sabato 1 giugno 2013

quando rafa benitez disse ai suoi uomini: "we can be heroes, for ever and ever..."

Per i tifosi del Napoli sono parole che suonano dolcissime: sono quelle tradotte dal sito specializzato CalcioNapoli24 (http://www.calcionapoli24.it/primo_piano/focus-cn24-napoli-benitez-discorso-liverpool-n128920.html) e tratte dal libro di Rafa Benitez (il nuovo allenatore degli azzurri) Champions League Dreams.
Il brano che segue si riferisce, in particolare, a ciò che Benitez disse ai propri calciatori nell'intervallo tra primo e secondo tempo di quella che è passata alla storia come una tra le rimonte più clamorose di sempre, soprattutto perché verificatasi durante una finale di Champions League, quella del 25 maggio 2005 a Istanbul tra Milan e Liverpool (3-0 per i rossoneri dopo il primo tempo, poi rimonta dei reds fino al 3-3 e loro vittoria ai calci di rigore).
Ecco, dunque, il racconto di Rafa Benitez, dal quale si capiscono tante cose di colui che guiderà il Napoli nella prossima stagione:
Rafael Benitez, il nuovo allenatore del Napoli
"Intorno a me, le teste erano chine. I giocatori fissavano il pavimento degli spogliatoi dell’Ataturk Stadium. Il rumore dei 50mila tifosi del Liverpool si era offuscato. La squadra sedeva sconsolata e disperata. Non capivano cosa era appena accaduto, o come si fosse arrivati a questo. Tre gol nella partita più importante della loro vita, ed erano incapaci di comprendere dove e perché tutto era andato storto. Questo era il cammino che volgeva al termine, quello che avevamo iniziato nel ritiro pre-stagione, il primo giorno che incontrai i calciatori nella posizione di allenatore del Liverpool. Ci sono due modi per gestire la squadra. Uno è l’allenamento dei giocatori come calciatori, migliorando la forma fisica e la loro tecnica, insegnando loro le proprie tattiche. L'altro è quello di convincerli che, qualunque cosa accada, non importa quanto sia disastrosa la situazione, si ha sempre una risposta. Si deve far credere loro di avere un piano. In ogni sessione di allenamento, in ogni partita che si gioca, si deve rafforzare quel messaggio. Questo è il motivo per cui li avevo incoraggiati di non seguire semplicemente le mie istruzioni, ma di metterle in discussione, in modo che io potessi spiegare il mio pensiero. Si allena il corpo, sì. Ma si allenano anche le loro menti. Sono queste le volte in cui ti misuri come manager, quando il mondo sta cadendo a pezzi, quando tutto ciò che per cui hai lavorato nel corso di una lunga estenuante stagione sembra andar perduto. Questi sono i momenti in cui hai bisogno che i tuoi giocatori dimostrino di avere fiducia in te. Questo è quando si sta in piedi o si cade. Non avevo preparato un lungo discorso per i giocatori. Le mie note sulla partita evidenziavano un messaggio, una parola, sopra tutte le altre, che volevo far si che facessero loro. E' scritta in spagnolo. “Lucharlo”. “Combattere per essa”. Avevamo solo pochi minuti per preparare i giocatori agli schemi con cui avevamo intenzione di giocare nel secondo tempo: tre difensori, due terzini, due centrocampisti - Xabi Alonso e Dietmar Hamann – bloccati dietro a proteggerci dalle sfuriate di Kakà che ci avevano causato tanti problemi nel primo tempo, e Steven Gerrard appena dietro Milan Baros. Hamann avrebbe sostituito Djimi Traore, il che significava Jamie Carragher spostato a sinistra della nostra difesa a tre, con Sami Hyypia al centro e Steve Finnan sulla destra. 'Andremo in campo, poi dopo le ultime rassicurazioni tattiche prenderai Hamann e lo porterai a riscaldare' dissi al mio assistente, Pako Ayesterán, appena scendemmo nel tunnel all'intervallo. Stavo già pensando quello che stavo per dire ai giocatori, immaginando come esprimere il mio messaggio in inglese, e fare in modo che fosse il più chiaro e positivo possibile, così come doveva essere. 'Djimi, fatti una doccia, ti cambio' gli dissi quando raggiungemmo gli spogliatoi. Mi presi un attimo per raccogliere i miei pensieri, prima di passare al resto della squadra. 'Ascoltate', dissi. Quel poco rumore che c’era si placò. Come manager, si può tranquillamente capire quando i tuoi giocatori si rivolgono a te per la speranza e per l'ispirazione. Era importante mantenere la calma, presentarsi fiduciosi. Non potevo far loro pensare che era finita. Le parole vennero facilmente, anche in una seconda lingua (inglese e spagnolo). 'Non abbiamo niente da perdere,' dissi. 'Se ci rilassiamo, possiamo fare un gol. E se facciamo un gol, siamo in grado di tornare in partita. Dobbiamo combattere. Lo dobbiamo ai tifosi. Non lasciate che la vostra testa tremi. Siamo il Liverpool. State giocando per Liverpool. Non dimenticatelo. Dovete tenere la testa alta per i tifosi. Non è possibile definirsi giocatori del Liverpool ed avere la testa bassa. Abbiamo lavorato tanto per essere qui, battuto tante buone squadre. Lottate per 45 minuti. Se segniamo, siamo in corsa. Se credete che possiamo farcela, ce la possiamo fare. 'Avete la possibilità di essere eroi.' Spiegai i cambiamenti che avremmo fatto tatticamente. Carragher a sinistra, Hyypia nel mezzo, Finnan sulla destra. Hamann e Xabi Alonso davanti a loro. Avremmo dovuto essere stretti, compatti, e avremmo dovuto cercare di spingerci in avanti. Il Milan avrebbe giocato con passaggi lunghi, così avvertii i difensori di essere attenti a questi palloni. Appena finii di parlare, Dave Galley, il fisioterapista, mi tirò da parte. Aveva lavorato su Steve Finnan, su uno dei lettini da massaggio, mentre parlavo. ‘Lui non durerà 45 minuti,' mi disse. Avevamo già fatto una sostituzione, Vladimir Smicer al posto dell'infortunato Harry Kewell a metà del primo tempo, e non potevamo rischiare di giocare per il resto della partita, con quella pressione, con un solo cambio da fare. Avevamo solo due minuti prima che i giocatori ritornassero fuori, ma senza Finnan avremmo avuto un problema sul lato destro. Anche allora, però, sapevo che non potevo permettermi di essere nervoso. Non si può mettere a fuoco la situazione quando si è nervosi. Non si può mantenere la lucidità. Ebbi solo un secondo di pausa di riflessione, per cambiare i nostri piani. Chiamai indietro Djimi. Aveva tolto gli scarpini e stava andando verso la doccia. Invece sarebbe andato in campo per il secondo tempo. Finnan sarebbe uscito, si vedeva nei suoi occhi che avrebbe voluto uccidere Dave. Carragher lo avrebbe sostituito a destra, con Traore sulla sinistra. Smicer, non un esterno naturale, avrebbe giocator largo a destra nel secondo tempo, con Gerrard pronto a sostituirlo. 'I tifosi sono con noi,' dissi, mentre i giocatori iniziarono a muoversi verso la porta. Non so se potevano sentirli cantare, 50.000 persone che intonavano l’inno del Liverpool, 'You'll Never Walk Alone’, nonostante quel primo tempo. Durante una partita, sono così concentrato che non riesco nemmeno a scorgere la mia famiglia in mezzo alla folla. Blocchi tutto. Vedi solo i giocatori e la partita. Ma sapevamo tutti quanti sostenitori avevano viaggiato fino a qui. Avevamo visto tutti le fasce rosse del Liverpool sugli spalti. Sapevamo quanto era stato lungo il viaggio, e sapevamo che dovevamo lottare per loro. 'Loro sono dietro di noi.' I giocatori avevano sopportato probabilmente i peggiori 45 minuti della loro carriera. Dal primo tocco di palla, tutto era andato storto. Avevano una possibilità per rimediare. Era una situazione che nessuno di noi avrebbe osato immaginare. Non doveva essere così, in teoria. Tutte le nostre speranze erano riposte nei giocatori che credevano che avessimo un piano, confidando in noi per cambiare le cose attorno a loro. Si alzarono e cominciarono a dirigersi verso la porta, verso il tunnel, verso il campo. Verso la storia".