lunedì 14 luglio 2014

brasile 2014: germania campione del mondo, ma brava argentina

Di Diego Del Pozzo

La Germania è campione del mondo
Chiariamo subito una cosa: la Germania merita il titolo di campione del mondo conquistato in Brasile, per quanto seminato in questi anni e, al tempo stesso, per ciò che ha espresso nel corso del Mondiale, dove ha mostrato un calcio veloce, tecnico, sempre propositivo, realizzato da una squadra giovane e decisamente compatta, che tra le altre cose ha saputo giovarsi della continuità di un progetto tecnico-tattico unico per durata nell'attuale panorama delle rappresentative nazionali, con Joachim Löw seduto sulla panchina da ben otto anni consecutivi. La Germania, inoltre, ha messo in mostra alcune tra le migliori individualità del torneo un po' in tutti i ruoli, dal portiere-superman Manuel Neuer al capitano terzino destro tuttofare Philipp Lahm, dal sontuoso difensore centrale Mats Hummels al cervello+corsa+muscoli di Bastian Schweinsteiger fino all'attaccante multiuso Thomas Müller: tutti e cinque inclusi, senza alcun dubbio, nella mia Top 11 (e non soltanto nella mia) di Brasile 2014.
Detto ciò, però, sono rimasti certamente delusi tutti coloro che, con molta superficialità e scarsa conoscenza delle reali forze in campo, si aspettavano un nuovo massacro calcistico anche in finale ai danni dell'Argentina, dopo lo storico 7-1 inflitto in semifinale dai tedeschi a una Seleção ridicola come pochissime altre volte nella sua storia.
Il gol decisivo di Mario Götze al 113'
Sul terreno di gioco del Maracanã, infatti, l'Albiceleste tiene testa alla Germania fino a 7 minuti dalla fine del secondo tempo supplementare, quando il subentrato Mario Götze realizza il bel gol del decisivo 1-0 sull'unica indecisione di una difesa argentina fino a quel momento semplicemente perfetta. Nel corso dei 120 minuti di gioco, anzi, i sudamericani sfiorano il vantaggio in molte più occasioni, rispetto ai loro avversari, tirando di più verso la porta avversaria e mettendo per almeno tre volte un attaccante da solo in area davanti a Neuer. Purtroppo, però, prima Higuain, poi Messi e nel finale Palacio falliscono clamorosamente le chance a loro disposizione. E, in un torneo equilibratissimo e fatto di dettagli, se non segni quando ne hai l'opportunità poi perdi.
L'Argentina mette il match sul piano che le è più congeniale, ritraendosi nella propria metà campo in modo da farsi attaccare dalla Germania, lasciandole un'iniziativa che si rivela piuttosto sterile, pronta però a rompere le trame di gioco avversarie grazie all'onnipresente Mascherano (il vero capitano e leader della squadra) e a ripartire in velocissimi contropiede affidati soprattutto a un Lavezzi in stato di grazia, migliore in campo nel primo tempo, prima dell'inspiegabile sostituzione nell'intervallo da parte di Sabella, a favore di un Aguero ancora lontano dalla forma ottimale. In quanto all'attesissimo Leo Messi, va decisamente a sprazzi, concedendosi tante (troppe) pause, come in tutta la seconda parte del Mondiale brasiliano (quella a eliminazione diretta, dove non ha mai segnato né inciso): si lancia, sì, in alcune discese palla al piede e si rende pericoloso in un paio di occasioni, ma fa mancare totalmente la propria (molto presunta) leadership, nascondendosi anzi tra le pieghe della gara. Tra l'altro, vomita nuovamente tra primo e secondo tempo (è l'ottava volta in pochi mesi) e il sospetto che non possa trattarsi soltanto di stress s'affaccia in maniera sempre più insinuante e preoccupante. E il trofeo per il miglior giocatore del Mondiale, consegnatogli al fischio finale e ritirato con un'espressione mista di scoramento e umiliazione, non ha alcuna reale motivazione tecnica e, anzi, sa soltanto di presa in giro politicamente corretta che la FIFA avrebbe potuto senz'altro evitare.
In nazionale Messi delude ancora una volta: e Maradona resta lontano
La Germania tiene saldo il possesso della palla e della partita, ma nel concreto preoccupa pochissimo la difesa argentina, guidata ottimamente da un ringiovanito Demichelis e da Garay, supportati da Mascherano e, ai lati, dagli efficaci terzini Zabaleta e Rojo. I pericoli per Romero si riducono al palo colpito da Höwedes di testa su calcio d'angolo allo scadere del primo tempo e a un paio di iniziative di Schürrle e Müller, mentre, come detto, dall'altra parte, le occasioni sprecate hanno del clamoroso. La gara è intensa e vibrante, pur senza raggiungere i picchi di spettacolo di altre precedenti. Qui, infatti, il vero spettacolo arriva dai duelli a centrocampo tra i due leader emotivi delle rispettive nazionali: Schweinsteiger e Mascherano.
Certo, col senno di poi e regolamento alla mano, sarebbe interessante capire come abbia potuto l'arbitro italiano Rizzoli non fischiare il durissimo intervento falloso di Neuer su Higuain, nel quale l'attaccante del Napoli (travolto sulla linea dell'area di rigore, peraltro) rischia seriamente l'incolumità fisica, vedendosi a sua volta fischiare - la beffa oltre al danno - un inesistente fallo che rovescia letteralmente la dinamica di un'azione che, invece, avrebbe potuto essere determinante per il prosieguo di un match equilibratissimo. Non a caso, oggi i media argentini paragonano Nicola Rizzoli al messicano Codesal, colui che a Italia '90 assegnò il discusso rigore decisivo nella precedente finale persa sempre contro la Germania ("Il Codesal italiano" è il commento più gentile su di lui).
In definitiva, dunque, la Germania merita il titolo di campione del mondo più per il complesso del suo Mondiale che per quanto espresso ieri nell'atto finale, dove a tratti mostra addirittura una certa superficialità abbinata a un pizzico di presunzione (si veda, quasi a inizio match, il retropassaggio di un distratto Kroos, che mette l'incredulo e non pronto Higuain solo davanti a Neuer). L'Argentina, invece, durante la finale mette in campo la consueta grinta e voglia di prevalere a tutti i costi, ma se la sua stella (Messi) e il suo centravanti titolare (Higuain) falliscono la prova con tanto clamore (soprattutto il primo), allora diventa davvero difficile superare una squadra forte come la Germania. Magari, chissà, se fosse riuscito a recuperare dal suo infortunio Angel Di Maria le cose avrebbero potuto prendere un'altra piega. Ma, come scritto all'inizio, al fischio finale si ha la sensazione che, nell'anno di grazia 2014, il titolo di campione del mondo non sarebbe potuto andare a una nazionale più meritevole dell'ancora giovane Germania di Joachim Löw, probabilmente destinata a crescere ulteriormente.
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