mercoledì 30 settembre 2009

pensiero della settimana: nervo(sismi)...

Di Diego Del Pozzo

Ancora non siamo arrivati a ottobre e siamo già tutti nervosi: chi urla, chi sbraita, chi accusa, chi licenzia, chi inveisce, chi offende! Di questo passo, cosa accadrà a febbraio-marzo?

martedì 29 settembre 2009

elogio di zemanlandia

Di Diego Del Pozzo

Parla poco, ma quando lo fa lascia sempre il segno. Sì, perché Zdenek Zeman è quasi condannato, in un mondo di omini fatti con lo stampino, a non essere mai banale, pagando sempre e comunque in prima persona per le proprie prese di posizione. Il suo silenzio di questi ultimi mesi è stato rotto ieri, alla Casa del Cinema di Roma, durante la presentazione del bel documentario Zemanlandia di Giuseppe Sansonna, dedicato all'epopea del suo "mitico" Foggia di inizio anni Novanta. Nel corso dell'incontro con la stampa, infatti, il boemo ha detto la sua, tra le altre cose, anche sul sempre chiacchierato José Mourinho, definito - secondo me con qualche ragione - "un tecnico mediocre ma un grandissimo comunicatore". "Io penso - ha proseguito Zeman - che Mourinho si trovi all'Inter, perché è un grande gestore di giocatori. Anche se è ancora più bravo a gestire i giornalisti. Certo, con lui i tifosi nerazzurri non vedranno mai un bel gioco".
Bel gioco che, invece, le sue squadre hanno sempre mostrato. E, da parte mia, avrei voluto vederlo seduto sulla panchina di una grande squadra, il Boemo. Per intenderci, sulla panca della Juve di Lippi o su quella della Roma di Capello, o magari - perché no? - al posto del vate portoghese a guidare l'Inter spaziale odierna. Secondo me, infatti, Zdenek Zeman è (stato?) uno tra i più grandi MAESTRI di calcio e di sport che abbiamo avuto in Italia in questi anni: un uomo coerente fino all'eccesso, con una sua idea forte di sport e di vita; uno capace, checché se ne possa comunemente pensare, di instaurare rapporti profondi e proficui anche con campioni affermati e di livello superiore (basti pensare a quello che Totti ha sempre detto su di lui...) e non soltanto con i giovani o con atleti sconosciuti.
Il suo 4-3-3 iper-offensivo ha fatto letteralmente epoca, con i tre attaccanti a segnare caterve di gol a prescindere dal loro nome e spesso dalle loro qualità (che in molti casi pure erano ben evidenti...), con quella difesa altissima sempre pronta a far scattare la trappola del fuorigioco o a essere "bucata" in velocità, col portiere trasformato in autentico libero moderno, col pressing esasperato, con i tagli, gli inserimenti, tutto applicato alla velocità della luce. Attraverso l'unico credo del Gioco (e la maiuscola non è casuale), è stato sempre pronto a trasportare le sue squadre oltre i loro limiti strutturali e, ai tempi d'oro, a coniugare davvero bel gioco e risultati (non come alcuni santoni contemporanei, che predicano gioco offensivo e, invece, applicano la dura legge del "primo: non prenderle").
Personalmente, a Zeman è legato un mio grande rimpianto, risalente ai tempi dell'Impero Moggiano: ricordo bene, infatti, quando il Boemo fu assunto come allenatore del Napoli appena ritornato in Serie A nel 2000, ricordo le attese dell'estate, ricordo una entusiasmante prima giornata di campionato con un San Paolo stracolmo e una Juventus letteralmente annichilita da un grande primo tempo del Napoli (la partita finì, purtroppo, 2-1 per la Juve, con rimonta nel secondo tempo), ricordo poi l'esonero in diretta tv - corsi e ricorsi storici... - alla Domenica sportiva dopo un buon pareggio a Perugia con una squadra in netta crescita, ricordo durante quella trasmissione l'annuncio tv di Corbelli (all'epoca nefasto presidente-ombra degli azzurri) dopo un imbarazzante e all'epoca inspiegabile servizio nel quale un rumoroso gruppo di ultrà del Napoli chiedeva alla società di esonerare il tecnico, ricordo infine le ammissioni successive a Calciopoli dalle quali emergeva che Moggi aveva imposto Zeman a Corbelli col disegno di farlo esonerare dopo poche giornate (usando, nel caso, anche trasmissioni televisive amiche... come avvenne) e di "bruciarlo" ancora più di quanto non avesse già fatto, in modo da fargli pagare le denunce sul doping in casa bianconera. E, in effetti, l'esonero napoletano fu, per il Boemo, l'autentico colpo di grazia, dal quale probabilmente non s'è più ripreso...

A proposito di quel Napoli-Juve che ho citato poco fa, ho ritrovato uno stralcio della cronaca dell'epoca, sul sito di Raisport. Ve lo sottopongo, senza ulteriori commenti: "[...] Ed in effetti, nel primo tempo, spinto anche dagli ottantamila del San Paolo, il Napoli impone alla Juve la maggiore freschezza atletica. La cura-Zeman comincia a dare i suoi frutti. Il più elevato tasso tecnico dei bianconeri scolorisce di fronte all'aggressività dei partenopei. La sofferenza juventina è maggiore a centrocampo, dove, teoricamente, la linea a quattro, coadiuvata da Zidane, dovrebbe poter facilmente prevalere su quella a tre predisposta da Zeman. Ma nel Napoli gli esterni di difesa, Saber e Baccin, e quelli di attacco, Sesa e Bellucci, si sacrificano moltissimo per dare una mano a centrocampo. L'inferiorità numerica finisce così, molto spesso, per trasformarsi in superiorità, a tutto vantaggio del Napoli. Ed è sempre l'aggressività degli azzurri, i loro raddoppi di marcatura, la loro veemenza, ad impedire al duo Del Piero-Inzaghi, nel primo tempo, di finalizzare il dialogo stretto ai limiti dell'area di rigore. D'altronde anche Zidane, la fonte principale del gioco offensivo juventino, è costantemente tenuta a freno da un esuberante Matuzalem, perno del centrocampo napoletano, presentatosi alla prima di campionato in splendide condizioni di forma. E quando non ci arriva Matuzalem a mettere una pezza per chiudere le falle, ci pensano Vidigal e Tedesco a dargli una mano".
Chissà, in un mondo diverso, come sarebbe andata a finire questa storia...
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Libri consigliati: Stefano Marsiglia, Zeman. L'ultimo ribelle, Malatempora, 2005 - 94 pagine, 8 euro.

lunedì 28 settembre 2009

napoli: "poliziotto buono" e "poliziotto cattivo"

Di Diego Del Pozzo

Ho sempre avuto la sensazione che tra Aurelio De Laurentiis e Pier Paolo Marino vi fosse un'intesa quasi totale sul modo di condurre e organizzare il nuovo Napoli, che il produttore cinematografico rilevò sei anni fa dopo il fallimento della vecchia società. Un'intesa, quella tra i due, basata anche su inevitabili compromessi e, soprattutto, su un gioco delle parti altrettanto inevitabile per tener buona una piazza effervescente come quella partenopea.
In particolare, mi ha sempre colpito l'abilità di De Laurentiis e Marino di alternarsi vicendevolmente nei ruoli del "poliziotto buono" e del "poliziotto cattivo" (qui sopra, Denzel Washington ed Ethan Hawke in Training Day), proprio come nei film tanto amati dal presidente azzurro (che, per mestiere, li produce e distribuisce): quando serviva, infatti, il presidente addossava qualche colpa al dirigente, che a sua volta si mostrava, a seconda delle esigenze, tenero e sorridente nei confronti della piazza o della squadra, quando arrivavano le sferzate presidenziali. Con questo voglio dire che ho costantemente avuto, in questi anni di presidenza De Laurentiis, l'impressione netta che Marino fosse assolutamente funzionale alla gestione del produttore cinematografico, sempre bisognoso di un parafulmine che ne mascherasse, in qualche modo, la quasi totale ignoranza calcistica.
A un certo punto, però, diciamo circa a febbraio-marzo di quest'anno, il presidente De Laurentiis deve aver avuto la sensazione che di passi in avanti, con questo trucchetto da poliziesco mediamente commerciale, non se ne potessero più fare; e che, anzi, il suo cospicuo investimento nella società azzurra potesse essere addirittura in pericolo (tutto, infatti, passa per l'ingresso in Champions League in tempi accettabili). Così, parallelamente alla diminuzione della sua ignoranza calcistica, ha deciso di cambiare strategia e, pian piano, ha iniziato a porre in evidenza i limiti dell'operato di Marino, peraltro responsabile di tanti errori - anche gravi - in questi primi sei anni. Tutto ciò è arrivato al suo culmine col repentino ritorno in Italia, con la sfuriata negli spogliatoi di San Siro tra primo e secondo tempo di Inter-Napoli e, infine, col fragoroso licenziamento in diretta televisiva di ieri pomeriggio.
Adesso, tutti sono davvero curiosi di capire quale sarà il nuovo modus operandi di De Laurentiis, che comunque resta uomo e imprenditore dalle mille risorse. Credo che non ci vorrà molto per saperne di più...

ipse dixit: il presidente-allenatore


"Ho letto un po' di libri sui moduli: è bastata mezz'ora, mi è sembrato tutto chiaro".
Aurelio De Laurentiis
(presidente del Napoli)

domenica 27 settembre 2009

napoli: s'è svegliata la "bella addormentata"...

Di Diego Del Pozzo

Almeno sette delle nostre dieci-domande-dieci sulla crisi del Napoli hanno avuto oggi pomeriggio l'unica risposta possibile, da parte del presidente Aurelio De Laurentiis, che ha praticamente licenziato il direttore generale Pier Paolo Marino in diretta televisiva.
Il numero uno della società azzurra si è, in pratica, lavato le mani delle tante questioni controverse, accumulate in questi ultimi due anni di sua gestione ed esplose fragorosamente a partire dalla seconda metà della scorsa stagione, scaricando tutta la colpa dei recenti fallimenti sull'uomo che, fino a quando gli ha fatto comodo, lo ha aiutato a costruire il suo costoso giocattolo, al tempo stesso introducendolo nei salotti del calcio italiano che conta.
La "bella addormentata", dunque, s'è finalmente svegliata. E, rumorosamente com'è nel suo carattere, ha dato in pasto alla folla e alla critica il colpevole che tutti stavano cercando, esponendolo al pubblico ludibrio.
Da domani, dunque, si volta pagina. Con uomini nuovi e idee inedite. Almeno fino al prossimo fallimento e al prossimo colpevole.
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Ecco il resoconto dell'esplosiva conferenza stampa odierna di Aurelio De Laurentiis, tratto dal sito Napoli Magazine. Sono intervenuto il meno possibile sul testo originale, proprio per lasciare intatto l'effetto voluto dell'onda che travolge tutto al suo passaggio:
"Tutti quanti sono curiosi di sapere cosa farò. Io sono tornato per fare. Ho grande rispetto per i tifosi del Napoli, ai quali voglio dare un calcio vincente. Sono il primo ad essere dispiaciuto. Sto seguendo due film importanti all'estero, per cui non dovevo tornare in Italia. Ho capito però che c'era qualcosa che non andava. Ho un incontro in programma con Marino nella giornata di lunedì per chiarire il nostro rapporto. Io non voglio vincere con la ragione. E' un chiarimento per fare il bene del Napoli. Le mie decisioni saranno prese solo per il bene del Napoli. Non so cosa può venire fuori da questo incontro. Se mi aspetto le dimissioni? Non è questo il punto. Mi aspetto delle spiegazioni. Se qualcosa non ha funzionato voglio capire cos'è che non va. Negli ultimi anni quando chiedevo qualcosa le mie domande sono state disattese. Spesso e volentieri dicevo: "Perché non facciamo così?", e mi si rispondeva che in base ai suoi trentacinque anni di esperienza non era possibile fare in quel modo. Per me non è una frattura, ma un'esigenza. Io non sono quello che mette sulla graticola e che ha bisogno di prendersi rivincite. Io sono per il gruppo di lavoro. Al momento in cui arrivai sottolineai la necessità della figura del direttore sportivo, oltre al direttore generale: a suo tempo mi disse "Se prendiamo il ds allora me ne vado". E per togliere occasione tolsi di mezzo. Il Napoli, nel tempo, è diventato troppo un club monocratico. Io ho trenta società. Ho sempre avuto un grande rapporto con Reja: quando si sarà stancato, non ci sono problemi. Ho detto a Marino che volevo sfondare anche nel calcio scozzese e americano, ma non abbiamo mai fatto un tubo. Per cui ho capito che Marino lavorava a mezzo servizio o come dg o come ds. Nella sede del club c'erano i pavimenti color vomito: in un attimo ho fatto cambiare tutto. Marino ha 52 anni e io 60: non è possibile gestire un club di A in maniera provinciale. Quest'estate, da maggio con il signor Formisano, mi sono messo a lavorare sullo stadio: con un dg si fa squadra, si fa team. Se il dg è in Lega, serve un ds sul campo di allenamento. Perché non ci sono altre figure nel club? Bisognerebbe chiederlo a Marino. Io chiudo con un utile, quest'anno, di 18 milioni di euro: solo la Lazio è riuscita ad andare bene come il Napoli. A livello dirigenziale io non ho in società una persona che parla in inglese e francese. Perché a Roma non ho mai ricevuto il resoconto settimanale della rete degli osservatori? Io, prendendo il numero uno, pensavo di arrivare in alto, al primo posto. Devo ringraziare Formisano che ha creato 450 prodotti: gli ho fatto venire le emorroidi al cervello. Abbiamo inventato le biciclette, il profumo, l'auto, le barche e la motocicletta del Napoli. L'impostazione monocratica non l'ho data io. A un certo punto mi sono chiesto: perché devo pagare i calciatori con un valore eccessivo e poi non riesco nemmeno a piazzarli ad altre squadre? Se nel cinema non riesco a vendere un film all'estero rimuovo in due minuti il responsabile. Non voglio attaccare Marino. A Castelvolturno ho fatto interventi precisi per evitare malattie: mancavano i bocchettoni alle docce. La palestra? L'ho pagata centodiecimila euro, me l'ha chiesta Donadoni ma doveva chiedermela Marino. La situazione è chiara a tutti. Quest'anno ho fatto una settimana di vacanze. Non è che si chiude il mercato e allora me ne vado quindici giorni in vacanza... Che uomo società sei? Così non sei sul pezzo. A Marino dirò che forse l'entusiasmo è finito, la mission si è esaurita. Non è che perché ho scelto io Donadoni, allora me ne vado in vacanza. Che discorso è? Non oserei mai pensare che uno come Marino, che ha dato tanto al Napoli, possa compromettere questa sua fede per sposare posizioni poco obiettive. Donadoni fa l'allenatore. Ho comprato i diritti dei Gormiti, per il film alle Hawaii: sono in concorrenza con la Disney e la Pixar. Il problema non è Donadoni: Donadoni è un professionista. Bisogna capire solo se il gioco va bene o no. Da anni chiedo di giocare con il 4-4-2 e non con il 3-5-2. Un allenatore libero che mi piace? Non ci ho pensato, lo farò con calma. Un direttore libero che mi piace? Non ho pensato a un direttore, ma a una struttura societaria. Ad esempio su Obinna abbiamo aspettato inutilmente un mese per capire che non cedeva i diritti d'immagine. De Ceglie non è arrivato così come quell'altro esterno, allora è chiaro che scommetto su Datolo. Non mi fate ricordare il giro di campo con Datolo... Mannini? Nel 4-4-2 si esprime bene".

venerdì 25 settembre 2009

crisi napoli: domande ancora valide

Di Diego Del Pozzo

C'è sempre più confusione all'ombra del Vesuvio. Le cronache odierne parlano di un Aurelio De Laurentiis letteralmente furioso, ancora a distanza di quarantotto ore.
Il presidente azzurro, durante un incontro pubblico dedicato allo stadio San Paolo, se n'è uscito con frasi minacciose, come questa: "Non me ne frega niente di fare processi, mi limiterò a eliminare gli errori. Chi ha sbagliato deve ammetterlo e poi sarò io a decidere".
Intanto, la partita casalinga col Siena si avvicina all'insegna del caos più totale. E le nostre dieci domande restano ancora senza risposta...

giovedì 24 settembre 2009

dieci-domande-dieci sulla crisi del napoli

Di Diego Del Pozzo

Dopo l'umiliante sconfitta di ieri sera a San Siro contro l'Inter, la confusione in "Casa Napoli" è, se possibile, aumentata ancora di più: nessuna reazione da parte della squadra per l'intero secondo tempo e un allenatore che, nel dopo-gara, parla come se volesse farsi mandar via.
A questo punto, mi è venuto spontaneo elaborare un elenco di dieci-domande-dieci da sottoporre al presidente Aurelio De Laurentiis, al direttore Pier Paolo Marino e al tecnico Roberto Donadoni, per me i tre principali responsabili dell'attuale situazione.
1) Chi ha avallato la cessione di Daniele Mannini in comproprietà alla Sampdoria, privando la squadra dell'unico giocatore in rosa capace di giocare esterno sinistro nel 3-5-2, assicurando qualità e risultati sia in fase offensiva che difensiva? Credo che, se continua così, Mannini andrà ai Mondiali con l'Italia di Lippi.
2) Chi ha deciso di non sostituirlo, durante il mercato estivo; contemporaneamente privando la squadra anche di un buon rincalzo come il giovane Luigi Vitale (ceduto in prestito al Livorno), lasciando così il fronte sinistro del centrocampo a cinque in mano ai soli Datolo (che è un'ala pura e ha difficoltà in fase difensiva) e Aronica (niente più che un onesto terzino), entrambi da adattare in un ruolo non loro?
3) Chi ha deciso di spendere 8.5 milioni di euro per acquistare un ottimo terzino destro da 4-4-2 come Juan Camilo Zuniga, che però nel centrocampo a cinque del Napoli non avrebbe potuto far altro che giocare nell'identico ruolo già coperto da una delle stelle della squadra, cioè Christian Maggio? Insomma, si è acquistata una riserva per quella cifra esorbitante? Non sarebbe stato più saggio spendere tutti questi soldi per la fascia sinistra, essendo la destra già coperta adeguatamente?
4) Collegata alla precedente, c'è una questione di carattere più generale: perché si continua a sprecare il cospicuo budget messo a disposizione dalla proprietà, sperperandolo in operazioni di dubbia utilità e in acquisti di giocatori che, nelle squadre di provenienza, sono niente più che riserve (i casi più eclatanti sono quelli degli strapagati Rinaudo e Pazienza, per le cui cessioni Palermo e Fiorentina stanno ancora ridendo)?
5) Come può, una squadra ambiziosa come il Napoli, giocare con un centrocampo tanto leggero e così male assortito com’è quello composto da Gargano-Cigarini-Hamsik? Chi dà peso e fisicità? Chi ha dato indicazioni tecniche per assemblarlo così?
6) Non servirebbe un attaccante di maggior peso e atletismo, magari un Denis più forte, in modo da poter variare il modo di attaccare della squadra (monocorde e spesso sterile) e, soprattutto, evitare l'assurdo logico dei continui cross dalle fasce senza nessuno in grado di intercettarli efficacemente di testa?
7) Come si può impedire che il gioco del Napoli dipenda totalmente dalle "lune" di Ezequiel Lavezzi, senza alcun ordine, nessuna logica, un po' di varietà?
8) Perché Marek Hamsik continua a sparire quando affronta le grandi squadre o gioca in stadi prestigiosi? E' questione di scarsa personalità o c'è qualcos'altro?
9) Com'è possibile che la squadra sia così timida e sbiadita ogni volta che gioca in trasferta; e che l'allenatore non riesca mai a caricarla a dovere né a evitare il naufragio alla prima difficoltà?
10) Assodato che il 3-5-2 non è un modulo che Donadoni predilige, perché non si è approfittato delle ultime partite, inutili, dello scorso campionato e della preparazione estiva per impostare la squadra direttamente secondo un altro sistema tattico, magari il 4-3-3 prediletto dal tecnico bergamasco o con un più razionale 4-4-2?
Di domande da fare ce ne sarebbero tante altre, ma sarebbe bello se qualcuno, per iniziare, provasse a rispondere almeno a queste dieci.

mercoledì 23 settembre 2009

disastro azzurro a san siro...

Di Diego Del Pozzo

Che disastro! Ancora una volta, durante un match giocato in trasferta, il Napoli ha mostrato la sua assoluta mancanza di personalità.
Già sotto di due gol dopo appena quattro minuti, la squadra allenata (allenata?) da Roberto Donadoni si è consegnata come un placido agnellino al burbero gigante nerazzurro, che ha infierito intorno alla mezz'ora (3-0) e, forse pentito, ha poi concesso una rete al Pocho Lavezzi. Quindi, stanca di scherzare, l'Inter ha semplicemente amministrato la partita fino alla fine, contando sull'ammirevole - dal suo punto di vista - mancanza di grinta, cuore, gioco, idee di un Napoli sempre più brutto e noioso.
D'altra parte, la resa degli azzurri era stata certificata fin dal fischio d'inizio, col solito spaesato Zuniga schierato fuori ruolo sulla fascia sinistra e l'ala Datolo relegata addirittura in tribuna, proprio per evitare, magari, di offendere troppo i nerazzurri.
Nelle interviste del dopopartita, il buon Donadoni si è persino detto soddisfatto, perché i suoi uomini (uomini?) "hanno evitato di prendere un'imbarcata e hanno limitato i danni". A questo punto, immagino, sarà scattato l'applauso dei presenti...
La situazione è sempre più seria. Adesso, fossi in Aurelio De Laurentiis, coglierei l'occasione per mettere subito la parola fine a questa infelice parentesi tecnica donadoniana, perché la barca, ormai, sembra davvero in balìa di onde sempre più violente e il nocchiero bergamasco - non certo un uomo di mare - appare in confusione totale. Assieme a lui, però, dovrebbe andare via anche colui che, tra squilli di trombe e fanfare ("Cinquanta milioni di euro spesi!!! Cinquanta milioni di euro spesi!!!"), gli ha consegnato una squadra irrimediabilmente incompleta.

martedì 22 settembre 2009

pensiero della settimana: sognare cassanate

Di Diego Del Pozzo

Stanotte ho sognato che Lippi convocava Cassano già per le partite di ottobre della Nazionale. E che decideva di andare a giocarsela in Irlanda schierandolo titolare e affidandogli le chiavi della squadra. E che il fantasista della Sampdoria decideva il match con due gol e un assist per il compagno d'attacco Pazzini. E che, sul 3-1 per l'Italia, il commissario tecnico lo sostituiva a cinque minuti dalla fine per fargli raccogliere l'applauso dei tifosi. E che Cassano usciva dal campo salutando il pubblico che gli tributava una standing ovation. E che, definitivamente convinto da questa grande prestazione, Lippi decideva di farne il leader dell'Italia per andare a difendere, con qualche possibilità, il titolo mondiale in Sudafrica...

lunedì 21 settembre 2009

serie a: il decalogo del week-end

Di Diego Del Pozzo

Ecco le dieci cose secondo me più interessanti verificatesi nel week-end calcistico di Serie A.
1) La Sampdoria capolista di Gigi Del Neri (qui sopra, l'esultanza dei giocatori durante la partita col Siena) sta continuando a dare ragione al mio pronostico di inizio stagione, confermandosi nel ruolo di squadra-rivelazione del campionato, anche se ritengo che tale definizione sia riduttiva visti il valore della rosa blucerchiata e la qualità del calcio espresso finora. Del Neri si dimostra, una volta di più, grande allenatore, capace di dare un gioco personale alle proprie squadre e di renderle efficaci e spettacolari al tempo stesso. Il suo lavoro si sta rivelando particolarmente redditizio, come da tradizione, con gli esterni di centrocampo, in particolar modo con l'ottimo Daniele Mannini di queste settimane (già da Nazionale?). Al resto, ovviamente, pensa un Antonio Cassano geniale come non mai e sempre più continuo.
2) La Roma schianta la Fiorentina nel posticipo e ritrova gioco e risultati: bravo Ranieri, ma tutto passa per i piedi e la testa di Totti (nella foto qui sopra) e il cuore di De Rossi. Io, però, non sopravvaluterei troppo questa vittoria, ottenuta contro la solita Fiorentina cronicamente incapace di coniugare campionato e Champions League. Scommetto che i viola, anche quest'anno, voleranno nella seconda parte di stagione, una volta eliminati dall'Europa che conta.
3) Il Milan batte il Bologna caricandosi con l'inno della Champions negli spogliatoi e, soprattutto, facendo a meno dello zavorrante Ronaldinho di questi ultimi anni: buona l'intuizione di Abate terzino destro "alla Maicon", confermata la ripresa di Nesta, incoraggianti i progressi di Pirlo senza Ronie. Insomma, il Diavolo pian pianino potrebbe anche tornare a far paura.
4) Giampiero Ventura continua a dare spettacolo e a ottenere risultati col suo Bari (qui sotto, nella foto), grazie a un calcio piacevole e propositivo già visto due stagioni fa nel 4-2-4 adottato alla guida del Pisa neo-promosso in Serie B, il quale avrebbe, forse, addirittura conquistato la massima serie senza la lunga catena di infortuni del finale di stagione.
5) Colui che è stato in ballottaggio con Ciro Ferrara fino all'ultimo, per la panchina della Juventus, torna ad allenare a un mese di distanza dall'addio al Bari portato in Serie A. Antonio Conte, infatti, rileva oggi l'esonerato Angelo Gregucci alla guida di un'Atalanta fin qui disastrosa. I risultati ottenuti finora in carriera lasciano ben sperare e incuriosiscono riguardo all'impatto che Conte potrà avere su una squadra non priva di giocatori di talento.
6) E a proposito di Juve, assieme alla scoppiettante Sampdoria c'è proprio la Vecchia Signora in testa alla classifica di Serie A: concreta, solida, efficacissima, ordinata, grintosa. Ma, soprattutto, con un ritrovato Gigi Buffon tra i pali: dopo le critiche della passata stagione, è evidente che il portiere della Nazionale italiana ha deciso di riconquistare lo scettro di miglior estremo difensore del globo terracqueo, proprio nell'anno dei Mondiali.
7) L'anno scorso, il Cagliari di Max Allegri partì con cinque sconfitte nelle prime cinque giornate di campionato, per poi stupire e incantare tutti. Quest'anno ha già fatto meglio, con un punto nelle prime quattro. Ieri ha dominato l'Inter al Sant'Elia e avrebbe certamente meritato la vittoria, invece che un'allucinante sconfitta: la qualità del gioco è già quella, spettacolare, della passata stagione e anche la condizione sta ritornando a ottimi livelli. Insomma, da ora in poi attenti al Cagliari!
8) Il solito, irredimibile José Mourinho è sempre più nervoso e si fa espellere durante la partita di Cagliari (qui sopra, uno dei due gol del decisivo Diego Milito): un turno di squalifica e 15.000 euro di multa, comminatigli oggi per i pesanti e reiterati insulti all'arbitro. Che il portoghese abbia capito, dopo il confronto diretto di mercoledì sera col Barcellona, che anche quest'anno la Champions League resterà una chimera, nonostante la rosa fortissima a sua disposizione? Intanto, la qualità di gioco è data ancora per dispersa...
9) Tornando alla Sampdoria, ieri ha giocato la sua prima gara dall'inizio il giovane e promettentissimo centrocampista diciannovenne Andrea Poli: annotiamoci tutti il suo nome, perché in futuro lo sentiremo molto spesso.
10) E, dulcis in fundo, il Napoli. C'è sempre più confusione sotto al Vesuvio, come avrà notato chi ha avuto la sfortuna di assistere a Napoli-Udinese 0-0. Nonostante la faraonica (?) campagna acquisti estiva, infatti, la squadra di Roberto Donadoni è ancora chiaramente incompleta e va avanti tra pericolosi equivoci tecnico-tattici: a) Chi ha avallato la cessione di Mannini in comproprietà alla Sampdoria, privando la squadra dell'unico giocatore in rosa capace di giocare esterno sinistro nel 3-5-2, assicurando qualità e risultati sia in fase offensiva che difensiva? b) Chi non lo ha sostituito sul mercato, privando la squadra anche di un buon rincalzo come il giovane Vitale (in prestito al Livorno), lasciando il fronte sinistro di un centrocampo a cinque in mano ai soli Datolo (un'ala pura) e Aronica (un onesto terzino), entrambi da adattare in un ruolo non loro? c) Chi ha deciso di spendere 8.5 milioni di euro per acquistare un ottimo terzino destro da 4-4-2 come Zuniga, che però nel centrocampo a cinque del Napoli non avrebbe potuto far altro che giocare nell'identico ruolo già coperto da una delle stelle della squadra, cioè Christian Maggio? Si è acquistata una riserva per quella cifra esorbitante? Non sarebbe stato più saggio spendere quei soldi per la fascia sinistra, essendo la destra già coperta adeguatamente? d) Come può, una squadra ambiziosa com'è il Napoli, giocare con un centrocampo tanto leggero quanto quello composto da Gargano-Cigarini-Hamsik? Chi dà peso e fisicità? e) Non servirebbe anche un attaccante di maggior peso e atletismo, magari un Denis più forte, in modo da variare il modo di attaccare della squadra e, soprattutto, evitare l'assurdo logico dei continui cross dalle fasce senza nessuno in grado di intercettarli di testa? f) Come si può impedire che il gioco del Napoli dipenda totalmente dalle lune di Lavezzi, senza un ordine, una logica, un po' di varietà? A tutte queste domande, purtroppo, non è ancora riuscito a dare una risposta sul campo un sempre più confuso Donadoni, che si sta dimostrando l'allenatore meno adatto per una piazza come Napoli. I problemi veri, però, nascono dalle scelte di una dirigenza non sempre all'altezza: vero De Laurentiis e Marino?

domenica 20 settembre 2009

il ritorno di michael owen e un grande ryan giggs

Di Diego Del Pozzo

Alla fine, è stato proprio lui a decidere il palpitante centocinquantatreesimo derby della città di Manchester: il redivivo Michael Owen.
L'attaccante ex Pallone d'Oro, principale scommessa estiva di sir Alex Ferguson, ha siglato al minuto 96 il bellissimo gol della vittoria per il suo nuovo club, il Manchester United, mostrando nuovamente quelle doti di opportunismo e velocità d'esecuzione che lo avevano reso famoso, prima dei tanti gravi infortuni subìti in questi ultimi anni.
Era entrato in campo al 23' del secondo tempo, Owen, ma ha saputo subito essere decisivo: e così, proprio grazie a lui, i Red Devils sono riusciti a battere il Manchester City con un incredibile 4-3 ben oltre lo scadere di quello che era stato il recupero prima annunciato dall'arbitro Atkinson, dopo che i Citizens avevano a loro volta ritrovato il pareggio (3-3) proprio al novantesimo minuto.
Il match dell'Old Trafford è stato bello e combattuto, giocato con straordinaria intensità da tutte e due le squadre, con in ballo una supremazia cittadina che quest'anno, Chelsea permettendo, potrebbe voler dire anche vittoria in Premier League. United e City, infatti, sono due grandi team, pronti, rispettivamente, a confermarsi ai vertici e a inserirvisi in maniera definitiva. La partita odierna, comunque, l'ha condotta quasi costantemente la squadra di sir Alex, ben guidata da un Ryan Giggs in forma smagliante (sembra che abbia sempre vent'anni!), autore di ben tre assist (compreso quello, sontuoso, del 4-3) e di una gara tutta corsa, tecnica, cervello e personalità: ancora una volta, è stato lui il "cuore" dello United, l'eterno ragazzino mancuniano doc - seppur di mamma gallese, per la quale ha scelto una nazionalità che, forse, gli ha fatto perdere almeno un paio di Palloni d'Oro e un Mondiale col National Team dei Tre Leoni - scoperto anni fa da Ferguson e trasformato nel simbolo glorioso di un'epopea di successi, unico trait d'union tra il primissimo Manchester vincente dell'allenatore scozzese e quest'ultimo ancora ai vertici, vent'anni dopo, in Inghilterra e in Europa.
In quanto al Manchester City, va sottolineato come abbia confermato la nuova solidità derivante da un calciomercato ancora una volta lussuoso ma finalmente pure razionale: soltanto la difesa, però, andrebbe registrata molto meglio rispetto a oggi pomeriggio, a meno che i Citizens non vogliano contare sempre sui miracoli di uno Shay Given anche ieri migliore dei suoi. Altra conferma, poi, è quella riguardante il manager: con tale patrimonio tecnico, infatti, il City necessiterebbe di un allenatore di ben altro livello tecnico e ben altro carisma - anche nei confronti degli arbitri - rispetto all'onesto Mark Hughes. Oggi, comunque, la seconda squadra di Manchester ha pagato pure l'assenza del suo giocatore più rappresentativo e più in forma, quell'Emmanuel Adebayor squalificato per tre turni in seguito all'inqualificabile comportamento tenuto durante il precedente match contro l'Arsenal: ci fosse stato il centravanti togolese, forse anche il derby di oggi pomeriggio sarebbe potuto finire in modo diverso.

sabato 19 settembre 2009

il calcio in hd secondo mediaset premium

Di Davide Cerbone

Si chiama Tele System TS7900HD e, al momento, è più introvabile di Osama Bin Laden. Perché? Semplice. È uno dei pochissimi decoder certificati per l’alta definizione in digitale terrestre. E ora che dilaga la smania dell’hd (un suffisso che di questi tempi sta bene vicino a ogni cosa, come xp fino a un paio di anni fa), tutti lo cercano, tutti lo vogliono. Ma solo pochissimi sono riusciti a metterci le mani sopra.
Certo, alcuni televisori di ultimissima generazione sono provvisti di decoder hd. Basta comprare uno di quelli, direte. E invece no: perché nessuno dei modelli attualmente in commercio è adatto a ricevere in alta definizione i canali criptati. In pratica: neanche con un televisore che reca tra le specifiche l’allettante marchio Dgtv HD vedrete in alta risoluzione le (poche) partite trasmesse in hd da Mediaset Premium. Per proteggere i propri dati criptati e scongiurare la pirateria, infatti, Mediaset ha deciso di saltare a piè pari la codifica CI (common interface) per ricorrere alla nuova CI+ (common interface plus). Il che rende obsoleti in un sol colpo perfino i tv lcd che occupano i posti d’onore sugli scaffali delle catene di elettronica e di informatica: nessuno di questi, oggi, integra il sistema CI+.
A meno che non si voglia attendere l’uscita della prossima generazione di televisori (dando per scontato che questi prevedano un modulo digitale terrestre hd CI+) serve, dunque, un decoder esterno (o una cam) hd. Il Tele System, appunto. Che, venduto al prezzo non proprio modico di 169 euro, monta un processore BROADCOM da 400 MHz, presa ethernet per la connessione a banda larga con modem V90, memoria RAM da 256 Mb e doppio lettore smart card. In alternativa, ci si può avventurare nella ricerca di uno degli altri due o tre apparecchi dei quali si trova traccia soltanto su internet (attenzione: anche in quel caso bisogna aver cura di sceglierne uno con codifica CI+). Basta farsi un giro in qualche negozio, del resto, per avere la prova empirica di come la confusione regni sovrana: nessun commesso sarà in grado di dirvi quando arriveranno i nuovi decoder hd compatibili con le offerte di Mediaset.
Il punto, però, è anche - o soprattutto - un altro: la quantità di banda della quale Premium dispone è decisamente insufficiente per le trasmissioni in alta definizione. Tanto che, per rispondere all’offerta del calcio in hd di Sky (che pare abbia comunque una risoluzione leggermente più alta), Mediaset ha dovuto limitarsi ad anticipi e posticipi. Quelli mandati in onda su Premium Calcio HD, infatti, essendo in beata solitudine, possono occupare gli “spazi” lasciati liberi dagli altri canali Premium Calcio. Ecco perché, fin quando questi limiti tecnici non saranno superati, difficilmente vedremo più di una partita alla volta in alta definizione sui canali a pagamento di Berlusconi.
Insomma, è un’alta definizione con tanti “se” e tanti “ma”. Giusto il minimo indispensabile per aggiungere quelle due magiche consonanti sulle locandine e negli spot.

venerdì 18 settembre 2009

coppe europee: l'italia va sempre peggio

Di Diego Del Pozzo

Da deludente che era dopo la due giorni di Champions League, il bilancio delle squadre italiane impegnate nelle competizioni europee diventa disastroso dopo il giovedì dedicato alla neonata Europa League (la ex Coppa Uefa, o se preferite la Serie B del futuro Campionato Europeo per Club).
Ieri sera, infatti, soltanto il Genoa - che, in questo periodo, è davvero in forma smagliante - ha fatto il proprio dovere, superando lo Slavia Praga con un secco 2-0, ottenuto al termine della consueta partita casalinga impressionante per grinta e capacità di intimorire l'avversario con la forza del gioco. Per il resto, invece, le due romane sono state sconfitte da avversarie che, sulla carta, potevano sembrare inferiori: 2-0 la Roma a Basilea (nella foto sopra), 1-2 suicida la Lazio contro il Red Bull Salisburgo, comunque due club ambiziosi e appartenenti al gruppetto degli emergenti a livello europeo.
Se il buongiorno si vede dal mattino, dunque, il terzo posto dell'Italia nel ranking Uefa - l'ultima posizione, cioè, che dà diritto alla quarta squadra in Champions League - appare davvero in pericolo, soprattutto se la Germania farà in Europa League ciò che, negli ultimi anni, ha fatto in Coppa Uefa, un torneo nel quale, in questi anni, le squadre tedesche hanno sempre ben figurato e sono arrivate molto avanti, a differenza delle italiane. Proprio la Germania, infatti, segue l'Italia nel ranking Uefa, distanziata di pochissimo. Insomma, il sorpasso potrebbe avvenire già al termine di questa stagione, con conseguente ufficializzazione del ridimensionamento italiano a livello internazionale.
E per il calcio della Nazionale campione del mondo in carica sarebbe l'ennesimo disastro...

giovedì 17 settembre 2009

argentina: rosario central capolista a sorpresa

Di Diego Del Pozzo

Dopo la quarta giornata, il Torneo Apertura argentino è guidato da una capolista assolutamente inattesa e decisamente sorprendente: il Rosario Central.
Ecco, qui di seguito, i gol del quarto turno, che ha lasciato le Canallas rosarine sole in testa al campionato, dopo la vittoria casalinga contro il Chacarita.

mercoledì 16 settembre 2009

champions league: italiane, magro bilancio

Di Diego Del Pozzo

Bilancio abbastanza deludente, quello delle quattro squadre italiane impegnate nella fase a gironi della Champions League 2009-2010. La prima giornata, infatti, ha portato due pareggi casalinghi (Inter e Juventus), una sconfitta esterna (Fiorentina) e l'unica vittoria del solito Milan da esportazione.
Preoccupa, in particolare, il pari della Juve (1-1), ottimamente controllata a Torino da un Bordeaux tosto, veloce e ben messo in campo dall'allenatore Laurent Blanc: i francesi aspirano legittimamente al passaggio del turno, in un gruppo che dovrebbe avere nel ritrovato Bayern Monaco la favorita per il primo posto.
Di segno più positivo, invece, m'è sembrato il pareggio interno dell'Inter col fortissimo Barcellona campione in carica, che - pur giocando una partita in tono minore - ha portato a casa piuttosto agevolmente un buono 0-0. Il segno positivo, comunque, è rappresentato dall'inedita personalità dei nerazzurri, che pare stiano realmente prendendo le misure alla principale manifestazione calcistica continentale (nella foto qui sopra, un contrasto tra Samuel e Ibrahimovic). L'anno scorso, infatti, un match come questo - dominato per lunghi tratti dall'avversario - l'Inter lo avrebbe perso. Per ora, dunque, è bene accontentarsi di questo piccolo, ma evidente, passo in avanti.
Per quanto riguarda le altre due squadre italiane impegnate tra ieri e oggi, ho ben poco da dire: la Fiorentina continua a non mostrarsi adeguata a un palcoscenico come quello della Champions League, mentre il Milan non dovrebbe avere eccessivi problemi a passare il turno come seconda del suo gruppo (di livello bassino...) alle spalle del Real Madrid "neo-galactico".

martedì 15 settembre 2009

pensiero della settimana: turnover inopportuno

Di Diego Del Pozzo

Perché José Mourinho - che può contare su una rosa composta da venticinque campioni - non attua il turnover dopo le partite delle Nazionali, anche se tre giorni dopo il match di campionato dovrà affrontare il Barcellona in Champions League? E perché Roberto Donadoni - che non può certo contare su una rosa composta da venticinque campioni - decide di praticare, al contrario, un turnover quantomeno inopportuno, peraltro proprio in occasione di quello che potrebbe rivelarsi uno scontro diretto decisivo per l'accesso alle coppe europee?
I vincenti si riconoscono anche in queste circostanze...

lunedì 14 settembre 2009

tagliare tagliavento? bello, ma impossibile!

Di Diego Del Pozzo

Dopo aver riletto il mio articolo di ieri sera, scritto "a caldo" pochi minuti dopo il fischio finale di Genoa-Napoli 4-1, mi ero quasi convinto di aver adottato un punto di vista troppo "da tifoso", in particolare a proposito delle mie critiche all'arbitraggio imbarazzante del signor Tagliavento. Poi, però, stamattina sono stato confortato - si fa per dire! - dalle pagelle pubblicate sui principali quotidiani italiani, accompagnate da giudizi assolutamente poco lusinghieri di tenore simile al mio.
In particolar modo, mi piace segnalare il voto che l'inviato de La Gazzetta dello Sport - quindi, non Il Mattino di Napoli - ha attribuito al disastroso arbitro del match di Marassi: un devastante "3", ulteriormente rafforzato da un commento molto, molto negativo.
Insomma, poiché le nefandezze commesse da Tagliavento sono sotto gli occhi di tutti - tranne che, forse, dei commentatori "buonisti" di Sky - sarebbe bello se il Napoli potesse almeno avere la soddisfazione morale di vedere questo fischietto "tagliato" dagli elenchi di coloro che sono in grado di arbitrare in Serie A. Purtroppo, però, ciò non accadrà mai...
Ps: Nell'elenco di nefandezze che ho compilato ieri va inserita anche, a onor del vero, la mancata espulsione del difensore napoletano Contini, graziato per l'ennesima applicazione della "regola" della compensazione.

domenica 13 settembre 2009

grande genoa, però...

Di Diego Del Pozzo

Una premessa indispensabile: il Genoa ha ampiamente meritato di vincere il match di stasera contro il Napoli, in particolar modo per la grinta e la determinazione con le quali ha affrontato il secondo tempo. Forse, il 4-1 finale può sembrare esagerato, ma la vittoria dei rossoblù non può essere oggetto di discussioni.
Detto ciò, però, diventa impossibile non commentare l'allucinante prestazione dell'arbitro Tagliavento, assolutamente inadeguato al livello della partita, che ha provato in tutti i modi a rovinare. Addirittura, grazie alla sua imbarazzante direzione di gara, a un certo punto del primo tempo si è quasi rischiato di far venir meno l'ultradecennale gemellaggio tra Genoa e Napoli, sicuramente uno tra i più saldi e sinceri del calcio italiano.
Ebbene, l'elenco delle nefandezze commesse dall'arbitro Tagliavento è lungo. Ecco le più eclatanti, in ordine cronologico, con la precisazione che i suoi errori hanno danneggiato tutte e due le squadre, però disorientandole inevitabilmente:
1) Criscito del Genoa non meritava di essere espulso, per un falletto e qualche parolina di troppo;
2) Dopo un precedente fallo del difensore azzurro Campagnaro (ex doriano) sul portiere genoano Amelia, con conseguenti proteste feroci dei giocatori e dei tifosi di casa, lo stesso calciatore del Napoli (ex doriano) veniva espulso immeritatamente, a distanza di una ventina di minuti, per aver in realtà subìto un fallo del genoano Sculli: oltre all'espulsione, decretata a furor di popolo e secondo le regole non scritte della compensazione, il Napoli subìva anche un inesistente rigore; e qui la partita svoltava (si era nel recupero del primo tempo e, così, si andava al riposo sul 1-1 e in dieci contro dieci, invece che sullo 0-1 e con l'uomo in più per la squadra di Donadoni);
3) L'azzurro Maggio veniva ammonito per quello che era chiaramente un grande intervento difensivo, in scivolata sul pallone (deviato in calcio d'angolo);
4) L'altro azzurro Aronica veniva espulso per aver semplicemente assistito a un tuffo in area di un attaccante genoano: Napoli in nove uomini, ancora calcio di rigore e Genoa sul definitivo 4-1.
La squadra di Gasperini, comunque, ha mostrato, ancora una volta, una straordinaria qualità di manovra e una enorme sicurezza nei propri mezzi. L'allenatore rossoblù, da parte sua, ha letto a meraviglia la partita, sostituendo Sculli prima di un'espulsione che sarebbe stata inevitabile di lì a poco (era nervosissimo e l'arbitro lo aveva già graziato sull'azione del primo rigore inesistente), facendogli subentrare il poi decisivo Palacio e facendo inoltre entrare il grande Hernan Crespo, a sua volta decisivo. Dall'altra parte, invece, Donadoni non ha mostrato altrettanta duttilità e capacità di lettura, ritardando l'ingresso in campo di Lavezzi - inspiegabilmente escluso, in una partita di tale importanza - per un inadeguato Pià e segnalandosi per altre scelte piuttosto discutibili. A ciò, poi, si aggiunga la consueta fragilità mentale dei giocatori, ancora una volta - come a Palermo - partiti alla grande e poi persisi quando il clima della contesa s'è fatto arroventato.
Insomma, per il Genoa attuale capolista della Serie A, con Juventus e Sampdoria, l'esame è stato brillantemente superato. Lo stesso, certamente, non può dirsi per un Napoli ancora una volta rimandato a tempi migliori.

sabato 12 settembre 2009

i citizens fanno sul serio

Di Diego Del Pozzo

Nel pomeriggio, la partita del City of Manchester Stadium tra la squadra di casa allenata da Mark Hughes e l'Arsenal di Arsène Wenger è servita come esame di maturità per il City che, a questo punto, può legittimamente aspirare a un ruolo di primo piano nella Premier League di quest'anno.
Il 4-2 finale a favore dei Citizens non dice tutto sulla sicurezza con la quale la squadra di proprietà degli sceicchi ha affrontato il match. Un osservatore neutrale, come non è il sottoscritto, deve aver avuto netta la sensazione che il Manchester City non avrebbe mai potuto perdere questa partita: bei fraseggi veloci, disposizione ordinata in campo, quella sfrontatezza tipica di chi si affaccia ai livelli di vertice dopo tanti anni di delusioni, la coscienza dei propri enormi mezzi (finanziari, innanzitutto...) e, soprattutto, un'ottima qualità degli interpreti.
Dopo una prima stagione, quella passata, trascorsa dagli sceicchi a guardarsi intorno e a provare e riprovare colpi "galattici" rivelatisi regolarmente flop, il Manchester City della stagione agonistica 2009-2010 è stato assemblato, infatti, puntando su giocatori di primo livello che, però, fossero funzionali alle esigenze della squadra e ai ruoli effettivamente da coprire. Si spiega così, dunque, un undici di partenza come quello visto all'opera oggi pomeriggio, schierato secondo il modulo 4-2-3-1: Shay Given tra i pali (cioè, il miglior portiere del campionato inglese); due laterali di difesa come Micah Richards a destra e Wayne Bridge a sinistra (entrambi nel giro del National Team di Fabio Capello); una coppia di centrali difensivi composta da Kolo Touré e dall'ultimo arrivato Lescott; due mediani solidi, dinamici e intelligenti come l'olandese De Jong e il nazionale inglese Gareth Barry; un trio di trequartisti, da destra a sinistra, formato da Wright-Phillips, Ireland e Bellamy; e, last but not least, il fortissimo centravanti togolese Emmanuel Adebayor (peraltro, stupidamente polemico, per tutta la partita, con la sua ex squadra). E va tenuto presente che dall'undici titolare erano assenti altri due uomini decisivi come Robinho e Tevez; e che la riserva di Adebayor si chiama Roque Santa Cruz.
Insomma, forse forse, quest'anno la Premier League assisterà davvero alla nascita di un nuovo Big Team...

venerdì 11 settembre 2009

il sinistro di jesus e la "mano de dios"

Di Davide Cerbone

C'è un tempo per la gloria e un altro per la vergogna. Il primo, Diego l'ha vissuto in campo, celebrato come sommo profeta del calcio d'ogni tempo. Il secondo, che pure l'aveva sorpreso più di una volta uomo fragile fino all'estrema conseguenza dell'autolesionismo, non aveva mai scalfito l'aura divina del suo genio pallonaro.
Stavolta, invece, la mano de Dios, quella di Diego Armando Maradona, eroe nazionale fino a qualche giorno fa, non lascia i segni che molti si aspettano sulla squadra che da calciatore, nell'anno di grazia millenovecentottantasei, trascinò alla conquista del Mexico e del mondo.
Quella mano, che punì solennemente l'Inghilterra dell'incredulo Shilton prima che il piede la ubriacasse con la serpentina più leggendaria della storia del calcio, oggi fa più danni che altro. È una mano dal tocco maldestro, più che divino. Eppure, qualche mossa la indovina.
Quella, per esempio, di spedire in campo tale Datolo, che di nome fa Jesus. Questione di affinità? Può darsi. Sta di fatto che l'esterno sinistro del Napoli, additato da tanti come oggetto misterioso - nonché inutile e costoso -, è uno dei pochi a restare a galla nel giorno di un tracollo, quello contro gli eterni rivali del Brasile, che è soprattutto tattico e psicologico. È suo il micidiale sinistro del 1-2 che fulmina Julio Cesar e regala per un pugno di secondi uno squarcio di speranza all'Argentina. La difesa, però, ci mette pochissimo a disfare tutto. Perché per venticinque minuti l'Argentina regge. Anzi, fa addirittura la partita. Ma appena il Brasile all'europea di Dunga accelera, la retroguardia azul y blanca schianta.
Quella di Maradona, di contro, è (nel male) un'Argentina più sudamericana che mai. Con una vocazione tutta poggiata sulla motivazione e sulle invenzioni dei suoi tanti talenti. Che però, senza un'organizzazione degna di questo nome, si smarriscono. Finanche il fenomeno Messi (si giocava nella sua Rosario), nel marasma tattico, scompare.
E la scena, pietosa assai per chi da quella parata di stelle (Messi, Tevez, Heinze, Gago, Aguero, i napoletani Lavezzi e Datolo, oltre ai senatori Zanetti e Veron) si aspettava sfracelli, si ripete qualche giorno dopo ad Asunciòn. Solo che stavolta di fronte non c'è la macchina da guerra verdeoro, ma il non irresistibile Paraguay. Finisce 1-0 per i padroni di casa, che conquistano così il pass per il Sudafrica, mentre la Selecciòn in caduta libera, con Veron espulso all'inizio del secondo tempo e Diego Milito relegato addirittura in tribuna per far posto a Martin Palermo, marcia a larghe falcate verso lo psicodramma. Diego, da combattente indomito quale è, continua a ripetere la litania del "vado avanti". Ma ora, dinanzi all'onta e alla paura, perfino il suo mito, in patria, vacilla.
L'Argentina è ferma a 20 punti, ha davanti quattro squadre (Brasile, Paraguay, Cile, Ecuador) e si è ridotta a sperare nello spareggio con la quarta classificata del girone Concacaf. Così, saranno le ultime due partite, in casa col Perù (il 10 ottobre) e a Montevideo con l'Uruguay (tre giorni dopo), a decidere le sorti di una delle nazionali più prestigiose del futbol mondiale.
E mai come allora, servirà la mano de Dios. Perciò: suerte, Diego; suerte, Argentina. Sapendo, però, che la "suerte", da sola, molto spesso non basta.

giovedì 10 settembre 2009

situazione preoccupante per l'argentina

Di Diego Del Pozzo

Adesso sì che la situazione è diventata preoccupante. Dopo la sconfitta di ieri sera in Paraguay, infatti, la qualificazione dell'Argentina ai prossimi Mondiali è realmente in pericolo.
La squadra di Maradona è quinta in classifica; posizione che, tra due partite, le varrebbe unicamente lo spareggio con la quarta del girone centro-nordamericano. Ma, a un solo punto, l'Albiceleste è tallonata da Uruguay e Venezuela, con la Colombia ad appena due punti: insomma, con due sole partite ancora da disputare, il rischio di restare fuori da Sudafrica 2010 si fa maledettamente concreto.
Dopo essere stata ridicolizzata a domicilio dal Brasile, dunque, anche ieri sera, in uno stadio Defensores del Chaco di Asunciòn ribollente di entusiasmo, l'Argentina è stata surclassata dal Paraguay, anche oltre lo striminzito 1-0 finale. Lo testimoniano il palo e la traversa colpiti dall'Albiroja e, più in generale, un dominio netto anzitutto sul piano tattico. E qui, purtroppo per chi gli vuol bene, non può che essere chiamato in causa l'attuale commissario tecnico argentino Diego Armando Maradona, che ancora una volta mostra un'assoluta incapacità di leggere le partite e, soprattutto, si intestardisce in scelte discutibili che, alla fine, l'evidenza dei fatti conferma essere sbagliatissime. Eccone alcune: l'assurdo ostracismo nei confronti di un muro difensivo come Samuel, nonostante l'autentica "banda del buco" che continua a proporre al centro della difesa; il mancato inserimento di un centravanti come Diego Milito almeno in panchina (cosa che, poi, lo costringe a puntare sull'immobile totem Martin Palermo nel momento del bisogno); l'esasperato ricorso ai cross dalle fasce, impossibili da raggiungere per la coppia di nanetti schierati in attacco (ieri sera Messi e Aguero, ma le alternative sono Tevez e Lavezzi, altrettanto inadatti al gioco aereo).
Insomma, nonostante i tanti campioni sui quali può contare, l'Argentina maradoniana continua a sembrare una squadra senza né capo né coda, col commissario tecnico tradito innanzitutto dagli uomini sui quali ha investito di più (Messi e Mascherano su tutti, peggiori in campo sia contro il Brasile che contro il Paraguay, ovviamente tacendo della difesa centrale). In un quadro così cupo, però, la cosa più preoccupante è lo sguardo spento dei giocatori e quello completamente spaesato di Maradona in panchina.
Alla fine, resto convinto che l'Argentina ai Mondiali ci sarà. Però, per una squadra che ha il potenziale per provare a vincerli, è inevitabile che s'imponga una decisione sul futuro prossimo.

mercoledì 9 settembre 2009

l'inghilterra si qualifica per il mondiale

Di Diego Del Pozzo

E alla fine vendetta fu! Lo spauracchio Croazia, peraltro già esorcizzato all'andata, è stato definitivamente annientato questa sera dalla Nazionale inglese, grazie a una sonante vittoria casalinga, 5-1, sul prato di Wembley.Così, la sempre più sicura Inghilterra di Fabio Capello (qui sopra, al termine del match, mentre si congratula con Wayne Rooney) approda con largo anticipo al Mondiale sudafricano del prossimo anno, grazie a un filotto di otto vittorie in altrettante partite disputate. E, conoscendo il tecnico friulano, c'è da credere che in terra di Sudafrica vorrà andarci per vincere...
Per la cronaca, contro la Croazia i gol inglesi sono stati realizzati da Lampard (due: qui sotto, la sua esultanza dopo il rigore del 1-0), Gerrard (due) e Rooney.

martedì 8 settembre 2009

pensiero della settimana: kulov dopo kuladze?

Di Diego Del Pozzo

Per la partita di domani sera contro la Bulgaria, l'ineffabile commissario tecnico italiano Marcello Lippi farebbe bene ad attrezzarsi in tempo. Mentre in Georgia, infatti, ha potuto contare su due colpi di "Kuladze", non mi risulta, invece, che tra le fila dei bulgari giochi "Kulov".

lunedì 7 settembre 2009

brasile e spagna fanno già paura

Di Diego Del Pozzo

Le partite di sabato sera, valide per le qualificazioni al Mondiale del prossimo anno in Sudafrica, hanno detto alcune cose estremamente chiare.
Innanzitutto, che per la vittoria finale le grandi favorite sono, allo stato attuale, il Brasile e la Spagna. La prima, dopo la netta vittoria in trasferta contro l'Argentina (1-3: qui sopra, nella foto), è già qualificata; alla seconda basta davvero poco (e, comunque, il 5-0 rifilato al Belgio - non al Lussemburgo - si commenta da solo...).
Un'altra indicazione, di segno diametralmente opposto, riguarda invece le due finaliste dell'edizione 2006: la grigia Italia lippiana - vincitrice in Georgia soltanto grazie a due colpi di... Kuladze - e la disorientata Francia di Domenech, il quale sta facendo più danni di Attila su un movimento calcistico che, attualmente, può esprimere giocatori di primissimo livello, peraltro nel pieno della carriera e non a fine attività come i nazionali italiani. Ebbene, l'ineffabile commissario tecnico transalpino rischia seriamente di non far qualificare la propria squadra, a maggior ragione dopo il pareggio casalingo contro la Romania. Nel girone dell'Italia, invece, non c'è, per fortuna, una selezione rampante e vogliosa come la Serbia (attualmente prima nel gruppo dei "cugini"), ma soltanto due team di medio livello come l'Irlanda del Trap e l'anarchica Bulgaria: alla fine, dunque, persino una squadra in disarmo come quella vista in Georgia, dovrebbe farcela ad arrivare prima nel suo girone e a qualificarsi alla fase finale senza passare per i play-off tra le seconde classificate.
Tornando al Brasile, visto sabato notte azzerare l'Argentina di Maradona (qui sopra, perplesso nella foto) nel caldissimo stadio di Rosario, la cosa che fa più paura è come la qualità superiore di questa squadra sia stata, ormai, definitivamente saldata a quella mentalità utilitaristica e pragmatica predicata da chi, l'attuale commissario tecnico Dunga, un Mondiale in questo modo è riuscito già a vincerlo da calciatore, nel 1994; tra l'altro, con una squadra sicuramente meno forte di quella che lui allena oggi.
Il Brasile visto a Rosario, infatti, ha grinta, cuore, tecnica, velocità, forza fisica, imprevedibilità nelle soluzioni individuali, efficacia estrema: e il mix che ne viene fuori, in proiezione Sudafrica 2010, potrebbe realmente essere letale per tutte le possibili avversarie. Anche per la pur ottima Spagna.

domenica 6 settembre 2009

i due volti di jesus datolo

Di Diego Del Pozzo

Ci mancava soltanto il gran gol segnato contro il Brasile nell'amara ma meritata sconfitta di stanotte della sua Argentina!
Adesso, Jesus Datolo (qui nella foto) rischia di diventare, in Italia, un vero e proprio "caso", proponendosi sempre più come il tipico giocatore "a due facce", a seconda che giochi con la maglia della sua Nazionale (due partite e due gol, siglati peraltro a suggello di buone prove) o con quella del Napoli.
Chi è davvero il buon Jesus? E che cosa potrà dare alla sua attuale squadra di club? Si attendono ancora risposte più chiare e convincenti di quelle pervenute finora...
In realtà, il mistero non è più tale se lo si affronta con un minimo di raziocinio e basandosi su quelle che sono le caratteristiche tecniche del calciatore: Jesus Datolo, infatti, è un classico esterno sinistro offensivo di centrocampo, quello che fino a qualche anno fa si chiamava "ala sinistra". E, come tale, per rendere al meglio ha bisogno di essere schierato in un 4-4-2 o, al massimo, un 4-3-3 (qui, anche come possibile mezzala sinistra), con un terzino sinistro che gli copra le spalle mentre lui pensa principalmente ad attaccare e a costruire gioco.
Il problema, dunque, non è Datolo, bensì colui che lo ha acquistato - nello scorso mese di gennaio, pagandolo anche caro - per farlo giocare in una squadra che, a torto o a ragione, ha fatto del 3-5-2 il suo modulo ricorrente. E, purtroppo, da esterno sinistro in un centrocampo a cinque l'argentino non riuscirà mai a sfruttare in pieno le proprie potenzialità, poiché non ha la resistenza fisica per coprire costantemente l'intera fascia né la propensione al sacrificio per rendersi utile in fase difensiva. In questo, per intenderci, il buon Daniele Mannini - misteriosamente sacrificato sul mercato estivo, nell'ambito dell'operazione Campagnaro - sarebbe stato di gran lunga più efficace. Nell'attuale 3-5-2 del Napoli, Jesus Datolo potrebbe giostrare con maggior profitto come interno sinistro (schierato, dunque, alla sinistra del regista Cigarini e non sulla fascia) o alle spalle delle due punte; ma, in entrambi i ruoli, la squadra azzurra si affida, giustamente, a una delle sue stelle più fulgide, cioè Marek Hamsik.
Che ne sarà, dunque, del futuro partenopeo di questo buon giocatore, forse capitato nel contesto tecnico sbagliato? Intanto, ammiriamo il gran gol che ha segnato stanotte contro il Brasile.


sabato 5 settembre 2009

dedicato a marcello lippi

Di Diego Del Pozzo

Mentre il commissario tecnico italiano Marcello Lippi continua a urlare contro il disinteresse diffuso che, a suo dire, ci sarebbe nei confronti della sua comunque anonima Nazionale, colgo l'occasione per suggerirgli, in modo disinteressato, alcuni semplici modi per provare, eventualmente, a far lievitare l'interesse dei tifosi italiani. Per capire come, basta guardare questo breve filmato. Che ne so? Magari lo guarda anche il buon Marcello...

giovedì 3 settembre 2009

ma amauri italiano serve davvero?

Di Diego Del Pozzo

Il tormentone sulla concessione del passaporto italiano ad Amauri sta diventando sempre più stucchevole. E' notizia di stasera che, un po' a sorpresa, l'iter s'è nuovamente allungato. La cosa, dunque, non renderà il giocatore convocabile per le partite di ottobre della Nazionale italiana.
Ma siamo davvero sicuri che ciò sia negativo? Con tutto il rispetto per Amauri, infatti, non capisco perché l'Italia intera sia, da più di un anno, quasi in ginocchio di fronte a un calciatore che la sua Nazionale di appartenenza, cioè il Brasile, non ha mai preso in considerazione, nemmeno quando ha avuto tanti infortunati nel ruolo.
Non per fare i nazionalisti a tutti i costi, ma per quale motivo l'Italia dovrebbe avere tanto bisogno del pur bravo centravanti brasiliano, quando proprio in attacco potrebbe tranquillamente scegliere in una rosa composta da Gilardino, Pazzini, Acquafresca, Balotelli, Quagliarella, l'altro juventino Iaquinta (sempre troppo sottovalutato); affiancando a questi centravanti una seconda punta a scelta tra Rossi, Di Natale e, magari, Cassano?
Almeno la Nazionale lasciamo che resti realmente l'espressione fedele di un movimento calcistico, anche se magari questo movimento non se la passa poi tanto bene...

mercoledì 2 settembre 2009

pensiero della settimana: era spalletti

Di Diego Del Pozzo

Le dimissioni di Luciano Spalletti da allenatore della Roma hanno soltanto ufficializzato una situazione che andava avanti, ormai, da quasi due anni. L'era del tecnico toscano sulla panchina giallorossa s'era già chiusa, in realtà, alla fine della Serie A 2007-2008, quando la sua Roma giunse a mezz'ora dalla conquista di uno scudetto che avrebbe avuto dell'incredibile. La giornata conclusiva di quel campionato, con le conseguenti polemiche romaniste sui favori arbitrali avuti dall'Inter nella seconda parte della stagione, ha messo la parola "fine" alle ambizioni della squadra di Spalletti, come se i giocatori e il loro tecnico fossero stati psicologicamente svuotati da quel traguardo sfiorato: giunti troppo vicini al sole, insomma, si sono bruciati le ali; e la spettacolare Roma spallettiana è rimasta nulla più che una meravigliosa incompiuta.

martedì 1 settembre 2009

serie a: il punto della situazione al primo pit stop

Di Diego Del Pozzo

Cosa hanno detto di rilevante le prime due giornate della Serie A 2009-2010, quando s'è finalmente chiuso il calciomercato estivo e il campionato si ferma per quindici giorni per lasciare spazio alle partite delle Nazionali?
Innanzitutto, che quest'anno sarà ancora più duro scucire lo scudetto dalle maglie dell'Inter di Mourinho, non per chissà quali alchimie tattiche escogitate dal vate portoghese, bensì a causa di una rosa che appare ancora più forte ed equilibrata rispetto a quelle, pur vincenti, degli ultimi anni: l'addio a Ibra, infatti, è stato ampiamente compensato da arrivi di qualità superiore (la coppia Milito-Eto'o in attacco [il primo, nella foto qui sopra], Thiago Motta e Sneijder a dare più tecnica e velocità in mezzo al campo, il capitano del Brasile Lucio a rinsaldare ulteriormente i ranghi difensivi). Insomma, le speranze delle (presunte) rivali devono rivolgersi alla fame di Champions League che potrebbe distogliere i nerazzurri dall'obiettivo casalingo, anche perché la squadra di quest'anno sembra effettivamente tarata proprio per provare a centrare quel trofeo che rischia di diventare l'eterna ossessione di Massimo Moratti.
La squadra più attrezzata per provare a fare il solletico all'Inter sembra sicuramente la nuova Juventus brasiliana di Diego (nella foto sotto), Felipe Melo e Amauri, rinforzata in extremis anche dall'arrivo di Fabio Grosso sulla fascia sinistra: l'intelaiatura appare solida, gli equilibri già consolidati, le alternative abbondanti e la guida tecnica di Ciro Ferrara sicura anche più di quanto ci si potesse aspettare. Detto ciò, però, l'Inter di quest'anno sembra ancora di un altro pianeta.
Dietro le due presumibili contendenti, quindi, potrebbe anche esserci spazio per qualche sorpresa, poiché la pochezza tecnico-societaria del Milan sta deflagrando in tutta la sua evidenza (la presenza dell'ottimo Carlo Ancelotti l'aveva appena appena nascosta, nel corso delle ultime due stagioni); le oggettive difficoltà finanziarie della Roma stanno per produrre un ridimensionamento tecnico che, probabilmente, sarà anticipato dopo le (clamorose?) dimissioni odierne di Luciano Spalletti; lo schizofrenico mercato estivo della Fiorentina ha sguarnito il centrocampo della "Viola", rendendola ancora meno adatta a sostenere il peso dell'accoppiata Campionato-Champions con la quale, invece, dovrà fare i conti almeno fino alla fine dell'anno solare.
Tra le possibili sorprese, dunque, potrebbe recitare un ruolo di primissimo piano l'aggressivo e ambizioso Genoa di Preziosi-Gasperini, tutt'altro che indebolito dopo le cessioni di Milito e Motta, ma anzi "riaggiustato" alla grande grazie a mosse di mercato di rara sapienza, tra l'altro positivamente proiettate anche verso il futuro: e, a questo proposito, attenti allo spagnolo Zapater! L'altrettanto ambizioso Napoli del presidente Aurelio De Laurentiis, poi, ha posto rimedio al disastroso finale della scorsa stagione con una campagna acquisti estiva che ha indubbiamente potenziato il telaio della squadra (De Sanctis in porta, Campagnaro in difesa, Zuniga e Cigarini a centrocampo, Quagliarella e il promettente austriaco Hoffer in attacco: nella foto sotto), lasciando però ancora irrisolte alcune questioni che già lo scorso anno erano rimaste senza risposta: può un centrocampo tanto leggero fisicamente competere con quelli delle squadre di vertice? Non sarebbe stato saggio acquistare anche un centravanti di peso più convincente di Denis, per poter variare un gioco che, presumibilmente, sarà sempre gestito palla a terra e con scambi in velocità? E, soprattutto, chi coprirà adeguatamente la fascia sinistra di centrocampo nel 3-5-2 che anche Donadoni pare intenzionato a proporre per tutta la stagione? In particolare, il "buco" a sinistra rischia di limitare la squadra anche quest'anno. E, a tale proposito, continuo a non capire la cessione in comproprietà di Daniele Mannini nell'ambito della trattativa per Campagnaro, a maggior ragione alla luce dell'ottima partenza dell'esterno sinistro-destro nella bella Sampdoria di Gigi Del Neri.
E proprio la Sampdoria a me piace tantissimo, per come è stata costruita e per come sta rispondendo sul campo: il solidissimo 4-4-2 di Del Neri, infatti, sembra fatto apposta per esaltare le qualità della straordinaria coppia d'attacco Cassano-Pazzini (con il buon Pozzi appena arrivato dall'Empoli), degli esterni di centrocampo Semioli-Padalino-Mannini e dei due interni Palombo-Tissone. Se tutto va per il meglio, la Sampdoria potrebbe essere davvero la sorpresona del torneo. Subito dietro, quindi, vedo il buon Palermo di Walter Zenga - che, però, deve sperare in un Miccoli in piena forma per tutto l'anno, nonostante il miglioratissimo Cavani e il potenziale "crack" argentino Pastore - e l'equilibrata Lazio dell'ottimo Ballardini, pronta a giocarsi l'accesso in Europa con la collaudata Udinese di Totò Di Natale e di un Floro Flores atteso alla definitiva esplosione. Per l'Europa potrebbe esserci anche il Parma, che il presidente Ghirardi e il neo-direttore sportivo Pietro Leonardi hanno sensibilmente rinforzato, con innesti del calibro di Galloppa, Dzemaili, Zaccardo, Panucci, Bojinov, Lanzafame, Biabiany.
Dietro le squadre citate finora, infine, dovrebbe esserci il gruppone di coloro che lotteranno esclusivamente per la salvezza, con qualcuna che - come sempre accade - si eleverà al rango superiore, sorprendendo tutti per come riuscirà a fare le nozze con i fichi secchi: in tal senso, ottime indiziate per condurre un campionato tranquillo, nonostante i risibili mezzi a disposizione, mi sembrano lo sbarazzino Bari di Ventura e il sempre solido Siena di Giampaolo. Ritengo fortemente a rischio, al contrario, Catania, Livorno e un Bologna gestito sempre peggio.