venerdì 31 dicembre 2010

buon 2011!!!

Calciopassioni augura un felicissimo 2011 a tutti i lettori!!!

martedì 28 dicembre 2010

un gran libro su mou nel quale c'era già tutto il crollo di rafa

Di Diego Del Pozzo

Se la dirigenza interista avesse avuto la lungimiranza di andare a leggersi il bellissimo libro di Sandro Modeo L'alieno Mourinho, avrebbe compreso, molto prima di dicembre, l'inadeguatezza della scelta di Rafa Benitez come successore del tecnico portoghese alla guida della squadra reduce dal Triplete, ben al di là del valore intrinseco (indubbio) dell'allenatore spagnolo e delle coppe comunque portate in bacheca societaria nel corso della sua breve e burrascosa gestione tecnica, interrotta bruscamente subito dopo il recente trionfo nel Mondiale per Club, con Benitez che ha evidentemente deciso di farsi cacciare, perché non reggeva più le pressioni e i sotterranei veleni di un ambiente ancora devastato psicologicamente dai due anni trascorsi sotto il suo predecessore lusitano.
Ma come avrebbe potuto un pur notevole saggio mettere sul chi va là scafati uomini di calcio come Moratti e Branca? Avrebbe potuto, certamente, per come tratteggia la psicologia di José Mourinho, per come ne approfondisce le dinamiche comportamentali, ne analizza i metodi di training calcistico, ne rintraccia origini e influenze anche involontarie.
L'alieno Mourinho, infatti, è davvero un libro straordinario e raro, coltissimo senza mai essere pedante, pieno zeppo di spunti e suggestioni inattese e a tratti geniali; un libro che miscela sapientemente le neuroscienze e Houdini, Bela Guttmann e la storia portoghese, Arthur Jorge e il cinema di fantascienza, il calcio totale dell'Olanda anni Settanta e gli esperimenti ucraini di Lobanovskij e Zelentsov. Naturalmente, però, lo fa soffermandosi sugli snodi principali dell'avventura interista di Mourinho, con particolare attenzione alla probabilmente irripetibile stagione del Triplete. Sì, perché Modeo parla comunque di calcio, con ottima capacità di indagine negli aspetti tecnico-tattici, commentando per esempio i vari schemi alternati dal Mou nerazzurro fino al "definitivo" 4-2-3-1 imposto nella storica vittoria esterna a Stamford Bridge contro il Chelsea (punto di svolta dell'Inter vinci-tutto mourinhiana 2009-2010).
Di particolare interesse sono le pagine dedicate al rapporto tra José Mourinho e le neuroscienze. Particolarmente interessanti - e qui torno alla provocazione iniziale - anche per quel dirigente che avesse saputo leggervi tra le righe. L'altra faccia della teoria mourinhiana dell'atleta neuronale inteso come unità funzionale di cui vanno allenati simultaneamente corpo e cervello è, infatti, il completo "prosciugamento" mentale al quale sono andati incontro i giocatori interisti dopo due anni nei quali gli è stato imposto di tenere sempre il pedale dell'acceleratore premuto fino in fondo. Mourinho, si legge nel libro, imposta la scansione di una stagione agonistica come una vera e propria narrazione, all'interno della quale hanno uguale peso gli aspetti mitici-irrazionali-affettivi-emotivi e quelli razionali: in questa narrazione, lui è il leader e la vittoria è il premio finale per il gruppo che vorrà seguirlo, dandogli tutto se stesso. Diventa persino ovvio, dunque, che nel momento in cui si è raggiunto il premio e la narrazione è terminata vi sia, da parte di un gruppo come quello nerazzurro (peraltro dall'età media avanzata e privo di Balotelli rispetto alle stagioni mourinhiane e manciniane), l'esigenza quasi fisica di rifiatare, prima di ricominciare una nuova avventura. Ebbene, il comunque ottimo Benitez si è trovato coinvolto, suo malgrado, proprio in questo momento di rifiatamento collettivo, che s'è tradotto in crolli psico-fisici assolutamente inattesi e imprevedibili (basti pensare al "Robocop" Javier Zanetti che s'è riposato quasi per un mese, prima di ripartire più fresco che mai, o agli strani malanni di Sneijder e ai "mal di pancia" di Maicon) e che è durato quanto doveva durare: qualche mese.
Dopo questo "periodo-cuscinetto" - che, forse, i vertici interisti avrebbero dovuto avere l'onestà di far gestire da un allenatore meno blasonato di Rafa Benitez, una sorta di traghettatore giovane oppure una scommessa alla Zeman - il nuovo allenatore dell'Inter, cioè "l'entusiasmatore" ex milanista Leonardo, si troverà in mano una squadra che avrà, finalmente, superato lo shock del distacco da Mourinho e, credo, sarà pronta per vincere ancora una volta. Anche perché il nuovo tecnico, intelligentemente, ha capito che per entrare nei cuori e nelle teste dei propri uomini non dovrà rinnegare l'eredità mourinhiana (come fatto da Benitez, nemico sincero del Mou) ma a lei ricollegarsi idealmente.

Sandro Modeo, L'alieno Mourinho. Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio, Isbn Edizioni - 184 pagine, 13.50 euro (con prefazione di Arrigo Sacchi e postfazione di Irvine Welsh).

lunedì 27 dicembre 2010

nasce la rivista di studi breriani, per ricordare un grande

Di Furio Zara (www.corrieredellosport.it)

Se oggi si parla ancora di Gianni Brera, a quasi vent'anni dalla sua morte e a più di settanta dal primo articolo, significa che siamo di fronte a un giornalista unico, un punto di riferimento per almeno tre generazioni di colleghi, una stella polare lontana e inimitabile. Significa, di fatto, che c'è ancora molto da dire e da imparare. E' per questo motivo che un gruppo di amici ha avuto l'idea di proporre una Rivista di studi breriani, dando alle stampe i Quaderni dell'Arcimatto. Studi e testimonianze per Gianni Brera.
Viene sancita così, in maniera definitiva, quella verità che tanti per pigrizia sfuggivano: Brera è stato prima di ogni altra cosa un intellettuale irregolare che ha attraversato, con la maestria della sua penna, la storia dell'Italia. Si è occupato di sport in generale, e di calcio in particolare, con il metodo dello storico e la passione di chi è curioso della vita e delle sue infinite sfumature. Gustosissimi, tra gli altri, il capitolo in cui si racconta del colpo di fulmine per Gioàn Piubello e quello dedicato alla storia d'amore e d'odio tra Gianni Brera e Giovanni Arpino, due cavalli di razza che con i loro articoli ci hanno raccontato come si fa giornalismo.

Quaderni dell'Arcimatto. Studi e testimonianze per Gianni Brera (Rivista di studi breriani), Limina Edizioni - 156 pagine, 20 euro.

mercoledì 22 dicembre 2010

buon natale!

Calciopassioni si prende qualche giorno di vacanza. Buon Natale, dunque, a tutti i lettori più o meno affezionati...

martedì 21 dicembre 2010

napoli: il novanta non fa più paura

Di Giovanni Chianelli

Cose che succedevano solo quando c'era Diego. La qualità dei grandi è l'autorizzazione a dissacrare. Embè, quando il Pibe de oro faceva impazzire il San Paolo fu naturale, per niente blasfemo, vederlo entrare di diritto nella tombola: il numero 10, che fino all'84 la Smorfia faceva corrispondere nelle cartelle di tutti i partenopei a "I fagioli", divenne pure, o soprattutto, "Maradona". E oggi? Oggi succede che il numero 90, da sempre identificato con l'inquietante "La paura", diventa "Quando segna il Napoli".
Già l'anno scorso Walter Mazzarri aveva esordito con due vittorie in extremis, con Bologna e Fiorentina, e soprattutto con una clamorosa rimonta sul Milan, in vantaggio per 2-0, perpetrata proprio negli ultimi cinque minuti, in pieno recupero. Ma è nella stagione attuale che la squadra guidata dall'allenatore toscano si è guadagnata il diritto a ribattezzare i minuti finali come "Zona Mazzarri", scalzando la precedente e annosa denominazione di "Zona Cesarini", giocatore che peraltro segnò un solo gol oltre il novantesimo.
Le vittorie con Sampdoria, Cagliari, Palermo, Steaua e Lecce, più l'incredibile pareggio di Bucarest conseguito al novantasettesimo, hanno fatto scuola. Tanto che i tifosi più scafati accendono la tivvù intorno alla metà del secondo tempo. Inutile soffrire prima. E quando scocca il recupero finalmente possono concentrarsi, sicuri che il Napoli farà gol. Qualcuno vorrebbe chiedere di far giocare agli azzurri solo gli ultimi cinque minuti, ma la Lega Calcio è un po' restia. E allora la leggenda viaggia su Internet, si moltiplica su Facebook, scavalca la Paura e il novanta vuol dire solo Gol, Gol del Napoli. Oltre ai gradi di angolazione della schiena della squadra avversaria, legittimamente autorizzata a sentirsi un po'... "violata" dalle fortune della "Zona Mazzarri".

domenica 19 dicembre 2010

venerdì 17 dicembre 2010

i sorteggi di champions ed europa league

Di Diego Del Pozzo

Sono stati effettuati i sorteggi per gli ottavi di finale di Champions League e per i sedicesimi di Europa League. Ecco il quadro completo.
Champions League: Milan - Tottenham, Valencia - Schalke 04, Roma - Shakhtar Donetsk, Arsenal - Barcellona, Lione - Real Madrid, Copenaghen - Chelsea, Inter - Bayern Monaco, Olympique Marsiglia - Manchester United.
Europa League: Napoli - Villarreal, Rangers - Sporting Lisbona, Sparta Praga - Liverpool, Anderlecht - Ajax, Lech Poznan - Sporting Braga, Besiktas - Dinamo Kiev, Basilea - Spartak Mosca, Young Boys - Zenit San Pietroburgo, Aris Salonicco - Manchester City, Paok Salonicco - Cska Mosca, Siviglia - Porto, Rubin Kazan - Twente, Lille - Psv Eindhoven, Benfica - Stoccarda, Bate Borisov - Paris Saint Germain, Metalist Kharkiv - Bayer Leverkusen. Per l'Europa League sono stati sorteggiati anche gli accoppiamenti degli ottavi di finale, con la vincente tra Napoli e Villarreal che affronterà la vincente tra Metalist Kharkiv e Bayer Leverkusen.

giovedì 16 dicembre 2010

mercoledì 15 dicembre 2010

domenica 12 dicembre 2010

napoli: aurelio de laurentiis e la rivoluzione del calcio

Di Gaia Piccardi
(Corriere della Sera - 11 dicembre 2010)

Sei anni, due promozioni consecutive e tre allenatori dopo, la pazziata è diventata 'na malattia. "Il Napoli mi assorbe, mi diverte, mi impegna. Non vado più a Los Angeles due volte al mese, ho dovuto intensificare la produzione di film italiani. Per essere amato, il Napoli andava conosciuto".
Aurelio De Laurentiis, figlio di Luigi e nipote di Dino, appena scomparso, guarda il calcio con occhi celesti come la passione dallo studio che domina Roma. Una mattina di luce cinematografica illumina le locandine, il 27° cinepanettone ("Un record da Guinness!"), Natale in Sudafrica, pronto al decollo, il terzo posto da difendere, stasera, dal Genoa.
Presidente, cosa ha capito del calcio fino a qui?
"In questi anni ho fatto un percorso su due binari: applicare la mia cultura industriale del cinema al pallone e osservare l'ambiente. Nel 2004 sapevo poco. La mia preoccupazione era capire. E creare qualcosa che non esisteva più, la Ssc Napoli. In tre anni siamo risaliti in A, in anticipo sui tempi. Non è poco".
E non è tutto.
"Abbiamo creato un vivaio, osservatori collegati col mondo. A Castelvolturno sono in progetto altri 10 campi e una scuola per far studiare i giovani talenti, perché non è detto che diventino tutti campioni".
Gli altri presidenti sono meglio o peggio di come li immaginava?
"All'inizio mi guardavo intorno come un marziano. E pensavo: qui si sta sbagliando tutto. Conferma ne fu Calciopoli. Dopo, con i miei colleghi, ho lottato per staccare la Serie A dalla Serie B e fondare una nuova Lega. Beretta è un uomo che stimo molto perché viene da Confindustria e le società, dal '96, sono delle Spa".
Com'è il suo calcio ideale?
"Meno partite: bisogna ridurre il numero delle squadre in A e cominciare il 1° ottobre. Ci si deve allenare per bene, fare il mercato senza fretta. Un torneo come la Nba: nessuno retrocede, le ultime sono aiutate dalle prime. Platini vuole il salary cap perché il giocattolo gli sta sfuggendo dalle mani. Tutto si potrebbe risolvere se aumentassero le entrate".
Il fuoriclasse in squadra non basta.
"Se io prendo Brad Pitt lo pago milioni perché il suo film incasserà molto. Ma dove sta scritto che se compro quel calciatore vinco la Champions? Le Serie B e C, che da sole non ce la fanno più, dovrebbero diventare un serbatoio di giovani, massimo diciannovenni, da fornire a una Serie A blindata e di altissimo livello".
Interessante. Come procede il copione?
"Abolizione di Champions ed Europa League. È assurdo che chi esce dalla Champions finisca in Europa League. Poi a Montecarlo l'Atletico batte l'Inter: ma così si svilisce la credibilità dei campioni d'Europa! Errore madornale: sul marketing l'Uefa ha molto da imparare".
Trovato l'assassino, serve il colpo di scena.
"Oltre al campionato nazionale, un unico campionato europeo per club di Italia, Francia, Germania, Spagna e Inghilterra. Così si potrebbero creare i presupposti per fatturare fino a 8 miliardi di euro. Giocano le prime 8 con un calendario che non sfasci i giocatori. Se poi le nazionali li vogliono, che paghino. Troppo facile avere Cavani per un'amichevole in Asia e restituirlo spompato. Eh no! Innanzitutto le nazionali dovrebbero pagare almeno 100mila euro a partita ai club e, soprattutto, assicurare i giocatori dagli infortuni che pregiudicherebbero l'investimento delle società. I contratti vanno rivisti: se Steve McQueen fosse stato in un mio film, non sarebbe potuto andare a correre a Le Mans".
Giovani, vivaio, progetto. Il modello-Barcellona.
"Ho visto Barça-Real 5-0. Che spettacolo: 11 calciatori che volavano e un tecnico, Guardiola, di forte personalità".
Cosa significa produrre calcio nella città della monnezza e di Gomorra?
"La monnezza e la camorra non sono un problema di Napoli, sono un problema dell'Italia, che non è sufficientemente matura per capire di cosa è ricca. La malavita è endemica nel nostro Paese. Lizzani ci fece un film, Banditi a Milano, negli anni '60. Abbiamo il 50% del patrimonio artistico mondiale e non siamo capaci di sfruttarlo. Non esiste che Disneyworld stacchi più biglietti di Pompei! Basta con la melina politica, cominciamo a fare la politica contro il fancazzismo!".
Proviamoci.
"In Campania oggi ci sono oltre 10mila industriali. Mi hanno chiesto un coinvolgimento. Ecco la proposta per uscire dal limbo: una società aperta a tutti, ciascuno mette 1 milione. Facciamo leva sulle banche: il problema monnezza potremmo risolverlo tutti noi. Il buon esempio crea sempre un circolo virtuoso".
Se Cassano quella scenata l'avesse fatta a lei?
"Non conosco a fondo la situazione. Conosco però Garrone, che è persona garbata. Quanto al giocatore, mi stupirei molto se Mazzarri mi chiedesse di comprarlo".
E Balotelli.
"Eh, Mario mi piace. Pensavo si potesse sposare bene con la sfrontatezza della gioventù della mia squadra. Mi divertiva come approccio, quasi come un figlio. L'avrei affidato a Mazzarri, che sa fare da allenatore, padre e fratello. L'esuberanza guascona di Balotelli mi sta simpatica. Ma è stato fatto eroe prima che lo fosse. Io lo resetterei, ripartendo da zero. Però non lo inseguo più: chi viene a Napoli deve volerlo".
Per questo Quagliarella è partito?
"Con l'arrivo di Cavani sarebbe stato a mezzo servizio. Nessuno è indispensabile. Il fatto che El Matador sia capocannoniere con Eto'o sembra darci ragione".
Ogni tanto anche lei cade nella tentazione di fare l'allenatore.
"È successo, e non è detto che abbia fatto bene. Con l'esperienza, si può anche cambiare idea. All'inizio volevo una squadra tutta di napoletani, poi ho virato sulla tradizione vincente di Napoli: il Sudamerica".
A proposito. Tocca parlare di Maradona.
"Diego, innanzitutto, ha un problema col Fisco. Risolto quello, lo accoglierei a braccia aperte. Non certo in panchina, però potrebbe organizzare partite all'estero, fare l'ambasciatore sportivo del Napoli nel mondo. Abbiamo ottimi rapporti: io con Maradona ho fatto un film, Tifosi. Quando arrivò sul set giocò a pallone tutto il giorno con Abatantuono e De Sica".
Su Reja, secondo con la Lazio, fu forse dato qualche giudizio affrettato?
"Fu lui a dirmi con grande umiltà nel 2009 che, forse, non aveva più presa sui ragazzi. Siamo rimasti amici. Edy è stato il nostro Clint Eastwood. Prima di andare alla Lazio mi chiamò: Aurelio, che ne pensi?".
Il giocattolo Inter si è rotto?
"Non credo, è una crisi passeggera. Però la mia mentalità sarebbe stata di aprire un nuovo corso: investire su un tecnico giovane, come ha fatto Berlusconi".
Chi sono le facce da cinema del calcio?
"Ho pensato a un film con Totti e Del Piero. Francesco è un talento comico straordinario. L'anno scorso lo volevo nel cinepanettone ma capii subito che sarebbe stato impossibile conciliare il calendario".
Il calcio del futuro.
"Stadi nuovi, più piccoli, con posti comodi. I nostri 450 prodotti di merchandising: le camerette per bambini firmate Napoli, lo scooter col marchio del ciuccio che De Sica mi ha chiesto per girare a Capri. Voglio portare il Napoli in Cina e in India, voglio che entri tra le prime 15 squadre del mondo, chiudendo sempre in attivo".
Scusi la digressione: Belén è una fuoriclasse?
"È bella, spontanea, professionale. Le chiederò di dare il calcio d'inizio a un'amichevole, con gli shorts che indossa nello spot. Prevedo il San Paolo esaurito".

venerdì 10 dicembre 2010

libri: quando l'inter era meno forte e potente di oggi

Alla vigilia degli impegni mondiali dell'Inter, ecco la segnalazione - tratta dal sito del Corriere dello Sport - di un bel libro dedicato a quando i nerazzurri erano decisamente meno forti e potenti di oggi (d.d.p.).
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Un libro sull'Inter che non parli delle vittorie degli ultimi cinque anni o dello straordinario triplete dell'ultima stagione è una rarità e una divertente divagazione. Come in un precedente libro sul Milan, l'autore è andato a cercare l'angolo più buio nella storia recente di una grande, riportandoci a una quindicina di anni fa, a quel campionato 1993/94 che vide - clamoroso ma vero - i nerazzurri salvarsi solo all'ultima giornata dalla retrocessione in Serie B.
Era ancora l'Inter di Pellegrini - che di lì a poco avrebbe passato la società a Moratti - ma la squadra nerazzurra si era presentata all'inizio della stagione come il principale antagonista del super Milan di Capello. E invece, giornata dopo giornata, le ambizioni interiste finirono per annegare in un mare di errori, sopravvalutazioni e ambiguità, malgrado i vari Bergkamp, Jonk, Zenga, Ruben Sosa - uno dei pochi a brillare nel grigiore generale - Berti, Bergomi... E così, mentre Capello conquistava il terzo titolo consecutivo, l'Inter si salvava grazie soltanto a un faticoso 2-2 con la Roma. In Europa, invece, riuscì a prendersi una parziale ma comunque importante rivincita conquistando la Coppa Uefa, battendo in finale gli austriaci del Salisburgo.
Tra cronaca e rivisitazione passionale, la storia di una stagione da dimenticare, tanto lontana dai trionfi di questi anni recenti.

Sergio Taccone, Un Biscione piccolo piccolo. 1993/94: l'Inter quasi in B conquista la Coppa Uefa, Limina Edizioni - 104 pagine, 18 euro.

martedì 7 dicembre 2010

domenica 5 dicembre 2010

brasileirao 2010: fluminense campione 26 anni dopo

Di Diego Del Pozzo

E dunque Muricy Ramalho ce l'ha fatta di nuovo. Il più europeo dei tecnici brasiliani, infatti, ha portato il Fluminense alla conquista del secondo Brasileirao della sua storia (dopo quello del 1984), confermando le doti che lo avevano visto già trionfare per tre volte sulla panchina del San Paolo. Dunque, il passaggio dal futebol paulista a quello carioca è stato assorbito senza traumi, a conferma del valore assoluto di un allenatore che oggi guiderebbe senz'altro la Nazionale brasiliana al posto di Mano Menezes, se soltanto i dirigenti del club di Rio de Janeiro gli avessero dato il permesso di accettare la proposta della Federcalcio verdeoro (ma, alla fine, hanno avuto ragione loro a trattenerlo...). Dunque, al Corinthians di Ronaldo non è riuscita la miracolosa rimonta, fermatasi sull'1-1 in trasferta col retrocesso Goiás, anche se pure una vittoria del Timao sarebbe stata inutile a causa del successo casalingo odierno del Tricolor, 1-0 sul Guaranì con rete decisiva dell'attaccante Emerson (naturalizzato del Qatar). A completare il trionfo della squadra di Ramalho, arriva anche la nomina del trequartista Darìo Conca (nella foto) a miglior giocatore del Brasileirao 2010: 27 anni, mai convocato nella Selecciòn Albiceleste, Conca ha giocato tutte e 38 le partite del torneo, segnando nove reti ma, soprattutto, tenendo in piedi la squadra nei momenti di difficoltà, grazie alla sua tecnica spesso abbinata a una grande rapidità nelle giocate decisive. Ha marchiato a fuoco la stagione dei neo-campioni, insomma, più lui che i pubblicizzatissimi "europei di ritorno" Deco, Belletti, Fred, comunque importanti per il carisma e l'esperienza con i quali hanno aiutato i compagni a trasformare la salvezza in extremis della scorsa stagione - dove, però, Fred c'era già - nel trionfo di questo 2010.
Dietro al Fluminense, primo con 71 punti, si classifica sul filo di lana il Cruzeiro (69), che supera il Corinthians (68) grazie al 2-1 casalingo sul Palmeiras. Alle spalle delle prime tre (qualificate per la Copa Libertadores 2011 assieme al Santos vincitore della coppa del Brasile e all'Internacional, campione in carica del massimo torneo continentale) si posiziona, quindi, il Gremio (63) allenato da Renato Gaucho, l'ex attaccante romanista subentrato a metà stagione e responsabile della decisa sterzata della squadra di Porto Alegre, che alla fine può vantare il miglior attacco del torneo e il capocannoniere (Jonas, 23 reti). Per qualificarsi alla prossima Libertadores, però, gli uomini di Renato devono sperare che l'appena retrocesso Goiás non conquisti mercoledì la Copa Sudamericana contro gli argentini dell'Independiente, altrimenti toglierà proprio al Gremio il posto utile. A proposito di retrocessioni, infine, fanno compagnia ai verdi della Goiania anche Vitória Bahia, Guaranì e Gremio Prudente. Nella massima serie, invece, salgono Coritiba, Figueirense, Bahia e América Mineiro.

giovedì 2 dicembre 2010

un'opera d'arte: il barcellona di guardiola ne fa 5 a mourinho



napoli: de laurentiis chiede concentrazione e parla di mercato

Di Diego Del Pozzo
(Il Mattino - 2 dicembre 2010)

A poche ore dal match di Europa League contro gli olandesi dell'Utrecht, il presidente Aurelio De Laurentiis ritorna sull'episodio che, in questi giorni, ha un po' agitato l'ambiente azzurro, per mettervi la parola "fine" ma anche per lanciare un segnale alla squadra: "Per l'uscita serale di venerdì scorso - spiega De Laurentiis - mi sono arrabbiato moltissimo, perché poi, domenica in campo, alcuni giocatori erano più svagati del solito, proprio come se avessero la testa da un'altra parte. Però, a questi ragazzi non posso dire nulla, perché il gruppo sta dimostrando di essere sano e l'episodio resterà isolato. Comunque, la società ha ribadito a tutti la volontà di far rispettare il codice di comportamento che ci siamo dati e, per questo, terremo gli occhi ben aperti".
Il presidente azzurro, dunque, non dimentica la sua squadra nemmeno durante la cerimonia di consegna dei Biglietti d'oro, ieri sera a Sorrento nell'ambito delle Giornate professionali di cinema, dove il produttore ha portato a casa l'ennesimo riconoscimento per gli incassi di Natale a Beverly Hills. Stavolta, però, meglio del cine-panettone Filmauro ha fatto Benvenuti al Sud. "Ma io firmerei adesso - sottolinea De Laurentiis - per arrivare secondo ogni anno, perché vorrebbe dire aver incassato più delle altre centinaia di film che si producono annualmente in Italia. Il calcio, invece, è diverso: lì un secondo posto preventivo non m'interessa. Però, ciò non vuol dire che le vittorie debbano essere inseguite saltando le tappe necessarie per una crescita graduale, corretta e duratura". Come dire: il Napoli sul mercato di gennaio non farà follie. Ma cosa potrebbe accadere se, a quel punto della stagione, gli azzurri dovessero essere ancora nelle zone altissime della classifica? "Non bruceremmo comunque le tappe. Sarebbe come una eiaculazione precoce in un rapporto sessuale: io preferisco che il piacere duri il più a lungo possibile. D'altra parte, i fuochi d'artificio fini a se stessi sono inutili e dietro si lasciano soltanto fumo".
Ma, concretamente, quali potrebbero essere le mosse alle quali la società sta lavorando per rafforzare l'organico? De Laurentiis ha le idee chiare: "Faremo mercato tra gennaio e luglio, prendendo giocatori convinti di venire da noi e di confrontarsi con una realtà ambiziosa e impegnativa come Napoli. Ovviamente, secondo quelle che sono le indicazioni di Mazzarri, manterremo una rosa di 22-23 uomini, quindi non prenderò certo atleti destinati a marcire in panchina o in tribuna. Inoltre, prima di muoverci dobbiamo capire bene quali potranno essere le reali potenzialità di gente come Sosa, che pian piano si sta inserendo nel nostro progetto". La priorità, comunque, andrà alla difesa: "E non è nemmeno detto che ci limiteremo a un solo rinforzo, perché potremmo anche decidere di prendere un centrale in più".
Per quanto riguarda, infine, un argomento caro, come il futuro del calcio, Aurelio De Laurentiis non si smentisce nemmeno durante la kermesse sorrentina: "Credo che la cosa più importante sia rispettare i dettami del Fair-play finanziario voluto da Platini, anche perché sono convinto che da qui a tre-quattro anni non esisteranno più Champions né Europa League, ma qualcosa di diverso. E, guardando sempre avanti, mi piacerebbe se anche le rose potessero essere gestite diversamente: magari facendo giocare il primo tempo a una squadra e il secondo a un'altra tutta nuova".

mercoledì 1 dicembre 2010

barcellona - real madrid 5-0: così si gioca solo in paradiso

Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 30 novembre 2010)

Non state a sentire chi sostiene che il calcio sia un passatempo plebeo, uno svago per le masse ignoranti; portatelo piuttosto a vedere il Barcellona di Guardiola, l'opera d'arte più limpida e maestosa di questi tempi moderni, il frutto di un talento espresso sì in forma collettiva, ma che altro non ha di diverso da ciò che ispirò un Beethoven o un Picasso. Scaduto il tempo delle parole, la fase in cui José Mourinho regge ogni confronto, il calcio dice in forma chiara e favolosa che il Barça resta di un altro pianeta pure dopo che il Real Madrid, in campo e in panchina, ha razziato un'altra volta il meglio che c'era. E a dimostrazione che per il club di Florentino Perez si tratta di un incubo senza fine, ecco arrivare la violenta conclusione di serata: se le sette ammonizioni testimoniano che nelle vene del Madrid scorre sangue e non acqua, il calcione di Sergio Ramos all'imprendibile Messi è un gesto di frustrazione indegno di un campione del mondo.
Gli inglesi hanno ribattezzato il calcio The Beautiful Game pensando a esibizioni di questa magnificenza, perché lo stordimento provocato dal gioco del Barcellona, paragonabile alla sindrome di Stendhal che fa vacillare i sensi davanti a un quadro, non è mai stato profondo come in questa fresca, stupefacente, indimenticabile notte di mezzo autunno, che riecheggia quella di quasi 17 anni fa. Era l'8 gennaio 1994: un altro 5-0 blaugrana al Camp Nou con tripletta di Romario e il sommo Cruijff in panchina. Floro invece in quella del Real. Guardiola mantiene le promesse e attacca con decisione dal fischio d'inizio con la mossa che indirizza subito il match: il terzino Dani Alves gioca altissimo, quasi da attaccante aggiunto, e anziché allargare un po' le maglie del centrocampo per contenerlo Mourinho ordina a Di Maria di inseguirlo sino all'altra area. La perdita dell'ala, che diventa a sua volta un terzino, squilibra il quartetto offensivo sul quale il Real aveva costruito il suo brillante avvio di stagione: è come se al tavolino mancasse una gamba, e la difficoltà nel tenere il pallone di Ronaldo, Benzema e Ozil - privati dello sviluppo laterale - permette al Barcellona il totale controllo del pallone, e la conseguente incessante offensiva.
Il Clasico ha il potere di ispirare i cuori saldi e le menti fredde, e così sono Iniesta e Xavi a costruire il gol che funge da apriscatole con un passaggio verticale sul quale Marcelo chiude in ritardo. E' l'inizio della grandinata alla quale Mourinho, nero come un cielo di Van Gogh - in una serata così, solo metafore artistiche -, non riesce a ribellarsi. Assiste impotente al naufragio della difesa, sin qui un modello di organizzazione, china il capo quando Pedro sfrutta una scorreria di Villa sulla linea di fondo, osserva senza sentimento le prime scaramucce, dovute a uno spintone di Ronaldo a Guardiola sulla linea laterale che infiamma Valdes - sempre sopra le righe - e gli altri blaugrana. Si potrebbe immaginare uno straccio di riorganizzazione nell'intervallo, e invece il Barça rientra determinato a infliggere al Real una lezione anche numerica che scavi un bel fossato psicologico a futura memoria. Nel primo quarto d'ora della ripresa arrivano i due gol di Villa, ispirato dai passaggi di Messi, e se già il primo è molto bello, il secondo - una lunga rasoiata diagonale in campo aperto - è qualcosa che fa inumidire gli occhi, se come noi siete così plebei da godere per un bonbon calcistico. La doppietta di Villa è importante perché tampona l'unica imperfezione del primo tempo, la difficoltà del Barça a leggere il gioco sul filo dell'offside del suo nuovo cannoniere.
Di lì in poi il Real, innervato dall'ingresso del brutale Lass Diarra, alza i tacchetti per convincere il Barça a placarsi. Dopo l'8-0 all'Almeria, Ronaldo aveva sarcasticamente detto: "A noi non ne faranno altrettanti". Rischia di venire smentito. Nel finale Jeffren dilata a 5-0 la storica goleada e la gente del Camp Nou deride Mourinho invitandolo ad alzarsi dalla panchina. E' l'unico gol del Madrid: malgrado ciò che ha visto, la gente continua a temere Mou.