domenica 28 ottobre 2012

la vergogna di catania-juventus e una serie a già assegnata a tavolino...

Di Diego Del Pozzo

Poiché l'Italia è in grave crisi economica, perché la Lega A e la Federazione Italiana Giuoco Calcio non danno il proprio contributo concreto al risanamento del Paese, iniziando col risparmiare i tanti soldi necessari per l'organizzazione e la gestione delle restanti partite della Serie A 2012-2013?
Dopo la vergogna alla quale tutto il mondo ha assistito stamattina, in occasione di Catania-Juventus 0-1, sarebbe decisamente più saggio, infatti, dare fin da ora il campionato vinto a tavolino alla squadra dell'onesto Antonio Conte e della dinastia Agnelli, in modo da evitare a tifosi, calciatori, tecnici e allenatori delle altre squadre ulteriori prese per i fondelli da qui a maggio 2013.
Lo schifo che si è consumato sul prato del Massimino è ben evidente nella foto visibile qui sotto, nella quale è possibile "ammirare", a sinistra, il gol regolare annullato al Catania per un fuorigioco inesistente, con l'arbitro e il guardalinee che avevano convalidato la rete, ma dopo le proteste violente della panchina bianconera hanno cambiato idea, probabilmente spaventati dall'idea di un errore a discapito dei campioni in carica; a destra, quindi, si vede il decisivo gol irregolare convalidato alla Juve con Bendtner in chiara posizione di fuorigioco.
Che vergogna!!!
E' anche così che si vincono i campionati, come dimostra il precedente dello scorso anno, col celeberrimo gol di Muntari non convalidato per i rossoneri, ingiustamente, in un fondamentale Milan-Juventus. E quest'anno, l'andazzo è ancora peggiore...
Addirittura, l'importante bookmaker irlandese Paddy Power, in seguito a questo vergognoso doppio episodio, ha creato un precedente storico per il mondo italiano delle scommesse, decidendo di applicare il cosiddetto "Justice Payout" per non penalizzare gli scommettitori. In base a tale principio, infatti, verranno pagate vincenti tutte le scommesse singole sul segno 1 del Catania nel match contro la Juventus. "Certe volte un risultato è talmente ingiusto che, semplicemente, è giusto rimborsare", è il messaggio che Paddy Power ha voluto lanciare a un campionato che continua a perdere la propria credibilità anche agli occhi degli scommettitori internazionali.
Tra l'altro, se il gol di Bergessio che avrebbe portato il Catania sul 1-0 è stato annullato dall'arbitro di linea Rizzoli - com'è quasi certo, ormai, in particolar modo dopo un'accurata ricostruzione trasmessa da Sky Sport 24 nel pomeriggio - probabilmente potrebbe essere stato commesso persino un errore tecnico, perché mi risulta che all'arbitro di linea, a inizio stagione, sia stata data l'indicazione di non intervenire sui fuorigioco, bensì di concentrarsi soltanto su ciò che accade in area, in modo da favorire i guardalinee, che così possono dedicarsi proprio a giudicare i fuorigioco e azioni simili. Infatti, in questo caso, il guardalinee all'inizio aveva convalidato il gol, poi ha cominciato ad avere dubbi dopo che Rizzoli lo ha richiamato attraverso l'auricolare e, quindi, si è cacato sotto di fronte alle veementi (e immotivate: anche di questo bisognerebbe parlare...) proteste juventine.
Ma si può andare avanti così, dopo ciò che si è già visto in appena due mesi di stagione calcistica italiana? Quale credibilità ha, di fronte a tutto ciò, l'intero movimento calcistico italiano?

venerdì 26 ottobre 2012

le brutte figure europee di una società che vorrebbe essere grande (ma non lo è)

Di Diego Del Pozzo

Una società emergente che ha l'ambizione di inserirsi tra le grandi dell'Europa calcistica non può permettersi di fare brutte - anzi pessime - figure come quelle che sta inanellando il Napoli durante l'Europa League 2012-2013. E nemmeno la pur legittima esigenza di concentrarsi esclusivamente sul campionato può giustificare imbarcate come quelle prese dagli uomini di Walter Mazzarri sia a Eindhoven che a Dnipropetrovsk, contro avversarie di buon livello - e, nel primo caso, di notevole blasone - come Psv e Dnipro. Così, infatti, si rischia di vanificare in breve tempo tutto il credito internazionale accumulato lo scorso anno grazie alla sorprendente Champions League conclusasi agli ottavi con la sconfitta soltanto ai tempi supplementari contro i futuri campioni del Chelsea. Continuando lungo la strada intrapresa, il Napoli rischia - oltre all'eliminazione - di essere percepito dagli osservatori stranieri come la squadretta europea di questa stagione, grazie a una gestione arrogante e superficiale, ai limiti della provocazione, da parte di società e allenatore.
Il pasticcio difensivo sul 2-0 ucraino
La partecipazione a una competizione internazionale non può essere ridotta ad allenamento infrasettimanale o a test per capire il reale livello dei cosiddetti rincalzi, come hanno lasciato intendere le discutibilissime dichiarazioni rese da Mazzarri nel post-partita ucraino. La partecipazione a una competizione internazionale - conquistata sudando sul campo - si onora nel miglior modo possibile: è così che fanno le grandi squadre, pur praticando tutte un turnover tra gli uomini delle rispettive rose: l'Inter ha fatto turnover, lo ha fatto il Liverpool, l'Atletico Madrid, il Lione, la Steaua Bucarest; tutte squadre con una tradizione europea più lunga e consolidata rispetto a quella del Napoli. E in giro per il Continente sono già in tanti, tra gli addetti ai lavori più autorevoli, a considerare presuntuosa la "politica" della società partenopea e del suo allenatore: basti ricordare soltanto le dichiarazioni di tecnici di prestigio come Dick Advocaat (dopo la facile vittoria del suo Psv, nel penultimo turno) o Mircea Lucescu (il guru rumeno dello Shakhtar Donetsk, che alla vigilia aveva dato per spacciato il Napoli 2 contro il Dnipro).
Il turnover si può certamente fare, ma innanzitutto tarandolo sulle singole partite, poiché giocare al San Paolo con l'Aik Solna non è la stessa cosa che andare in Olanda e Ucraina per affrontare Psv e Dnipro (società gloriosa che, peraltro, con la vecchia denominazione russa di Dniepr ha anche vinto due titoli di campione sovietico durante gli anni Ottanta, quando poteva schierare in attacco il grande Oleg Protasov). E poi, turnover a parte, in campo bisogna mettere la medesima intensità riservata alle grandi sfide interne con le big italiane, intensità che è, d'altronde, una tra le caratteristiche del gioco del Napoli di questi anni e che, in campo internazionale, diventa elemento basilare per potersi confrontare con qualche chance di successo contro chiunque: nelle competizioni europee, infatti, si corre e si pressa in maniera dinamica e con una velocità e continuità nell'arco dei 90 minuti ormai quasi del tutto sconosciute nella nostra impoverita Serie A (e, in questi anni, proprio il Napoli di Mazzarri ha rappresentato, in tal senso, una felice eccezione...).
Le antipatiche dichiarazioni che Walter Mazzarri ha reso ieri sera, al termine della disfatta di Dnipropetrovsk, mi hanno lasciato un retrogusto amaro in bocca ("Questi giovani li dobbiamo vedere all'opera anche per capire fino a che punto possano essere utili anche in campionato. [...] D'altronde non abbiamo 22 top player nella rosa. Prendiamo Insigne e Vargas: io so bene che giocare a certi livelli in Europa non è come fare bene in Serie B o essere protagonisti in Cile. Sono i giornali che esaltano i ragazzi se fanno bene per dieci minuti"), come se il tecnico azzurro avesse voluto dimostrare alla società e all'opinione pubblica di avere a tutti i costi ragione per quel che concerne le proprie scelte e convinzioni, anche a rischio di bruciare qualche giovane talento come Lorenzo Insigne, che magari, se fosse inserito in un Napoli appena un po' meno sperimentale, potrebbe giocarsi meglio le occasioni che gli vengono concesse: perché, per esempio, non provare a schierarlo dall'inizio accanto a uno tra Pandev e Cavani, alternando questi due per un tempo a testa? E perché inserire Zuniga in una posizione assolutamente delirante, che ha danneggiato non poco anche lo stesso Insigne? Le domande, però, potrebbero continuare e riguardare anche portiere (Che bisogno ha, un "highlander" come De Sanctis, di fare turnover già a ottobre?), difensori (Uno tra Cannavaro e Campagnaro in campo proprio non serviva?) e centrocampisti (Inler, col fisico che ha, si sarebbe stancato così tanto a giocare 45 minuti?). Forse, per uscire indenni dalla Dnipro Arena (o magari per vincere), sarebbe bastata una formazione come questa: De Sanctis - Gamberini, Cannavaro (Campagnaro), Aronica - Mesto, Dzemaili, Inler (Donadel), Zuniga - Vargas, Insigne - Cavani (Pandev). E, naturalmente, tanta voglia in più...
Con tutto il rispetto per il Chievo (tradizionale "bestia nera" del Napoli), siamo proprio sicuri che battere i veronesi domenica sera al San Paolo sia (sarà) più difficile che giocare in trasferta contro un avversario di buon livello come il Dnipro, secondo in Ucraina dietro soltanto a quello Shakhtar Donetsk che oggi rientra certamente tra le cinque-sei squadre più forti d'Europa? Forse, se questo deve essere l'approccio alla seconda competizione continentale per club, il Napoli sarebbe stato più onesto se, al termine della scorsa stagione, avesse deciso di rinunciare a disputare l'Europa League, lasciando libero un posto per una squadra più motivata e che avrebbe prodotto minori danni al già disastrato ranking Uefa delle compagini italiane.

venerdì 19 ottobre 2012

tattica: adriano bacconi gioca juve-napoli in anticipo

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 19 ottobre 2012)

Il centrocampo della Juventus contro l'attacco del Napoli. Su questo piano si giocherà la supersfida di sabato. Una statistica parla chiaro a questo proposito. Il Napoli ha segnato finora col suo tridente 12 gol, l'86% dell'intero bottino della squadra. Modesto, molto più modesto il bilancio delle punte bianconere ferme a quota 8, pari al 47% del totale dei gol della Vecchia Signora. Come interpretare questo dato macroscopico in chiave scontro diretto? La lettura è abbastanza semplice. La squadra di Conte per fare gol deve attaccare con 2, a volte 3 reparti, producendo uno sforzo fisico, organizzativo e mentale enorme. Deve pressare altissimo, posizionare molti giocatori oltre la linea della palla e arrivare spesso al tiro con azioni molto manovrate. Quest'anno è cresciuta di 5 punti la percentuale dei gol del reparto offensivo (dal 42% della stagione scorsa appunto al 47%), ma questo miglioramente è dovuto ai 3 centri di Giovinco (peraltro inutili, fatti cioè a punteggio acquisito), altrimenti il problema del gol sarebbe, in casa Juve, ancor più pressante. Non è un caso che i passaggi completati dai bianconeri nell'ultimo terzo d'attacco siano circa 800 (300 in più di quelli del Napoli!).
La spiegazione è tattica e di mentalità. Mazzarri ha stabilito delle priorità precise in fase di possesso palla e al primo posto c'è l'equilibrio, ovvero: mai rischiare l'inferiorità numerica centralmente anche nelle transizioni negative (quindi due difensori marcano e uno scala), l'opposto deve chiudere sempre la diagonale (quindi difficilmente i due esterni si staccano contemporaneamente), i mediani devono stare attenti a darsi copertura preventiva (uno a sostegno dell'altro). Tutto questo produce una squadra accorta che difficilmente aggredisce alto ma che riesce a gestire la gara anche se non ha la palla nei piedi. Cosa che potrebbe accadere spesso a Torino. Se il pressing ultraoffensivo dei bianconeri non dovesse funzionare gli azzurri sapranno come sfruttare la situazione. Pandev e Hamsik avanzeranno sul lato debole dell'avversario per dettare il cambio di gioco e l'improvvisa ripartenza. La capacità di arrivare al tiro in pochi secondi del Napoli è unica forse nel mondo, grazie anche alla complementarietà tecnica dei tre marines d'assalto che hanno alzato, dall'anno scorso, il loro peso specifico in termini di gol dal 74% all'86% (considerando anche la rete di Insigne naturalmente). Mazzarri infatti ha diminuito il gioco in ampiezza e aumentato ancor più la ricerca della profondità.
Atteggiamento che si intuisce chiaramente vedendo la disposizione tattica del secondo tempo con l’Udinese. Sette giocatori ben ancorati nella propria metà campo, 2 attaccanti che partono larghi ma si accentrano e Hamsik pronto a inserirsi in verticale, come nell’occasione del gol del 2-1. Il tridente sembra apparentemente slegato dal resto della squadra ma così non è. La capacità di corsa e di leggere le situazioni di gioco di tutti i suoi interpreti rendono questo reparto comunque connesso col resto della squadra anche se le distanze appaiano a prima vista troppo lunghe. Sarà ancora una volta lo slovacco, cerniera lampo della squadra, la mina vagante che dovrà fare la differenza allo Juventus Stadium. Il suo duello con Pirlo caratterizzerà il match. Da una parte la sua capacità di rientrare e posizionarsi sulle linee di passaggio e la sua maggiore fisicità dovranno servire a rallentare, limitare e rendere più prevedibile il regista bresciano (decisivo coi suoi lampi anche con la Nazionale), dall’altra dovrà avere la forza di ripartire, la lucidità per servire i suggerimenti ai compagni, l'opportunismo di cercare ancora la via del gol.
Sapendo che conterà avere pazienza. Entrambe le squadre arrivano a tirare di più nella seconda parte della gara (10 tiri in più il Napoli, 11 la Juve). Ma attenzione! La maggior incisività della Juve nella ripresa è frutto di un maggior numero di passaggi fatti dalla squadra in zona d'attacco, quindi di un rischio calcolato che Conte si prende per sbloccare o chiudere le partite. Il Napoli no, aumentano solo gli spunti individuali, in particolare i dribbling. Nei momenti caldi del match il Napoli fa la differenza col maggior tasso tecnico dei suoi top player, senza bisogno di sbilanciare la squadra. Si potrebbe dire che mentre Conte nella ripresa deve sparigliare per vincere (come ha fatto a Siena mettendo Giaccherini ed Asamoah a fare i terzini in uno sbilanciatissimo 4-3-3), a Mazzarri basta più semplicemente tirar fuori l'asso nella manica (che sia Insigne?).

martedì 16 ottobre 2012

sempre più perplesso...

Perplesso, il Boemo scruta l'orizzonte...