martedì 30 giugno 2015

copa america: il cile va in finale, ma gli applausi vanno al perù

Di Diego Del Pozzo

Un grandissimo Perù riesce a creare enormi difficoltà ai padroni di casa del Cile nella prima semifinale di Copa America 2015, in un "Classico del Pacifico" molto bello, intenso, spettacolare, pieno di emozioni ed episodi da raccontare.
L'esultanza finale di Edu Vargas e Claudio Bravo
I peruviani, ottimamente messi in campo dal "Tigre" Gareca, partono col piede premuto sull'acceleratore e colpiscono un palo dopo pochi minuti con un bel colpo di testa di Jefferson Farfan, facendo capire subito a Jorge Sampaoli e ai suoi uomini che la serata sarà piuttosto complicata. A facilitarla un po', però, dopo una ventina di minuti di ottimo Perù, ci pensa l'arbitro venezuelano Argote, che rifila al leader difensivo della Blanquirroja, Zambrano (molto ingenuo nell'occasione), due ammonizioni in pochi minuti (la prima molto fiscale) mandandolo sotto la doccia già al 21esimo. Gareca reagisce sostituendo l'esterno tutto corsa e velocità Cueva col difensore Ramos, spostando in fascia Farfan e allestendo un 4-4-1 molto elastico ed equilibrato.
Il Cile prende inevitabilmente campo, anche se gli avversari sono abili a rovesciare il fronte con ripartenze veloci e ficcanti, che possono contare su un Paolo Guerrero in serata di grazia (da pivot tiene occupata da solo l'intera retroguardia cilena) e sulle grandi prestazioni in fascia degli interessantissimi Advincula (finora, nettamente il miglior terzino destro del torneo) e Carrillo. Nella Roja, però, cresce col passare dei minuti il "Mago" Valdivia, che dispensa assist in serie ai compagni d'attacco e li mette due-tre volte in condizione di segnare. Il vantaggio cileno, comunque, arriva di lì a poco, grazie a un tocco sotto misura di Edu Vargas (in leggero e quasi impercettibile fuorigioco) dopo un tiro a rientrare di Sanchez e un velo/liscio di Aranguiz.
Edu Vargas, man of the match
La ripresa si apre con la doppia sostituzione di Sampaoli, che evidentemente non è soddisfatto di quanto visto nei primi 45 minuti e cambia la fascia difensiva sinistra e il cervello di centrocampo, con Mena e Pizarro al posto di Albornoz e Dìaz. Il Perù, in ogni caso, non si scompone e continua a seguire il suo piano tattico, come se nulla fosse. Anzi, tra le due squadre quella in superiorità numerica sembra la Blanquirroja, che controlla agevolmente gli attacchi lenti dei padroni di casa, riparte con tecnica e velocità e arriva al meritato pareggio con una bellissima azione di contropiede conclusa da un calibratissimo cross di Advincula (spettacolare il suo secondo tempo) deviato in spaccata da uno spaesato Medel alle spalle di Claudio Bravo.
E ci vuole un'autentica prodezza di Edu Vargas, meno di cinque minuti dopo, per riportare il Cile in vantaggio: su una palla recuperata dai compagni a tre quarti campo, l'attaccante ancora di proprietà del Napoli non ci pensa due volte e, dai venticinque metri, lascia partire un siluro di destro che s'insacca violento e preciso nel sette opposto. Poco prima, allo stesso Vargas - migliore in campo, non soltanto per la doppietta, ma per la precisione e la continuità dei movimenti offensivi e per una serie di giocate di elevata qualità - era stato annullato un altro gol bellissimo, per un fuorigioco inesistente. I peruviani provano a reagire, ma la prolungata inferiorità numerica e l'intensità messa in campo fino a quel momento si fanno sentire nelle gambe, lasciando i giocatori di Gareca stremati  nei 20 minuti finali (addirittura, Carrillo - che non s'è fermato per un solo secondo - esce per crampi).
Al fischio finale, c'è spazio per un po' di polemiche per un possibile rigore non fischiato su Guerrero (ma, a mio avviso, non c'era) e per i tanti applausi da tributare a un Perù che esce a testa altissima e promette un grande futuro, ma anche a un Cile che ottiene l'obiettivo minimo della vigilia: la finale, che mancava da ben 28 anni. Adesso, ai padroni di casa non resta che aspettare la vincente dell'altra semifinale tra Argentina e Paraguay, in programma stanotte, come al solito con diretta italiana all'una e mezza su GazzettaTv, alla quale va fatto un applauso convinto per l'ottima copertura televisiva di un torneo affascinante come pochi altri al mondo. 

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lunedì 29 giugno 2015

copa america: i quarti di finale e l'eliminazione-shock del brasile

Di Diego Del Pozzo

Dopo un primo turno a gironi tutto nel segno dei padroni di casa del Cile, la Copa America 2015 ha celebrato in questi giorni i quarti di finale, con l'eliminazione-shock del Brasile da parte del Paraguay della giovane stella Derlis Gonzalez e le qualificazioni piuttosto scontate della Roja, del Perù e dell'Argentina.
Derlis Gonzalez decisivo in Brasile - Paraguay 4-5 d. c. r.
Cile - Uruguay 1-0
Nel primo match, la Roja se l'è vista con i campioni uscenti uruguayani, sempre ostici da affrontare in confronti senza domani. In realtà, lo spauracchio celeste non s'è mai dimostrato tale, continuando a pagare oltre il lecito la pur determinante assenza di Luis Suarez per la nota squalifica post-morso-mondiale.
La descrizione perfetta per rendere l'idea di come l'Uruguay abbia deciso di affrontare il Cile allo stadio Nacional di Santiago l'ho sentita durante la telecronaca, inviata tramite Twitter da un telespettatore alla redazione di GazzettaTv: "L'Atletico Madrid del Cholo rispetto all'Uruguay di Tabarez gioca il calcio totale". E, in effetti, è proprio così, perché "El Maestro" ha puntato su 11 uomini dietro la linea della palla, su un atletismo esasperato, sulla "garra" oltre i limiti dell'intimidazione fisica, su una feroce rabbia agonistica e sul continuo ricorso a tanti trucchetti tipici dell'anti-calcio. Da parte sua, il Cile ha dominato la partita ma, per lunghi tratti, s'è fatto bloccare nella palude uruguayana, concedendo addirittura agli avversari anche due-tre insidiose palle-gol nel secondo tempo.
Alla fine, però, seppur con l'Uruguay ridotto in 9 per le espulsioni di Cavani e Fucile (oltre che di Tabarez), è stato giusto che in semifinale ci sia andata la Roja, protesa verso la vittoria per tutto il match. In tal senso, il gol di Isla (migliore in campo) per il decisivo 1-0 a una decina di minuti dalla fine è stato un premio meritato. 
Bolivia - Perù 1-3
Nel secondo quarto di finale, quindi, il Perù ha schiantato la Bolivia ben più di quanto dica il 3-1 finale, grazie a una tripletta di un inarrestabile Paolo Guerrero, "El Barbaro", appena mitigata a pochi minuti dal 90esimo da un rigore trasformato per la Verde da Marcelo Moreno.
S'è mostrato troppo più forte, per la malcapitata Bolivia, questo Perù ottimamente messo in campo dal "Tigre" Gareca (che belli i soprannomi nel calcio sudamericano!), abile e pragmatico nel puntare sulla buona tecnica dei suoi, sulle loro veloci ripartenze e su un notevole atletismo diffuso.
Tra le individualità peruviane, oltre al match-winner Guerrero, mi hanno colpito ancora una volta il poderoso terzino destro Advincula (che io comprerei subito) e l'esperto centrale difensivo Zambrano.
E, in semifinale, i padroni di casa del Cile faranno bene a tenere gli occhi aperti, perché con questo Perù c'è poco da scherzare. 
Argentina - Colombia 5-4 dopo i calci di rigore (0-0)
Dall'altra parte del tabellone dei quarti di finale, invece, tutto sembrava apparecchiato per arrivare a una semifinale "nobile" tra Argentina e Brasile. Ma gli enormi limiti tecnico-tattici e caratteriali dei verdeoro, ulteriormente ingigantiti dall'assenza per squalifica della stella Neymar, hanno avuto la meglio anche sulla volontà degli organizzatori.
La notte prima di Brasile-Paragyuay, però, aveva fatto il suo dovere l'Argentina del "Tata" Martino, qualificatasi alle spese della Colombia in quello che sulla carta era certamente il match clou dei quarti. La corazzata albiceleste, però, aveva comunque dovuto ricorrere ai calci di rigore (in Copa non si giocano i supplementari), dopo che le alchimie tattiche e la difesa a oltranza dei Cafetèros - che tiravano per la prima e unica volta nello specchio della porta addirittura al 67esimo minuto! - e almeno tre fantastiche parate del loro portiere Ospina (più due legni e tante altre occasioni sprecate) avevano impedito che si concretizzasse una superiorità tecnica piuttosto evidente degli argentini.
A tenere in gioco i colombiani, a mio avviso, hanno contribuito anche le cervellotiche scelte di Martino, che ha tenuto in campo oltre il lecito un Aguero evidentemente fuori partita e continua a ignorare il bisogno che la sua squadra ha di un centravanti come Higuaìn, di maggior peso fisico-atletico e, al tempo stesso, ideale per dialogare nello stretto con Leo Messi. Comunque, l'Argentina a tratti ha dato spettacolo e qualora dovesse realmente sbloccarsi in fase realizzativa potrebbe vincere a man bassa la Copa. Ai rigori, un errore del neointerista Murillo e la decisiva trasformazione di Tevez hanno fatto la differenza.  
Brasile - Paraguay 4-5 dopo i calci di rigore (1-1)
Infine, il Paraguay ottimamente allenato da Ramòn Diaz ha superato, con grande merito, il più blasonato Brasile, vincendo soltanto dopo i calci di rigore ma dopo aver dimostrato la propria superiorità già durante i 90 minuti.
La nazionale biancorossa non s'è scomposta, infatti, nemmeno di fronte al vantaggio brasiliano siglato da Robinho e ha continuato a giocare secondo il suo piano tattico, lineare ma efficace, contenendo gli avversari con una certa tranquillità e attaccandoli con costanti e pericolosissime ripartenze. Così, il pareggio giunto nel finale su un giusto calcio di rigore - assegnato per l'ennesimo, assurdo fallo di mano in area di un Thiago Silva in evidente fase calante della carriera; e trasformato con grande freddezza dalla stellina Derlis Gonzalez - è sembrato l'esito quasi logico di quanto si era visto fino a quel momento sul terreno di gioco.
Un Brasile costruito dallo spaesato Dunga con un onesto mestierante tra i pali (Jefferson), un centrocampo a due incapace di costruire gioco, un trio di pallidi trequartisti alle spalle di un centravanti inesistente non poteva, onestamente, puntare a niente di più, soprattutto nel momento che lo ha visto privo del suo unico calciatore di livello mondiale (Neymar). Il Paraguay, invece, ha dimostrato ancora una volta di non mollare mai - già nel match d'esordio aveva rimontato un doppio svantaggio alla corazzata Argentina - ma, soprattutto, ha messo in evidenza un gioco collaudato e con una sua logica, un grande ordine tattico (Diaz si conferma allenatore di rango) e alcuni uomini di notevole interesse, a partire dagli sguscianti e tecnici esterni offensivi Derlis Gonzalez (21 anni, del Basilea, tra le stelle del torneo) ed Edgar Benitez.
In semifinale, dunque, anche l'Argentina - come il Cile contro il Perù, dall'altra parte del tabellone - dovrà affrontare l'impegno col giusto spirito e con grande serietà, perché questa Copa America 2015 ha già dimostrato che le sorprese sono sempre dietro l'angolo.

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giovedì 18 giugno 2015

copa america: continua il "mistero zuñiga"

Di Diego Del Pozzo

Per un tifoso del Napoli, assistere alle partite della Colombia in Coppa America è un'esperienza "ai confini della realtà". Si rischia di venire colpiti molto positivamente, infatti, dalle ottime prestazioni di un laterale destro di livello mondiale, fortissimo in fase di copertura e di spinta, tonico atleticamente (!!!), esperto, grintoso, puntuale nelle chiusure difensive e nei cross, persino carismatico quando si tratta di andare a separare compagni e avversari durante una rissa o di dare indicazioni al resto della squadra in un momento di particolare sofferenza.
Il problema è che questo giocatore si chiama Juan Camilo Zuñiga ed è sotto contratto proprio per il Napoli, dove è il più pagato dell'intera rosa dopo Gonzalo Higuaìn. Anzi, il problema vero è che questo giocatore, in pratica, non gioca una partita intera nel Napoli da due anni, mentre nel frattempo ha disputato da titolare inamovibile della sua Nazionale un ottimo Mondiale l'anno scorso e sta giocando con eccellenti risultati in questi giorni in Coppa America.
Qualcuno, per favore, può aiutarmi a venire a capo di questo mistero degno dei migliori episodi della serie tv "Ai confini della realtà"?
Ps: Per la cronaca, stanotte la Colombia ha battuto 1-0 il Brasile e Zuñiga ha concluso il match con la fascia di capitano al braccio. 
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martedì 2 giugno 2015

napoli: due anni belli ma deleteri?

Di Giuseppe Cascone

"I bilanci si fanno alla fine", abbiamo detto spesso durante questo campionato così stressante. E ora che la stagione del Napoli si è chiusa, provo una veloce analisi, al di là dei numeri che, purtroppo, sono impietosi. Faccio mia la frase di un amico, che ieri mattina mi ha detto: "Sono stati due anni belli ma deleteri". Credo che sia proprio così.
C'è stata, infatti, la grande bellezza del calcio-spettacolo, che in alcune gare ci ha esaltato. Ci sono stati due trofei in due anni (e per noi è grasso che cola). Ma ci sono state anche sconfitte umilianti, occasioni perse, giocatori alla lunga svalutati. E poi l'ambiente... Una stucchevole, noiosa, stupida battaglia ideologica che - oltre a generare antipatie verso il Napoli di Benitez - ha inciso retrospettivamente anche sulla memoria del Napoli di Mazzarri e di Cavani, una delle squadre più formidabili della nostra storia. Una battaglia ideologica senza senso.
Gonzalo Higuaìn dopo aver fallito il rigore decisivo in Napoli-Lazio 2-4
Lasciamo perdere il principale quotidiano della città, oppure commentatori campani di giornali e televisioni nazionali (da Malfitano a Criscitiello, ecc.): è gente che ha attaccato Benitez come faceva con Mazzarri. Ma leggere un sito rafaelita che, ancora ieri, parlava di internazionalizzazione del Napoli e di Napoli è sconfortante. Napoli, infatti, con tutti i suoi problemi profondi e dolorosi, è una capitale europea della cultura, come lo stesso Benitez ha più volte riconosciuto.
Quanto poi al business plan e alla cultura aziendale, se dovessimo valutare solo con questo metro, tra i tre anni di Mazzarri e i due di Benitez, in termini di risultati netti e di profitto, non ci sarebbe confronto. Infine, il calcio internazionale che sempre lo stesso sito rafaelita blandisce come una clava è anche quello nel quale si esonera Ancelotti dopo una Champions League vinta e un secondo posto e nel quale Guardiola è sull'orlo dell'esonero dopo due campionati vinti in due anni e due semifinali di Champions League.
In conclusione: del Napoli di Benitez mi mancheranno tanto la classe, l'eleganza e la capacità di stordire e schiacciare gli avversari in alcune partite (il quarto di finale d'andata di Europa League con il Wolfsburg resterà impresso per sempre nella mente e nel cuore). Quello che mi manca, invece, del Napoli di Mazzarri (che mi è mancato in questi due anni, che mi è mancato domenica sera in occasione di Napoli-Lazio) è ciò che lui chiamava "l'anima", ovvero la capacità di non mollare fino all'ultimo secondo, la personalità di squadra, il sacrificio, l'applicazione feroce.

Sarebbe davvero bello se il futuro allenatore del nostro amato Napoli riuscisse nella sintesi miracolosa tra i due Napoli degli anni '10 del XXI secolo, comunque tra le squadre azzurre migliori di sempre. Adiòs, Rafa. Aspettiamo con fiducia e speranza il tuo successore. Buon viaggio.

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lunedì 1 giugno 2015

napoli: diario personalissimo di quattro mesi vissuti pericolosamente

Di Diego Del Pozzo

Rompo il lungo silenzio del mio blog recuperando i post che ho pubblicato in questo periodo (da metà febbraio a oggi) su Facebook, per assemblare un personalissimo "diario azzurro" di quattro mesi e mezzo vissuti pericolosamente, tra polemiche, illusioni, delusioni, fallimenti, rimpianti.

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14 febbraio (dopo Palermo - Napoli 3-1 e la clamorosa papera di Rafael, che lo farà finire in panchina fino al termine della stagione)
Ci hanno fatto (rosa)neri! Però, certo, avere anche il portiere aiuterebbe...
Credo che nei confronti di Rafael pesi molto l'atteggiamento da maestro di Benitez, che vuole far crescere un giovane del quale, evidentemente, percepisce le potenzialità. E' anche vero, però, che oggi come oggi Andujar offre molte più garanzie e maggiore sicurezza, anche ai compagni. Finora, la stagione del Napoli è paradossale: domina quasi sempre le partite, perché sa che ogni volta che subisce un tiro in porta arriva il gol avversario. Con un portiere tra i pali avrebbe almeno sei-sette punti in più.

24 febbraio (dopo Napoli - Sassuolo 2-0)
Il nostro centravanti di riserva farebbe comodo come titolare a parecchie squadre di Serie A, anche ad alcune di vertice. Per fortuna, però, lo abbiamo noi, inserito all'interno di una rosa che, sotto Benitez, è sempre più ampia e qualitativa.
Ah, a proposito, stasera Duvàn Zapata ha letteralmente travolto il Sassuolo.

2 marzo (dopo Torino - Napoli 1-0)
Il Napoli stasera ha perso perché non ha messo tutto in campo. E contro l'ottimo Torino di questo periodo (12 risultati utili consecutivi, togliendo punti anche a Juventus, Inter e Fiorentina, oltre che agli azzurri) bisognava mettere tutto in campo.
Comunque, riassumendo, primo tempo sotto tono, poi primi 20 minuti della ripresa col Torino schiacciato nella sua metà campo, quindi follia di Koulibaly che regala ai granata il calcio d'angolo decisivo e rovescia l'inerzia del match, infine forcing confuso del Napoli fino al fischio conclusivo. Anche così, il pareggio sarebbe stato comunque meritato.
Il Torino fa quello che doveva fare, chiudendo ogni spazio, tenendo 11 uomini dietro la linea della palla e facendo densità in modo fantastico. Il Napoli poteva fare di più, ma l'errore di Koulibaly cambia il corso del match. Senza quell'episodio, nella mezz'ora finale probabilmente gli uomini di Benitez avrebbero portato il match a casa (con i granata in calo, per ammissione dello stesso Ventura).
Detto ciò, al Torino vengono risparmiate dall'arbitro ben due espulsioni: prima a El Kaddouri e poi a Quagliarella, entrambi già ammoniti e autori di brutti falli meritevoli del secondo giallo. Nel post-partita in tv, Benitez si riferiva soprattutto a questi due episodi, anche se nessun commentatore ha avuto la decenza e l'onestà di farlo notare.
In ogni caso il "Sono stanco!" di Rafa è destinato a fare molto rumore e a lasciare qualche strascico.