Ho appena visto il Cagliari vincere, dominando, a Torino contro la Juventus. E sono rimasto a bocca aperta davanti allo spettacolo offerto dalla bellissima squadra allenata da Massimiliano Allegri, fin d'ora il più autorevole candidato al titolo di allenatore italiano dell'anno.
A tratti, il Cagliari di Allegri mi ha ricordato addirittura - e non vorrei bestemmiare - l'Arsenal di Arsène Wenger, con Cossu nei panni di Nasri, Acquafresca in quelli di Adebayor e Jeda in quelli di Van Persie, supportati da un centrocampo a orologeria che ha in Biondini a sinistra una furia, in Fini a destra un instancabile pendolino e nel troppo sottovalutato Daniele Conti il centrocampista italiano assimilabile più da vicino a un illustre compagno di squadra di "papà" Bruno: il grande Paulo Roberto Falcao.
Corsa, velocità, coraggio, entusiasmo: ecco le armi principali di questa bellissima squadra, che dopo cinque sconfitte nelle prime cinque giornate ha saputo totalizzare addirittura 34 punti nelle successive 17 partite, viaggiando a un ritmo da secondo-terzo posto.
Per capire meglio cosa si nasconde dietro la squadra che sta piacevolmente stupendo l'Italia, mi piace riproporre anche qui su Calciopassioni la bella intervista a Massimiliano Allegri realizzata dal grande Paolo Condò e pubblicata questo martedì, 27 gennaio, sulle pagine della Gazzetta dello Sport. Ecco, di seguito, il testo integrale dell'intervista.
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Allegri: "Il mio Cagliari non ha più paura"
Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - martedì 27 gennaio 2009)
Altri dodici punti per timbrare la salvezza, certo, ecco stampato l'obiettivo previsto dal manuale del bravo allenatore debuttante. Approfittando di un'antica amicizia, però, abbiamo estorto a Massimiliano Allegri qualcosa di più: il vero traguardo del Cagliari, così come gli si è palesato domenica quando Ilaria D'Amico gli ha squadernato sul video la classifica. "Guardo in alto a destra e non ci siamo. Mamma mia. Scopro in quel momento che abbiamo scollinato, per la prima volta il Cagliari è nella parte sinistra del tabellone. Beh, è una specie di zona residenziale, un quartiere modello pieno di bella gente, anche se siamo in fondo c'è una vista... Okay, lo ammetto: il mio obiettivo è non tornare a destra".
Senta Allegri, lei sembra proprio bravo ma, dopo quella partenza, il vero fenomeno è stato Cellino a non esonerarla.
"Questo è sicuro. Il presidente ha la vista lunga, e capisce realmente di calcio: lasci perdere me, e pensi ai tecnici che aveva prima, da Ballardini a Giampaolo per risalire fino a Reja. Tutta gente che sta facendo benissimo. E poi sono contento per lui anche dal punto di vista umano".
La vittoria sul Palermo è stata più pesante delle altre, vero?
"Alla vigilia Zamparini ringraziò ironicamente Cellino per avergli lasciato Ballardini. Premesso che il discorso non riguarda il mio predecessore, che qui ha fatto davvero un gran lavoro, ma soltanto i rapporti fra presidenti, non ho mai visto Cellino soddisfatto di una vittoria come quel giorno. In molti gli hanno dato del pazzo per aver puntato su di me, e dunque ogni mio successo è innanzitutto suo".
Quindi il prossimo anno resterà a Cagliari?
"Sicuramente, sempre che mi confermi. Ma esiste già un accordo".
Un concetto del suo modo di intendere il calcio. Il principale.
"Assumersi una responsabilità. Il giocatore può fare il compitino, limitandosi a eseguire il suo incarico, oppure interpretarlo con qualcosa che gli bruci dentro, il desiderio di una giocata, di un'idea alternativa. I miei sono ragazzi coraggiosi, non hanno paura della brutta figura o del 5 sulla Gazzetta; quando arriva il momento si prendono la loro responsabilità. Il segreto del decollo è questo".
È un concetto che riguarda anche lei. Nel momento più difficile, dopo le famose cinque sconfitte, non ha cambiato niente.
"L'incoscienza della gioventù, immagino. Perdevamo, sì, ma giocando bene, e poi Cellino mi dava forza nello spogliatoio evitando di minacciare l'esonero. Io credo in un calcio equilibrato ma offensivo, da giocare con coraggio e — diciamolo — divertendosi. Sono fatto così, non potrei passare le giornate sempre triste o incazzato, non è nella mia natura. E non mi sento mica strano. Ancelotti mi pare uno rispettato dai suoi giocatori eppure la battuta o la risata non se la fa mai mancare. Sul lavoro sono un gran rompiscatole. Ma una volta usciti dal campo, se qualcuno dei miei ventenni vuole un consiglio sentimentale glielo do volentieri, con tutti i casini che ho combinato io a quell'età ci mancherebbe che facessi il pretino".
L'Italia si è accorta di lei il giorno di Inter-Cagliari.
"A un certo punto Mourinho mi manda contro cinque punte. Se mi chiudo in difesa mi squarta, il più piccino di loro è alto un metro e 98... Dico alla squadra "se davanti sono in tanti, vuol dire che dietro sono in pochi, dunque si va all'attacco". Il rimpianto non è il pari subito, quello è normale; il rimpianto è non aver vinto 3-1 come avremmo dovuto. Gli spazi intasati sono il territorio del campione, quello che in un metro quadrato fa cose incredibili; gli spazi larghi, invece, sono il territorio del tecnico, perché ci puoi disegnare lo schema che ti porta a dama".
Leggiamo in filigrana, e con assoluto piacere, i fondamenti del suo filosofo preferito: Giovanni Galeone.
"Ben detto, il Gale è proprio un filosofo. Del tanto che mi ha insegnato, la tattica è quasi il meno: lui sa come trattare i ragazzi. Quando arrivai a Pescara da Pavia ero un trequartista di C1 ricco di qualità e presunzione. Lui mi disse: 'Se non cambi posizione, in B non vedrai mai la palla, prova a fare la mezzala'. Da quel giorno giocai sempre; il Gale aveva chiesto uno sforzo ma poi mi sosteneva. Si prendeva la responsabilità di sostenermi".
Acquafresca è davvero l'erede di Inzaghi?
"Assolutamente, in area è micidiale. Inoltre, si fa un mazzo così per aiutare la squadra; quando tornerà all'Inter non avrà certi compiti di copertura, e pensando a se stesso segnerà anche di più".
Lei a Cagliari ha giocato, ad aprile si va in spiaggia...
"Vedo che ha capito perché voglio salvarmi prima. Scherzo, un po' di mare ai calciatori fa bene. E poi questi sono bravissimi ragazzi, professionali e orgogliosi. Guardi Cossu, che è di qui: si capisce in un minuto che gioca per qualcosa di più nobile dello stipendio".
Il Cagliari dei suoi tempi visse una straordinaria coppa Uefa. A Trabzon, Turchia profonda, lei scodellò al 90' un assist a Dely Valdes che valse l'1-1: in tribuna stampa ci disponemmo a testuggine per respingere i "complimenti" dei tifosi locali.
"Che bei ricordi, la coppa Uefa mi è sempre piaciuta un sacco...".
che bellezza vedere la yuve perdere. due di fila poi! come direbbe il protagonista di my name is earl, il karma le si sta ritorcendo contro. dopo la partita con la fiorentina, intendo. non credo comunque, in riferimento ad un suo post precedente, che gli errori si compensino. almeno per la yuve.
RispondiEliminaCaro Gianluca, in realtà in quel breve post sugli errori arbitrali anche io sostenevo che alla fine della stagione, nonostante i luoghi comuni ripetuti mille volte, questi non si compensano. Certo, come sottolinei opportunamente tu, ciò è più vero per alcune squadre piuttosto che per altre...
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