giovedì 8 aprile 2010

champions league: the fall of british empire?

Di Diego Del Pozzo

Francia, Germania, Italia, Spagna: sono queste, in rigoroso ordine alfabetico, le quattro nazioni presenti nelle semifinali della Champions League 2009-2010, rappresentate rispettivamente da Olympique Lione, Bayern Monaco, Inter e Barcellona.
Dopo i quarti di finale terminati ieri sera, dunque, la notizia più rilevante dell'attuale edizione della ex Coppa dei Campioni è, certamente, la "Caduta dell'Impero Britannico", ovvero il mancato accesso alle semifinali da parte del movimento calcistico dominante a livello continentale e, probabilmente, mondiale: lo stesso movimento che produce il campionato più spettacolare, redditizio e seguito dell'intero pianeta (una sorta di NBA del calcio contemporaneo) e che, durante ciascuna delle ultime tre edizioni di Champions, ha portato ogni volta ben tre rappresentanti sulle quattro possibili al turno di semifinale, rischiando di ridurre la massima competizione calcistica europea a una specie di proprietà privata.
In realtà, la Champions League conferma di essere - per citare una celebre definizione di José Mourinho - "la competizione dei dettagli". E spesso riescono a vincerla proprio coloro che si dimostrano più abili a sfruttare tali dettagli e a trasformarli in vantaggi, anche minimi. A livello di calcio europeo di vertice, infatti, esiste una rosa di club, piuttosto ristretta ma abbastanza equilibrata, all'interno della quale, a volte, sono proprio i dettagli a fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta: siamo davvero sicuri che, dal punto di vista tecnico, tattico e agonistico, ci siano così tante differenze, per citare solo qualche esempio, tra le due semifinaliste "nobili" Inter e Barcellona e squadroni come Chelsea e Real Madrid eliminati negli ottavi di finale? O tra l'altra semifinalista Lione e il Porto andato fuori già agli ottavi? O il Liverpool eliminato al primo turno? Non credo proprio.
La differenza possono farla, di volta in volta, le maggiori o minori motivazioni, la qualità della gestione societaria, una decisione arbitrale, un errore clamoroso sotto porta, l'intuizione di un allenatore particolarmente ispirato, il "miracolo" di un portiere in serata di grazia, l'inatteso infortunio a un fuoriclasse decisivo... D'altra parte, sono proprio questi dettagli a rendere il calcio così affascinante e a proporlo regolarmente come metafora efficacissima della vita.

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