli che incontra, bravo a indicare la strada, far crescere, chiedete a Totti: "Alla Roma gli spiegai che se mi avesse ascoltato poteva diventare il migliore". Mentre il calcio cerca di mantenere artificialmente in vita gran parte del suo spettacolo, lui continua a segnare la strada di molti ragazzi, non gli interessa vincere la Champions, vincere il campionato, ma creare squadre, formare ragazzi: "E no, quando leggo i giornali non incontro altri che mi fanno dire, posso stare tranquillo, non mi interessa avere ragione su doping farmaceutico e finanziario, non mi interessa che ora anche Sacchi dica che come si gioca conta più di vincere, mi interessa dire le cose come stanno".
A vederlo, al Poggio degli Ulivi, con la lunga corda bianca tra le mani, dividere il campo, assegnare compiti, mi viene da pensarlo un capitano di nave, che spiega come affrontare il mare. Lo fa con poche parole, mentre si dispone a centro, pronto ad andare in mezzo alla tempesta. E non solo per come indica l’orizzonte, soprattutto per come arriverà in porto, senza aver tradito nulla, e nel tragitto ne verrà fuori di gente, questa volta chiedete a Insigne o a Immobile che faceva la panchina a Siena con Conte e con Zeman è capocannoniere. Questione di sguardo. Zeman è quello che Oliver Sacks definirebbe un "osservatore permanente". Ora esce un cofanetto da minimumfax (due dvd e un libro, di Giuseppe Sansonna), Il ritorno di Zeman. E lui dimesso, sminuisce: "Venite tutti da me perché nessuno vi dice le cose come stanno. Sono normale, sono gli altri ad essere alieni". Che è invecchiato lo capisci non solo dal fatto che non può più giocare a tennis e se ne lamenta, ma anche dai sorrisi che esibisce quando racconta, come è diventato così.
Per quanto sia italiano dal 1975, rimane un uomo dell’Est, di quelli attenti che fanno della capacità di rubare i dettagli una forza. Il suo sguardo, non ha corrispondenze nel mondo del calcio. Come la sua profondità, e no, non è un guru Zeman, ma un uomo libero. Che può permettersi di andare ad aspettare Casillo fuori Poggioreale, di chiamare Beppe Signori e di mettersi in fila, a San Pietro, per rendere omaggio a Wojtyla. E ancora si entusiasma per le combinazioni riuscite, come questa mattina in allenamento. È devoto alla semplicità del bello, dell’essenziale, ma dietro, c’è una applicazione e una combinazione che solo chi aveva tante vite e tante storie come lui, poteva cucire insieme. "Le mie verticalizzazioni vengono dall’hockey, l’allenamento sui gradoni dalla pallavolo". È come se avesse sincronizzato gli sport in quello che gli riesce meglio. È oltre la banalità del risultato, e se fosse meno fedele a se stesso oggi guiderebbe una grande squadra, "Sono contento così e poi un allenatore non sceglie, è scelto".
Zeman fa giocare le sue squadre sempre al presente, è come se dicesse conta l’adesso non il dopo, nemmeno quello immediato dei minuti successivi, conta lo stile: che tu vinca o perda. "Il calcio è un gioco e come tutti i giochi deve essere imprevedibile". E non generare tristezza. Zeman ha questa vocazione religiosa per lo sport. Ha la praticità dei pugili, si è creato un suo tempo: dentro e fuori i novanta minuti di gioco. Il calcio ha rischiato di perderlo, estromettendolo, ma lui ha le spalle larghe e la pazienza per resistere. Gli avvocati di Moggi e anche diversi giornalisti gli hanno imputato di non aver vinto mai e di parlare per invidia. Lui, a bassa voce, "Se state attenti mi sentite", ha rispiegato che la vittoria nel suo mondo, viene dopo, prima: conta come arrivarci, e se non ci arrivi conta come hai tentato. E loro non lo capiranno mai.

venerdì 21 ottobre 2011

napoli: paolo sorrentino e il suo film-scudetto...

Di Davide Cerbone
(La Gazzetta dello Sport - 20 ottobre 2011)

Non serve altro che un pallone per dribblare le ritrosie dell'intellettuale. Pronunci la parola-chiave e in un attimo nella cortina di riservatezza che avvolge Paolo Sorrentino si apre una breccia. La chiave per scardinare l'aplomb di un napoletano dal cervello fino è quel "calcio" vituperato da certi pensatori schizzinosi. Tanto che Eduardo Galeano, fuoriclasse uruguaiano che sta alla letteratura come Cavani al pallone, raccontò: "Quando dico che mi piace il fùtbol, i miei colleghi mi guardano come se andassi in giro a stuprare le novantenni vedove".
Come Galeano, Sorrentino, regista, scrittore e attento fruitore di musica ("Ascolto di tutto, anche cose molto lontane tra loro"), non ha problemi a confessare la propria passione. "Sì, lo amo. E poi non sono né intellettuale né schizzinoso", si schermisce sorridendo lui, che d'altra parte il suo primo, poetico film, L'uomo in più (2001), l'ha ambientato proprio nel sottobosco pallonaro. "Ci sono fuoriclasse molto vicini alla forza poetica. Ho avuto la fortuna di vedere a bordo campo alcune partite di Serie A e lì si ha una percezione della fisicità devastante. La forza fisica è poetica quanto la tecnica".
Dove ha visto la partita col Bayern?
"A casa, da solo. Sono riuscito a strappare un'ora e mezza al lavoro. Anzi, meno: ho acceso la tv che la partita era già cominciata da un quarto d'ora, mi sono perso il gol del Bayern. Meglio così".
Manca qualcosa a questo Napoli per il copione che i tifosi sognano?
"Il Napoli è forte. Il Bayern non prendeva gol da 25 partite e noi ne abbiamo fatto uno. Mi sembra proprio che non manchi nulla. Un sostituto di Cavani? C'è Pandev, quando entrerà in forma potrà risultare decisivo".
Il suo film, This Must be the Place è primo nelle sale. Anche il Napoli insegue il primato?
"Sì, il film mantiene il primato. E anche il Napoli può agganciare il primo posto in questo campionato molto livellato, in cui Milan e Inter non sono invincibili e la Juve corre troppo per farcela fino alla fine".
La Champions può essere un ostacolo?
"Io romanticamente sono molto legato alla gioia dello scudetto. Ero ragazzino quando vincemmo gli scudetti con Maradona e fui felicissimo. A Babbo Natale Aurelio come regalo chiederei il campionato. O la Champions, ma solo a patto di chiamarla Coppa dei Campioni, alla vecchia maniera".
Domenica vi siete incrociati sul palco del Napoli Film Festival. Che vi siete detti?
"Aurelio mi ha detto che vedrà il film e mi farà sapere. Io gli ho risposto che aspetto con ansia. Negli ultimi giorni ha avuto un po' da fare (sorride, n.d.r.), ma sono sicuro che mi chiamerà presto. Ci conosciamo bene, mi ha invitato spesso allo stadio e con me in tribuna il Napoli ha sempre vinto. Tornerò al San Paolo e all'Olimpico accanto a lui anche quest'anno".
Il presidente ha paragonato Mazzarri a Sean Penn, protagonista del suo film. Che ne pensa?
"Non la ritrovo questa somiglianza. Mazzarri nei tratti somatici è profondamente italiano, Penn è profondamente americano".
Anche Sean Penn, nel suo genere, è un campione.
"Certamente, ma anche Servillo lo è. I fuoriclasse ce li abbiamo anche in casa".
De Laurentiis è più bravo come produttore o come presidente?
"È molto bravo in entrambi i ruoli. Sta facendo cose straordinarie come presidente e ha un grande intuito per il cinema. Lavorare insieme? Perché no, ogni tanto ne parliamo. Bisogna trovare l'occasione".
Com'è la sua Napoli vista da (relativamente) lontano?
"Quando vivevo a Napoli ero un po' assuefatto ai problemi della città. Da quando sto a Roma, li noto di più. C'è, ad esempio, una pericolosa convergenza tra le negligenze della politica e quelle della cittadinanza. Almeno uno dei due elementi dovrebbe tirare dall'altra parte, invece continuano ad andare entrambi nella stessa direzione".
L'ubriacatura collettiva e trasversale per il calcio denuncia lo stato di crisi della città?
"Non ho mai creduto a questa cosa, si diceva pure ai tempi di Maradona. I napoletani hanno una meravigliosa predisposizione al gioco e il calcio è il gioco più bello, più raffinato, più strategico. Pensare che vanno allo stadio per dimenticare sarebbe un'offesa all'intelligenza dei napoletani".

mercoledì 19 ottobre 2011

champions: napoli-bayern secondo massimo de luca

Di Massimo De Luca
(Circo Massimo - 18 ottobre 2011)

[...] Il Napoli ha rischiato il crollo nella prima mezzora. Aveva di fronte la squadra forse più in forma d'Europa, solido come sa esserlo il Bayern nelle sue annate-sì (e questa lo è). Ha incassato subito il gol prima ancora di bagnare la maglia di fatica, regalando ai tedeschi la partita che volevano: quella, cioè, in cui il Napoli fosse costretto all'offensiva, offrendosi alle loro ripartenze.
Quando tutto s'era fatto tremendamente complicato, lo spunto di Maggio (il migliore, a braccetto con De Sanctis) che ha costretto all'autogol Badstuber ha cambiato di nuovo le carte in tavola. Da lì in poi, scampato il pericolo del rigore ingiustamente fischiato a Cannavaro e ottimamente neutralizzato da De Sanctis, il Napoli ha avuto il merito di gestire con grande maturità, levandosi anche lo sfizio di far correre qualche brivido ai tedeschi. Avesse avuto un Cavani più ispirato e un Hamsik meno assente, avrebbe potuto forse tentare il colpaccio.
Ma il Bayern è più forte, e il girone è tremendo. Aver imbrigliato i bavaresi e aver chiuso l'andata di un gruppo così duro al secondo posto, imbattuto e con 5 punti è un risultato notevolissimo. La qualificazione si può sognare, a patto di non illudersi, perché Mancini col suo Manchester City, vittorioso in extremis sul Villarreal, è a un solo punto. E perfino gli spagnoli avrebbero le armi per rimettersi in pista [...].

martedì 18 ottobre 2011

napoli-bayern di champions: la presentazione di carratelli

Di Mimmo Carratelli
(Roma - 18 ottobre 2011)

Eccola qua la panzer-division di Monaco di Baviera, la squadra che sta uccidendo la Bundesliga, la rutilante formazione di Jupp Heynckes. È il biondino che folleggiava nell’attacco del Borussia Moenchengladbach (210 reti negli anni '60 e '70), giunto alla bella età di 66 anni. Era alla guida della squadra bavarese anche ai tempi di Maradona, Coppa Uefa 1989. Eccolo lo squadrone dell’Allianz Arena che, in questa stagione, ha vinto 12 partite su 14 e scaraventato nelle porte avversarie 35 gol prendendone appena uno all’inizio di tutte le sfide proprio dalla squadra che era stata di Heynckes, il Moenchengladbach, una sconfitta sorprendente al via della Bundesliga, subito cancellata da un impressionante percorso di guerra. Il portiere Manuel Neuer (1,93) è imbattuto da 1108 minuti. Il centravanti Mario Gomez (26 anni, alto 1,89, padre spagnolo) è già andato a segno 14 volte, un avvoltoio dell’area di rigore. Franck Ribery (28 anni, uno dei nani del Bayern: 1,70: qui nella foto) è il più devastante esterno sinistro d’Europa. Tre giocatori (Neuer e i difensori Van Buyten e Jerome Boateng) sono vicini ai due metri. Altri otto giocatori superano il metro e ottanta. Un club di corazzieri con nove nazionali tedeschi e sei di altre squadre nazionali. Vogliono diventare i padroni d’Europa perché la finale della Champions si giocherà proprio a Monaco di Baviera il 19 maggio.
Achtung! Intanto fanno i furbi. Dicono che il Napoli è la squadra più forte del campionato italiano, che fa un bel gioco perché è formazione che predilige l’attacco uscendo dal solco del catenaccio e contropiede della tradizione italica, quella però che li ha fatti sempre soffrire e li ha sempre battuti. Ecco il loro subdolo invito ad attaccarli per colpire il Napoli di rimessa perché hanno una difesa sontuosa (forse un po’ lenta nei centrali) e la capacità di distendersi in un fastoso contropiede manovrato con le discese a sinistra del terzino Lahm, uno dei pochi piccoletti di questa formazione di giganti, con le penetrazioni del poderoso Jerome Boateng (1,92) e dell’irresistibile Ribery, col gioco pilotato da Schweinsteiger e da Thomas Muller e le finalizzazioni per Mario Gomez, l’aquila reale.
Quale gioco dovrà fare il Napoli per deluderli e imbarazzarli? Questo è il problema. Il Napoli non è squadra di colossi. Rende complessivamente al Bayern 150 centimetri (De Sanctis 1,90, tre piccoletti, sette oltre il metro e 80) e ha minore peso fisico. In una serata felice, la velocità è l’arma per scuotere i guerrieri tedeschi, costringerli a non svagare sulle fasce aggredendoli lungo le corsie e costringendo Boateng e Lahm a non fare gli spavaldi attaccando. Bisognerà pressarli sino alla morte perché guai a fargli girare la palla. Gioca a memoria, questa Sturmtruppen, con passo cadenzato e improvvise accelerazioni. Precisa ed efficace la sistemazione in campo. Davanti ai quattro difensori, l’ucraino Anatolj Tymoshchuk e Schweinsteiger difendono e iniziano la manovra, il primo più arretrato, il secondo più in appoggio al fronte offensivo. A centrocampo (tanta gioventù) aggiungono la concretezza di Kroos (21 anni) e la fantasia di Thomas Muller (22). Ribery parte da lontano e bisognerà impallinarlo prima che giunga in area. Mario Gomez non ha grande tecnica, ma è un attivissimo cannoniere puntando molto sulla forza fisica. Messe così le cose, al Napoli serve un’impresa. Sulla carta, la superiorità del Bayern è preponderante. Solo l’Hoffenheim in casa propria lo ha costretto allo 0-0 punzecchiandolo in velocità. In Champions hanno liquidato seccamente (2-0) il Villarreal sul campo degli spagnoli e il Manchester City.
Al Napoli servirà tanta energia per ridurre la spettacolare vigoria dei tedeschi. In mezzo al campo ci vorrà un gruppo di lottatori (chi oltre Gargano?) per frenarne gli slanci e la difesa azzurra non dovrà essere mai scoperta. I tedeschi sono micidiali nell’uno contro uno. Franck Ribery, lo sfregiato di Boulogne-sur-Mer, ha scatti perentori e dribbling secchi. Meno male che non c’è Robben, ma l’assenza passa in secondo piano per la forza complessiva del Bayern. Abbiamo un solo amico fra i tedeschi, il difensore Diego Armando Contento, nato a Monaco, 21 anni, padre di Afragola, tutti tifosi del Napoli in famiglia, e lui battezzato col nome del pibe, una maglia di Lavezzi autografata fra i suoi cimeli, un tatuaggio con il viso di Diego. Sarà in panchina, emozionato di entrare nello stadio delle imprese di Maradona.
Difendersi e attaccarli in contropiede come nelle più felici giornate del Napoli? Aggredirli subito? Attenderli per studiarne le mosse e ripartire potrebbe essere un tema tattico interessante a patto che il Bayern non diventi padrone del campo e non sfoderi la sua potenza d’urto prima che gli azzurri possano sorprenderli. E’ un match difficile, ma molto entusiasmante. E’ il fioretto del Napoli contro la spada del Bayern. E’ Davide contro Golia in uno stadio che sarà pieno come non mai, come ai tempi di Diego, ma quello era un altro Bayern e non faceva paura. La squadra di Monaco, 22 volte campione di Germania, sei vittorie continentali (quattro in Coppa campioni/Champions), due Coppe intercontinentali, è la regina del calcio tedesco. Ci vorrà un grande Napoli, ci vorrà il Napoli di Manchester e di San Siro per abbatterla. Ci vorrà il Pocho più scatenato per fare saltare la fortezza tedesca, scompigliarne il centrocampo e mandare in affanno la difesa. Ci vorrà un super Hamsik. Ci vorrà il Matador della tripletta al Milan per sfondare la muraglia centrale bavarese. Partendo da lontano, non dando punti di riferimento, Cavani potrà puntare alla porta imbattuta di Neuer. Ma ci vorrà, complessivamente, una gara di totale sacrificio, abnegazione, mutuo soccorso, esplosività fisica, corsa e assenza di errori degli azzurri, oltre al talento dei tre tenori, per cantare stasera "Oj vita mia".

lunedì 17 ottobre 2011

napoli: intervista ad aurelio de laurentiis prima della champions

Di Diego Del Pozzo

Ieri sera, quasi alla vigilia del big match di Champions League col Bayern Monaco, ho incontrato il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, al Napoli Film Festival, dov'è intervenuto come ospite serale nell'auditorium di Castel Sant'Elmo per parlare dei film della sua vita e del futuro del cinema italiano. Ebbene, nonostante la sconfitta casalinga di sabato contro il Parma, ho visto un De Laurentiis più carico che mai, per nulla intristito ma, anzi, pronto ad affrontare la gara di domani col piglio guerriero che serve in simili occasioni.
Presidente, potrebbe essere, quello di domani sera, il film calcistico finora più bello della sua vita?
"Naturalmente, me lo auguro. Però, non dimentichiamo contro chi dobbiamo giocare: questi attualmente sono i signori del calcio europeo. Magari, l'anno scorso non lo erano; ma quest'anno è così. Però, detto ciò, in campo si è in undici contro undici e il pallone è rotondo. Dunque, vediamo un po' che cosa riusciamo a fare. Tra l'altro, sarebbe bello riuscire a segnare almeno un gol contro di loro, in modo da interromperne il record di imbattibilità".
Che Napoli arriva a questa sfida?
"Una squadra concentrata e carica. Anzi, forse sabato sera contro il Parma abbiamo pagato proprio il fatto di essere già con la testa alla gara di Champions League. Direi che era quasi inevitabile, dato che i nostri ragazzi non sono robot, ma esseri umani".
Si spiega soltanto così la sconfitta interna contro la squadra di Colomba?
"No, perché comunque il Parma aveva più "fame" e maggiori motivazioni rispetto a noi. E poi, non dimentichiamo i voli transcontinentali ai quali sono stati sottoposti alcuni nostri uomini importanti, che probabilmente hanno dormito male e mangiato male. E anche questo sicuramente ha avuto una sua influenza".
A proposito di maggiori motivazioni e di dispendio, fisico e nervoso, derivante dagli impegni europei, quali avversarie teme di più per il prosieguo del campionato?
"Forse la Juventus potrebbe giovarsi del fatto di non dover giocare durante la settimana. Anche per questo motivo, mi sembra molto pericolosa in ottica scudetto. E poi, li vedo tutti molto carichi".
Alla vigilia del match europeo più importante della storia del suo Napoli, che bilancio si sente di fare della sua presidenza?
"Un bilancio positivo, per il quale parlano i fatti e i risultati. D'altronde, non dimentichiamo che siamo ancora al terzo anno del mio secondo quinquennio di presidenza. Nei primi cinque anni, il Napoli è risorto. Adesso si sta inserendo stabilmente nell'elite italiana ed europea: lo dimostrano anche la considerazione sempre crescente da parte dei mass media e, passo dopo passo, il valore sempre maggiore del nostro marchio. L'importante, comunque, è continuare a restare con i piedi ben saldati per terra e proseguire nel nostro lavoro. Non dimentichiamo, infatti, dove eravamo pochi anni fa. E poi, quando c'è stato il sorteggio del gruppo di Champions League, tutti si fasciavano la testa per la complessità dei nostri abbinamenti, mentre adesso sembra che il Napoli debba fare i bozzi in testa a tutti. Come al solito, invece, ci vuole equilibrio e bisogna proseguire la scalata un passo alla volta, in modo da farsi trovare pronti nel momento di grande cambiamento del calcio europeo che arriverà da qui a qualche anno".

sabato 15 ottobre 2011

il napoli crolla in casa col parma: la testa è già al bayern!

Di Luigi Panella
(www.repubblica.it - 15 ottobre 2011)

Al San Paolo va in scena una nuova forma di turn over, quello mentale. Nonostante la corazzata Bayern stia per passare il Brennero, Mazzarri schiera i più bravi per evitare scivoloni in stile Chievo. I giocatori del Napoli però peccano di presunzione: regalano un tempo al Parma nella convinzione di poter risolvere comunque la pratica con qualche colpo di genio, finiscono però per arrendersi di fronte a una squadra perfettamente messa in campo dall'ex Colomba. La vittoria degli emiliani è ovviamente un colpo a sorpresa, ma è anche la logica evoluzione di una netta ripresa dopo un inizio complicato. Circa il Napoli, pensiero al Bayern o no, sono le tipiche gare che non dovrebbero essere perse, anche perché mandano in fumo le carrettate di punti prese alle milanesi.
Miglior Napoli possibile dunque: c'è Cavani, ci sono Lavezzi ed Hamsik a sostegno, c'è una mediana propositiva sugli esterni con Dossena e Maggio. Dalla parte opposta, pur con una certa prudenza, Colomba lancia un segnale chiaro schierando in mediana l'intraprendente Biabiany, punto di riferimento importante per Giovinco nei rifornimenti per Floccari. Proprio Biabiany con il suo movimento crea problemi alla difesa partenopea, ma se De Sanctis deve effettuare solo un mezzo intervento, facilissimo, su colpo di testa di Floccari, appare chiaro come lo 0-0 maturato sia frutto del classico compitino in fase di contenimento degli emiliani.
Il Napoli non combina comunque molto di più. Lavezzi qualche fiammata la produce (su una di queste Gobbi rischia un rigore che poteva starci), ma le altre due stelle dell'attacco non brillano. Cavani non partecipa granché al gioco attendendo il momento della zampata che non arriva, Hamsik è un po' sfasato, Inler soffre la pressione avversaria arrivando al tiro, non insidioso, in un paio di circostanze. In pratica, nonostante una partenza più determinata nella ripresa, a svegliare il Napoli ci pensa... Floccari: perfetto il gioco di sponda della punta del Parma, bravo anche nel dispensare assist importanti, come il colpo di tacco che mette Gobbi (freddo e preciso) nella condizioni di battere De Sanctis.
Dopo un salvataggio di Jadid nei pressi della linea di Cavani, Mazzarri getta nella mischia Mascara per Aronica: ne esce un tridente con Hamsik leggermente arretrato. Il Napoli rischia costantemente, ma produce guizzi interessanti: il migliore, un altro colpo di tacco - stavolta di Lavezzi - che dà a Mascara l'occasione, concretizzata, del pareggio. Il Napoli prova ad insistere, ma il Parma non si scompone ed approfitta degli ampi spazi a disposizione: è sempre Floccari ad iniziare l'azione decisiva, Giovinco la porta avanti e Modesto, a pochi metri dalla porta, insacca. L'ingresso di Lucarelli per Inler dà agli assalti del Napoli il carattere di una lotteria: ne esce una straordinaria parata di Mirante su colpo di testa di Maggio, poi Cavani batte al volo ma centra il palo.

venerdì 14 ottobre 2011

da ieri in edicola l'album panini della champions league

Di Massimo Grilli
(Corrieredellosport.it - 13 ottobre 2011)

La prima volta del Napoli e della Russia, le figurine "orizzontali": sono le principali novità dell'ultimo nato in casa Panini, l'album dedicato alla Champions League (con Milan, Inter e Napoli, più gli "stranieri" Balotelli, Rossi e Criscito), che il Corriere dello Sport distribuirà in allegato lunedì.
Sono 560 figurine adesive - che presentano un nuovo e moderno formato, in orizzontale - di cui 36 olografiche, in un album di 72 pagine che, oltre alle immagini dei campioni di calcio europei, fornisce dati statistici e una particolare sezione dedicata alle "leggende" che hanno conquistato questa competizione nelle ultime sei edizioni.
Grande novità è la presenza del Napoli - ulteriore conferma dei progressi in campo internazionale della società di De Laurentiis - mentre tra i 56 Paesi del mondo dove verrà distribuito l'album figura per la prima volta la Russia.
Un nuovo "mercato", quello ex sovietico, nel quale la Panini si sta lanciando. Per la prima volta, infatti, l'azienda modenese ha allestito un album con le figurine del campionato russo, Eto'o e Spalletti compresi.

mercoledì 12 ottobre 2011

la guerra fredda tra il napoli e "il mattino" secondo "iustitia"

Il Napoli sta vivendo una stagione da protagonista in campionato e in Champions League, ma Il Mattino è costretto a seguire a distanza i successi della squadra di calcio. Eppure furono gli scudetti conquistati nel 1987 e nel 1990 con Maradona a portare Il Mattino di Pasquale Nonno al record di vendite con le 179.940 copie giornaliere del 1990, mentre oggi Il Mattino diretto da Virman Cusenza dichiara di vendere meno della metà delle copie di venti anni fa; il dato più recente è di agosto con un venduto di 89.900 copie.
Il gelo tra la società di De Laurentiis e il quotidiano di Caltagirone è calato a giugno scorso quando Il Mattino ha mandato in edicola un libro e un dvd sulla cavalcata del Napoli con terzo posto finale nel campionato scorso. Al presidente del Napoli che bussava a denari in nome di presunti diritti d’autore i dirigenti del Mattino replicarono dicendogli che non gli spettava niente perché testi e foto erano di proprietà del Mattino.
La reazione del vendicativo presidente non si è fatta attendere: a fine luglio, con il Napoli in ritiro a Dimaro, in provincia di Trento, ha fatto ritirare il pass al cronista del Mattino Roberto Ventre, costretto a seguire il Napoli da lontano, perché ovviamente gli inutili comunicati di solidarietà degli organismi di categoria non hanno spaventato De Laurentiis, un imprenditore abituato a muoversi con durezza e anche con rozzezza nei rapporti con la stampa. Gli episodi sono numerosi, ma uno è sufficiente per illuminare il personaggio. A metà luglio sulla nave da crociera Splendida il Napoli presenta il nuovo acquisto Gökhan Inler; il giornalista Gianluca Monti della Gazzetta dello Sport fa una domanda al calciatore, ma De Laurentiis si impadronisce del microfono: “Tu fai sempre domande soltanto per rompere i coglioni”. La risposta maleducata del numero uno del Napoli non scatena proteste da parte dei giornalisti, ma “applausi ossequiosi” e “risate deferenti e gioiose”.
E torniamo al duello con Il Mattino. Da parte di De Laurentiis arrivano sciabolate alle quali via Chiatamone risponde con punture di spillo. Un esempio? Il 27 settembre al San Paolo il Napoli, con reti di Hamsik e Cavani, strapazza il Villarreal, terza classificata nell’ultimo campionato spagnolo e l’anno scorso, nella sfida a eliminazione diretta, vittorioso sul Napoli nel torneo Uefa.
Il 28 settembre Il Mattino on line apre sull’Unione europea che vara la Tobin tax, seguono Angelo Bagnasco con Gianni Letta e Silvio Berlusconi alle prese con i sabotatori che gli impediscono di governare, quindi la Comunità europea che boccia il piano rifiuti, infine il Napoli con i servizi sulla vittoria al San Paolo.
“Ci troviamo in una situazione paradossale - spiega uno dei redattori del Mattino che segue da vicino la querelle - con un orizzonte che dopo quattro mesi non lascia intravedere novità. E non so se ci sono altri motivi di tensione, ad esempio ruggini tra Vittorio Raio, consigliere del presidente e redattore dello sport del Mattino in pensione, e il responsabile dello sport del Mattino Toni Iavarone. Certo è che De Laurentiis ha proibito ai tesserati del Napoli di rilasciare interviste esclusive al Mattino e così alla vigilia di un big match come Napoli-Milan siamo stati costretti a intervistare Allegri”.

mercoledì 28 settembre 2011

la sicurezza europea del napoli sorprende anche il villarreal

Di Diego Del Pozzo

Continua alla grande la campagna europea del Napoli 2011-2012, che nasconde ottimamente la scarsa abitudine al massimo palcoscenico continentale, assente dal San Paolo da ben ventuno anni, dietro una condizione atletica straripante e una enorme voglia di stupire. Così, dopo il bellissimo pareggio esterno col Manchester City, fa le spese della sfrontatezza azzurra anche il Villarreal, che esce sconfitto da Fuorigrotta con un 2-0 che non ammette repliche e, anzi, va persino stretto agli uomini di Walter Mazzarri.
Ritmi elevatissimi, pressing feroce a centrocampo, movimento perpetuo di tutti e undici gli uomini in campo (a partire dalle tre stelle dell'attacco partenopeo, generosissime come l'ultimo dei gregari): sono questi gli ingredienti della chiara vittoria del Napoli, capace di schiacciare costantemente gli spagnoli - ben più esperti a livello di Champions League - nella propria metà campo, fino all'inevitabile uno-due scaturito in pochi minuti da due giocate di Lavezzi, che prima ha servito Hamsik, lesto a battere a rete da solo in area; poi s'è procurato il rigore trasformato da Cavani.
Certo, questo Villarreal sembra soltanto un lontano parente della squadra che, appena un anno fa, aveva eliminato gli azzurri dall'Europa League. Ma, in ogni caso, la sicurezza che il Napoli continua a mostrare sul palcoscenico della Champions League impressiona e fa ben sperare per il futuro, nonostante il difficilissimo girone nel quale si trovano gli azzurri.

lunedì 26 settembre 2011

il napoli fa 0-0 in casa con la fiorentina di un grande cerci

Di Diego Del Pozzo

Sabato sera, il Napoli ha confermato la sua idiosincrasia nei confronti delle squadre che vengono al San Paolo per difendersi con undici elementi dietro la linea della palla, pareggiando 0-0 contro una peraltro ottima Fiorentina (nella foto, un duello tra Gargano e Jovetic). Rispetto ad altri match casalinghi "sfortunati" degli azzurri, però, stavolta gli avversari hanno anche punto con pericolosità, sfiorando il gol in diverse occasioni, grazie soprattutto a un Alessio Cerci straripante sulla fascia destra dell'attacco viola.
Certo, se l'arbitro avesse concesso i due rigori netti
che c'erano a favore del Napoli, la squadra di Mihailovic sarebbe poi stata costretta ad aprirsi per inseguire il gol del pari e, dunque, a concedere maggiori spazi ai velocisti azzurri, con conseguenze potenzialmente letali. Comunque, anche questo pari tra le mura amiche rappresenta un piccolo tributo da pagare sull'altare della Champions League, che da qui almeno fino a dicembre assorbirà soprattutto energie nervose da atleti, come quelli del Napoli, poco abituati a un palcoscenico tanto prestigioso e usurante.

Ps: Ha fatto benissimo Mazzarri a confermare Fideleff nell'undici titolare, in modo da fargli superare subito la delusione di Verona. Però, purtroppo, stavolta il giovane difensore argentino ha deluso più che contro il Chievo, costringendo il tecnico azzurro a sostituirlo col più scafato Totò Aronica. Comunque, lo rivedremo senz'altro...

sabato 24 settembre 2011

napoli: mazzarri ha fatto bene a fare turnover a verona!

Di Diego Del Pozzo

Nonostante la sconfitta per 1-0 a Verona col Chievo (in un turno infrasettimanale che, comunque, non ha fatto troppi danni), col massiccio turnover che tanto ha fatto discutere, io continuo a essere dalla parte di Walter Mazzarri e a condividerne totalmente le scelte. Quella di Verona, infatti, era la partita ideale, oltre che l'unica di questo periodo iniziale della stagione, per testare la consistenza reale di alcune cosiddette riserve, più che per far riposare i titolari. Mazzarri aveva bisogno di risposte certe, con i tre punti in palio, sull'affidabilità dei vari Fernandez, Fideleff (nella foto), Santana, Pandev. E certo non poteva chiederle ai match contro Fiorentina, Villarreal in Champions League, o Inter.
Ebbene, nonostante la sconfitta - ma la gara doveva finire tranquillamente 0-0 - l'unico bocciato certo è Goran Pandev, che è totalmente fuori condizione e va recuperato atleticamente in modo da poter fare la differenza con la sua classe ed esperienza (anche internazionale). Per il resto, gli altri presunti rincalzi hanno pienamente superato l'esame: in particolare, il biondo centrale di sinistra Ignacio Fideleff, che fino al momento del clamoroso, sfortunato e, purtroppo, decisivo errore difensivo era stato nettamente il migliore in campo.
Adesso, dunque, il tecnico partenopeo sa di poter contare su alternative in più rispetto a quelle già rodate (Zuniga, Dzemaili, Mascara) e può dire di aver ottenuto l'obiettivo che si era prefissato con la trasferta di Verona. Anzi, conoscendo Mazzarri, sono certo che riproporrà Fideleff dal primo minuto anche stasera contro la Fiorentina, in modo da fargli archiviare in fretta l'incidente che ha provocato la rete di Moscardelli del Chievo. E' così che si guida un gruppo e lo si fa crescere.

giovedì 22 settembre 2011

caos inter: gasperini, ranieri, moratti e... moggi!

Di Diego Del Pozzo

I "senatori" dell'Inter sono riusciti nel loro intento e hanno fatto esonerare Giampiero Gasperini, dopo appena novanta giorni alla guida della squadra nerazzurra. E' ovvio, comunque, che l'allenatore piemontese ci ha messo del suo, con scelte forzate e immotivate (difesa a tre, Sneijder a centrocampo, Pazzini sempre fuori...) che ne hanno ulteriormente compromesso il rapporto con i veri allenatori interisti in campo: Javier Zanetti ed Esteban Cambiasso. Certo, però, nonostante tutto ciò, che vedere scene come quella di martedì sera a Novara, con Cambiasso che impone a Ranocchia di passare alla difesa a quattro "perché lo dico io...", fa davvero pensare male. Inqualificabile, poi, è stato il comportamento della società e, in testa, del presidente Moratti, sempre lontanissimi da un tecnico che, in ogni caso, avevano scelto loro, assieme al suo progetto tecnico-tattico.
Comunque, per rimettere assieme i cocci della gioielleria nerazzurra è stato chiamato il miglior allenatore italiano disponibile su piazza, quel Claudio Ranieri (qui nella foto, mentre dirige il suo primo allenamento ad Appiano Gentile) perfetto per missioni di questo tipo, anche se sarà strano vederlo seduto sulla panchina della squadra che, in questi anni, ha contrastato prima alla guida della Juve e poi con la Roma.
E proprio a proposito del passato juventino di Ranieri, argomento che ha già fatto storcere il naso a troppi puristi interisti, mi piace ridare qui il giusto peso a quel passato. Alla guida di una Juventus mai sentita sua fino in fondo, l'allenatore romano pagò, ancora una volta, il pessimo rapporto con lo storico nemico Luciano Moggi. Se si riflette in maniera obiettiva, infatti, non si può fare a meno di riconoscere come sia stato proprio "Lucky Luciano" - che, all'epoca, negli ambienti juventini interni ed esterni alla società contava ancora molto (Alessio Secco, Tuttosport, i tifosi, Del Piero...) - a contribuire massicciamente al montare di quel clima da "terra bruciata" sviluppatosi innaturalmente attorno a Ranieri, fino al culmine dell'incontro segreto (segreto?) tra Blanc e Lippi e della ridicola e offensiva cacciata a due giornate dalla fine della sua seconda stagione, in favore del lippiano Ciro Ferrara, quando uno dei due match ancora da disputare era nientepopodimenoche "l'amichevole" stagionale col Siena. Insomma, Claudio Ranieri non può essere considerato per nulla "juventino" e, anzi, proprio questa sua scarsa "appartenenza" non gli ha consentito di resistere più a lungo in quell'ambiente a lui abbastanza ostile.
Dunque, anche per questo motivo, oltre che per il 4-3-1-2 che riproporrà immediatamente, per l'Inter attuale rappresenta la migliore scelta possibile...

martedì 20 settembre 2011

napoli: stracciato il milan (3-1) e mandato già a cinque punti...

Di Diego Del Pozzo

Il Milan B appesantito dagli anni e dalle tante assenze non può nulla contro il Napoli A, carico emotivamente (dopo il prestigioso pari di Champions in casa del Manchester City) e atleticamente (grazie al lavoro del sempre più bravo preparatore Pondrelli). E, infatti, il big match della terza giornata di Serie A (la seconda effettiva, a causa dello sciopero), andato in scena al San Paolo domenica sera come posticipo, ha avuto ben poca storia, nonostante una partenza un po' frenata e timida degli azzurri, che non per caso avevano subito la rete di Aquilani.Poi, però, la voglia di rimontare il risultato e dare ai tifosi la prima soddisfazione della stagione ha caricato gli uomini di Mazzarri, forse addirittura ben oltre il necessario. Così, si sono scatenati gli uomini di maggior classe ed esperienza della squadra: l'ottimo Gargano (autore di una prova maiuscola in mezzo al campo, nonché del bellissimo assist per il 2-1), un generosissimo Pocho Lavezzi più forte dei suoi acciacchi, un Hamsik sempre più calciatore totale, un Inler tignosissimo ma sempre lucido e, soprattutto, l'eroe della serata, quel Matador Edinson Cavani (nella foto qui sopra) autore di una straordinaria tripletta tutta al volo capace di schiantare i rossoneri senza possibilità d'appello. E, tra l'altro, l'attaccante uruguayano è giunto alla quinta tripletta in un anno con la maglia azzurra (una nella scorsa Europa League e le altre in Serie A: l'anno scorso contro Juventus, Sampdoria e Lazio, quest'anno al Milan).
E, dopo appena due match disputati, tra azzurri e rossoneri ci sono già cinque punti di differenza in classifica.

domenica 18 settembre 2011

un bel profilo di gokhan inler da un esperto di calcio elvetico

Di Carlo Pizzigoni
(Max - 18 settembre 2011)

Se il Napoli è oggi la squadra con più appeal d’Italia non è solo merito dei tre tenori davanti, Hamsik, Lavezzi e il bomber Cavani. La certezza che la squadra di Mazzarri sia competitiva ad alto livello in Europa, dopo il pareggio a Manchester contro il City plurimiliardario di Roberto Mancini, è dovuta anche al fatto che è arrivato un nuovo direttore d’orchestra in mezzo al campo, il (mezzo) turco napoletano Gökhan Inler. Niente però atteggiamento sopra le righe alla Totò, Inler fuori dal campo è una persona fin troppo seria, tanto che per animare la conferenza stampa di presentazione il presidente Aurelio De Laurentiis gli ha messo in testa una maschera da leone.Avranno sorriso su a Olten, nel nord della Svizzera, dove nacque il movimento letterario più celebre della storia elvetica contemporanea, con Friedrich Dürrenmatt e Max Frisch. A Olten lo conoscono Gökhan, lo hanno visto crescere: figlio di una famiglia turca, esultarono quando giovanissimo era quasi certo il suo passaggio al Fenerbahce di Istanbul. E invece Inler rimase in Svizzera, e grazie alla Svizzera si è affermato: dopo essere stato scartato dal Basilea è Lucien Favre a scoprirlo e lanciarlo nello Zurigo. Favre, probabilmente il miglior allenatore della Svizzera dei nostri lustri (sta facendo un lavoro eccezionale anche al Borussia Mönchengladbach, quest’anno), tira fuori da Inler il meglio da questo ragazzo taciturno, introverso, (troppo) sensibile, incline all’apatia ma dai mezzi tecnici fenomenali.
Il sangue turco, l’educazione (anche sportiva) svizzera ha sortito un mix unico, da maneggiare con cura: soprattutto da sollecitare con i giusti toni. A Udine lo hanno scovato prima di tutti, allo Zurigo, dove giocava con Dzemaili (ora suo compagno al Napoli) e con il più talentuoso di tutti Margairaz, che come da copione si è perso, e lo hanno gestito in maniera perfetta, stimolandolo quando era il caso, costruendo anche moralmente il giocatore. La scelta della Nazionale ha un po’ deluso tanti fratelli turchi, Inler ha preferito la Svizzera, quando quasi tutti i giocatori con doppio passaporto (da Kuzmanovic a Rakitic) sceglievano di allontanarsi da Berna. Chi si attendeva da Inler un proclama, dopo questa preferenza, non lo conosce: “Ehm, veramente ho scelto chi mi ha chiamato prima!”. Gökhan Inler è un centrocampista che sa fare tutto e lo sa fare bene, è un cristallo da lucidare costantemente e con cura, brillerà, e con lui il Napoli.

venerdì 16 settembre 2011

champions league: il napoli può essere aiutato dal calendario

Di Diego Del Pozzo

Nonostante il brillante esordio a Manchester, il girone di Champions League del Napoli continua a essere oggettivamente difficilissimo. Una mano agli azzurri, però, potrebbe arrivare dalla composizione del calendario.
E proprio questo era uno dei motivi che mi rendeva fiducioso in vista dell’esordio al City of Manchester Stadium, poi superato in maniera assolutamente brillante (nella foto, Inler e Campagnaro fermano Aguero). In ottica Champions, infatti, il principale difetto degli uomini di Mazzarri, dopo una campagna acquisti estiva che aveva certamente rafforzato la rosa dal punto di vista tecnico, poteva essere quello dell’inesperienza a certi livelli, con conseguente emozione da mettere in conto quantomeno in occasione delle prime uscite. E, da questo punto di vista, esordire in trasferta a Manchester, contro una squadra a sua volta assente dalla massima competizione europea da più di quarant’anni e dotata di un blasone tranquillamente paragonabile a quello partenopeo, era sicuramente da preferire piuttosto che farlo, per esempio, contro il Bayern all’Allianz Arena.
Scorrendo il calendario, poi, il secondo match in casa col Villarreal - cioè quello, sulla carta, meno ostico rispetto agli altri - potrebbe fare da trampolino di lancio per le ambizioni europee azzurre, che sarebbero poi messe definitivamente alla prova alla terza giornata, ancora al San Paolo (in un contesto ambientale, presumibilmente, traboccante di entusiasmo), dal Bayern Monaco. La proibitiva trasferta in Germania, quindi, giungerebbe quando il Napoli dovrebbe aver già preso familiarità con la massima competizione europea per club e, dunque, potrebbe risultare meno temibile dal punto di vista perlomeno psicologico. La rivincita della scorsa Europa League a Vila-Real e la conclusione-spareggio in casa col Manchester City già bloccato a domicilio potrebbero, a quel punto, certificare l’inatteso passaggio del Napoli alla fase a eliminazione diretta. E, per qualificarsi in un girone tanto equilibrato, potrebbero bastare anche soltanto 8 punti, magari frutto di due vittorie (Villarreal e City in casa), due pareggi (quello già ottenuto a Manchester e uno in casa col Bayern) e due sconfitte (a Monaco e Vila-Real).

giovedì 15 settembre 2011

champions league: grande esordio per il napoli!

Di Alberto Cerruti
(La Gazzetta dello Sport - 15 settembre 2011)

Grazie Napoli. Grazie per aver giocato la partita più bella delle tre italiane in Champions. E pazienza se alla fine è arrivato "soltanto" un pareggio, che tutti i 2.500 tifosi arrivati fin qui avrebbero firmato alla vigilia. Negli occhi di chi ha preso freddo in tribuna o di chi ha visto la partita in tv, rimarrà per sempre il ricordo di un Napoli da applausi che ha giocato con la personalità della grande squadra, non con la paura della debuttante, o semplicemente con la consapevolezza di essere sfavorita nei 90' e per il passaggio agli ottavi. E il merito ancora una volta è di Mazzarri, che si conferma un signor allenatore capace di caricare tutti e di scegliere la formazione meno scontata ma più giusta, con Zuniga e Gargano al posto di Dossena e Dzemaili. E poi ci sono i meriti dei giocatori, a cominciare da capitan Cannavaro, con l'unica eccezione di De Sanctis che lascia passare sul primo palo la punizione dell'1-1 di Kolarov. Peccato, perché solo 6 minuti prima il gol di Cavani (nella foto) aveva regalato il sogno di una clamorosa ma meritata vittoria. Anche se stavolta, più del risultato, in prospettiva europea conta la prova di maturità della squadra.
Ventuno anni di lontananza da quella che allora si chiamava Coppa dei Campioni erano tanti per il Napoli, ma erano pochi rispetto ai 43 di assenza del City. E allora per celebrare il suo doppio debutto, in Champions e in casa, il grande schermo scalda l'attesa proiettando immagini del passato europeo degli antenati di Dzeko e Aguero. Tra i tanti gol si vedono anche quelli rifilati al milanista Albertosi in una partita di Coppa Uefa del 6 dicembre 1978 vinta 3-0, anch'essa storica perché fu l'ultima in Europa di Rivera. I trionfi del passato però caricano soltanto i tifosi della squadra di Mancini, che rispetto all'ultima passeggiata contro il Wigan ritrova Zabaleta, Kolarov, Nasri e Dzeko. Tra i due bentornati nella coppa dei ricchi, il City conferma di avere più uomini di classe e più voglia di arrivare subito al sodo. Il Napoli, però, fa capire subito di non lasciarsi intimorire, evitando di farsi schiacciare oltre i limiti della decenza.
Con il gigante Tourè padrone in mezzo al campo al fianco di Barry, alle spalle del trio Silva-Aguero-Nasri a supporto di Dzeko, il City fa paura quando parte in velocità. Al momento del dunque, però, c'è sempre una gamba di Campagnaro e Aronica, oppure la testa di Cannavaro ad anticipare gli uomini di Mancini, troppo dipendenti dal folletto spagnolo Silva, che sembra un incrocio tra Xavi e Iniesta. Rinfrancato dalla grande concentrazione di Zuniga e dal movimento continuo di Gargano, al fianco del preziosissimo Inler, il Napoli ha sempre la forza di ripartire. E quando al 18' Zuniga smarca Lavezzi, solo la sfortuna nega il gol all'argentino che calcia benissimo, ma vede il suo pallone finire sulla traversa. Proprio Lavezzi, però, regala da un angolo un pallone a Tourè che va via da solo e dopo aver scambiato con Aguero pareggia il conto delle traverse.
Superato senza danni il primo tempo, il Napoli acquista fiducia crescendo alla distanza come le grandi squadre. Hamsik calcia a colpo sicuro, ma trova Kompany che respinge sulla linea il suo pallone. E' il segnale che spaventa e frena il City, mentre Mazzarri è costretto a inserire Dzemaili al posto dell'acciaccato Lavezzi. E proprio l'ultimo arrivato squarcia la difesa avversaria con le sue discese, sfiorando il gol. Poi è Maggio che in contropiede consegna a Cavani il pallone dell'1-0. Sembra fatta, ma il City ha un sussulto di orgoglio. Aguero colpisce la traversa, poi è Kolarov su punizione a sorprendere De Sanctis sul primo palo. Un'altra squadra si spegnerebbe, ma non il Napoli che riprende ad attaccare, anche quando Mancini, senza lo squalificato Balotelli, inserisce Tevez al posto di Dzeko. Niente da fare: è il City ad arrendersi alla squadra di Mazzarri, non il contrario. E allora grazie Napoli e avanti così. Perché questo è soltanto l'inizio.

martedì 13 settembre 2011

pensiero della settimana: cosa fa uno juventino...

Cosa fa uno juventino il martedì, mercoledì e giovedì sera? Va a dormire presto... (d.d.p.)

domenica 11 settembre 2011

serie a: buon esordio per il napoli, che vince 3-1 a cesena

Di Diego Del Pozzo

Buon inizio di stagione per il Napoli di Walter Mazzarri, vittorioso 3-1 in trasferta sul sintetico del "Manuzzi" di Cesena, grazie a un secondo tempo condotto con l'autorevolezza della grande squadra, seppur contro un'avversaria ridotta in dieci in seguito a un'espulsione.
Dopo essere passato subito in vantaggio col Pocho Lavezzi, lanciato da un astuto assist da fallo laterale alla Rory Delap di un ottimo Hugo Campagnaro (autore del secondo gol azzurro e, comunque, miglior uomo in campo), il Napoli s'è prima fatto raggiungere da Guana, poi ha persino rischiato qualcosina, quindi - nella seconda metà - ha stretto la squadra di Giampaolo nella propria metà campo, costruendo numerose occasioni da rete e siglandone due, con Campagnaro e Marek Hamsik.
La prima pratica in trasferta, quindi, è stata archiviata positivamente e a far sorridere sono la consueta notevole condizione atletica, la presenza "tosta" e qualitativa di Gokhan Inler in mezzo al campo e l'accelerazione collettiva che, a un certo punto del secondo tempo, ha consentito di spaccare il match in due.