mercoledì 4 febbraio 2009

heleno de freitas, il "maledetto" del "fogao"

Di Diego Del Pozzo

Heleno non aveva un bel carattere, anzi. Però, era dotato di una classe immensa, di un talento purissimo che lo avrebbe potuto far ricordare universalmente come uno tra i più grandi calciatori di tutti i tempi.
Invece, il suo nome è caduto in un immeritato oblìo, tranne che per gli studiosi del calcio che fu e, naturalmente, per i tifosi del Botafogo di Rio de Janeiro, il club che per dieci anni Heleno rese grande con i suoi 204 gol in 233 partite. Per la "torcida" del "Fogao" (il nomignolo della squadra "alvinegra" brasiliana), Heleno è stato, infatti, il massimo idolo prima dell'avvento di Garrincha.
Come per altri grandi calciatori dello stesso periodo (gli anni Quaranta), sfortuna ha voluto che, a causa della Seconda Guerra Mondiale, Heleno de Freitas non abbia mai avuto la possibilità di giovarsi del palcoscenico planetario di un Campionato del Mondo, poiché i suoi anni nella nazionale verdeoro sono racchiusi nel periodo compreso tra il 1944 e il 1948: 18 presenze condite da ben 15 gol, tra i quali spiccano i 6 che lo laurearono capocannoniere della Copa America 1945, disputatasi in Cile e vinta dall'Argentina che battè in finale un Brasile schierato con l'attacco-meraviglia composto da Tesourinha-Zizinho-Heleno-Jair-Ademir.
Heleno de Freitas, nato il 12 dicembre del 1920 a Sao Joao Nepomuceno nel Minas Gerais, era un autentico artista del pallone, uno di quei giocatori che vivevano per il gol, al quale arrivava facilmente, sfruttando la naturale forza di penetrazione e il suo gioco di finte assolutamente insuperabile. In campo era elegantissimo, così come fuori dal rettangolo di gioco, dove, però, assieme alla naturale eleganza e al bell'aspetto esibiva anche bizzarrie e un carattere "rebelde" che finì, poi, per pregiudicarne la carriera. Amato dalle donne e amante del lusso e della bella vita, Heleno era laureato in legge e, fin da quando si affacciò alla prima squadra del "Fogao", divenne un "divo" assoluto dei suoi tempi.
Nonostante le caterve di gol segnati in dieci anni, col Botafogo non vinse mai nulla, anzi in quello stesso 1948 che lo vide andare agli argentini del Boca Juniors dovette sopportare "l'onta" del titolo vinto dalla sua ex squadra. La reazione fu tipica di un personaggio sempre sopra le righe. Ecco ciò che scrive il grande Darwin Pastorin, in un articolo a lui dedicato: "Heleno, furibondo, si fece ingaggiare dai rivali, quelli del Vasco da Gama. Peggio che andar di notte. Un giorno, nello spogliatoio, aggredì l'allenatore Flavio Costa, minacciandolo con una pistola scarica. Il tecnico, dopo averlo disarmato, gliele suonò di santa ragione. Heleno - prosegue Pastorin - non riuscì mai a trovare un po' di serenità. Vedeva ombre, nemici, tutto nero. Se ne andò in Colombia, nell'Atletico di Barranquilla; tornò in Brasile, per una fugace e anonima stagione nel Santos. Al crepuscolo di una carriera difficile, dalle troppe spine, l'America di Rio gli diede un'ultima possibilità di riscatto, il match della rinascita. Invano. Il 4 novembre del 1951, al debutto contro il Sao Cristovao, in diretta televisiva, il rebelde, al 35' del primo tempo, venne espulso. Tornò nello spogliatoio con i nervi a pezzi e tentò di aggredire un fotografo con una bottiglia".
Da quel momento, di Heleno si persero le tracce. Proseguì la sua esistenza in miseria e lontano dai riflettori. In seguito, la sua proverbiale bizzarria degenerò nella malattia cerebrale che, l'8 novembre 1959, lo portò alla morte in un anonimo sanatorio di Barbacena.
Su questo artista ribelle è in fase di realizzazione un film, interpretato dall'attore brasiliano Rodrigo Santoro. Ma, per restituirne l'epica grandezza, dovrà trattarsi di un autentico kolossal, dedicato a un personaggio davvero unico, amante dei gol e delle cadillac, delle donne e della musica classica; un personaggio che aveva lo stesso sarto del presidente della Repubblica brasiliana Getulio Vargas e che lanciò la moda degli occhiali da sole anche di notte, che in Argentina divenne amico di Juan Peròn e che, alla fine, impazzì, forse per il troppo amore.

3 commenti:

  1. Rifaccio i complimenti al pezzo anche qua. Grazie.

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  2. Jeremy, grazie per i complimenti, anche in questa sede. Torna pure a trovarmi.

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  3. Gran bel personaggio e gran bella storia. Se bisogna andare fuori di testa, meglio farlo alla grande allora. E poi uno che finisce per impazzire per troppo amore mi ha fatto pensare a Maupassant.

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