In occasione del "Giorno della memoria", voglio segnalare nuovamente, anche ai lettori di Calciopassioni, un libro bellissimo e tremendamente utile, che mi è capitato di leggere qualche tempo fa. Si tratta di un volume che, secondo me, andrebbe proposto nelle scuole e fatto leggere ai più giovani, in modo da far loro comprendere fino in fondo, attraverso un argomento amato e tutto sommato quotidiano come il calcio, come la follia possa spazzar via la ragione e come il male assoluto possa concretamente distruggere, da un momento all'altro, le esistenze reali di ciascuno di noi.
Il libro si intitola Dallo scudetto ad Auschwitz, lo ha scritto l'attuale direttore del "Guerin Sportivo", Matteo Marani, per l'editore Aliberti di Reggio Emilia.
In questo pregevole volume, Marani ricostruisce egregiamente la vicenda umana e professionale di Arpad Weisz, grandissimo e oggi semi-dimenticato allenatore ungherese, di origine ebraica, capace di vincere nell'Italia degli anni Trenta ben tre scudetti, sia con l'Inter (uno: il primo col campionato a girone unico, nel 1929-'30) sia col Bologna del "mitico" presidente Dall'Ara (due campionati, ma anche il trionfo del 1937 nel Trofeo delle Esposizioni a Parigi, in pratica una Champions League dell'epoca, sbalordendo l'Europa intera con un 4-1 ai maestri inglesi del Chelsea). Ma capace, soprattutto, attraverso il suo genio tecnico-tattico e grazie a un approccio scientifico rivoluzionario al mestiere di allenatore, di anticipare di decenni le innovazioni nel modo di affrontare questa professione, lasciando così una traccia profonda sul calcio italiano a venire, senza che, fino al libro di Marani, praticamente quasi nessuno gliene avesse reso esplicitamente merito.
Sì, perché Weisz, un bel giorno di fine ottobre 1938, si dimette da allenatore del Bologna e sparisce all'improvviso dalla città che lo venera per i risultati raggiunti dallo squadrone "che tremare il mondo fa"; sparisce senza lasciare traccia, assieme a sua moglie e ai suoi due bambini, come fossero stati inghiottiti dalla terra. Da allora, per quasi settant'anni, nessuno in Italia si interrogherà sul destino di quell'uomo che pure Vittorio Pozzo (il ct bicampione del mondo nel 1934 e nel 1938) aveva indicato come modello e punto di riferimento imprescindibile. Weisz sparisce, infatti, quando l'Italia diventa un Paese invivibile, soprattutto se sei ebreo: l'ignominia delle leggi razziali - delle quali è ricorso nel 2008 il settantesimo anniversario - toglie, infatti, l'aria intorno a lui e alla sua famiglia, lo priva del lavoro e della dignità e lo costringe alla fuga per cercare di salvare la pelle. Prima in Francia, poi in Olanda, dove purtroppo l'odissea sua e dei suoi familiari si concluderà, al momento dell'invasione nazista, con la deportazione nei campi di sterminio di Auschwitz, dove i Weisz troveranno la morte.
Nel suo libro, coinvolgente e avvincente anche per il bel ritmo e per la prosa estremamente scorrevole, Matteo Marani procede come in un'autentica inchiesta poliziesca, abbinando dunque l'acume del detective a quello del ricercatore storico quale evidentemente è per formazione e studi (azzardiamo, ma crediamo di essere nel giusto). Così, l'autore ricostruisce tassello per tassello la vita quotidiana dell'uomo, attraverso documenti inediti ed emozionanti interviste di prima mano. Bellissima e molto commovente, tra queste ultime, è in particolare quella all'anziano signore bolognese, Giovanni Savigni, che da bambino fu il migliore amico del figlio di Weisz (il piccolo Roberto) e che, a sua volta, aveva inseguito per tutta la vita le tracce perdute del compagno di giochi: è proprio da questo incontro struggente e decisivo che Marani trova nuova forza per procedere oltre nel suo lavoro di ricostruzione, soprattutto per quel che riguarda la totalmente sconosciuta parentesi olandese di Arpad Weisz come allenatore del piccolo Dordrecht.
La ricostruzione storica impeccabile e rigorosa si affianca a quella che lo stesso Marani sottolinea essere un'interpretazione plausibile dei pensieri e degli stati d'animo di un uomo che sente ogni giorno di più mancargli il terreno sotto i piedi. In particolare nella sua seconda parte, il libro diventa, infatti, un autentico viaggio nell'orrore: il lettore si trova quasi a vivere in prima persona, accanto alla famiglia Weisz, la loro fuga attraverso l'Europa; si trova a soffocare all'interno dei treni piombati, sporchi e senz'aria, diretti verso una destinazione dalla quale non si sarebbe fatto più ritorno; si trova col cuore sanguinante a soffrire il momento della separazione dalla propria moglie e dai propri figli, quando i prigionieri vengono divisi in vari gruppi dagli aguzzini senz'anima; si trova, infine, accanto ad Arpad nei suoi ultimi giorni di vita, segnati dal vuoto e dallo sgomento di fronte all'impazzimento che ha divorato il mondo.
Con Dallo scudetto ad Auschwitz, dunque, Matteo Marani ottiene due significativi risultati con un colpo solo: da un lato, infatti, colma una lacuna gravissima e quasi inspiegabile nella storiografia del calcio italiano, dando infine la giusta dignità a un allenatore di straordinaria rilevanza come Arpad Weisz (scopritore, tra l'altro, di Giuseppe Meazza); dall'altro lato, però, riesce a proporre ai lettori un esempio di saggistica civile autorevole e al tempo stesso commovente per la sua sincerità, di quelle che quando le leggi ti cambiano dentro e ti rendono migliore di com'eri prima.
Matteo Marani, Dallo scudetto ad Auschwitz. Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo, Aliberti editore, 2007 - 208 pagine, 14 euro
Bellissimo libro davvero. Grazie per la segnalazione.
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