mercoledì 20 maggio 2009

ibrahimovic - "bocca di rosa"

Di Roberto Vecchioni

E adesso, dopo vent'anni passati ad essere il contrario esatto di tutte le tifoserie possibili e immaginabili, noi interisti frustrati e mai domi, gabbati e signori, pirla quanto basta perché non lo sia lo Special One, implacabili al primo mezzo errore in campo, scontenti della pioggia e del sole, insofferenti e protagonisti sempre, quando juventini e milanisti seguono comunque il capo, in fila dietro l'ombrello tipo "gruppo in gita sui laghi", adesso noi, unici e insostituibili che ci studiano perfino nelle università americane, noi, dico, nipoti di Prisco e della sua superiorità aristotifica; noi ci andiamo a mettere alla pari di tutti gli altri manfrinari spandinsulti perché un calciapalle, campione quanto vuoi, si permette di offendere una città, una congrega di iniziati, una carovana di illusi? Ma basta, piantiamola con questa farsa del cuore e dell'attaccamento ai colori e prendiamole 'ste distanze dai fiorentini inviperiti per Baggio, dai gobbi per Zidane e da altre scene patetiche (commedia dell'arte pura quella per Kaká), distinguiamoci infine, facciamoci due belle risate sopra e sbattiamocene i maroni.
Certo che anch' io come tutti vorrei che Ibra restasse: e chi me li dà più i passaggi di tacco di trenta metri che tutta Roma si alza ad applaudire? Chi mi torna più indietro con la porta spalancata, perché "così no, è troppo facile, me ne dribblo qualche altro". Nessuno. Ma chi siamo noi interisti per sentirci i prediletti di Dio, anche se il sospetto è forte? Abbiamo avuto Corso, Ronaldo, Recoba, sgrillettati e geniali come noi e ridevamo di perdere mentre gli altri annoiavano a vincere: ci sono uomini che nascono così, non è colpa loro se li prende la frenesia di cambiare, svicolare, sfidare altra gente, altri sogni: sono zingari, anarchici, incontenibili, la stessa libertà che li fa impazzare per il campo se li porta via per mano, li costringe a far sempre e comunque il contrario, a sfidare le leggi di gravità della memoria e della riconoscenza perché, interisti popol mio, queste sono regole sociali, questa è etica, ma i ribelli, i Geni, inconsciamente, senza cattiveria, a queste regole manco ci pensano, sono mille miglia lontani.
Ogni volta che passo per Appiano mi sono tutti intorno Cordoba, Toldo, Materazzi, il mio amico Saverio. Ibra non mi ha mai salutato; mi passa davanti come fossi trasparente, e io non me lo filo per niente, come fosse una gara di resistenza. Un giorno o l'altro gli balzo davanti nudo con l'impermeabile aperto e voglio vedere che fa. Non saluta perché non vede, non perché sia maleducato. E non vede perché ha gli occhi che guardano dentro, non fuori; gli è capitata questa disgrazia e se la porta addosso con nobiltà. Non è mica facile essere diversi, noi interisti ne sappiamo qualcosa anche se non fino a questo punto: dev'essere, ho sempre pensato, un gran problema soprattutto con le donne che stai facendo l'amore con una e pensi sia un'altra, oppure nemmeno c'è, la donna.
Già leggo nei vostri pensieri un nugolo di obiezioni: "Bravo, Roberto, tu parli così, lo difendi e ci stai intortando con questa storia che noi interisti siamo dei signori e non possiamo confonderci con la buzzurraggine plebea di altre tifoserie! Ma rispondici un po': una persona come Ibra che ha avuto quel che ha avuto da noi e che all'improvviso volta le spalle e se ne va non è un po' una donna da strada?". Sì, un po' forse lo è, ma ad altissimi livelli di poesia e noi interisti, per distinguerci come sempre, invece di insultarlo e ricordargli il mestiere della madre, tradizione di famiglia, lo accompagneremo tutti in corteo all'aereo per Barcellona o Madrid o Londra, tenendo ben sollevato un cartello giallo con una scritta nera "Addio Zlatan, con te se ne parte la primavera", e ringraziandolo dal profondo del cuore, perché anche lui come Bocca di Rosa non può fare a meno di dare la sua specie d'amore a tutti, di rendere felici tutti.

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