lunedì 29 giugno 2009

pensiero della settimana: scherzetti...

Di Diego Del Pozzo

Ieri Brasile e Spagna hanno concluso all'insegna degli scherzetti la Confederations Cup 2009. Così, il presidentissimo Blatter sarà stato soddisfatto, poiché ha avuto due finali - quella per il terzo e quarto posto e la finalissima - avvincenti e combattute. Almeno in apparenza.
Nonostante le ottime prestazioni di Sudafrica e Stati Uniti, infatti, le due grandi hanno dato l'impressione costante di stare scherzando (appunto...) col rispettivo avversario e di poter risolvere il match in qualsiasi momento, alla prima accelerata. Ecco spiegata, allora, la rimonta spagnola dallo 0-1 al 2-1 negli ultimi dieci minuti di gioco e, dopo il 2-2 sudafricano in extremis, la vittoria per 3-2 ai supplementari. Ancora più cinico il Brasile che, dopo aver chiuso sotto di due gol il primo tempo, ha iniziato a giocare e ha deciso di vincere 3-2, anche qui con gol decisivo siglato a pochi minuti dal fischio finale.
Insomma, sponsor e telespettatori di tutto il mondo hanno avuto lo spettacolo che Blatter e la FIFA avevano promesso di offrire. Adesso, l'appuntamento è tra un anno, ancora in Sudafrica. E stavolta, si spera, tutti faranno sul serio.

venerdì 26 giugno 2009

in sudamerica si fa sul serio

Di Diego Del Pozzo

La stagione calcistica sudamericana sta vivendo i suoi momenti clou, con tante partite decisive in programma in questo periodo. Mentre vari campionati nazionali stanno per emettere il proprio verdetto - è il caso del Clausura argentino, che terminerà sabato 4 luglio (dopo una pausa di una settimana per le elezioni amministrative e, comunque, salvo clamorosi spareggi) - e altri stanno entrando nel vivo (il Brasilerão, per esempio), in questa settimana si sono giocati tre match internazionali di grande importanza: le semifinali d'andata della Copa Libertadores e la finale, sempre d'andata, della Recopa Sudamericana, cioè l'equivalente della Supercoppa europea.
Partiamo da quest'ultima, disputata in Brasile, allo stadio Beira-Rio di Porto Alegre, dai padroni di casa dell'Internacional (vincitori della Copa Sudamericana 2008) e dagli ecuadoriani della Liga Deportiva Universitaria di Quito (la "mitica" LDU trionfatrice in Libertadores l'anno scorso: nella foto, Christian Lara della LDU e Taison dell'Internacional inseguono il pallone). Ebbene, un po' a sorpresa gli uomini del "Profe" uruguayano Jorge Fossati (che ha rilevato la squadra a inizio anno dal tecnico argentino Edgardo Bauza) hanno espugnato il campo di un Internacional sempre più in crisi di gioco e di risultati, dentro e fuori i confini brasiliani: 0-1 il punteggio finale, con gol di Claudio Bieler; ed ennesima dimostrazione di come il Colorado, dopo essere andato in testa nel Brasilerão 2009, non sappia più vincere. Non lo fa, infatti, da ben sei partite ed è reduce, prima di questa sconfitta in Recopa, dal tonfo del Maracanà, dove il Flamengo l'ha annientato per 4-0 (con tripletta dell'ex interista Adriano). Adesso, nonostante le assenze pesanti dei due nazionali Nilmar e Kleber (entrambi in Sudafrica con la Selecão), pare addirittura a rischio la panchina di Tite. Un'occasione di riscatto, seppur complicatissima, potrà arrivare proprio dalla finale di ritorno della Recopa, in programma però a Quito (quindi, in altura) davanti ai 55.000 scatenati tifosi che gremiranno la Casa Blanca.
Passando alle semifinali di Copa Libertadores, invece, va innanzitutto sottolineato che sono state due ottime partite, intense e spettacolari.
La prima, il derby brasiliano tra Cruzeiro e Gremio, s'è disputata al Mineirão di Belo Horizonte e ha visto trionfare gli uomini di Adílson Baptista per 3-1, al termine di un match veloce e caratterizzato da mille capovolgimenti di fronte e tante occasioni da ambo le parti. Sullo 0-0, addirittura, il Gremio ha più volte sfiorato il vantaggio, vanificando diverse occasioni favorevolissime, in particolare con un Maxi Lopez (qui nella foto) più attivo che mai. Poi, invece, in sequenza sono arrivati i gol di Wellington Paulista (al 37'), Wágner (46') e Fabinho (66') per il Cruzeiro. Ma a dare ancora speranza agli uomini di Paulo Autuori ci ha pensato la splendida punizione calciata da Souza al 78'. Così, anche il ritorno della settimana prossima, all'Olimpico Monumental di Porto Alegre, dovrebbe offrire grande spettacolo e intense emozioni.
Nella seconda semifinale, sicuramente quella più ricca di storia, l'unica squadra argentina ancora in corsa, cioè l'Estudiantes de La Plata guidato in panchina da Alejandro Sabella e in campo da Juan Sebastian Veròn (qui sotto, nella foto, assieme al compagno di squadra Galvàn esultante per il gol decisivo), ha avuto la meglio per 1-0 sugli uruguayani del Nacional Montevideo, con gol decisivo siglato da Diego Galvàn grazie a uno spettacolare colpo di testa in tuffo.
Per l'Estudiantes - che ha schierato l'esperto neo-acquisto Rolando Schiavi al centro della difesa - s'è trattato della settima vittoria su sette match casalinghi disputati in questa Libertadores; vittoria conquistata nonostante l'ottima prestazione di un Nacional pieno di giovani interessanti (il centrale difensivo Coates su tutti), che hanno permesso anche al portiere dell'Albiceleste Mariano Andujar (prossimo giocatore del Catania) di mostrare le proprie doti in un paio di occasioni. In attesa del ritorno al Centenario di Montevideo, i tifosi del Pincha hanno, però, un motivo di ansia derivante dall'infortunio a Veròn, costretto a uscire e in dubbio anche per la partita di mercoledì prossimo.

giovedì 25 giugno 2009

altro calcio... per fortuna


Da domani, basta parlare continuamente di nazionale italiana, poiché, per fortuna, in giro per il mondo c'è tanto altro calcio interessante. In particolare, in Sudamerica ci sono i campionati nazionali in pieno svolgimento - e domenica si assegna il titolo del Clausura argentino - oltre alle semifinali di Copa Libertadores e alla finale della Recopa Sudamericana tra LDU Quito e Internacional di Porto Alegre. Insomma, c'è di che divertirsi... (d.d.p.)

ma dove sono questi giovani?

Di Diego Del Pozzo

Nei minuti immediatamente successivi al fischio finale del vergognoso Italia-Brasile 0-3, il portiere campione del mondo Gigi Buffon (nella foto, qui sotto) ha fatto sapere dai microfoni di "Mamma Rai" che, a suo modesto avviso, i giovani fenomeni tanto invocati da critica e tifosi non è che siano poi così numerosi.
Ebbene, anche se Buffon è da apprezzare perché è stato l'unico calciatore italiano a metterci la faccia, sia prima che dopo l'infausta partita (mentre i compagni si nascondevano sotto la gonnella di Marcello Lippi), voglio credere che, in realtà, si stesse riferendo unicamente al suo stesso ruolo: lì, infatti, il panorama italiano odierno davvero non offre nomi già pronti per la ribalta internazionale, ma soltanto buoni professionisti, destinati a crescere ancora per poi proporsi come successori dell'attuale numero uno. Per tutti gli altri ruoli, invece, ritengo che le considerazioni del portiere campione del mondo in carica non possano essere condivise. E vediamo perché.
Se il commissario tecnico Marcello Lippi avesse un carattere migliore (meno permaloso e suscettibile, innanzitutto) e, soprattutto, se frequentasse meno procuratori e, magari, amici migliori del suo ex direttore generale nonché ex (ex?) "padrone" del calcio nostrano, forse non avrebbe fatto tanta fatica a individuare fin da quest'anno un gruppo più giovane e futuribile di quello portato in Sudafrica per la fallimentare Confederations Cup che ha visto l'Italia inopinatamente eliminata al primo turno. Scegliendo, magari, all'interno di una "rosa" allargata, composta da calciatori giovani e meno giovani, ma comunque ancora nella fase ascendente della carriera, come purtroppo non può più dirsi per troppi campioni del mondo in carica. Guardando alle indicazioni del campionato italiano e seguendo con più attenzione i pochi calciatori nostrani impegnati all'estero, infatti, Lippi (qui sotto, nella foto) avrebbe potuto far partire fin da subito il necessario rinnovamento, senza per questo indebolire troppo una squadra che, volenti o nolenti, qualche soddisfazione sul campo l'ha comunque regalata.
Da parte mia, facendo parte a pieno titolo delle decine di milioni di commissari tecnici che risiedono sul territorio italiano, ho individuato una rosa di nomi all'interno della quale potrebbero essere selezionati, tranne clamorose sorprese durante la prossima stagione, i 23 calciatori da portare ai Mondiali sudafricani di giugno 2010.
Ecco dunque, qui di seguito, la mia rosa, divisa per ruolo. Ho indicato in corsivo i giocatori che io porterei ai Mondiali in questo momento.
Portieri: Buffon, Marchetti, Consigli; più Amelia, Curci, De Sanctis, Abbiati (7);
Difensori: Motta, Santon, Santacroce, Chiellini, Barzagli, Bocchetti, Criscito, De Ceglie; più Fabio Cannavaro, Paolo Cannavaro, Biava, Bonera, Ferrari, Gamberini, Andreolli, Contini, Grosso, Pasqual, Pasquale, Esposito (20);
Centrocampisti: Maggio, De Rossi, Pirlo, D'Agostino, Gattuso, Aquilani, Marchisio; più Montolivo, Palombo, Cigarini, Mannini, Brighi, Foggia, Perrotta, Cristiano Zanetti, Camoranesi, Galloppa, Abate, Dessena, Ambrosini, Biagianti (21);
Attaccanti: Gilardino, Pazzini, Balotelli, Cassano, Rossi; più Iaquinta, Quagliarella, Acquafresca, Di Natale, Di Vaio, Floccari, Pepe, Borriello, Palladino (14).
Si tratta di un elenco di ben 62 calciatori italiani: se ne riuscirebbe a tirar fuori una nazionale decente, no?

mercoledì 24 giugno 2009

corrono tutti il doppio dell'italia

Di Diego Del Pozzo

Anche uno spettatore superficiale, capitato lì per caso, si sarebbe accorto, dando un'occhiata a Spagna - Stati Uniti di stasera in Confederations Cup, di una cosa lampante e assolutamente inquietante: tutte e due le squadre, anche la compassata formazione iberica, correvano almeno il doppio rispetto alla nazionale italiana vista nei giorni scorsi in Sudafrica!
Tutto ciò non può che allarmare chi tifa per l'Italia e, al tempo stesso, deve far riflettere ulteriormente i responsabili di questa sciagurata spedizione azzurra, per fortuna terminata prima di una ulteriore batosta in semifinale, come sarebbe accaduto in caso di immeritato superamento del primo turno.
Per la cronaca, nella semifinale disputata stasera c'è stata una sorpresa forse addirittura più clamorosa dell'Italia-Egitto 0-1 di qualche giorno fa, poiché gli statunitensi di Bob Bradley hanno avuto la meglio sulle Furie Rosse per 2-0, con gol di Altidore e Dempsey (nella foto sopra), giocando una partita gagliarda e accorta, forse anche un po' fortunata (ma, si sa, la fortuna in realtà non è mai stata cieca...). Adesso gli USA si giocheranno la finale di questa Confederations Cup contro la vincente dell'altra semifinale, in programma domani sera tra Brasile e Sudafrica.

la premier league anche su espn

Di Diego Del Pozzo

Qui di seguito, riporto una notizia diffusa qualche ora fa dall'agenzia d'informazione AP Com. Si tratta di una notizia di un certo interesse per gli appassionati di calcio inglese, anche se non dovrebbe avere ripercussioni dirette sulla trasmissione delle partite su territorio italiano.
Eccola: "L'emittente sportiva irlandese Setanta Sports ha avviato oggi le pratiche fallimentari annunciando la prossima cessazione delle trasmissioni in Gran Bretagna. Setanta, controllata da Doughty Hanson e Balderton Capital, ha fatto sapere di avere bloccato l'incasso degli abbonamenti televisivi sul territorio britannico dopo avere affidato a Deloitte la cura dell'iter fallimentare. L'emittente televisiva irlandese, che negli ultimi giorni aveva perso per insolvenza i diritti dei campionati di calcio di Inghilterra e Scozia, ha salvato dal naufragio le trasmissioni in Irlanda e oltremanica, che ora Deloitte cercherà di cedere a potenziali compratori. Il tracollo di Setanta, che dovrebbe causare la perdita di 420 posti di lavoro, ha offerto al network statunitense Espn un importante accesso al mercato britannico. Il colosso dell'informazione sportiva, controllato dalla Walt Disney Corporation, ieri aveva infatti rilevato il pacchetto dei diritti della Premier League inglese lasciato improvvisamente libero da Setanta, impossibilitata ad onorare gli impegni economici con la lega di Londra. In base all'accordo Espn ha ottenuto la diretta di 46 partite della prossima stagione e di 23 incontri a stagione dal 2010-2011 al 2012-2013".

martedì 23 giugno 2009

gli errori di lippi

Di Diego Del Pozzo

Dopo la brutale presa di coscienza della nostra attuale impotenza calcistica, anche a livello di nazionale, è il momento delle riflessioni, per individuare gli errori commessi in occasione del "naufragio" alla Confederations Cup e, magari, farne tesoro in vista dei Mondiali sudafricani del prossimo anno, dove l'Italia si presenterà da campione uscente e, quindi, dovrà quantomeno proporsi in modo dignitoso.
Le critiche degli osservatori più o meno raffinati - dai critici di professione ai commentatori da bar - hanno come obiettivo, ovviamente, il sempre più discusso commissario tecnico Marcello Lippi. Cerchiamo di passare brevemente in rassegna, dunque, le principali "colpe" del ct italiano:
1) Eccessiva fiducia nella "vecchia guardia" dei campioni del mondo 2006, logora e spremuta ben al di là della comunque oggettiva anzianità anagrafica: in molti casi, infatti, si tratta di calciatori nella fase declinante della carriera (Cannavaro [qui sopra, nella foto], Zambrotta, Grosso, Gattuso, Camoranesi, Toni), stanchi fisicamente e mentalmente per i tanti impegni e spesso appagati per i molti trionfi. Insomma, gambe pesanti, pancia piena e mente lenta;
2) Convocazioni eccessivamente "timide", basate su giocatori ordinati e obbedienti, ma in molti casi dalla personalità scarsa: certo, poco problematici, ma al tempo stesso anche abbastanza privi di quel talento che può fare la differenza in manifestazioni come un Mondiale o un Europeo. Che c'entrano con la nazionale, infatti, i vari Amelia, De Sanctis, Gamberini, Legrottaglie, Dossena, Pepe? In prevalenza, si tratta di onesti mestieranti e nulla più, probabilmente "premiati" perché appartenenti ai "giri" giusti (procuratori amici, società vicine, "burattinai" sodali del ct, ecc.);
3) Diretta conseguenza dei primi due punti è la scarsa fiducia in calciatori più giovani e di maggiore talento, anche se presumibilmente meno "soldatini" dei fedelissimi lippiani: un nome per tutti è quello di Antonio Cassano, sistematicamente ignorato dall'ineffabile ct. E anche Mario Balotelli, se non cambia atteggiamenti, rischia di fare la stessa fine. D'altra parte, stiamo parlando dell'uomo che ha negato il titolo di campione del mondo a Christian Panucci, preferendogli l'ex palermitano Christian Zaccardo: ed è evidente a tutti come i due giocatori abbiano in comune soltanto il nome di battesimo;
4) Scarsissimo rispetto delle indicazioni provenienti dalla stagione dei club (ancora Cassano? Il capocannoniere italiano Di Vaio? L'ottimo D'Agostino dell'Udinese 2008-2009? Il Barzagli titolare inamovibile nel Wolfsburg campione di Germania?);
5) Atteggiamento tattico presuntuoso e non coerente con le disastrose condizioni fisico-atletiche dei giocatori presenti alla Confederations Cup: che bisogno c'era, infatti, di insistere su un 4-3-3 apparso presto assolutamente suicida, in particolar modo contro il Brasile?
Tenendo conto di tutto ciò, dunque, la batosta sudafricana (nella foto sopra, l'autogol di Dossena per il 3-0 del Brasile) potrebbe essere persino salutare, in prospettiva Mondiale. A patto che vi sia, da parte di Marcello Lippi, una reale voglia di correggere i propri errori. Come si dice: "Errare è umano, perseverare...".

lunedì 22 giugno 2009

lezione di calcio alla brasiliana

Di Diego Del Pozzo

Soltanto la pietà del Brasile, forse mista a rispetto verso i campioni del mondo uscenti, ha impedito che la Selecao liquidasse l'Italia con un punteggio destinato a restare negli annali. Ancora di più del pur inequivocabile 3-0 col quale s'è conclusa la partita di Pretoria valevole per l'ultima giornata del turno a gironi della Confederations Cup.
La partita, in realtà, non è mai iniziata, nonostante un po' di grinta che ha caratterizzato i primi quindici minuti degli azzurri. Poi, però, pian pianino il Brasile (qui in alto, la formazione schierata contro l'Italia) ha iniziato a macinare il suo gioco raffinato e inesorabile, dominando totalmente un primo tempo che è sembrato mettere di fronte due squadre appartenenti a diverse categorie. I tre gol dei verdeoro negli otto minuti conclusivi della prima frazione, dunque, non hanno fatto altro che certificare quanto stava accadendo sul campo di gioco.
La ripresa, poi, ha avuto ben poca storia, con i brasiliani che si sono letteralmente fermati, per rispetto o forse pietà, come scrivevo all'inizio, concedendo all'Italia alcune occasioni comunque non concretizzate.
Una sola, allarmante considerazione può esser fatta al fischio finale dell'arbitro Archundia: nonostante l'indubbia forza del Brasile, questa Italia, per motivi anzitutto fisico-atletici e anagrafici, non è più competitiva ai massimi livelli e rischia di presentarsi in condizioni ancora peggiori ai Mondiali sudafricani del 2010.
Nei prossimi dodici mesi, il sempre più confuso commissario tecnico Marcello Lippi, se davvero vorrà, dovrà trovare le soluzioni migliori per cercare di salvare almeno la faccia. L'Italia ha pur sempre un titolo mondiale da difendere...
Per la cronaca, nel girone degli azzurri si sono qualificati gli Stati Uniti, come secondi alle spalle del Brasile. Così, le due semifinali di Confederations Cup saranno Spagna-Stati Uniti e Brasile-Sudafrica.
----------------------------------------------------------------------------------
Italia - Brasile 0 -3
Marcatori: Luis Fabiano al 37' e al 43', autogol di Dossena al 45'.
Italia (4-3-3):
Buffon 6; Zambrotta 5, Cannavaro 4, Chiellini 5.5, Dossena 6; De Rossi 5, Pirlo 5.5, Montolivo 5 (46’ Pepe 6.5); Camoranesi 4.5, Toni 4 (58’ Gilardino 6), Iaquinta 4.5 (38’ Rossi 6.5).
In panchina: Amelia, Santon, Grosso, Gamberini, Legrottaglie, Gattuso, Palombo, Quagliarella, De Sanctis. Allenatore: Lippi 4.
Brasile (4-2-3-1):
Julio Cesar 6; Maicon 6.5, Lucio 6.5, Juan 6 (24’ Luisao 6), Andre Santos 6; Gilberto Silva 7 (85’ Kleberson s.v.), Felipe Melo 7; Ramires 7.5 (88’ Josuè s.v.), Kakà 6.5, Robinho 6.5, Luis Fabiano 7.5.
In panchina: Victor, Daniel Alves, Miranda, Kleber, Elano, Julio Baptista, Pato, Nilmar, Gomes. Allenatore: Dunga 6.5.

domenica 21 giugno 2009

almeno è stato chiaro...

Di Diego Del Pozzo

Ormai è praticamente ufficiale: a prescindere da ciò che accadrà ai nostri anziani campioni del mondo, sia stasera col Brasile che nei prossimi dodici mesi, al Mondiale del prossimo anno l'Italia andrà con lo stagionato gruppo attuale. "Nessuno pensi, e lo dico ancora prima di giocare, che se le cose non dovessero andare bene - ha minacciato, infatti, Marcello Lippi nell'odierna conferenza stampa pre-partita - succederà chissà cosa. Sento parlare di rivoluzioni, ma al momento questi sono i migliori giocatori che l'Italia può mettere a disposizione della nazionale. Il mio progetto è questo, voglio che sia chiaro". Mettiamoci l'anima in pace, dunque. E prepariamoci già da ora a un Mondiale nel quale i giocatori delle altre squadre favorite correranno il doppio dei nostri, per oggettive differenze anagrafiche. Purtroppo, si tratta dell'identico errore che commise Enzo Bearzot nel 1986. Ma, d'altra parte, ormai lo sanno tutti: l'Italia non è un Paese per giovani.

1973: cile-urss, uno spareggio mai giocato

Di Stefano Olivari

Prima parte
I commenti sul famoso, ma vista la quantità di versioni non poi così tanto, spareggio Cile-Urss del 1973 per qualificarsi al Mondiale in Germania Ovest hanno riportato alla memoria uno dei più famosi episodi in cui calcio e politica si sono incrociati. L'antefatto è che i gironi europei di qualificazione erano nove: otto qualificavano la vincitrice direttamente (l'Italia di Valcareggi dominò il gruppo comprendente Turchia, Svizzera e Lussemburgo) mentre il nono, in maniera cervellotica, la costringeva ad uno spareggio con la vincitrice di uno dei gironi sudamericani: quello vinto dal Cile comprendeva...il Perù, e basta.
Spareggio, dunque. Andata a Mosca il 26 settembre 1973, pochi giorni dopo il golpe militare che aveva rovesciato Allende e portato al potere Pinochet: zero a zero ed appuntamento due mesi dopo a Santiago. Nel frattempo la situazione politica planetaria era precipitata e l'Urss si rifiutò di recarsi in Cile (da notare che l'andata era stata giocata a golpe già avvenuto) chiedendo alla Fifa presieduta da Stanley Rous di far disputare la partita in campo neutro. Permesso rifiutato senza motivazioni ufficiali ma per una considerazione molto concreta: eliminando dalle competizioni tutti i paesi governati da dittature o finte democrazie al Mondiale avrebbero partecipato (e parteciperebbero) ben poche nazionali.
Il 21 novembre quindi allo stadio Nacional di Santiago, dove qualche mese prima erano stati radunati e torturati migliaia di prigionieri politici, andò in scena la farsa. La nazionale cilena al gran completo, contro nessuno. La federazione cilena decise che il gol della vittoria (si fa per dire, visto che la partita subito dopo venne ovviamente sospesa) venisse segnato dal capitano Francisco Valdes, idolo del Colo Colo (qui nella foto) e già presente ad Inghilterra 1966. E così fu, dopo un'azione manovrata di cui purtroppo non abbiamo visto filmati. Ma il tragico ha sempre aspetti ridicoli: sapendo dell'assenza dell'Urss, la federcalcio cilena aveva ingaggiato i brasiliani del Santos per un'amichevole. Che si giocò davvero subito dopo il grottesco spettacolo pro-vittoria a tavolino, anche se alcuni cileni (fra questi Valdes) chiesero ed ottennero dal c.t. Luis Alamos di non prendervi parte.
Seconda parte
Non avevamo mai visto immagini del Cile-Urss del 21 novembre 1973, lo spareggio di qualificazione mondiale a cui i sovietici non presenziarono per protesta contro il golpe di Pinochet (non che dalla loro parte i golpe fossero mai mancati, ma la politica si fa anche secondo convenienza).
L'amico Christian, di cui omettiamo il cognome perchè non sappiamo mai come comportarci quando ci sono datori di lavoro 'cinesi', ci è venuto in aiuto segnalandoci il link di quell'azione memorabile che portò al gol il capitano cileno Francisco Valdes. Fra le tante cose curiose di quell'episodio c'è che il gol sarebbe stato strutturalmente da annullare, da parte dell'arbitro: ogni passaggio in avanti, con meno di due difendenti fra la linea di fondo ed il giocatore che riceve il passaggio, crea infatti una situazione di fuorigioco. Mitico il tabellone 'La juventud y el deporte unen hoy a Chile' con il risultato parziale di uno a zero, rimasto immutato visto che nessuno avrebbe potuto far riprendere il gioco: per la statistica la Fifa avrebbe poi regalato ai posteri un due a zero a tavolino.
In Germania il Cile si sarebbe comportato con molto onore, ma il ricordo di quella farsa è tuttora presente nelle menti dei giocatori: proprio 'Chamaco' ne ha parlato in una recente intervista. Senza rispondere alla vera domanda: è più ipocrita chi fa giocare contro nessuno o chi distingue fra dittature? A parte il fatto che l'eccellente Breznev aveva dato l'ok alla partita di ritorno, ma a patto che fosse in campo neutro.

sabato 20 giugno 2009

effenberg e gli altri rivoluzionari del pallone

Di Diego Del Pozzo

Nella interessante rubrica di segnalazioni librarie presente sul sito del Corriere dello Sport - Stadio mi sono imbattuto in un volume che sembra davvero meritevole di esser letto.
S'intitola L'insostenibile leggerezza di Effenberg, l'ha scritto Gabriella Greison e pubblicato una casa editrice benemerita come Bradipolibri (108 pagine, 12 euro). "Mettete insieme Milan (nel senso di Kundera), Stefan Effenberg, un programma radiofonico - si legge nella scheda di presentazione - trasmesso da Radio Popolare qualche anno fa, una giornalista laureata in fisica nucleare, l'amore per il calcio e per i suoi interpreti meno ortodossi. Affidate la regia ad Alviero Chiorri, una delle 'teste matte' più simpatiche dell'ultimo quarto di secolo del pallone, che - tra un tramonto sul Malecon e una carezza a una delle sue tante donne, amanti o figlie che siano - dal suo dorato buen retiro di Cuba chiede di poter rivivere - nel primo e unico libro che, promette, leggerà - le imprese di alcuni dei suoi 'eroi', da Giaguaro Castellini ad Angelillo. Mescolate il tutto con la penna lieve e divertita dell'autrice, che riesce con garbo a parlarci di Bagnoli e della Milano di Giovanni Testori, di Boranga e del commissario Binda, ed ecco apparirà questo libretto, che divertirà sicuramente il lettore. Una galleria di piccoli rivoluzionari del calcio, come il tedesco della Fiorentina del titolo, come Wilkes e Beccalossi. O come Bruno Neri, mediano di valore, che da partigiano provò davvero a fare la rivoluzione, prima di essere ucciso dai tedeschi".

venerdì 19 giugno 2009

pensiero della settimana: mummie e faraoni

Di Diego Del Pozzo

La partita di calcio di ieri sera tra Italia ed Egitto ha scatenato una corsa sfrenata al luogo comune, tra il banale e il vagamente offensivo, su tutti i mass media nazionali.
Nel commentare la storica sconfitta della nazionale italiana, infatti, non c'è stato un solo giornale che non abbia scherzato, nei propri titoli, con i termini "mummia" e "faraone".
Nessuno che abbia pensato a una cosa molto banale: che cosa avremmo detto, noi italiani, se dopo una partita mal giocata e persa contro la Germania o l'Inghilterra i giornali tedeschi o britannici avessero titolato, a caratteri cubitali, "ITALIA, CHE PIZZA!"?
Insomma, costa tanto un po' di originalità?

giovedì 18 giugno 2009

un nuovo libro sul celtic glasgow

Di Diego Del Pozzo

Mi è appena arrivata, via e-mail, una segnalazione dell'amico Max Troiani di "U.K. Football, please": si tratta della (bella) notizia della prossima uscita del suo libro sul Celtic, il "mitico" club cattolico di Glasgow. Max lo ha scritto a quattro mani assieme a un altro grande esperto di cose calcistiche britanniche, Luca Manes. L'editore è Bradipolibri.
In attesa di leggere il volume, ecco qui una riproduzione della copertina e una breve scheda di presentazione:
"Celtic Forever è una cavalcata tra la miriade di successi e i tanti personaggi che hanno fatto grande il club cattolico di Glasgow, nato nel 1887 su intuizione di un prete, Fratello Walfrid, per finanziare la mensa dove trovavano un aiuto e del cibo caldo i poveri di origine irlandese della città. Dai primi Old Firm con i Rangers, ai Lisbon Lions che nel 1967 conquistarono una storica Coppa dei Campioni contro l'Inter di Herrera, fino ad arrivare ai giorni nostri, la splendida maglia a strisce bianco-verde del Celtic è divenuta un'icona, il simbolo di un'intera comunità, quella irlandese, sparsa per tutto il mondo. Una comunità che si riconosce in tutto e per tutto in un club ormai tra i più famosi del Pianeta. Non a caso anche i supporter del Celtic al Parkhead hanno adottato come loro inno il celebre "You'll never walk alone" di liverpudliana memoria. Perché i Bhoys non cammineranno mai soli e non scorderanno mai le loro origini e la loro storia, che vale certamente la pena di essere raccontata".

mercoledì 17 giugno 2009

l'inghilterra ha già i suoi calendari

Di Diego Del Pozzo

Sono stati diffusi oggi i calendari della prossima stagione calcistica riguardanti le quattro divisioni professionistiche del calcio inglese: Premier League, The Championship, League One e League Two. Chi volesse dare un'occhiata al dettaglio di tutte le partite può utilizzare i link che ho inserito qui sopra e che rimandano all'ottimo blog dell'esperto Silvio Di Fede.
Da parte mia, invece, voglio soltanto sottolineare l'inizio non certo facile dell'Arsenal (qui sopra, una suggestiva immagine notturna dell'Emirates Stadium illuminato), che nella prima giornata sarà impegnato in trasferta a Goodison Park contro l'Everton di David Moyes. Il vero e proprio periodo "di fuoco" per i Gunners sarà, però, quello compreso tra fine gennaio e inizio febbraio 2010, quando dovranno affrontare, una dopo l'altra, Aston Villa, Manchester United, Chelsea e Liverpool. Lì, probabilmente, si deciderà la stagione degli uomini di Arsène Wenger, con la speranza - da parte mia - che quest'anno ci possa essere anche qualche trofeo da sollevare e non soltanto giovani talenti da lanciare e/o valorizzare.
Per concludere, comunque, ecco qui di seguito il calendario completo della prima giornata di Premier League e di Championship.
---------------------------------------------------------------------------------
Premier League - prima giornata (15 Agosto 2009): Aston Villa-Wigan, Blackburn-Manchester City, Bolton-Sunderland, Chelsea-Hull City, Everton-Arsenal, Manchester United-Birmingham City, Portsmouth-Fulham, Stoke City-Burnley, Tottenham-Liverpool, Wolverhampton-West Ham.
Football League Championship - prima giornata (8 Agosto 2009): Cardiff City-Scunthorpe, Coventry-Ipswich Town, Crystal Palace-Plymouth Argyle, Derby County-Peterborough, Leicester-Swansea City, Middlesbrough-Sheffield United, Preston North End-Bristol City, Queens Park Rangers-Blackpool, Reading-Nottingham Forest, Sheffield Wednesday-Barnsley, Watford-Doncaster, West Bromwich Albion-Newcastle United.
----------------------------------------------------------------------------------
Ps: La Championship 2009-2010 mi sembra davvero bella, con tante squadre interessanti e di tradizione ai nastri di partenza. Speriamo bene...

martedì 16 giugno 2009

la nazionale dei non giovani / 2

Di Diego Del Pozzo

La prima partita dell'Italia in Confederations Cup ha fatto capire con estrema chiarezza una cosa che i commentatori più avvertiti avevano già compreso da tempo: la generazione dei campioni del mondo 2006 è, ormai, logora e calcisticamente vecchia. Tra un anno, dunque, in occasione dei Mondiali sudafricani, rischia di essere spazzata via da squadre più giovani e vivaci atleticamente, oltre che migliori dal punto di vista tecnico. E potrei azzardare, a titolo di esempio, i nomi di Spagna, Brasile, Argentina, Olanda, Germania, Inghilterra: tutte nazionali con qualche limite, ma che, a differenza della nostra, non stanno vivendo ancora nel passato, bensì lavorando con impegno per assicurarsi un futuro più roseo.
Non può dirsi lo stesso di un'Italia ormai schiava della gratitudine del commissario tecnico Marcello Lippi nei confronti di coloro che, tre anni fa, gli hanno fatto vincere un Mondiale assolutamente inatteso. Gratitudine sì, ma anche scelte dettate da motivazioni extracalcistiche (caratteri più o meno concilianti, appartenenza o meno a "famiglie" amiche, ecc.). Così facendo, dunque, la "nazionale dei non giovani" secondo l'ineffabile ct avrebbe come suoi imprescindibili punti di riferimento - e qui utilizziamo, volutamente, l'età che ciascuno avrà l'anno prossimo - il quasi trentasettenne Fabio Cannavaro, i quasi trentaquattrenni Mauro Camoranesi e Nicola Legrottaglie, i trentatreenni Gianluca Zambrotta, Fabio Grosso e Luca Toni; tutti calciatori chiaramente nella fase declinante della carriera. Tra gli Under 30, quindi, i soli Daniele De Rossi, Giorgio Chiellini e Alberto Gilardino rientrerebbero nel novero dei possibili titolari.
Finora, il promesso ricambio generazionale s'è realizzato col lumicino, col solo Giuseppe Rossi che si sta conquistando un posto da titolare a suon di gol e dall'alto di una qualità tecnica superiore. Con Riccardo Montolivo e Davide Santon pronti a seguirne presto le orme. Restano ancora in stand-by, invece, troppi giovani talenti della nostra Under 21, si spera, magari, soltanto fino al termine dell'Europeo di categoria attualmente in corso in Svezia: i vari Motta, Andreolli, Bocchetti, Criscito, De Ceglie, Cigarini, Marchisio, Giovinco, Balotelli, Acquafresca possono, infatti, dire la loro in chiave di nazionale maggiore già da adesso. E nel prossimo campionato potrebbero trovare una spinta decisiva per inserirsi (o reinserirsi) in gruppo pure calciatori di talento e ancora abbastanza giovani come Aquilani, Maggio, Mannini, Santacroce, Curci, Galloppa, Pasquale, Pazzini, Pasqual, D'Agostino per non parlare di Antonio Cassano, regolarmente ignorato per motivi che a tutti appaiono assolutamente misteriosi.
Nel corso della prossima stagione, insomma, Lippi sarà chiamato a compiere scelte coraggiose, senza compromessi e senza guardare in faccia nessuno. Il problema è che, purtroppo, sono quasi sicuro che il nostro ct non vorrà compierle.

confederations cup: la prima giornata

Di Diego Del Pozzo

Al di là delle considerazioni, condivisibili o meno, sul senso reale di un torneo come la Confederations Cup, ieri e l'altro ieri in Sudafrica si è giocato a pallone. Mi sembra giusto, dunque, fare un breve punto della situazione dopo aver visto all'opera tutte e otto le squadre partecipanti.
Con una indispensabile premessa: per motivi "politici" i due gironi del primo turno sono assolutamente squilibrati tra loro: da una parte, infatti, ci sono la Spagna e tre compagini semi-dilettantistiche; dall'altra, l'Italia campione del mondo in carica, il Brasile e gli ottimi Egitto e Stati Uniti. Naturalmente, si qualificheranno per le semifinali le prime due di ciascun girone: cioè Spagna e presumibilmente Sudafrica (ecco il motivo "politico"...) da un lato; due tra Italia, Brasile, Egitto (nella foto qui sotto) e Stati Uniti dall'altro.
Passando ad analizzare, in breve, ciò che si è visto finora, non si può che partire da una considerazione derivante dal 5-0 col quale la Spagna ha spazzato via la Nuova Zelanda: una partita tra "Furie Rosse" e Aversa Normanna sarebbe stata sicuramente più combattuta! Gli All Whites, infatti, sono la dimostrazione vivente del perché l'Australia - che è una nazionale decente - abbia tanto insistito per farsi inserire nel tabellone asiatico di qualificazione mondiale, in modo da poter disputare qualche partita vera e non semplici sgambature. E, si badi bene, la Nuova Zelanda è la nazionale calcisticamente più forte di Oceania, ovviamente dopo i Canguri.
Da parte loro, sempre nello stesso girone, Iraq e Sudafrica hanno mostrato evidenti limiti tecnico-tattici, derivanti però principalmente dalle rispettive difficoltà ambientali: per gli iracheni l'esplosiva (in tutti i sensi) situazione interna, con la Federcalcio locale costretta addirittura a "fuggire" all'estero; per i sudafricani un panorama calcistico connotato da corruzione e maneggi, in grado di sprecare potenzialità che, sulla carta, sarebbero enormi.
Nell'altro girone, Egitto e Stati Uniti hanno dimostrato di essere due nazionali di buona caratura internazionale, con alcune individualità interessanti, chiare identità tecnico-tattiche e filosofie di gioco caratterizzanti: grande tecnica e velocità per i Faraoni, atletismo e buona organizzazione tattica per gli statunitensi. Non a caso, nella prima giornata, hanno impegnato le due favorite Brasile e Italia, tutte e due apparse non proprio totalmente "in palla" e vittime di alcune "fissazioni" dei rispettivi commissari tecnici.
In particolare, i sudamericani sono apparsi un po' limitati dalla mancanza di un mediano in grado di costruire gioco con continuità e in modo fluido e veloce, difetto reso ancora più evidente dalla serata non particolarmente positiva dei tre trequartisti (Elano-Kakà-Robinho). L'Italia, da parte sua, rischia di pagare più del dovuto la cocciutagine di Marcello Lippi nell'affidarsi ai reduci del 2006, che sembrano sempre più vecchi e, comunque, ormai provati da mille battaglie: tutto ciò, anche ben oltre l'evidenza, rappresentata da giovani in gran spolvero come Giuseppe Rossi - ancora utilizzato come semplice alternativa ai titolari - e da altri giocatori di talento (Cassano) ignorati per motivi chiaramente extratecnici.

domenica 14 giugno 2009

l'aurelio furioso

Di Diego Del Pozzo

Di calcio probabilmente non capisce un granché. Però, è indubbio che Aurelio De Laurentiis, da tycoon del cinema qual è, possieda un innato fiuto per la comunicazione e, soprattutto, un talento naturale nel cogliere gli umori e i desideri dell'italiano medio e trasformarli in "sogni" di successo, come per esempio i suoi film nei quali dà a quegli umori e a quei desideri i connotati arci-nazional-popolari di Christian De Sica.Perché questa premessa? Molto semplice: per commentare la geniale - e per nulla casuale - esternazione con la quale il presidente del Napoli ha messo fine, l'altra sera, al "Caso Lavezzi". Ebbene, come un fulmine a ciel sereno "L'Aurelio Furioso" s'è scagliato contro il Pocho, rompendo un silenzio di oltre un mese e rispondendo alle accuse - per la verità, piuttosto campate in aria - degli sprovveduti procuratori del calciatore argentino: "Lavezzi ha un contratto che deve rispettare - ha caricato don Aurelio - e non può fare o chiedere proprio niente di niente. Noi non possiamo certo ridiscutere ogni sei mesi contratti già firmati e generosamente adeguati. E poi, non abbiamo mai ricevuto offerte per il giocatore, né Marino gli ha fatto promesse di ulteriori aumenti: se s'impunterà, dunque, lo deferiremo e poi non giocherà, rischiando di rovinare la sua carriera. Posso anche decidere di tenerlo fermo per due anni. I giocatori possono essere premiati, ma se fanno qualcosa: e il Napoli quest'anno non ha fatto niente. Niente. Tra l'altro, se uno, come Lavezzi, fa l'atleta professionista deve imparare a comportarsi come tale: deve fare vita da atleta e di notte non fare baldoria, bere o andare a puttane. Così facendo, infatti, Lavezzi ha tradito se stesso, ma anche i compagni, la società e, in definitiva, l'intera città".
Con questa unica mossa, violenta e inattesa, Aurelio De Laurentiis ha rovesciato completamente il senso e le prospettive di questa antipatica vicenda a totale favore della sua società. Innanzitutto, ha alienato a Lavezzi anche le residue simpatie che ancora raccoglieva tra i tifosi napoletani dopo la fuga in Argentina ("Ha tradito..."), costringendolo a cospargersi il capo di cenere al momento del rientro in Italia e, magari, a comportarsi davvero in modo più consono a un atleta. Poi, ha ricordato a calciatore e procuratori una elementare regola di mercato: gli adeguamenti dei contratti si richiedono, eventualmente, quando li si è meritati facendo il proprio dovere sul campo di gioco. Infine, ha costretto il Pocho - ed è notizia di oggi - a passare immediatamente a posizioni più concilianti ("Nessuno ha mai detto che Lavezzi non si presenterà in ritiro", ha fatto sapere oggi, dall'Argentina, uno dei suoi procuratori, smentendo clamorosamente la posizione tenuta fino al giorno prima).
Dunque, per De Laurentiis si profila un successo su tutta la linea. Proprio come quando realizza i suoi cosiddetti "cine-panettoni".
Ps: Nel frattempo, presidente e direttore generale degli azzurri continuano a essere impegnatissimi nelle operazioni di rafforzamento della squadra, in vista della prossima stagione. Così, dopo Fabio Quagliarella, Luca Cigarini e Hugo Campagnaro, De Laurentiis ha promesso numerosi altri acquisti: in particolare, "due portieri, un difensore, due esterni, un centrocampista e due attaccanti". Insomma, in casa Napoli è vera e propria rivoluzione.

sabato 13 giugno 2009

la breve epopea del saarland

di Stefano Olivari

Qualche giorno fa abbiamo citato la nazionale del Saarland, la cui storia è affascinante al di là del fatto che noi la si conosca solo per merito del suo esponente più famoso: Helmut Schoen (qui sotto, nella foto), proprio il c.t. tedesco di quattro Mondiali (1966, 1970, 1974 e 1978), che guidò il piccolo 'stato' alle qualificazioni per Svizzera 1954 arrivando addirittura a giocarsi il paradiso all'ultima partita contro la Germania Ovest di Sepp Herberger.
Il Saarland come entità indipendente di fatto non è mai esistito: prima protettorato creato dal Trattato di Versailles, in seguito annesso alla Germania nazista, poi alla fine della guerra di nuovo protettorato. Ma dal 1950 al 1956 fu affiliato alla Fifa come entità a sé stante: sulla carta non proprio una squadra materasso alla San Marino, ma una nazionalina che poteva contare di fatto sui giocatori del Saarbrucken.
Comunque, la squadra di Schoen - da attaccante del Dresda stella del calcio di Germania durante la guerra - aprì il suo girone di qualificazione a tre (solo la prima sarebbe passata) con una incredibile vittoria in trasferta, tre a due alla Norvegia. Rimonta da zero a due ma non in eroica inferiorità numerica come è scritto in un libro ed ovviamente su Wikipedia: vigeva, infatti, la regola che un infortunato potesse essere sostituito prima dell'intervallo, e così fu. Nella partita successiva del girone la Germania Ovest riuscì, sempre contro la Norvegia in trasferta, solo a pareggiare... Il Saarland era in testa! Il primo degli scontri diretti fu stravinto da Herberger (tre a zero), la squadra di Schoen riuscì poi a strappare uno zero a zero casalingo alla Norvegia che qualche giorno dopo sarebbe stata asfaltata ad Amburgo dai futuri campioni del mondo. L'ultima partita vedeva ancora teoricamente in corsa il Saarland (che avrebbe dovuto vincere di goleada), ma ormai le misure erano state prese e prevalse la Germania Ovest 3 a 1 in una Saarbrucken che chiedeva di tornare tedesca a tutti gli effetti (così sarebbe stato, due anni e rotti dopo): protagonista il grande Max Morlock.
Herberger fu così colpito dallo spirito degli avversari che quando il Saarland sparì volle a tutti i costi Schoen come secondo, preparando una successione che si sarebbe verificata nel 1964.

venerdì 12 giugno 2009

l'ingordigia del real madrid

Di Diego Del Pozzo

Dopo Kakà anche Cristiano Ronaldo! Ormai, l'ingordigia del Real Madrid (qui a lato, il logo ufficiale del club) sembra non avere più limiti, dato che nel giro di una sola settimana il neo-presidente merengue Florentino Perez ha già speso 67 milioni di euro per l'asso brasiliano del Milan e addirittura 93 per quello portoghese del Manchester United. E tutto ciò in periodo di crisi economica globale!
Cosa sta succedendo, dunque, al mercato calcistico europeo e, conseguentemente, mondiale, in una estate che si preannuncia ancora ricca di possibili colpi di scena?
Dopo l'era dei Galacticos della prima presidenza di don Florentino, il Real aveva scelto una strada di - relativa - maggiore sobrietà per allestire squadre comunque piene di campioni e a modo loro vincenti e dominanti, pur senza esibire la medesima spettacolare grandeur galactica, naturalmente. Così, negli ultimi anni, lo scettro di "re" delle spese pazze di Calciolandia era stato conquistato dall'oligarca russo Roman Abramovich, che in questo campo specifico aveva sgominato la concorrenza, contribuendo massicciamente a fare della Premier League frequentata dal suo Chelsea il campionato più ricco e desiderato del pianeta.
Ebbene, dall'estate 2009 non è più così, con la Liga che mette la freccia e sorpassa, con enorme decisione e impudica irriverenza, la massima serie inglese, soprattutto per quanto concerne il vertice dei rispettivi movimenti: quello, cioè, che veste i colori del Barcellona stellare "campione di tutto" e del Real Madrid neo-galactico di don Florentino.
Ma, da oggi in poi, nonostante le sempre più vacue e sterili grida di Platini contro il "doping finanziario", come si farà a gestire correttamente un mercato (fanta)calcistico nel quale persino i vicecampioni d'Europa del Manchester United accettano di vendere il proprio miglior giocatore (nonché miglior calciatore del campionato di appartenenza dei
Red Devils) e dove un ristrettissimo gruppuscolo di club può permettersi di tutto e di più, persino al di là delle proprie reali limitazioni di bilancio, vivendo di fatto in un altro universo rispetto al resto del movimento? Sarà ancora possibile assistere a campionati caratterizzati da un minimo di equilibrio e interesse? E il pubblico, sia televisivo che da stadio, accetterà di buon grado, oltre a "picchi" qualitativi che diventano di ora in ora sempre più circensi, di sorbirsi uno spettacolo dal finale sempre più "già scritto"?
Per essere ancora più chiari: immaginate un appassionato di basket Nba che preferisce nove mesi di esibizioni degli Harlem Globetrotters alle emozioni di un reale - e combattuto - campionato con regole uguali per tutti e, almeno sulla carta, medesime possibilità di vincerlo da parte di tutte, o quasi, le squadre partecipanti. Negli Stati Uniti degli sport professionistici hanno riflettuto anni fa su questo paradosso. Bisognerebbe iniziare a farlo, seriamente, anche nell'Europa del calcio che conta.

giovedì 11 giugno 2009

l'avvocato, junior e pablo: i tre "saggi" di lavezzi


C'è un interessante articolo di Francesco De Luca nelle pagine sportive dell'edizione odierna del quotidiano napoletano Il Mattino: si tratta di un dettagliato profilo dei famigerati procuratori argentini che, in queste ultime settimane, hanno alimentato ad arte la frattura tra il Napoli ed Ezequiel Lavezzi (qui sotto, nella foto, con Pierpaolo Marino quando le cose tra i due andavano meglio). Ecco, qui di seguito, l'articolo. (d.d.p.)
----------------------------------------------------------------------------
L'avvocato, Junior e Pablo: i tre "saggi" di Lavezzi
Di Francesco De Luca (Il Mattino - 11 giugno 2009)
Jorge Cyterszpiler e Guillermo Coppola. Sono stati il primo e l'ultimo manager di Diego Armando Maradona da calciatore. Cyterszpiller creò agli inizi degli anni '80 l'agenzia "Maradona Producciones" per le attività pubblicitarie del campione. Coppola obbligò Ferlaino a ricomprare il cartellino di Maradona per 6 milioni di dollari, alla scadenza del contratto. A modo loro, due geni. A distanza di anni il Napoli si sta scontrando con altri procuratori argentini: Eduardo Luis Rossetto e Alejandro Mazzoni, i manager di Lavezzi, e Pablo Cosentino, l'agente Fifa latore di un'offerta del Liverpool, smentita dagli inglesi e mai arrivata a Castelvolturno.
Rossetto, 53 anni, avvocato, ha cominciato la carriera come consulente di procuratori e calciatori. Collaborava con Marcelo Simonian finché il potente manager non si trovò in difficoltà. Ha conosciuto il Pocho quando aveva 16 anni e giocava nella Liga Rosarina. Lo ha coccolato e consigliato, scortandolo fino a Napoli con Cyterszpiller e Cosentino. Su quella operazione alcuni soci del San Lorenzo hanno sollecitato un'inchiesta: tra i soldi usciti dalle casse dell'ex club di Lavezzi 650mila euro per la consulenza dell'agente Fifa Cosentino. Fisico e volto da attore, 39 anni, Pablo è noto nel mondo del calcio e in quello del gossip: nella primavera 2008 ha sposato la fotomodella Daniela Urzì. Amico di Maradona, venne interrogato dalla polizia uruguaiana quando l'ex campione del Napoli rischiò la vita per overdose di cocaina a Punta del Este, gennaio 2000: Cosentino e Coppola erano in vacanza con lui. Il nome del procuratore è emerso anche nei giorni di Calciopoli, quando il patron del Genoa, Enrico Preziosi, dichiarò ai carabinieri di aver versato 800mila euro "divisi tra Alessandro Moggi e Cosentino" su un conto corrente inglese dopo la mediazione per Diego Milito e Lucas Rimoldi, dicembre 2004.
Rossetto ha un socio: Alejandro Mazzoni, 42 anni, detto Junior. Parla bene l'italiano e forse per questo si è esposto più dell'avvocato, con cui gestisce l'agenzia "Oro Azzurro" (Lavezzi la stella, poi una serie di giovani promesse), quando è cominciato il braccio di ferro con il Napoli. Sua l'idea di far scrivere una lettera a Lavezzi prima di fuggire in Argentina. Sue le parole dure, alcune volgari ("Ha fatto schifo"), indirizzate a Marino. Nello scorso novembre Rossetto e Mazzoni, sollecitati da Lavezzi, avevano cominciato a chiedere l'aumento di stipendio al Napoli e contemporaneamente a contattare intermediari italiani e stranieri: Ernesto Bronzetti, il francese Frédéric Guerra, Cosentino, che negli spogliatoi di Catania parlava e scherzava con il Pocho. Da un lato, i contatti per far cambiare maglia al giocatore, pensando di arricchirlo. Dall'altro, gli incontri con Marino per ottenere più soldi. Nel frattempo i due procuratori avrebbero collaborato con il Napoli da "agenti Fifa", secondo quanto dichiarato da Mazzoni (lui non risulta in quell'albo), per il trasferimento di Datolo dal Boca Juniors.
Il braccio di ferro prosegue tra contraddizioni. I procuratori assicurano che il Pocho vuole restare ma aggiungono che il Napoli deve incontrare il club ("fantomatico", secondo Marino) che vuole acquistarlo per cederlo.

"caso lavezzi": la risposta del napoli

Di Diego Del Pozzo

Dopo giorni di silenzio, per non alimentare ulteriori polemiche, il Napoli prende ufficialmente posizione sulla fuga in Argentina di Ezequiel Lavezzi e sulle accuse dei suoi procuratori nei confronti della società azzurra. La risposta è affidata al direttore generale Pierpaolo Marino, che parla sul sito ufficiale del Napoli.
Ecco quanto dichiarato da Marino: "Lavezzi ora si deve godere le vacanze, che lui regolarmente anticipa. Quando finiranno ne sapremo di più sulla situazione. Il Napoli attraverso canali ufficiali non ha mai ricevuto richieste per Lavezzi, quindi è stato montato un caso. Noi che siamo i titolari del suo contratto non l'abbiamo mai messo sul mercato. A Lavezzi dico di godersi le vacanze. Noi invece dobbiamo pensare a costruire una grande squadra dove Lavezzi non si deve sentire undici undicesimi della squadra".
Poi, il direttore generale azzurro fa un opportuno passo indietro: "Faccio una premessa: a chi sta cercando di mettermi contro Lavezzi ricordo che ho avuto io il coraggio di riportarlo in Italia dopo che era stato bocciato dal Genoa. E all'inizio sono stato sempre io che l'ho difeso e aiutato contro lo scetticismo generale. A gennaio si è verificata la stessa situazione di adesso, mi sono state prospettate le stesse fantomatiche richieste". Richieste definite "fantomatiche" in quanto dimostratesi, poi, assolutamente inesistenti, a partire da quella - tanto sbandierata dagli agenti del Pocho - da parte del Liverpool, costretto a una smentita ufficiale con tanto di lettera su carta intestata del club a firma del manager Rafa Benitez.
In chiusura, Pier Paolo Marino ne ha pure per Hamsik, anche se il suo obiettivo sembra essere sempre Lavezzi: "Marek è un ragazzo straordinario - conclude, infatti, il direttore - e ha anche procuratore serio".

mercoledì 10 giugno 2009

pensiero della settimana: la corsa all'oro

Di Diego Del Pozzo

Il 99,99% di José Mourinho ha innescato un'autentica "corsa all'oro" in casa Inter, con possibili effetti negativi per le comunque floride finanze del presidente nerazzurro, Massimo Moratti, non a caso chiuso in un silenzio innaturale (per lui) da diversi giorni.
Dopo l'allenatore, infatti, hanno "bussato a soldi" Ibrahimovic e Maicon, minacciando apertamente di andar via senza adeguamento contrattuale.
Anche di questo, dunque, l'Inter e i suoi dirigenti dovranno ringraziare lo strapagato tecnico lusitano...

martedì 9 giugno 2009

mondiale 2010: le qualificazioni africane

Di Filippo Maria Ricci
(La Gazzetta dello Sport - 7 giugno 2009)

Il Camerun pareggia 0-0 col Marocco e vede impennarsi di fronte a sé un innevato gran premio della montagna da superare per arrivare al mondiale sudafricano.
leoni domati — Dopo due turni i Leoni sono tutt'altro che Indomabili: hanno rimediato appena un punto e nonostante la presenza di Samuel Eto'o non sono riusciti a segnare nemmeno un gol. All'esordio il Camerun ha perso 1-0 col Togo sul neutro di Accra (Ghana) e questo pomeriggio a Yaounde la squadra affidata per la prima volta a Thomas N'Kono non è andata oltre lo 0-0 col Marocco, a sua volta in difficoltà. La nazionale allenata dall'unico c.t. campione d'Europa e d'Africa, il francese Roger Lemerre, dopo aver perso nel primo turno in casa col Gabon ha un punto come il Camerun.
ultimo treno — Le Pantere sono la vera sorpresa di queste qualificazioni mondiali. La nazionale guidata da Alain Giresse viaggia a punteggio pieno e in due turni ha rimediato 5 punti di vantaggio sui ben più accreditati avversari. Il 20 giugno prossimo a Libreville passerà l'ultimo treno direzione Johannesburg a disposizione del Camerun, ma non sarà facile prenderlo: Eto'o e compagni devono battere il Gabon che in casa sinora nelle qualificazioni mondiali ha vinto 4 gare su 4 senza incassare un solo gol.
senza frecce — A Yaounde N'Kono ha puntato su un mix tra la vecchia guardia, rispolverando Wome, 5 gare nel 2009 col Colonia, e confermando Song e Geremi oltre a Eto'o e Kameni, e alcuni giovani Leoni quali Alo'o Efoulou, Enoh, N'Koulou e Chedjou, con alcune mosse bizzarre: Chedjo, che a Lilla fa il centrocampista difensivo, è stato schierato come esterno sinistro. Il risultato è stata una gara con pochi tiri e pochissime emozioni, su tutte un tiro a lato di El Hamdaoui e un colpo di testa di M'Bia al 95'. Piangono tutti i Leoni, Indomabili e dell'Atlas, ridono le Pantere.
doppio obinna — La Nigeria dimentica il sorprendente pari con il Mozambico e pur con qualche patema batte il Kenya, già sconfitto dalla Tunisia. Le Super Aquile vincono 3-0 con rete lampo di Kalu Uche (il più vecchio dei due fratelli, quello del Getafe) e doppietta dell’interista Victor Obinna (nella foto in alto), subentrato al 55’ a Eneramo, centravanti dell’Esperance di Tunisi schierato a sorpresa da Amodu. Il c.t. nigeriano ha lasciato in panchina Kanu e ha lanciato altri giovani emergenti quali Adeleye (Sparta), Echiejile (Rennes), ha ripescato il 30enne del Leeds Sam Sodje e ha confermato dopo il debutto nell’amichevole vinta con la Francia il centrocampista del Fulham Etuhu che dopo una lunga battaglia ha ottenuto dalla Fifa il permesso di giocare con la Nigeria. Dopo il gol di Uche al 2’ il Kenya prima dell’intervallo grazie all’ottima guida del parmense Mariga ha colpito la traversa e ha avuto almeno 3 occasioni per pareggiare con Oliech, giocando bene e mettendo in difficoltà i padroni di casa.
cambi azzeccati — Amodu si è attivato e all’inizio della ripresa Etuhu ha lasciato il posto a "King" Kanu, che con la nazionale gioca a centrocampo. Il gioco della Nigeria è migliorato e quando Obinna ha preso il posto dello spaesato Eneramo la gara è cambiata definitivamente: l’interista ha segnato la prima rete su rigore al 73’ raddoppiando 5 minuti dopo con un missile spettacolare. La Nigeria insegue la Tunisia a -2 e il 20 giugno è attesa nella capitale nordafricana per il primo matchpoint del gruppo B. Il Kenya resta a 0 punti.
un altro gol "italiano" — Colpo d’autorità del Ghana che con tantissimi assenti (Muntari e il capitano Appiah i più noti) passa a Bamako battendo il Mali 2-0. Le Stelle Nere viaggiano a punteggio pieno e salvo cedimenti clamorosi hanno grandi chance di arrivare in Sudafrica per il secondo mondiale consecutivo. Nel Mali il c.t. nigeriano Keshi, sempre senza il capitano e madridista Diarra, ha dovuto fare a meno dello juventino Sissoko ma poteva contare tra gli altri sul campione d’Europa Seydou Keita, su Kanoute e sul romanista Diamoutene. Il c.t. serbo del Ghana Rajevac dopo la buona prestazione col Benin ha confermato il ventenne dell’Udinese Kwadwo Asamoah e il ragazzo lo ha ripagato col gol che al 67’ ha sbloccato la gara. Dodici minuti più tardi è arrivato il raddoppio di Matthew Amoah. Per Asamoah, che col Benin aveva debuttato in nazionale, si tratta del primo gol con le Stelle Nere che ora hanno 3 punti di vantaggio sul Benin e 5 su Mali e Sudan, prossimo avversario del Ghana.
scoiattoli in corsa — Primi punti per il Benin che a Cotonou ha battuto 1-0 il Sudan grazie a un gol del suo attaccante migliore, Razak Omotoyossi, al 22’ con la complicità del portiere sudanese El Moez. La partita è stata nel complesso decisamente noiosa. Nel primo turno il Benin aveva perso in Ghana mentre il Sudan aveva fermato sul pari il Mali.
elefanti concreti — Al termine di una gara divertente la Costa d’Avorio come da tradizione passa a Conakry battendo 2-1 la Guinea. La nazionale che rappresenta il sogno di mezz’estate (la prossima) di Carlo Ancelotti schiera tutti i suoi pezzi grossi, da Drogba ai fratelli Toure, da Eboue e Kalou e poi Romaric, Zokora, Baky Kone e per la Guinea di Nouzaret le cose si fanno complicate. Dopo due occasioni dei locali sprecate da Sambegou e Ismael Bangoura Elefanti in vantaggio col piccolo Bakary Kone al 45’ su servizio di capitan Drogba. Il pari di Sambegou Bangoura arriva venti minuti dopo aiutato dall’allegria della difesa ivoriana, la rete decisiva del sivigliano Romaric al 77’ dopo una bell’azione di Eboue sulla destra. Nel finale Feindouno sfiora il pari, Bakary Kone il 3-1. La Costa d’Avorio guida il Gruppo E con il Burkina Faso e tra due settimane dovrà andare a Ouagadougou a sfidare gli Stalloni, la squadra che più segna in queste qualificazioni africane.
chiusura col botto — Il weekend africano si è chiuso con una grande sorpresa. Nel derby nordafricano l’Algeria ha battuto 3-1 l’Egitto, campione nelle ultime due edizioni della Coppa d’Africa. Per i Faraoni nulla è perduto visto che nella prima giornata nel Girone C c’erano stati due pareggi, ma la partenza (esordio con un 1-1 casalingo con lo Zambia) non è davvero delle migliori e un gruppo che per l’Egitto sembrava più che abbordabile si è trasformato in una specie di calderone. Hassan Shehata ha lasciato a casa l’intemperante Mido ma a Blida, terreno tradizionalmente ostile per gli egiziani, aveva tutti i suoi pezzi da novanta: Aboutrika, Zaki, Zidan, Shawki, Ahmed Said. L’Algeria, che nel primo turno aveva fatto 0-0 in Ruanda, ha sorpreso i campioni d’Africa con una gara elettrrica e un secondo tempo brillante.
ghezzal-gol — Dopo che un colpo di testa di Matmour era stato salvato sulla linea da Ahmed Said al 48’, tra il 60’ e il 77’ sono andati a segno lo stesso Matmour, 3 reti in 34 partite col Borussia Monchengladbach quest’anno, il senese Ghezzal di testa e il centravanti dell’Aek Djebbour lanciato da Ziani. Nel finale la rete di Aboutrika. Le Volpi del Deserto si portano in testa al girone con lo Zambia, che sfideranno fuori casa il 20 giugno. L’Egitto avrà modo di rifarsi ospitando il Ruanda, ma solo il 5 luglio: prima per i Faraoni c’è la Confederations Cup in Sudafrica.

lunedì 8 giugno 2009

brian clough a leeds secondo luca manes


In attesa di pubblicare, nei prossimi giorni, la mia recensione del bellissimo libro di David Peace Il maledetto United, dedicato all'incubo sportivo ed esistenziale dei 44 giorni trascorsi dal grande Brian Clough come manager del suo odiato Leeds United, mi piace riproporre, qui di seguito, un bel profilo dello stesso Clough, scritto da Luca Manes e tratto dal suo blog. (d.d.p.)
--------------------------------------------------------------------------
Di Luca Manes (UK Footy - 5 giugno 2009)
Sono stati 44 giorni d'inferno, quelli di Brian Clough alla guida del Leeds United. Era il lontano 1974, ma sembra solo l'altro ieri, grazie all'acclamato libro Damned United di David Peace - astro nascente delle letteratura britannica -, da cui hanno tratto anche un film di buon successo al botteghino a Londra e dintorni.
Clough, ahimè, non c'è più dal 2004, mentre il Leeds langue nella terza serie del calcio inglese, dove è stato eliminato nei play off dagli odiati nemici del Millwall. Trentacinque anni fa, però, il buon Brian era uno dei tecnici più ambiziosi e di successo del Regno mentre il team dello Yorkshire si era appena laureato campione d'Inghilterra per la seconda volta in cinque anni. Il problema era che oltre alle doti tecniche - che senza dubbio giocatori del calibro di Billy Bremner e Norman Hunter avevano in abbondante quantità - i Whites usavano fin troppo spesso scorrettezze e mezzucci più da squadra sudamericana che inglese. Colpa della gestione del manager precedente, quel Don Revie passato nel luglio del 1974 alla panchina della nazionale dei Tre Leoni? Abbastanza probabile.
O almeno così la pensava Clough che, reduce da un brillante periodo al Derby County, raccolse la sfida di sostituire il da lui mai troppo amato Revie provando subito a mettere in chiaro le proprie idee riguardo al suo predecessore. Peace ci narra di un primo faccia a faccia con i giocatori a dir poco esplosivo, in cui il tecnico accusava sostanzialmente i suoi nuovi dipendenti di aver vinto il campionato in maniera sporca. "Potete buttare le vostre medaglie nel secchio della spazzatura, perché le avete ottenute imbrogliando" è la frase che gli viene attribuita dagli storici del football. Lo spogliatoio, ovviamente, andò subito sul piede di guerra. Il conflitto, durissimo e senza quartiere crebbe in modo esponenziale, alimentato dai cattivi risultati del Leeds sul campo da gioco.
Clough passò una sfilza di notti insonni a ingurgitare alcool - viziaccio che si portava dietro dai tempi di quando giocava centravanti di sfondamento a Sunderland - e fumare una sigaretta dopo l'altra. "Non c'era nulla di preordinato, non mettemmo in atto nessun piano per cacciare l'allenatore. Certo, non ci sentivamo a nostro agio, mentre con Revie eravamo tutelati e per questo davamo il 100 per cento": così ha dichiarato di recente al Guardian Peter Lorimer, fantasioso centrocampista scozzese e tra le punte di diamante di quella squadra bella e dannata. Sia come sia, il regno di Clough all'Elland Road terminò bruscamente dopo soli 44 giorni, con la compagine dello Yorkshire in piena zona retrocessione e i tifosi infuriati. Roba da mandare in fumo una carriera.
E invece Cloughie, come lo chiamavano gli amici, decise di rincominciare tutto dal Nottingham Forest, ovvero i rivali storici del Derby. Forse dopo l'esperienza al Leeds il passaggio al "nemico" delle East Midlands dovette sembrargli una cosa da niente. Come è andata a finire nella città di Robin Hood lo sanno forse tutti gli appassionati di calcio dai trentacinque anni in su: il Forest vinse un campionato da neopromossa e due Coppe dei Campioni consecutive. Possiamo solo immaginare il piacere che deve aver provato il nostro Brian ad alzare quel trofeo che nel 1974-75 i "dannati" avevano solo sfiorato, perdendo in modo molto controverso la finale con il Bayern Monaco di Gerd Muller e Franz Beckenbauer.
Spirito libero, dotato di una innata vis polemica e di una sportività da vero britannico, Clough divenne nell'arco di pochi anni una vera icona non solo per i fan del Nottingham, che lo idolatravano, ma anche per tutto il movimento del football inglese. Dopo 18 anni al timone della squadra, nel 1993 si ritirò, anche a causa del suo fisico ormai compromesso dall'abuso di alcool, oltre che dalla delusione patita per la retrocessione del suo amato club. Ora il testimone è passato al figliolo Nigel, prima attaccante di buone qualità al Forest e al Liverpool e ora, ironia della sorte, tecnico del Derby County.
Chissà, forse tra qualche anno lo vedremo sulla panchina del Nottingham, dove proverà a ripetere le imprese del padre. Un compito veramente improbo.

domenica 7 giugno 2009

finalmente adesso si può parlare

Di Diego Del Pozzo

Bene! Finalmente, i seggi elettorali sono chiusi e gli italiani - come gli altri cittadini europei - hanno espresso il loro voto. Dunque, domani Kakà sarà ufficialmente venduto dal Milan al Real Madrid.
Ovviamente, soltanto dopo aver parlato a telefono - a meno che non voglia raggiungerlo, un attimo, nel ritiro della nazionale brasiliana - col presidente dei rossoneri, che per inciso è anche il presidente del Consiglio italiano, il leader del principale partito politico del Paese e tante altre cose. Dalla conversazione tra i due emergerà, sicuramente, la voglia del calciatore brasiliano di confrontarsi con nuove sfide e l'impossibilità da parte dei vertici milanisti di trattenerlo contro la sua volontà. Si accettano scommesse.
Finalmente, dunque, domani anche i tifosi del Milan saranno messi a conoscenza di una verità che tutta Europa conosce già da diversi mesi: non si può andare al Manchester City se tu e la tua società avete già chiuso un preaccordo col futuro presidente del Real Madrid... Tutto il resto è fiction...

sabato 6 giugno 2009

la nazionale dei non giovani / 1

Di Diego Del Pozzo

Grande entusiasmo, da parte dei commentatori di regime, per la travolgente prestazione dell'Italia semi-sperimentale di Marcello Lippi contro le riserve delle riserve dell'Irlanda del Nord, nota potenza calcistica mondiale.
Devo dire che, comunque, la sgambatura è stata persino divertente, con azioni veloci, tocchi di prima e inevitabile bombardamento verso la porta del malcapitato quarto portiere nordirlandese (che ha anche parato un rigore a Pazzini). Il risultato finale di 3-0 poteva anche essere più rotondo.
La cosa che, però, mi ha colpito di più della serata pisana, al di là del positivo esordio del diciottenne Santon, è stata la presenza tra le file della nazionale italiana di tanti giocatori arrivati alla ribalta in età calcisticamente piuttosto avanzata dopo tanta gavetta nelle serie inferiori e/o con squadre di club assolutamente lontane dall'eccellenza europea, con conseguente mancanza di esperienza a quel livello. Esperienza che potrà fare la differenza in una manifestazione come il Campionato del Mondo, dove ti confronterai - per ripetermi - con l'eccellenza europea e mondiale.
Certo non possiamo pensare di andare a vincere nuovamente un Mondiale puntando su Gamberini, Legrottaglie, Mascara, Foggia (nella foto in alto), Pellissier, Palombo, Biagianti, Pepe, De Sanctis e compagnia cantante. Soprattutto se i vari Mascara e Foggia vengono convocati apposta per fare un dispetto ad Antonio Cassano, al cui posto mi sentirei leggermente preso per il culo da parte del nostro ineffabile commissario tecnico.

venerdì 5 giugno 2009

il caos

Di Diego Del Pozzo

Che sta succedendo nel calcio italiano? Il mercato è appena all'inizio, eppure la tensione è già altissima e, soprattutto, il caos regna sovrano: tutti sostituiscono tutti, nessuno conferma nessuno, non salva il posto nemmeno chi ha ottenuto risultati concreti e ha meritato sul campo la riconferma.
In ordine sparso: il Milan ha venduto Kakà al Real Madrid (in realtà, già da qualche mese), l'Inter e Ibrahimovic stanno per separarsi da campioni d'Italia, Lavezzi è fuggito da Napoli e dal Napoli e minaccia ridicoli ritiri dal calcio giocato, allenatori come Delio Rossi e Walter Mazzarri - nonostante i risultati di prestigio ottenuti nelle rispettive piazze - rischiano di restare disoccupati, l'ex tecnico del Catania (Zenga) va ad allenare il Palermo scatenando rivolte di piazza, l'ottimo Giampaolo non allenerà più il Siena e nessuno sa perché, Ballardini cambia la terza squadra in tre anni nonostante l'ottimo lavoro svolto ovunque, Lippi continua a non convocare Cassano in nazionale preferendogli persino l'onesto Mascara, il Genoa fa tornare in Italia il "bidone" Quaresma pagando addirittura dieci milioni di euro per la comproprietà.
Insomma, un gran casino sotto il cielo... E lo scorso campionato è finito da meno di una settimana...

giovedì 4 giugno 2009

italia: una maglia anni trenta


La nazionale italiana giocherà la Confederations Cup, in programma nei prossimi giorni in Sudafrica, con una nuova maglia di un azzurro più tenue, realizzata per omaggiare esplicitamente quella della squadra bicampione del mondo negli anni trenta (1934 e 1938). Eccola:

quagliarella è già nel presepe napoletano


Fabio Quagliarella già con la maglia del Napoli: lo ha plasmato un artigiano di San Gregorio Armeno, Genny Di Virgilio. Il giocatore è accanto ai compagni di squadra Lavezzi e Hamsik e al presidente Aurelio De Laurentiis (foto Ciro Fusco - Ansa).

mercoledì 3 giugno 2009

pensiero della settimana: vuole andar via

Di Diego Del Pozzo

Al Milan sta succedendo qualcosa di strano, con la partenza di Carlo Ancelotti per Londra che sembra aver innescato un vero e proprio "effetto domino".
In particolare, colpisce la velocità con la quale i dirigenti rossoneri si sono letteralmente fiondati a Madrid per vendere Kakà - cioè il loro miglior giocatore - al Real di Florentino Perez. Soprattutto, però, colpisce - come sempre, in un club sempre attento all'immagine - il "giochetto" col quale i vertici societari stanno cercando di scaricare la responsabilità della cessione direttamente sulle spalle del giocatore, credo per non inimicarsi in maniera definitiva una piazza già piuttosto turbolenta.
Comunque, sabato e domenica in Italia si va al voto europeo e amministrativo. Così, magari, da lunedì si saprà qualcosa di più preciso anche sul "Caso Kakà"...

martedì 2 giugno 2009

lacreme napulitane

Di Diego Del Pozzo

Storie di onore ferito e di dignità offesa sotto al Vesuvio: ma, in realtà, si litiga per i soldi e nient'altro. Senza aspettare nemmeno ventiquattr'ore dal termine del campionato, dunque, il "Pocho" Lavezzi, consigliato dai suoi rapaci procuratori, ha fatto deflagrare la "bomba", scappando via dalla città che, nonostante le delusioni di questi mesi, lo aveva eletto a suo nuovo idolo. E lasciando ai propri tifosi (affranti?) una lettera, scritta a mano e in stampatello, degna della più trash tra le sceneggiate cinematografiche di Mario Merola.
Poiché il testo di questa lettera "strappacore" merita di essere conosciuto integralmente e magari meditato, lo riporto qui di seguito: "Scrivo questa lettera ai tifosi che mi sono sempre stati vicino e che mi hanno dimostrato anche domenica il loro affetto. È un momento difficile e spero che presto la situazione si chiarisca tanto per voi quanto per me. L'unica cosa certa è che un giorno non ci saranno più nè Lavezzi nè Marino, ma resterà soltanto questa grande squadra e questa immensa città semplicemente perché il Napoli non è di nessuno, rappresenta la sintesi del sentimento della dignità dei suoi tifosi. Oggi io devo soltanto scegliere tra la dignità e la mancanza di rispetto, fedele alla educazione ricevuta scelgo senza dubbio la dignità". Mammamia! Finalmente, un uomo che sceglie la dignità! Ci manca solo il passaggio sui figli che sono "piezz' 'e core" e quello sulla "donna svergugnata che m'ha tradito" e poi saremmo davvero in pieni anni Settanta meroliani.
In realtà, Lavezzi - lui sì davvero senza dignità - pretende di ridiscutere il contratto già ridiscusso e adeguato lo scorso anno (con attuale stipendio pari a un milione e trecentomila euro annui), nonostante il disastro tecnico prodotto da lui e dai suoi compagni nel corso del campionato appena concluso, col Napoli che nel girone di ritorno ha chiuso all'ultimo posto in classifica con soli tredici punti (compresi i tre regalati dal finto Chievo all'ultima giornata) e con lui che, da seconda punta, ha confermato la propria allergia al gol, siglandone soltanto sette lungo un intero campionato, in realtà da lui giocato soltanto fino a dicembre. Ora, se un calciatore gioca come sa per soli quattro mesi, invece che per l'intera stagione agonistica, non credo possa poi avanzare pretese nei confronti della società che lo ha regolarmente stipendiato per un anno intero: anzi, forse dovrebbe lui restituire qualcosa, quantomeno in termini di disponibilità e condivisione di un progetto tecnico.
Certo, se davvero vi fosse questa fantomatica offerta del Liverpool, il "Pocho" potrebbe anche impuntarsi per non perdere un "treno" che, magari, per uno come lui passa una sola volta nella vita (perché, poi, vorrei vederlo il Lavezzi che conosciamo nel Liverpool...). Però, magari, pensandoci un po' prima (e, soprattutto, tenendo conto del contratto che lo lega al Napoli, al quale spetta, dunque, l'ultima parola su una sua eventuale cessione), l'attaccante argentino avrebbe potuto prendere esempio dal suo connazionale Diego Milito, anch'egli già certo di lasciare una piazza che lo ama alla follia come Genova, ma professionista fino all'ultimo secondo di una stagione conclusa con ventiquattro gol segnati e con la squadra portata di peso al quinto posto e alla conseguente qualificazione in Europa League. E' ovvio che, così, la società abbia acconsentito alla legittima aspirazione del giocatore di andare a confrontarsi in una piazza più prestigiosa (Inter) e sul palcoscenico della Champions League.
Il comportamento di Lavezzi nella vicenda che lo riguarda, invece, è stato esattamente di segno opposto, caratterizzato da scarsa professionalità e disponibilità. Non si capisce perché, allora, il Napoli dovrebbe accontentarlo e, non avendo pressanti esigenze di monetizzare, interrompere il contratto con l'argentino prima della naturale scadenza.
Adesso, dunque, il rischio di un "braccio di ferro" tra giocatore e società diventa concreto. Ma proprio questo può essere un buon banco di prova per capire se dietro il "fumo" di tante dichiarazioni presidenziali - "Con De Laurentiis i contratti si rispettano alla virgola...", ha più volte dichiarato don Aurelio - vi sia "l'arrosto" di un comportamento conseguente.

lunedì 1 giugno 2009

il week-end in cinque punti

Di Diego Del Pozzo

Il week-end calcistico appena terminato ha fornito numerosi spunti di un certo interesse. Qui di seguito, ne ho isolati cinque meritevoli di un approfondimento. Eccoli:
1) La Serie A ormai senza più niente da offrire - tutti sapevano che il Milan avrebbe vinto a Firenze e che il Toro sarebbe retrocesso - s'è finalmente conclusa con quella che i principali mass media hanno subito battezzato "la giornata degli addii". E in effetti un che di vero in questa definizione ci sarebbe pure, poiché con la fine di questo campionato è stata scritta la parola "fine" anche su diverse storie della nostra Serie A: Paolo Maldini (qui nella foto) ha, finalmente, appeso le scarpe al chiodo; due "senatori" come Figo e Nedved hanno detto addio, finalmente, a Inter e Juventus; Ancelotti ha, finalmente, smesso di farsi insolentire quotidianamente dal presidente del Milan nonché del Consiglio e di tante altre cose; Kakà accetterà, finalmente, la corte del Real Madrid (alla faccia dell'eterna fedeltà...); Ibrahimovic continua a "bussare a soldi" presso il suo presidente-papà e forse stavolta, finalmente, andrà via davvero (anche se nessuno lo pagherà mai come Paperone-Moratti); Diego Milito ha salutato Genova con l'ennesima doppietta; Quagliarella ha detto addio a Udine ("Ecchissenefrega!", direte voi...). Insomma, una tonnellata di melassa ha sommerso l'ultima giornata della Serie A 2008-2009. D'altra parte, era già tutto deciso e di qualcosa si doveva pur parlare e scrivere;
2) Il Bordeaux è diventato campione di Francia dieci anni dopo l'ultimo successo, interrompendo il dominio pluriennale del Lione, che non s'è nemmeno qualificato per la Champions League diretta (dovrà giocare i preliminari). Il titolo è meritatissimo e premia l'acume tattico e la maturità di un allenatore come Laurent Blanc, che s'è confermato anche in questo ruolo come l'uomo intelligente che già era quando calcava i campi di gioco. Il trionfo del Bordeaux è stato anche, o soprattutto, il trionfo di Yoann Gourcuff (sopra nella foto), autentico dominatore della stagione transalpina, premiato come miglior giocatore della Ligue 1 e, ormai, leader indiscusso anche con la maglia della Nazionale francese. Com'era ovvio, ma soltanto il Milan pensava al contrario, i Girondini hanno esercitato l'opzione di riscatto a loro favore, pagando i 15 milioni di euro ai rossoneri e acquistando definitivamente il cartellino di quello che potrebbe proporsi come il più forte centrocampista europeo dei prossimi cinque-sei anni;
3) Dopo i due spareggi con la terzultima di Bundesliga, il Norimberga ritorna nel massimo campionato tedesco, dopo un solo anno di assenza. E per gli appassionati si tratta di una bellissima notizia, poiché i rossoneri sono una tra le squadre di maggior prestigio e tradizione del calcio teutonico, secondi al solo Bayern Monaco per titoli conquistati (ben nove, oltre a quattro Coppe di Germania). Nel match casalingo di ieri, davanti ai quasi 47.000 spettatori del Frankenstadion, il Norimberga ha vinto per 2-0 (con prodezza di Christian Eigler ed ennesimo sigillo stagionale del capocannoniere Marek Mintal, qui sotto nella foto) contro l'Energie Cottbus, bissando il successo in trasferta dell'andata (0-3) e centrando così una meritatissima promozione. I rossoneri raggiungono in Bundesliga Mainz e Friburgo, già promossi al termine della stagione regolare;

4) Sempre in Germania, non si può tralasciare la vittoria del Werder Brema nella Coppa di Germania, 1-0 nella finale di Berlino contro il Bayer Leverkusen con bel gol dell'astro nascente Mesut Özil. Proprio il turco-tedesco è l'erede designato del brasiliano Diego, alla sua ultima partita con la spettacolare squadra allenata da Thomas Schaaf prima della sua partenza per Torino, sponda Juventus. Con questo successo il Werder Brema si assicura l'accesso all'Europa League (ex Coppa Uefa) anche per la prossima stagione, dopo essere arrivata in finale nell'edizione appena conclusa;
5) Una bella notizia, infine, è giunta ieri dal Brasile, dove Adriano (qui sotto, esultante, nella foto) ha "bagnato" con un gol di testa il suo esordio con l'amata maglia del Flamengo, nella vittoria per 2-1 contro l'Atletico Paranaense. L'Imperatore ha terrorizzato la difesa avversaria per tutti i 90 minuti disputati, nonostante la forma ancora precaria. E ciò può far capire quale potrà essere il suo impatto sul campionato brasiliano, una volta ritrovata la piena efficienza fisico-atletica. "Per ricominciare una nuova vita avevo bisogno di tornare a casa, vicino alla mia famiglia, respirare l'aria di Rio", ha dichiarato un Adriano di nuovo raggiante, mentre i 72.000 tifosi del Maracanà continuavano a osannarlo anche dopo il fischio di chiusura.

Bentornato Imperatore! E speriamo bene.