mercoledì 10 febbraio 2010

l'odore della roma secondo valerio caprara

In occasione di Fiorentina-Roma andata in scena domenica sera, il Corriere Fiorentino - edizione toscana del Corriere della Sera - ha organizzato un bel "faccia a faccia" tra due importanti critici cinematografici, tifosi delle due squadre: il "viola" Claudio Carabba e il romanista Valerio Caprara. Così, sabato mattina, il quotidiano ha pubblicato gli articoli firmati dai due tifosi eccellenti, che la sera dopo hanno seguito il match l'uno accanto all'altro sugli spalti del "Franchi". Qui di seguito, ho il piacere di proporre l'articolo scritto da Valerio Caprara, critico cinematografico tra i più acuti e battaglieri dell'attuale panorama italiano nonché docente di Storia del Cinema presso l'Università L'Orientale di Napoli: il suo è un vero e proprio atto d'amore nei confronti dei colori giallorossi. Buona lettura. (d.d.p.)
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Adoro l'odore della Roma al mattino...
Di Valerio Caprara
(Corriere Fiorentino - 6 febbraio 2010)
Adoro l'odore della Roma al mattino… Non è però il bieco colonnello Kilgore che parla, bensì il pacifico critico che si scopre alterato come un personaggio di Apocalypse Now ogni volta che sta per scendere in campo la Magica. Specialmente in trasferta, s'intende, quando è necessario censire i minimi indizi, muoversi anonimi tra la folla, comprimere l'ansia, atteggiarsi a scettico e poi darsi da fare per rinvenire tra mille segnali ostili qualcosa che assomigli al raggio della speranza. Sentimenti contraddittori, com'è contraddittoria la nostra psiche: non l'ha scritto Freud, ma il sommo Nick Hornby di Febbre a 90', la bibbia di tutti coloro che capiscono al volo di cosa stiamo parlando: "D'altronde, gli ossessionati non hanno scelta; in occasioni come queste devono mentire. Se dicessimo sempre la verità, non riusciremmo a mantenere rapporti con chi vive nel mondo reale".
Peccato che per questo match tra Fiorentina e Roma, la missione rischi di diventare impossibile: come se non bastassero gli assalti di Jovetic, Gilardino e Vargas, dovrò guardarmi anche da quelli di Claudio Carabba. Perché si sa che a Firenze non custodite solo il David, gli Uffizi e Prandelli, ma anche il carisma di un grande giornalista antitetico ai modelli correnti. Al contrario dei professorini che spaccano il fotogramma in quattro senza capirci niente, il confratello Claudio coltiva i poteri dell'occhio e del cuore e non disdegna, ma anzi invoca l'adrenalina che il trip della sala nonostante le recessioni continua da cent'anni a secernere. Si capisce subito, quindi, perché faccia parte della tribù degli adepti con la fede viola attaccata alla pelle e si capisce anche perché mi ospiti generosamente con lo slancio d'affetto unito al piacere d'incalzarmi con l'affilato sarcasmo di cui è notorio maestro.
Il bello è che il sottoscritto è anche un romanista "unico", perché abituato da cinquant'anni a esserlo (perennemente) proprio in trasferta. Una volta impresso l'indelebile marchio, in effetti, ho avuto la ventura d'insediarmi stabilmente a Napoli,
odiosamata metropoli dove vige il più intransigente fondamentalismo calcistico. E' stata dura, come potrebbe testimoniare la serie infinita d'aneddoti che hanno accompagnato la napoletanizzazione imperfetta: dal cazzotto sul labbro (con esito ancora oggi visibile) incassato dal massiccio ripetente compagno di classe perché irremovibile nel sostenere la superiorità del portiere romanista Panetti su quello napoletano Bugatti al servizio da inviato del Mattino dal festival di Cannes saltato perché fuggito a Genova a festeggiare la partita scudetto dell'83; dal viaggio per il derby Roma-Napoli intrapreso, per risparmiare, mimetizzato in un pullman di ultrà azzurri al premuroso ragguaglio offerto agli studenti dai bidelli dell'università dove insegno: "O' professore è tanto 'na brava persona. Tene l'unico difetto ch'è tifoso r'a Roma". In compenso, eccomi corazzato contro le avversità da autentico paladino votato a combattere "in partibus infidelium".
Un duro e glorioso destino. E dire che in quest'occasione contavo su Luca Toni per farmi assistere - a dispetto degli ululati della curva feroce - dalla cosiddetta legge dell'ex puntualmente subita a sfavore… Meno male che il fato ha voluto che il gioco fosse rimesso in pari, grazie alla maledizione calata sul cecchino Mutu sempre più incline a calarsi nel ruolo di un simpatico balordo di
Pulp Fiction. Anzi, a proposito di film da Oscar, qualcuno sa che Avatar non mi ha entusiasmato e gli ho contrapposto un fuoco di sbarramento alquanto robusto in nome delle insolite e incisive (re)visioni belliche di Bastardi senza gloria di Tarantino e The Hurt Locker della Bigelow. Ma siccome proprio l'eloquente Claudio ha dispiegato le sue armi dialettiche a favore del kolossal, sono disposto a pentirmi facendo sì che il prossimo en plein di Cameron nella Notte delle stelle possa contare su un nuovo supporter. Anche perché, pensandoci bene, credo che almeno un avatar esista e possa aiutarmi a sopravvivere nella bolgia del Franchi. E' grande e forte, certo, come un ex marine. I cattivi l'hanno più volte torturato e distrutto, ma non sono riusciti a metterlo su una sedia a rotelle. Non abita il pianeta Pandora bensì Trigoria e non è blu bensì giallorosso. Non parla la lingua dei Na'vi bensì il gergo romano e soprattutto non si chiama Jake Sully ma Francesco Totti.

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