venerdì 22 maggio 2009
la prima squadra ucraina...
Di Diego Del Pozzo
L'altra sera, una buona finale tra Shakhtar Donetsk e Werder Brema ha concluso l'esperienza pluridecennale della Coppa Uefa, che dal prossimo anno ripartirà col brutto nome di Europa League e una formula ancor più cervellotica di quella degli ultimi anni.
Una buona finale, si diceva, disputata da due squadre che hanno provato a vincere attaccando. Alla fine, ha avuto la meglio, meritatamente, lo Shakhtar (2-1 dopo i tempi supplementari), con i commentatori nostrani a sottolineare come, quella degli arancioni, sia stata "la prima vittoria di una squadra ucraina" (nella foto, l'undici schierato in finale).
Ebbene, questa frase mi ha fatto riflettere molto su quanto sia cambiato il calcio negli ultimi anni. Se, per esempio, le varie edizioni della Dinamo Kiev di Lobanovskij potevano essere appropriatamente definite "squadre ucraine", ciò non può esser valido - almeno nei medesimi termini - per il team di Donetsk, ucraino unicamente per l'indirizzo di stadio e sede sociale, oltre che per le origini del ricchissimo proprietario, l'oligarca Rinat Akhmetov, nato proprio nella cittadina industriale nota per le sue miniere.
Dal punto di vista tecnico, infatti, lo Shakhtar è un perfetto esempio di globalizzazione applicata al calcio. Globalizzazione intelligente, va detto, poiché per far crescere il club e portarlo prima ai vertici nazionali e poi nell'orbita dell'Europa che conta è stata scelta la strada del potenziamento della struttura tecnica e di quella societaria, del miglioramento dei campi di allenamento e del centro sportivo di proprietà (tutto assolutamente all'avanguardia), di una guida tecnica sicura e stabile (quella del maestro rumeno Mircea Lucescu, al quinto anno su quella panchina) e, infine, dell'immissione in rosa di giovani talenti pescati in giro per l'Europa e in Sudamerica: in particolare, nella squadra vincitrice dell'ultima Coppa Uefa della storia spiccano due cursori di fascia come il croato Dario Srna a destra e l'altro rumeno Razvan Rat a sinistra; il polacco Mariusz Lewandowski in mediana; ma soprattutto, dal centrocampo in su, una intelaiatura brasiliana (qui sotto, nella foto) assolutamente caratterizzante, composta dai vari Willian (classe 1988), Ilsinho (1985), Fernandinho (1985), Jadson (1983) e Luiz Adriano (1987).
Sono proprio loro, in ogni partita dello Shakhtar, a segnare la differenza con gli avversari, a impostare e concludere le manovre offensive con grande tecnica e scambi in velocità; in definitiva, a dare un'impronta chiara e inequivocabile - non certo ucraina... - al gioco della loro squadra.
Comunque, in questo caso gli effetti della globalizzazione sono stati assolutamente benefici, poiché una cosa è certa: veder giocare questo Shakhtar Donetsk rende felici coloro che amano il calcio, soprattutto grazie ai suoi tanti brasiliani, che ne hanno fatto "la prima squadra ucraina a vincere la Coppa Uefa".
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I brasiliani del Donesk sono l'ennesima dimostrazione della miopia degli operatori di mercato italiani. Giorgio
RispondiEliminaCiao Giorgio, in particolare Fernandinho lo comprerei subito.
RispondiEliminaWillian fu seguito da Corvino qualche anno fa, ma mi pare di ricordare che il prezzo che chiedevano (in Brasile) fosse stato giudicato troppo alto in rapporto all'età.
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