In attesa di gustarci questi fantastici match, dunque, ecco il mio personale riepilogo di quanto accaduto nei quarti di finale di Brasile 2014.
lunedì 7 luglio 2014
brasile 2014: i quarti promuovono la nobiltà calcistica
Di Diego Del Pozzo
Il bellissimo Mondiale brasiliano entra nella fase decisiva, quella delle semifinali, dove da domani si affronteranno quattro tra le nazionali più importanti e blasonate dell'intera storia del calcio, in un doppio confronto tra nobiltà del Sudamerica ed europea che promette davvero scintille. Che cosa c'è di meglio, infatti, che chiudere un torneo iridato spettacolare come questo con Brasile - Germania e Olanda - Argentina? In campo ci sono ben dieci titoli mondiali più altre tre finali...
In attesa di gustarci questi fantastici match, dunque, ecco il mio personale riepilogo di quanto accaduto nei quarti di finale di Brasile 2014.
In attesa di gustarci questi fantastici match, dunque, ecco il mio personale riepilogo di quanto accaduto nei quarti di finale di Brasile 2014.
Nel primo quarto, i tedeschi vincono 1-0 con i francesi in uno tra i derby europei tradizionalmente più sentiti e accesi. E vanno in semifinale di un Mondiale per la tredicesima volta in totale e per la quarta edizione consecutiva.
Con mezza squadra febbricitante, la Germania si dimostra più esperta e solida, tecnicamente e mentalmente, di una buona Francia, giovane e con ulteriori, ampi margini di miglioramento.
Il match è equilibrato, deciso da un colpo di testa di Hummels dopo 12 minuti e poi difeso con la consueta organizzazione tattica, arricchita da alcuni interventi in chiusura dello stesso difensore centrale del Borussia Dortmund (belli e decisivi, in particolare, quattro recuperi prodigiosi su altrettante conclusioni avversarie) e dalla presenza tra i pali di Manuel Neuer - il miglior portiere del mondo, con buona pace di tanti commentatori italioti - con due paratone fatte con tale sicurezza e naturalezza da far dubitare del fatto che qualcuno possa realmente fargli gol.
D'altra parte, questa Germania gioca assieme (e sotto la stessa guida tecnica di Joachim Low) già da diversi anni e il Mondiale brasiliano potrebbe essere il momento giusto per la raccolta dopo tanta semina. Vedremo.
Un Brasile rude e un po' scarpone, tostissimo, grintoso come il suo allenatore Scolari e difensivamente equilibrato batte in extremis 2-1 una Colombia che, però, paga oltremodo la mancanza di esperienza in match di questo livello e, soprattutto, di questa tensione nervosa. Ma paga anche alcune scelte cervellotiche del ct Pekerman, che all'inizio schiera il fantasma di Ibarbo al posto di Jackson Martinez, non inserendolo poi nemmeno durante l'assedio finale.
Come previsto, il futebol bailado lo giocano i colombiani che, però, regalano quasi l'intero primo tempo ai più blasonati e scafati avversari, i quali, in apertura, li intimidiscono fisicamente con una serie di interventi spezzagambe, in particolar modo con un Fernandinho fallosissimo su James Rodriguez (e con un arbitro meno casalingo - nonché opportunamente dotato di cartellini gialli e rossi - il mediano verdeoro sarebbe finito molto presto sotto la doccia).
Ma il Brasile, nella prima metà, aggredisce i colombiani, entra spesso nella loro area di rigore e costruisce diverse occasioni da gol, dopo aver sbloccato il risultato con una deviazione di ginocchio di Thiago Silva (lasciato colpevolmente libero dalla difesa colombiana) su calcio d'angolo.
Nel secondo tempo, invece, soprattutto dopo aver subito il 2-0 su uno splendido calcio di punizione di David Luiz, la Colombia inizia davvero a giocare, Pekerman fa qualche aggiustamento tattico e James Rodriguez si sblocca e sale in cattedra, mettendo spesso i compagni in possibilità di concludere a rete, finalizzando da par suo il calcio di rigore del 2-1 e guidando la propria squadra fino all'ultimo secondo, quando almeno un paio di volte i Cafeteros sfiorano il clamoroso - e probabilmente meritato - 2-2.
Trovo indicativo, comunque, che questo Brasile solido e pieno di cuore abbia vinto grazie a due gol dei suoi difensori centrali (gli unici fuoriclasse della rosa, oltre a Neymar) e che, nel finale, si sia difeso spezzettando il gioco con falli tattici e buttando continuamente la palla in tribuna, con grande umiltà (e schierando persino Henrique come schermo davanti alla difesa!). La squadra di casa, d'altra parte, sapeva di essere meno tecnica dei propri avversari. E, dunque, non s'è vergognata di puntare forte su altre "doti".
Ma, anche in semifinale, sarà meno dotata tecnicamente della Germania, che però è squadra fornita di ben altra grinta, esperienza e mentalità rispetto alla bella Colombia che, in ogni caso, saluta il Mondiale tra gli applausi dei tifosi brasiliani e degli amanti del bel calcio.
Dopo il fischio finale, c'è uno tra i momenti più belli del Mondiale, quando l'esperto guerriero David Luiz, match winner col suo potentissimo piattone da 25 metri su calcio di punizione, abbraccia a centrocampo il giovane leader colombiano James Rodriguez in lacrime (per me, il migliore giocatore del torneo), lo indica platealmente al pubblico di casa e chiede a grandi gesti un applauso che, per il quasi ventitreenne numero 10 della Colombia, sa tanto di riconoscimento ufficiale del suo nuovo status di superstar calcistica globale.
Ci voleva una grande Argentina per battere il Belgio visto finora a Brasile 2014. E grande Argentina è stata, almeno per 80 minuti: una squadra in crescita costante e che, soprattutto, dimostra di avere assorbito molto meglio degli avversari le fatiche degli ottavi di finale. Il Belgio, infatti, appare stanco nel fisico e un po' scarico nella testa, con quasi tutte le sue notevoli individualità davvero in ombra.
L'Argentina, invece, è ordinata tatticamente, con la difesa alta, il pressing feroce su difensori e centrocampisti avversari, le fasce presidiate dal solito grande Angel Di Maria (poi sostituito per infortunio da Enzo Perez) e da un Lavezzi millepolmoni, generosissimo e sempre pronto al sacrificio. Su tutti, però, si staglia un fantastico Gonzalo Higuain, autore del gol decisivo del 1-0 e di una serie di giocate di qualità elevata, tra le quali le due con le quali sfiora il raddoppio. E il Pipita, a fine match, è il migliore in campo.
Nei 10 minuti finali il Belgio (meglio con i subentrati Lukaku e Mertens piuttosto che con i titolari Origi e Mirallas) assedia l'Argentina di puro orgoglio e, in extremis, sfiora persino un pareggio che, però, sarebbe stato esagerato. Il giovane Belgio, comunque, è fisiologicamente destinato a crescere ancora, in vista degli Europei 2016. Stavolta, invece, viene eliminato da una squadra più forte, pronta, matura, meritatamente in semifinale mondiale, 24 anni dopo, con cinque vittorie in altrettanti match (unica tra le quattro semifinaliste ad aver vinto, fin qui, ogni partita disputata).
Il meno prestigioso tra i quarti di finale è, innanzitutto, una sfida tra due grandi allenatori, tatticamente preparatissimi: Louis Van Gaal e Jorge Luis Pinto.
Alla fine, vince il primo, tirando fuori dal cilindro la mossa a effetto del portiere pararigori, Tim Krul, fatto riscaldare per tutto il secondo tempo supplementare e fatto entrare allo scadere apposta per neutralizzare i due calci di rigore che, poi, decidono il risultato: una sostituzione geniale e inattesa, come l'intera gestione di Van Gaal nel corso di Brasile 2014.
A partire dai minuti finali dei tempi regolamentari e durante tutti i supplementari, dopo aver incontrato enormi difficoltà in precedenza grazie alla perfetta partita difensiva impostata dalla Costa Rica, gli Oranje schiacciano gli ormai stremati centroamericani nella loro metà campo, colpendo pali e traverse e costringendo l'ottimo portiere Keylor Navas a ergersi a protagonista assoluto del match. Quando possono, però, i Ticos ripartono comunque in contropiede, impedendo all'Olanda di stare tranquilla dietro.
A un certo punto, da santone iper-razionale qual è, Van Gaal si convince che la soluzione ai rigori può premiare la sua squadra, più esperta e dotata di tiratori scelti del calibro di Van Persie, Robben, Sneijder, Kuyt, Huntelaar. Al resto, può pensare lo specialista seduto in panchina accanto a lui... E, puntualmente, va tutto come previsto dal Grande Manipolatore.
Comunque, al netto dei pali e delle traverse colpiti dagli arancioni, questa Olanda speculativa e un po' noiosa - che, però, va in semifinale meritatamente - continua a non convincere, pur potendo battere chiunque nella partita secca, in un modo o nell'altro. Da parte sua, la Costa Rica lascia il Mondiale da imbattuta dopo aver giocato contro Uruguay, Italia, Inghilterra, Grecia e Olanda. Applausi, please!
Adesso, nelle semifinali ci sarà spazio soltanto per la storia del calcio.
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speciale mondiali 2014
mercoledì 2 luglio 2014
brasile 2014: terminati gli ottavi di finale, le grandi ai quarti
Di Diego Del Pozzo
Belgio - Stati Uniti 2-1 (dopo i tempi supplementari)
Il match più intenso e spettacolare di Brasile 2014 va in scena a Salvador, dove Belgio e Stati Uniti chiudono il tabellone degli ottavi di finale onorando l'appuntamento iridato con una prestazione destinata a restare negli annali.
In particolare, i talentuosi Diavoli Rossi allenati da Marc Wilmots finalmente giocano a briglia sciolta, dopo le tre vittorie del primo turno, meno convincenti sul piano del gioco. Stavolta, invece, in spazi più ampi, mostrano per la prima volta sul suolo brasiliano tutto il loro strapotere tecnico, reso ancora più devastante da una varietà di soluzioni da far invidia a tante nazionali ben più blasonate. E, a partire dall'affascinante quarto di finale contro l'Argentina, si ripropongono con forza come possibile sorpresa del torneo, persino in chiave di vittoria finale. Quella del Belgio attuale, infatti, è davvero una "generazione d'oro", perché soltanto così si può definire una nidiata di talenti che comprende, in contemporanea, Hazard, Mertens, De Bruyne, Witsel, Fellaini, Origi, Lukaku, Courtois, Kompany, Vertonghen (e potrei aggiungerne ancora). Non è un caso che, ogni volta che Wilmots fa un cambio, riesca a rovesciare una partita, tanto numerose sono le soluzioni sulle quali può contare in panchina.
Accade lo stesso anche contro gli Stati Uniti, quando il tecnico decide di sostituire un Origi fin lì molto positivo con la maggiore delusione belga del torneo: il centravanti dell'Everton, di proprietà del Chelsea, Romelu Lukaku. Siamo all'inizio dei tempi supplementari, dopo che per 90 minuti abbondanti le due squadre si sono affrontate a viso aperto, con grinta e in velocità, col Belgio a bombardare letteralmente gli americani (e il portiere Howard migliore in campo) e con questi ultimi a ripartire in contropiede in maniera sempre pericolosa. Lukaku entra e, in pochi minuti, distrugge le resistenze avversarie con un assist per Kevin De Bruyne e un bel gol personale: due giocate di pura potenza atletica, 2-0 e tutto sembra deciso.
Peccato, però, che nessuno abbia avvertito gli Stati Uniti, che riescono a risorgere dal baratro atletico nel quale parevano calati e schiacciano il Belgio nella sua metà campo, alla ricerca di qualcosa che avrebbe dell'incredibile. Così, al minuto 107, il neoentrato Julian Green (giovanili del Bayern Monaco) dimezza lo svantaggio. Dopo sessanta secondi, il leader "Terminator" Jones sfiora il 2-2. Al minuto 114, Courtois si immola sulle gambe di Dempsey e salva la sua porta. Tre minuti dopo, ancora Jones spara alto sulla traversa. E allo scadere il giovane Yedlin - un terzino destro fortissimo, da comprare immediatamente - svirgola a lato.
Le emozioni mondiali di Brasile 2014 continuano senza sosta. Ecco il riepilogo di quanto successo negli ottavi di finale del torneo, con le otto vincitrici dei gironi del primo turno (dunque, le migliori otto squadre del Mondiale) che si qualificano per i quarti, al termine di match intensi, spettacolari e ricchissimi di spunti interessanti.
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Julio Cesar festeggiato dai compagni |
Brasile - Cile 1-1 (4-3 dopo i calci di rigore)
Che questa partita sarebbe stata una battaglia lo si capisce fin dal momento degli inni nazionali, quando i tifosi brasiliani sommergono di fischi
la parte finale dell'inno cileno (quella più intensa e sentita, cantata senza il sottofondo musicale), con le facce dei giocatori
della Roja inquadrate dalle tv di tutto il mondo davvero furiose.
Il match, quindi, conferma le perplessità sul conto dei padroni di casa, ancora troppo dipendenti da Neymar e appena appena più sciolti in mezzo al campo con Fernandinho schierato da Scolari al posto del più difensivo Paulinho. Nonostante le diverse occasioni da gol prodotte, infatti, i verdeoro si dimostrano squadra tecnicamente farraginosa e tatticamente confusa. E stavolta, per una qualificazione-thrilling non del tutto meritata, devono ringraziare Julio Cesar, paratutto durante i 120 minuti di gioco e pararigori al momento della verità: e pensare che, rimasto senza squadra proprio nell'anno del Mondiale casalingo, l'ex portiere dell'Inter è dovuto emigrare in Canada per prepararsi adeguatamente.
In quanto al Cile, è ormai una realtà calcistica di primo livello, anche se avrebbe bisogno di più peso e centimetri in difesa per compiere il decisivo salto di qualità. Comunque, il preparatissimo tecnico argentino Jorge Sampaoli ha costruito un gioiellino dal gioco fluido e scorrevole e dal pressing inesauribile, arricchito da alcuni elementi di notevole livello tecnico (primo tra tutti, Alexis Sanchez). E, anche contro il Brasile, alcune manovre di prima in velocità palla a terra sono da applausi, come quella che, alla metà del secondo tempo, porta al tiro in area che costringe alla paratona decisiva Julio Cesar. E la traversa colpita da Pinilla all'ultimo minuto del secondo tempo supplementare grida ancora vendetta. Grande Roja, in ogni caso, anche se poi ai calci di rigore si dimostra meno fredda e lucida dei padroni di casa.
Il match, quindi, conferma le perplessità sul conto dei padroni di casa, ancora troppo dipendenti da Neymar e appena appena più sciolti in mezzo al campo con Fernandinho schierato da Scolari al posto del più difensivo Paulinho. Nonostante le diverse occasioni da gol prodotte, infatti, i verdeoro si dimostrano squadra tecnicamente farraginosa e tatticamente confusa. E stavolta, per una qualificazione-thrilling non del tutto meritata, devono ringraziare Julio Cesar, paratutto durante i 120 minuti di gioco e pararigori al momento della verità: e pensare che, rimasto senza squadra proprio nell'anno del Mondiale casalingo, l'ex portiere dell'Inter è dovuto emigrare in Canada per prepararsi adeguatamente.
In quanto al Cile, è ormai una realtà calcistica di primo livello, anche se avrebbe bisogno di più peso e centimetri in difesa per compiere il decisivo salto di qualità. Comunque, il preparatissimo tecnico argentino Jorge Sampaoli ha costruito un gioiellino dal gioco fluido e scorrevole e dal pressing inesauribile, arricchito da alcuni elementi di notevole livello tecnico (primo tra tutti, Alexis Sanchez). E, anche contro il Brasile, alcune manovre di prima in velocità palla a terra sono da applausi, come quella che, alla metà del secondo tempo, porta al tiro in area che costringe alla paratona decisiva Julio Cesar. E la traversa colpita da Pinilla all'ultimo minuto del secondo tempo supplementare grida ancora vendetta. Grande Roja, in ogni caso, anche se poi ai calci di rigore si dimostra meno fredda e lucida dei padroni di casa.
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James Rodriguez |
Colombia - Uruguay 2-0
Il secondo derby sudamericano degli ottavi di finale, invece, oppone la squadra tecnicamente più dotata emersa dalla prima fase a quella tradizionalmente impostata prima di tutto per far giocare male gli avversari.
Stavolta missione fallita, però, per gli arcigni uruguagi, che devono inchinarsi alla scintillante Colombia assemblata dal ct José Pekerman (altro argentino da esportazione), arricchita dalla classe superiore dei vari James Rodriguez (autore dei due gol decisivi e, fin qui, autentico padrone del Mondiale), Juan Cuadrado (che rischia le gambe in almeno un paio di occasioni), Jackson Martinez, Juan Camilo Zuniga (al momento, il miglior terzino destro del torneo).
Nonostante l'assenza per squalifica di Luis Suarez (per il morso a Chiellini), il "Maestro" Tabarez ci prova comunque in tutti i modi, puntando su un Edinson Cavani voglioso e caricatissimo, pronto a prendersi la Celeste sulle spalle, senza peraltro poter contare su un sostegno all'altezza da parte dei compagni (primo tra tutti un Forlàn assolutamente deludente).
In ogni caso, la differenza tra le due compagini è davvero troppo netta, anche perché la perfetta macchina da calcio costruita da Pekerman può giovarsi pure di un ottimo equilibrio tra i vari reparti e, alla bisogna, persino di un portiere attento e reattivo come David Ospina, sempre all'altezza quando viene impegnato dagli uruguayani, in particolar modo nella seconda parte del match.
Una menzione speciale la merita il primo, bellissimo gol di James Rodriguez, con stop di petto e rapidissimo tiro al volo da 25 metri sul quale Muslera proprio non può nulla. A 23 anni ancora da compiere, il numero dieci colombiano - di proprietà del Monaco, che l'anno scorso lo ha comprato dal Porto per 45 milioni di euro - ha saputo trasformarsi in superstar planetaria in soli quattro match di Brasile 2014, anche se chi sa di calcio lo conosce bene già da qualche anno.
Nei quarti di finale, la Colombia si giocherà l'ingresso in semifinale contro i padroni di casa brasiliani, per i quali - se la squadra di Pekerman si confermerà sui livelli mostrati finora - sarà davvero molto, molto dura.
Stavolta missione fallita, però, per gli arcigni uruguagi, che devono inchinarsi alla scintillante Colombia assemblata dal ct José Pekerman (altro argentino da esportazione), arricchita dalla classe superiore dei vari James Rodriguez (autore dei due gol decisivi e, fin qui, autentico padrone del Mondiale), Juan Cuadrado (che rischia le gambe in almeno un paio di occasioni), Jackson Martinez, Juan Camilo Zuniga (al momento, il miglior terzino destro del torneo).
Nonostante l'assenza per squalifica di Luis Suarez (per il morso a Chiellini), il "Maestro" Tabarez ci prova comunque in tutti i modi, puntando su un Edinson Cavani voglioso e caricatissimo, pronto a prendersi la Celeste sulle spalle, senza peraltro poter contare su un sostegno all'altezza da parte dei compagni (primo tra tutti un Forlàn assolutamente deludente).
In ogni caso, la differenza tra le due compagini è davvero troppo netta, anche perché la perfetta macchina da calcio costruita da Pekerman può giovarsi pure di un ottimo equilibrio tra i vari reparti e, alla bisogna, persino di un portiere attento e reattivo come David Ospina, sempre all'altezza quando viene impegnato dagli uruguayani, in particolar modo nella seconda parte del match.
Una menzione speciale la merita il primo, bellissimo gol di James Rodriguez, con stop di petto e rapidissimo tiro al volo da 25 metri sul quale Muslera proprio non può nulla. A 23 anni ancora da compiere, il numero dieci colombiano - di proprietà del Monaco, che l'anno scorso lo ha comprato dal Porto per 45 milioni di euro - ha saputo trasformarsi in superstar planetaria in soli quattro match di Brasile 2014, anche se chi sa di calcio lo conosce bene già da qualche anno.
Nei quarti di finale, la Colombia si giocherà l'ingresso in semifinale contro i padroni di casa brasiliani, per i quali - se la squadra di Pekerman si confermerà sui livelli mostrati finora - sarà davvero molto, molto dura.
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La gioia di Sneijder e Huntelaar |
Olanda - Messico 2-1
Restare in vantaggio fino all'87esimo minuto e poi buttare al vento una qualificazione ai quarti che sarebbe stata meritata. Così fa il Messico contro l'Olanda, nel terzo ottavo di finale del Mondiale brasiliano.
In vantaggio grazie a un gran gol di Giovani dos Santos, pochi minuti dopo l'inizio del secondo tempo, i messicani riescono per oltre metà gara a irretire completamente un'Olanda ancora più mazzarriana che nei precedenti tre match (ma Martins Indi è più scarso di Aronica!), schierata con undici uomini rintanati dietro la linea della palla e il solo Robben dotato di licenza di ripartire (pericolosamente) in contropiede.
Poi, però, dopo il vantaggio, il Tricolòr allenato dal "Piojo" Miguel Herrera - fin lì, tra i migliori allenatori dell'intero torneo - arretra troppo il proprio baricentro e rinuncia a giocare come ha dimostrato di saper fare, invece, fino a poco prima. Parallelamente, Louis Van Gaal - che in questo Mondiale, tra mille critiche, sta rileggendo il calcio totale olandese in maniera originalissima, discutibile, molto pratica e, forse, epocale - risistema le proprie pedine sulla scacchiera in un modo più consono al loro talento, aggiunge l'ottimo Memphis Depay agli altri attaccanti, avanza il multiuso Dirk Kuijt, permette a Sneijder di dedicarsi con più libertà alla fase offensiva e inserisce il più pesante e fisico Huntelaar al posto di un fino ad allora evanescente Van Persie. Tutto ciò costringe il Messico nella propria area di rigore, col fenomenale portiere Ochoa che si conferma tra le rivelazioni del torneo e salva almeno tre gol fatti (uno in modo quasi soprannaturale). A pochi minuti dal fischio finale, però, la grande pressione olandese produce il risultato più logico, cioè l'uno-due siglato da Sneijder con un gran tiro al volo dal limite dell'area (sul quale la difesa messicana copre male) e, poi, da Klaas-Jan Huntelaar su un calcio di rigore conquistato da Arjen Robben (il migliore dell'Olanda) in pieno recupero.
Così, si arriva al 2-1 finale, col Messico che esce tra gli applausi e i rimpianti, mentre l'Olanda dimostra che si può giocare e vincere a temperature impossibili anche se si è europei (vero Prandelli?). E gli Oranje adesso diventano davvero temibilissimi.
In vantaggio grazie a un gran gol di Giovani dos Santos, pochi minuti dopo l'inizio del secondo tempo, i messicani riescono per oltre metà gara a irretire completamente un'Olanda ancora più mazzarriana che nei precedenti tre match (ma Martins Indi è più scarso di Aronica!), schierata con undici uomini rintanati dietro la linea della palla e il solo Robben dotato di licenza di ripartire (pericolosamente) in contropiede.
Poi, però, dopo il vantaggio, il Tricolòr allenato dal "Piojo" Miguel Herrera - fin lì, tra i migliori allenatori dell'intero torneo - arretra troppo il proprio baricentro e rinuncia a giocare come ha dimostrato di saper fare, invece, fino a poco prima. Parallelamente, Louis Van Gaal - che in questo Mondiale, tra mille critiche, sta rileggendo il calcio totale olandese in maniera originalissima, discutibile, molto pratica e, forse, epocale - risistema le proprie pedine sulla scacchiera in un modo più consono al loro talento, aggiunge l'ottimo Memphis Depay agli altri attaccanti, avanza il multiuso Dirk Kuijt, permette a Sneijder di dedicarsi con più libertà alla fase offensiva e inserisce il più pesante e fisico Huntelaar al posto di un fino ad allora evanescente Van Persie. Tutto ciò costringe il Messico nella propria area di rigore, col fenomenale portiere Ochoa che si conferma tra le rivelazioni del torneo e salva almeno tre gol fatti (uno in modo quasi soprannaturale). A pochi minuti dal fischio finale, però, la grande pressione olandese produce il risultato più logico, cioè l'uno-due siglato da Sneijder con un gran tiro al volo dal limite dell'area (sul quale la difesa messicana copre male) e, poi, da Klaas-Jan Huntelaar su un calcio di rigore conquistato da Arjen Robben (il migliore dell'Olanda) in pieno recupero.
Così, si arriva al 2-1 finale, col Messico che esce tra gli applausi e i rimpianti, mentre l'Olanda dimostra che si può giocare e vincere a temperature impossibili anche se si è europei (vero Prandelli?). E gli Oranje adesso diventano davvero temibilissimi.
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Il ct dei Ticos, Jorge Luis Pinto |
Costa Rica - Grecia 1-1 (6-4 dopo i calci di rigore)
Nell'ottavo di finale che oppone le due sorprese del Mondiale brasiliano, Costa Rica batte Grecia 6-4 dopo i calci di rigore (1-1 al termine dei supplementari), con i centroamericani che si qualificano per i quarti, dove giocheranno contro la corazzata Olanda. E la loro bella favola continua...
La partita è molto equilibrata e combattuta, anche se giocata a un livello tecnico non paragonabile a quello degli altri ottavi. La Grecia prova ad affidarsi ancora una volta al suo grande cuore, rimontando allo scadere dei tempi regolamentari (col difensore Papastathopoulos) il vantaggio costaricano siglato dal "solito" Bryan Ruiz pochi minuti dopo l'inizio del secondo tempo. Stavolta, però, gli ellenici non riescono a ripetere il miracolo del girone di primo turno, nemmeno quando si trovano con un uomo in più dopo l'espulsione di Duarte al 67' e, nei supplementari, sfiorano ripetutamente la rete della vittoria. Ai rigori, infatti, arrivano stremati, rispetto agli avversari. Così, mentre i Ticos riescono a mettere a segno tutti e cinque i loro rigori, per i greci l'esperto Gekas si fa parare da Navas (gran protagonista del match) il tiro che risulta decisivo.
In ogni caso, senza voler scioccamente gridare al miracolo, la Costa Rica si conferma una discreta squadra, allenata meravigliosamente dal "mitico" Jorge Luis Pinto, dotata di un ottimo portiere (davvero ottimo Keylor Navas, tra i migliori portieri della Liga, col Levante), di tre-quattro buoni giocatori di livello ed esperienza internazionali (direi, su tutti, il capitano Ruiz, Bolaños e la stellina Joel Campbell, di proprietà dell'Arsenal), una notevole condizione atletica (fattore determinante) e un incredibile spirito di gruppo. Grazie a tutto ciò, finora al Mondiale ha battuto Italia e Uruguay e pareggiato con Inghilterra e Grecia, sconfiggendola poi ai calci di rigore. Adesso, vada come vada contro l'Olanda, non parlerei più di sorpresa...
La partita è molto equilibrata e combattuta, anche se giocata a un livello tecnico non paragonabile a quello degli altri ottavi. La Grecia prova ad affidarsi ancora una volta al suo grande cuore, rimontando allo scadere dei tempi regolamentari (col difensore Papastathopoulos) il vantaggio costaricano siglato dal "solito" Bryan Ruiz pochi minuti dopo l'inizio del secondo tempo. Stavolta, però, gli ellenici non riescono a ripetere il miracolo del girone di primo turno, nemmeno quando si trovano con un uomo in più dopo l'espulsione di Duarte al 67' e, nei supplementari, sfiorano ripetutamente la rete della vittoria. Ai rigori, infatti, arrivano stremati, rispetto agli avversari. Così, mentre i Ticos riescono a mettere a segno tutti e cinque i loro rigori, per i greci l'esperto Gekas si fa parare da Navas (gran protagonista del match) il tiro che risulta decisivo.
In ogni caso, senza voler scioccamente gridare al miracolo, la Costa Rica si conferma una discreta squadra, allenata meravigliosamente dal "mitico" Jorge Luis Pinto, dotata di un ottimo portiere (davvero ottimo Keylor Navas, tra i migliori portieri della Liga, col Levante), di tre-quattro buoni giocatori di livello ed esperienza internazionali (direi, su tutti, il capitano Ruiz, Bolaños e la stellina Joel Campbell, di proprietà dell'Arsenal), una notevole condizione atletica (fattore determinante) e un incredibile spirito di gruppo. Grazie a tutto ciò, finora al Mondiale ha battuto Italia e Uruguay e pareggiato con Inghilterra e Grecia, sconfiggendola poi ai calci di rigore. Adesso, vada come vada contro l'Olanda, non parlerei più di sorpresa...
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Benzema e Pogba, decisivi |
Francia - Nigeria 2-0
La Francia supera nel suo ottavo la Nigeria uscendo fuori nettamente alla distanza, dopo una settantina di minuti piuttosto complicati.
Nel finale, infatti, il portiere nigeriano Enyeama - fin lì tra i più efficaci del Mondiale e anche oggi migliore tra i suoi, con almeno quattro grandi parate - regala il vantaggio ai Blues con un'uscita scriteriata su calcio d'angolo (e Pogba appoggia in rete indisturbato di testa). Nei minuti di recupero, poi, altro regalo non richiesto alla Francia, da parte degli esausti nigeriani, per il definitivo 2-0 (su autogol di Yobo).
Decisiva, per rovesciare un match che non voleva saperne di sbloccarsi, è la mossa del tecnico francese Deschamps, che di fronte alle trame offensive troppo farraginose della propria squadra sostituisce il pesante centravanti Giroud col più agile e veloce Griezmann, riportando così al centro dell'attacco Karim Benzema, fino a quel momento schierato largo a sinistra con scarsi risultati. E, con il nuovo assetto, è subito tutta un'altra Francia, complice però anche il vistoso calo atletico di una Nigeria fin lì estremamente generosa (e l'uscita di Onazi, dopo un'entrata-killer di Matuidi).
Così, i francesi accedono ai quarti di finale, dove attendono la vincente tra Germania e Algeria: la prima da evitare perché tecnicamente molto forte, la seconda pericolosissima anche per questioni storiche e socio-politiche.
Nel finale, infatti, il portiere nigeriano Enyeama - fin lì tra i più efficaci del Mondiale e anche oggi migliore tra i suoi, con almeno quattro grandi parate - regala il vantaggio ai Blues con un'uscita scriteriata su calcio d'angolo (e Pogba appoggia in rete indisturbato di testa). Nei minuti di recupero, poi, altro regalo non richiesto alla Francia, da parte degli esausti nigeriani, per il definitivo 2-0 (su autogol di Yobo).
Decisiva, per rovesciare un match che non voleva saperne di sbloccarsi, è la mossa del tecnico francese Deschamps, che di fronte alle trame offensive troppo farraginose della propria squadra sostituisce il pesante centravanti Giroud col più agile e veloce Griezmann, riportando così al centro dell'attacco Karim Benzema, fino a quel momento schierato largo a sinistra con scarsi risultati. E, con il nuovo assetto, è subito tutta un'altra Francia, complice però anche il vistoso calo atletico di una Nigeria fin lì estremamente generosa (e l'uscita di Onazi, dopo un'entrata-killer di Matuidi).
Così, i francesi accedono ai quarti di finale, dove attendono la vincente tra Germania e Algeria: la prima da evitare perché tecnicamente molto forte, la seconda pericolosissima anche per questioni storiche e socio-politiche.
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Schurrle esulta dopo il suo gol |
Germania - Algeria 2-1 (dopo i tempi supplementari)
Ma che bella partita, quella degli ottavi di finale tra Germania e Algeria, con tutte e due le squadre impegnate a superarsi fino all'ultimo minuto del secondo tempo supplementare. Sì, perché i tedeschi devono faticare per più di 120 minuti per avere la meglio (per 2-1) su un'Algeria coraggiosissima, fisica, veloce, molto tecnica, incapace di accettare la sconfitta anche di fronte all'evidenza.
Nel primo tempo, addirittura, sono i nordafricani a dominare il match, sfiorando ripetutamente il gol del vantaggio e, orchestrati alla grande da Feghouli, mettendo costantemente in difficoltà la Germania grazie a ripartenze veloci sulle fasce, in particolare su quella sinistra, dove si distingue un ottimo Ghoulam. Man mano, però, i tedeschi entrano nella gara e iniziano a rendersi sempre più pericolosi, costringendo il portiere algerino Rais a salire in cattedra e a prodursi in almeno quattro-cinque grandi parate. Ma se la pressione della Germania aumenta costantemente, l'Algeria non rinuncia mai a ripartire in veloci contropiede manovrati, sollecitando più volte un comunque sempre attento Neuer.
Si va ai tempi supplementari sullo 0-0 e qui un gol di tacco di Schurrle, anche un po' fortuito, rompe l'equilibrio, proprio mentre gli algerini iniziano a calare vistosamente dal punto di vista atletico (primi effetti del Ramadan?). Così, la Germania prende possesso pieno del match, sigla l'inevitabile raddoppio con Ozil, ma proprio in extremis deve concedere a Djabou il gol del 2-1 e rischia persino di subire un clamoroso pareggio lasciando Bougherra solo davanti al portiere per un debole colpo di testa.
Al fischio finale, sono i tedeschi a festeggiare, ma tutto lo stadio è in piedi per applaudire un'Algeria bellissima, che lascia il Mondiale con onore e a testa molto, molto alta.
Nel primo tempo, addirittura, sono i nordafricani a dominare il match, sfiorando ripetutamente il gol del vantaggio e, orchestrati alla grande da Feghouli, mettendo costantemente in difficoltà la Germania grazie a ripartenze veloci sulle fasce, in particolare su quella sinistra, dove si distingue un ottimo Ghoulam. Man mano, però, i tedeschi entrano nella gara e iniziano a rendersi sempre più pericolosi, costringendo il portiere algerino Rais a salire in cattedra e a prodursi in almeno quattro-cinque grandi parate. Ma se la pressione della Germania aumenta costantemente, l'Algeria non rinuncia mai a ripartire in veloci contropiede manovrati, sollecitando più volte un comunque sempre attento Neuer.
Si va ai tempi supplementari sullo 0-0 e qui un gol di tacco di Schurrle, anche un po' fortuito, rompe l'equilibrio, proprio mentre gli algerini iniziano a calare vistosamente dal punto di vista atletico (primi effetti del Ramadan?). Così, la Germania prende possesso pieno del match, sigla l'inevitabile raddoppio con Ozil, ma proprio in extremis deve concedere a Djabou il gol del 2-1 e rischia persino di subire un clamoroso pareggio lasciando Bougherra solo davanti al portiere per un debole colpo di testa.
Al fischio finale, sono i tedeschi a festeggiare, ma tutto lo stadio è in piedi per applaudire un'Algeria bellissima, che lascia il Mondiale con onore e a testa molto, molto alta.
Minuto 121 dell'ottavo di finale tra Argentina e Svizzera a San Paolo. L'Albiceleste è in vantaggio da appena tre minuti, grazie a un irresistibile spunto in velocità di Leo Messi, che serve Angel Di Maria sulla destra e poi assiste alla perfetta finalizzazione a incrociare del compagno (nettamente il migliore in campo): 1-0. Stanno per chiudersi anche i tempi supplementari, ma gli elvetici si buttano in avanti alla ricerca della rete che potrebbe valere i calci di rigore. Nel primo minuto di recupero, Dzemaili colpisce di testa da due passi e centra il palo a Romero battuto. Il rimpallo
gli finisce sul ginocchio e, sempre col portiere argentino immobile, termina
fuori tra l'incredulità generale.
Così, dopo il Brasile contro il Cile, anche l'Argentina contro la Svizzera si salva grazie a un palo colpito dagli avversari allo scadere dei supplementari (lì Pinilla, qui il centrocampista del Napoli): e se non sono segni del destino questi...
Prima degli incredibili minuti finali, comunque, il match offre un'Albiceleste ancora poco fluida nelle sue trame di gioco e la squadra di Hitzfeld (all'ultima panchina in carriera) ottimamente organizzata in fase difensiva. Messi va a corrente alternata, mentre Di Maria a destra e un inesauribile Rojo a sinistra non danno tregua sulle fasce alla difesa rossocrociata. Bello, a centrocampo, è il duello tutto muscoli e sostanza tra Inler e Mascherano (avrebbero potuto essere compagni di club all'ombra del Vesuvio: peccato!).
Nel primo tempo, la Svizzera riparte un paio di volte in contropiede, rendendosi pericolosissima. Poi, dalla seconda metà, si rintana nella propria metà campo, schiacciata da un'Argentina che, nonostante una costruzione di gioco farraginosa e un Higuain ancora lontano da una condizione accettabile, trasforma la partita in un autentico assedio, anche se caotico e ben poco organizzato. Il risultato non si sblocca e lo stesso succede anche durante i supplementari. Poi, come sta accadendo continuamente durante questo Mondiale, quando la stanchezza inizia ad allungare le squadre e ad annebbiare le idee, i fuoriclasse salgono in cattedra e decidono i destini delle proprie squadre con la giocata che fa la differenza. Stavolta, tocca al più grande tra i suoi contemporanei, Lionel Messi, il quale premia con l'assist colui che più di tutti merita la soddisfazione personale: un Angel Di Maria semplicemente perfetto.
Così, dopo il Brasile contro il Cile, anche l'Argentina contro la Svizzera si salva grazie a un palo colpito dagli avversari allo scadere dei supplementari (lì Pinilla, qui il centrocampista del Napoli): e se non sono segni del destino questi...
Prima degli incredibili minuti finali, comunque, il match offre un'Albiceleste ancora poco fluida nelle sue trame di gioco e la squadra di Hitzfeld (all'ultima panchina in carriera) ottimamente organizzata in fase difensiva. Messi va a corrente alternata, mentre Di Maria a destra e un inesauribile Rojo a sinistra non danno tregua sulle fasce alla difesa rossocrociata. Bello, a centrocampo, è il duello tutto muscoli e sostanza tra Inler e Mascherano (avrebbero potuto essere compagni di club all'ombra del Vesuvio: peccato!).
Nel primo tempo, la Svizzera riparte un paio di volte in contropiede, rendendosi pericolosissima. Poi, dalla seconda metà, si rintana nella propria metà campo, schiacciata da un'Argentina che, nonostante una costruzione di gioco farraginosa e un Higuain ancora lontano da una condizione accettabile, trasforma la partita in un autentico assedio, anche se caotico e ben poco organizzato. Il risultato non si sblocca e lo stesso succede anche durante i supplementari. Poi, come sta accadendo continuamente durante questo Mondiale, quando la stanchezza inizia ad allungare le squadre e ad annebbiare le idee, i fuoriclasse salgono in cattedra e decidono i destini delle proprie squadre con la giocata che fa la differenza. Stavolta, tocca al più grande tra i suoi contemporanei, Lionel Messi, il quale premia con l'assist colui che più di tutti merita la soddisfazione personale: un Angel Di Maria semplicemente perfetto.
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L'esultanza belga dopo il gol di Lukaku |
Il match più intenso e spettacolare di Brasile 2014 va in scena a Salvador, dove Belgio e Stati Uniti chiudono il tabellone degli ottavi di finale onorando l'appuntamento iridato con una prestazione destinata a restare negli annali.
In particolare, i talentuosi Diavoli Rossi allenati da Marc Wilmots finalmente giocano a briglia sciolta, dopo le tre vittorie del primo turno, meno convincenti sul piano del gioco. Stavolta, invece, in spazi più ampi, mostrano per la prima volta sul suolo brasiliano tutto il loro strapotere tecnico, reso ancora più devastante da una varietà di soluzioni da far invidia a tante nazionali ben più blasonate. E, a partire dall'affascinante quarto di finale contro l'Argentina, si ripropongono con forza come possibile sorpresa del torneo, persino in chiave di vittoria finale. Quella del Belgio attuale, infatti, è davvero una "generazione d'oro", perché soltanto così si può definire una nidiata di talenti che comprende, in contemporanea, Hazard, Mertens, De Bruyne, Witsel, Fellaini, Origi, Lukaku, Courtois, Kompany, Vertonghen (e potrei aggiungerne ancora). Non è un caso che, ogni volta che Wilmots fa un cambio, riesca a rovesciare una partita, tanto numerose sono le soluzioni sulle quali può contare in panchina.
Accade lo stesso anche contro gli Stati Uniti, quando il tecnico decide di sostituire un Origi fin lì molto positivo con la maggiore delusione belga del torneo: il centravanti dell'Everton, di proprietà del Chelsea, Romelu Lukaku. Siamo all'inizio dei tempi supplementari, dopo che per 90 minuti abbondanti le due squadre si sono affrontate a viso aperto, con grinta e in velocità, col Belgio a bombardare letteralmente gli americani (e il portiere Howard migliore in campo) e con questi ultimi a ripartire in contropiede in maniera sempre pericolosa. Lukaku entra e, in pochi minuti, distrugge le resistenze avversarie con un assist per Kevin De Bruyne e un bel gol personale: due giocate di pura potenza atletica, 2-0 e tutto sembra deciso.
Peccato, però, che nessuno abbia avvertito gli Stati Uniti, che riescono a risorgere dal baratro atletico nel quale parevano calati e schiacciano il Belgio nella sua metà campo, alla ricerca di qualcosa che avrebbe dell'incredibile. Così, al minuto 107, il neoentrato Julian Green (giovanili del Bayern Monaco) dimezza lo svantaggio. Dopo sessanta secondi, il leader "Terminator" Jones sfiora il 2-2. Al minuto 114, Courtois si immola sulle gambe di Dempsey e salva la sua porta. Tre minuti dopo, ancora Jones spara alto sulla traversa. E allo scadere il giovane Yedlin - un terzino destro fortissimo, da comprare immediatamente - svirgola a lato.
Sconfitti sul campo da una squadra più forte di loro, gli Stati Uniti confermano, comunque, la crescita dell'intero movimento calcistico d'Oltreoceano e dicono una parola chiara sul notevole lavoro che Jurgen Klinsmann sta portando avanti da quando siede sulla panchina della squadra. Alle già note capacità fisico-atletiche, infatti, gli americani iniziano ad abbinare significative conoscenze tattiche, una certa esperienza internazionale e una serie di individualità di spicco, giovanissime e, pertanto, destinate a crescere ancora in futuro. Mentre si attende ancora l'esplosione del calcio africano, non è che la nuova frontiera del calcio internazionale passi proprio per gli Stati Uniti?
Il tabellone dei quarti di finale
- Venerdì 4 luglio, ore 18 italiane, a Rio de Janeiro: Francia - Germania.
- Venerdì 4 luglio, ore 22 italiane, a Fortaleza: Brasile - Colombia.
- Sabato 5 luglio, ore 18 italiane, a Brasilia: Argentina - Belgio.
- Sabato 5 luglio, ore 22 italiane, a Salvador: Olanda - Costa Rica.
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speciale mondiali 2014
lunedì 30 giugno 2014
brasile 2014: il mio "diario mondiale" della prima fase
Di Diego Del Pozzo
28 giugno (la mia top 11 della prima fase)
In attesa degli ottavi di finale di Brasil 2014, ecco la mia Top 11 del primo turno, schierata col 4-2-3-1: Ochoa (Messico); Zuniga (Colombia), Marquez (Messico), Godin (Uruguay), Rojo (Argentina); Mascherano (Argentina), Arànguiz (Cile); Messi (Argentina), Rodriguez (Colombia), Neymar (Brasile); Muller (Germania); allenatore: Pinto (Costa Rica). E, a proposito di graduatorie, mi fa piacere che la FIFA abbia votato James Rodriguez della Colombia come miglior giocatore della fase a gironi del torneo. Verdetto che avevo anticipato (come mio personale) già qualche giorno fa.
Qui di seguito, potete leggere la prima parte del mio personalissimo "diario mondiale", assemblato mettendo semplicemente in rigoroso ordine cronologico i post con i quali, sulla mia bacheca di Facebook, ho commentato in questi giorni l'evolversi della Coppa del Mondo 2014 in corso di svolgimento in Brasile.
Questa prima parte del mio "diario" va dal 9 al 28 giugno e copre tutta la prima fase del Mondiale.
Buona lettura!
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Questa prima parte del mio "diario" va dal 9 al 28 giugno e copre tutta la prima fase del Mondiale.
Buona lettura!
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9 giugno (sulla convocazione di Lorenzo Insigne)
Trovo davvero stravagante l'atteggiamento dei media italiani nei confronti di Lorenzo Insigne, passato in pochi mesi da talento di punta del nuovo calcio italiano a "convocato a sorpresa" (ma di chi?) per i Mondiali brasiliani, col dualismo creato a tavolino tra lui e lo sfortunato Giuseppe Rossi.
Quando è integro, quest'ultimo - mi preme chiarirlo subito - è certamente uno tra i migliori attaccanti di Serie A, pur non essendo un campione. In Brasile, comunque, sarebbe stato titolare.
Su Insigne, però, trovo insopportabile l'atteggiamento sminuente dei media italiani: a Sky, per esempio, stanno ancora piangendo per la sua convocazione "a sorpresa". Ecco, invece io credo che non vi sia stata nessuna sorpresa: Insigne fa parte dell'attuale gruppo della Nazionale da due anni e dopo il Mondiale prenderà definitivamente il posto di Cassano per molti anni. Vi sarebbe stata sorpresa in caso di mancata convocazione. E, in ogni caso, per me Prandelli lo ha sempre tenuto tra i 23 per il Brasile, non lo ha scelto in alternativa a Rossi e lo avrebbe portato anche se Pepito fosse stato sano, lasciando a casa un centrocampista (Aquilani).
Le caratteristiche di Lorenzo Insigne - cresciuto enormemente quest'anno con Benitez - le ha riassunte molto bene, lo scorso autunno, Arsène Wenger prima del match di andata di Champions tra Arsenal e Napoli: "Insigne mi piace molto. È un giocatore fantastico, perché abbina alla grande tecnica e velocità una resistenza fuori dal comune, che gli permette di coprire 60 metri di campo". E, infatti, i Gunners hanno appena offerto al Napoli 21 milioni di euro per acquistarlo.
Credo che Prandelli sappia molto bene quanto potranno tornargli utili le suddette caratteristiche di Lorenzinho nel caldo afoso brasiliano.
13 giugno (Brasile - Croazia 3-1)
Pletikosa sembra il nome di una malattia rara della pelle ("Cara, ho la Pletikosa..."). Certo non è il cognome di un portiere di calcio. Così, nel match inaugurale dei Mondiali, un'ottima Croazia ha preso appena tre gol dal favoritissimo (ma piuttosto mediocre) Brasile, nonostante la scelta incomprensibile di giocare senza portiere. E uno dei tre gol è arrivato grazie a un calcio di rigore inesistente. A proposito, avviso per le altre 31 squadre partecipanti: in area di rigore, i giocatori del Brasile non vanno nemmeno sfiorati.
13 giugno (Messico - Camerun 1-0)
In Messico-Camerun c'è un guardalinee visionario: ha annullato due gol regolari agli increduli messicani, per due fuorigioco inesistenti. Mah...
Per vincere 1-0, il Messico ha dovuto segnare tre reti.
13 giugno (Spagna - Olanda 1-5)
Stasera Olanda mazzarriana con la difesa a tre, due terzini come laterali, un centrocampo con due medianacci più Sneijder alla Hamsik e davanti Robben (Lavezzi) e Van Persie (Cavani).
Non c'è più religione... E non ci sono più gli olandesi di una volta...
Comunque, Olanda compattissima col suo inedito 3-5-1-1 e atleticamente superiore; Spagna presuntuosa, fisicamente svuotata e men che mediocre: incredibile ma logico il 5-1 finale!!!
14 giugno (Cile - Australia 3-1)
La vera partita "di culto" di oggi è stata certamente Cile - Australia, due squadre che corrono e hanno voglia, la prima molto tecnica e un po' leziosa, la seconda rozza e grintosa. Nottata divertente!
Alla fine, la maggiore qualità dei cileni ha pagato: 3-1 finale.
15 giugno (Inghilterra - Italia 1-2)
Bella partita tra Italia e Inghilterra, con gli azzurri meglio preparati atleticamente, rispetto agli inglesi, per fronteggiare le impossibili condizioni climatiche di Manaus.
Adesso, con questa vittoria per 2-1 e il sorprendente 3-1 della Costa Rica sull'Uruguay, il gruppo si fa interessantissimo...
16 giugno (Argentina - Bosnia Erzegovina 2-1)
Il cioccolatino del Pipita per Leo è una ghiottoneria per palati raffinatissimi...
17 giugno (Germania - Portogallo 4-0)
Cristiano Ronaldo avrebbe bisogno di un contorno più degno. Mica può vincere ogni volta le partite da solo...
17 giugno (Iran - Nigeria 0-0)
Soltanto chi ha passato una serata appresso a Iran - Nigeria e poi ha fatto le due di notte per guardarsi Ghana - Stati Uniti può dire di stare davvero seguendo i Mondiali di calcio...
17 giugno (Belgio - Algeria 2-1)
Bel terzino sinistro, questo Ghoulam. Ma dove gioca?
17 giugno (Belgio - Algeria 2-1)
Davvero bravo questo Mertens. Ha cambiato la partita del Belgio. Ma dove gioca?
18 giugno (spot & media)
Anche se dovesse essere eliminato al primo turno, l'Uruguay è stato protagonista della pubblicità più bella e raffinata del Mondiale: per intenditori la divertente rievocazione del "Fantasma del 1950".
18 giugno (Australia - Olanda 2-3)
Partita con tanti rovesciamenti di fronte e mille emozioni. Ottimi gli australiani, ma olandesi a 6 punti con 8 gol fatti in due match. E a proposito: Tim Cahill - che chiude oggi il suo Mondiale - non era vecchio? Però, per favore, adesso ridatemi l'Olanda in maglia arancione. Ok?
18 giugno (Spagna - Cile 0-2)
Cile flipper e bellissimo 1-0 di Edu Vargas ai campioni del mondo in carica!
Al fischio finale, poi, Spagna - Cile 0-2 e campeones iberici clamorosamente eliminati dopo sole due partite: fallimento su tutti i fronti!
In quanto allo spettacolare Cile di Jorge Sampaoli, si qualifica già per gli ottavi di finale, assieme all'Olanda (con la quale si giocherà il primo posto nel girone), ma soprattutto è nettamente la squadra più bella e interessante vista finora in Brasile: super-tecnica, velocissima, grintosa, atleticamente inesauribile, tatticamente all'avanguardia (con un solo difensore di ruolo e interscambi continui tra tutti i giocatori). Questo Cile può fare paura a tutti.
19 giugno (Uruguay - Inghilterra 2-1 / Colombia - Costa d'Avorio 2-1)
Luis Suarez irrompe nel Mondiale con la forza del predestinato: bellissima doppietta nella vittoria per 2-1 di un rinato Uruguay (con un grande Cavani) su una Inghilterra praticamente eliminata.
E, intanto, nell'altro big match (davvero intenso e spettacolare) la Colombia batte 2-1 la Costa d'Avorio e dimostra che, se tutto va bene, può seriamente provare a vincere il Mondiale, perché è una squadra completa e molto forte. Finora, comunque, James Rodriguez è il miglior giocatore del torneo.
Come volevasi dimostrare, quest'anno le sudamericane saranno grandi protagoniste fino alla fine.
20 giugno (durante Italia - Costarica)
Capisco il tifo, capisco il giornalismo embedded, ma come fa Fabio Caressa, durante la telecronaca di Italia - Costa Rica su Sky Sport, a dire che il fallo di Chiellini su Campbell non c'era? Diciamolo che era rigore netto e che l'arbitro ha dato una mano all'Italia! Suvvia, non facciamoci sempre conoscere!
Comunque, contro i centroamericani è durissima: corrono e sono molto tecnici. Nel secondo tempo, spero che Prandelli cambi il lentissimo Thiago Motta e Marchisio con Verratti e Insigne e passi dal 4-1-4-1 (con Balotelli troppo solo in attacco) al 4-3-3 (con tridente Candreva-Balotelli-Insigne).
Vediamo un po'...
20 giugno (Italia - Costa Rica 0-1)
"Ticos" già qualificati dopo due partite, in un girone nel quale avrebbero dovuto fare gli agnelli sacrificali e che, invece, finora hanno dominato.
Azzurri sulle gambe fin dall'inizio. Poco lucidi, sempre in ritardo sul pallone, costantemente in fuorigioco, incapaci di costruire un'occasione da gol per tutto il secondo tempo. Incomprensibili le scelte iniziali di Prandelli, che s'affida a un Thiago Motta "bollito", a un Abate semplicente non all'altezza e sottovaluta la stanchezza di Candreva e Marchisio, spompati dopo gli sforzi del match con l'Inghilterra. In attacco, poi, Balotelli è troppo solo nel primo tempo e troppo nervoso (e stanco) nel secondo.
Detto ciò, il Costa Rica gioca una bellissima partita, tatticamente perfetta (con l'ottimo commissario tecnico colombiano Jorge Luis Pinto che "incarta" Cesare Prandelli) e arricchita da alcune individualità di spicco, da Bolaños a Campbell, dal centrale di difesa Gonzalez al portiere Navas fino al match-winner Bryan Ruiz, capitano vero e giocatore davvero totale.
Adesso, con un giorno di riposo in meno, l'Italia è costretta a giocarsi la qualificazione nello scontro diretto con l'Uruguay di Cavani e Suarez, campione del Sudamerica in carica. In bocca al lupo. Ce ne sarà bisogno.
22 giugno (Germania - Ghana 2-2)
Ennesima grande partita proposta dal Mondiale brasiliano, con due squadre forti e preparate che si sono affrontate a viso aperto e in velocità, senza tatticismi ma con l'unico obiettivo di prevalere l'una sull'altra.
Peccato per i brasiliani d'Africa, che avevano rimontato il gol di svantaggio dei tedeschi (da 0-1 a 2-1) e che con la vittoria si sarebbero rilanciati con forza per la qualificazione agli ottavi. Col pareggio, invece, la Germania mette una seria ipoteca sul primato nel girone, mentre il Ghana dovrà battere il Portogallo e attendere il risultato di Stati Uniti - Germania.
22 giugno (in attesa di Italia - Uruguay)
Le grandi europee: i tempi di recupero sono un problema serio. E, in vista di Italia - Uruguay, nessun commentatore fa notare come i sudamericani abbiano anche un giorno di riposo in più. La vedo quasi impossibile.
22 giugno (dubbi su Francia e Olanda)
Finora la Francia ha giocato contro la Svizzera e contro l'Honduras ridotto in 10 uomini dopo mezz'ora. L'Olanda ha giocato contro la Spagna di questi Mondiali e ha faticato contro l'Australia. Vediamo se riesce a tenere il ritmo del Cile.
22 giugno (Belgio - Russia 1-0)
Oggi il Belgio schiera, contro la Russia, la formazione migliore fin dall'inizio. Però, nonostante ciò, delude moltissimo.
Nel primo tempo, infatti, è tenuto in piedi da Mertens. Nel secondo, invece, non produce praticamente nulla fino a 10 minuti dalla fine. Poi, in quegli ultimi 10 minuti, Eden Hazard (fin lì il peggiore in campo) decide di iniziare a giocare. E, come fanno i fuoriclasse, decide la partita mettendo il diciannovenne Origi (ottimo centravanti!) da solo davanti alla porta: 1-0 e Belgio qualificato con 6 punti in due match.
In quanto alla Russia, evidentemente nemmeno la "Cura Capello" è servita per darle più grinta, voglia e cuore: solita squadretta pallida, ormai quasi eliminata.
22 giugno (Corea del Sud - Algeria 2-4)
Intanto, l'Algeria distrugge la Corea del Sud: 3-0 persino stretto dopo il primo tempo, leggera reazione coreana nel secondo, 4-2 al fischio finale.
Belgio matematicamente primo nel girone, con la seconda qualificata che uscirà dall'interessante Algeria - Russia.
22 giugno (Argentina - Iran 1-0: Messi c'è!)
La notizia "mondiale" più rilevante del week-end, a mio avviso, è certamente quella che riguarda il nuovo status di Leo Messi con la maglia dell'Argentina. Finalmente, infatti, il giocatore più forte del mondo (assieme a Cristiano Ronaldo) ha mostrato di essere decisivo anche quando indossa la camiseta albiceleste della sua nazionale e non soltanto quella blaugrana del Barcellona.
In un match pessimo dell'Argentina, che sabato contro l'Iran avrebbe probabilmente addirittura meritato di perdere, Messi ha saputo sbloccare e decidere il risultato nel recupero del secondo tempo, con un'azione individuale degna della sua classe. Così, al novantunesimo minuto, 1-0 e Argentina già qualificata per gli ottavi. E va ricordato che sempre Messi aveva siglato il decisivo 2-1 nel precedente match vinto contro la Bosnia. In totale, dunque, due suoi gol hanno portato ben sei punti alla nazionale della quale è anche capitano.
E, in attesa di trovare gioco e automatismi, se l'Argentina può giovarsi del vero Leo Messi allora sono davvero dolori per tutti.
23 giugno (Olanda - Cile 2-0)
Giocare contro questa Olanda è davvero difficile: squadra tosta e solida, compatta, poco spettacolare, persino catenacciara, capace di far giocare malissimo i propri avversari e di proporre un calcio lontanissimo dalla gloriosa tradizione oranje, anche tatticamente, grazie a un incredibile 5-3-2 che scherzando (ma non troppo!) avevo definito "mazzarriano". Certo che, se pratichi un gioco difesa e contropiede e hai Robben che riparte a tutta velocità, allora le cose vengono quasi da sé...
Comunque, tra un calcione e l'altro e un paio di sviste arbitrali, anche il Cile di Jorge Sampaoli è caduto nelle trappole tattiche di quel vecchio volpone di Louis Van Gaal, che grazie ai gol dei subentrati Memphis Depay (ottimo!) e Fer ha portato a casa la terza vittoria su tre partite (2-0) e il conseguente primato nel difficile girone B del Mondiale brasiliano. I cileni, qualificatisi come secondi, troveranno probabilmente il Brasile agli ottavi di finale. La Spagna campione del mondo e d'Europa in carica torna a casa salutando il torneo con un netto 3-0 sulla povera Australia (gol di Villa, Torres e Mata; esordio iridato di Pepe Reina in porta, senza subire reti).
24 giugno (Camerun - Brasile 1-4 / Croazia - Messico 1-3)
I primi due ottavi di finale di questo bellissimo Mondiale brasiliano sono Brasile-Cile e Olanda-Messico. Nel turno conclusivo del girone, infatti, i padroni di casa hanno spazzato via, 4-1 con doppio Neymar Jr., un Camerun davvero deludente, che chiude il torneo senza punti all'attivo e con ben 9 reti subite (3 a partita!). Il Messico, da parte sua, ha disposto a proprio piacimento della Croazia (3-1), chiudendo il match nel corso di un grandissimo secondo tempo, disputato a velocità supersonica, con notevole intensità e trame offensive davvero spettacolari.
Nonostante la squillante vittoria, però, il Brasile anche stasera ha mostrato ancora i problemi già evidenziati nelle precedenti gare: amnesie difensive, difficoltà a costruire gioco con i centrocampisti e un attacco nel quale, in pratica, gioca il solo Neymar, peraltro in gran forma. Vedremo se basterà contro l'organizzazione tattica e il moto perpetuo del Cile di Jorge Sampaoli.
In quanto al Messico (campione olimpico in carica), sarà interessante vederlo in azione, con la sua tecnica e freschezza atletica, opposto al cinismo, ai tatticismi e alla fisicità dell'Olanda di Van Gaal, la quale in evidente contrasto con la propria tradizione calcistica pare ormai essersi specializzata nel far giocare male gli avversari, come una catenacciara qualsiasi.
Finora, comunque, dai primi due gironi si sono qualificate per gli ottavi di finale due squadre sudamericane, una centroamericana e soltanto un'europea. Tenendo presente che anche Colombia, Argentina e Costa Rica sono già qualificate, la tendenza mi sembra chiarissima. E preoccupante in vista della decisiva Italia-Uruguay di domani.
24 giugno (Italia - Uruguay 0-1: lo sfogo di Buffon)
"Questo è il giorno di un fallimento ed è inutile negarlo. Abbiamo perso due partite senza fare nemmeno un gol e senza creare troppe occasioni. Dunque, siamo stati eliminati meritatamente": sono le parole di Gianluigi Buffon, il capitano della nazionale italiana. Le sue frasi, pronunciate con l'enorme amarezza e delusione di chi un Mondiale ha saputo vincerlo, devono far riflettere, così come queste altre, dette subito dopo e riferite in particolare ai compagni più giovani e meno esperti, quasi tutti rivelatisi inadeguati alla prova dei fatti: "Chiederei a qualcuno di riflettere meglio prima di emettere giudizi su calciatori definiti vecchi troppo frettolosamente. Quando c'è da tirare la carretta, infatti, i vari De Rossi, Pirlo, Barzagli, Buffon sono sempre lì. E credo che bisognerebbe dare i meriti giusti a chi, poi, se li guadagna sul campo, perché quando si va in campo bisogna fare". Ogni riferimento ai vari Balotelli e coetanei non è puramente casuale, a riprova di un ambiente interno niente affatto sereno e con parecchie divisioni striscianti tra i vari clan.
24 giugno (Italia - Uruguay 0-1: i motivi della sconfitta)
Mentre si continua a urlare al morso di Luis Suarez su Chiellini e all'ingiusta espulsione di Marchisio (che, secondo me, invece, non doveva entrare in quel modo per provare a proteggere il pallone, con i tacchetti alti a colpire il ginocchio dell'avversario, col rischio di spezzarglielo) vorrei concentrarmi su alcuni semplici concetti che, invece, dopo la seconda eliminazione consecutiva dell'Italia al primo turno di un Mondiale in seguito alla sconfitta per 1-0 con l'Uruguay, a mio avviso dovrebbero essere messi maggiormente in evidenza:
1) in questa partita, Buffon ha effettuato una doppia parata decisiva nel primo tempo e un'altra, notevolissima, nel secondo; più un altro tiro a lato di Rodriguez dopo bell'inserimento in area italiana, per un totale di quattro pericolose occasioni da gol a favore dell'Uruguay;
2) di contro, l'Italia non ha mai tirato pericolosamente in porta (!!!);
3) su Cavani c'era un fallo nettissimo da rigore (di Bonucci) non visto dall'arbitro né dai suoi assistenti;
4) il commissario tecnico italiano Cesare Prandelli - che si è appena dimesso, ammettendo il fallimento del suo progetto tecnico - è stato "incartato" tatticamente per la seconda volta consecutiva dal diretto avversario (prima da Pinto della Costa Rica, oggi dal "Maestro" Tabarez dell'Uruguay);
5) lo stesso Prandelli ha mostrato, fin dalle convocazioni, di avere poche idee ma confusissime (quel Thiago Motta schierato al posto di Verratti contro la Costa Rica grida ancora vendetta, così come il "fantasma" di Cassano inspiegabilmente portato in Brasile o, più in generale, le cervellotiche riletture tattiche prandelliane dell'ultimo mese);
6) la preparazione atletica sarà stata anche accurata (il trentacinquenne Pirlo, in effetti, oggi correva ancora al novantesimo minuto), ma le motivazioni e il cuore del gruppo erano ai minimi livelli;
7) il livello tecnico medio del calcio italiano di oggi è davvero bassissimo;
8) il peso "politico" della Federazione italiana (pallidissima, col presidente Abete che a sua volta si è appena dimesso) è ancora più basso (e si spiega soltanto così una squadra quattro volte campione del mondo mandata a giocare prima in Amazzonia e poi, unica tra le grandi, per due volte consecutive alle ore 13 brasiliane: il peso "politico" si vede anche da queste cose).
Ps: Comunque, come era facile prevedere, Italia-Uruguay è stato un match di rara bruttezza.
24 giugno (Italia post-eliminazione: la confusione di Prandelli)
Nonostante lo scadimento attuale del calcio italiano, il Prandelli dell'ultimo mese e mezzo è sembrato in totale confusione, a partire dalle convocazioni assurde. Tutti lo attaccano per aver puntato fino in fondo su Balotelli, ma nessuno fa notare quanto sbagliata e inutile sia stata la convocazione del fantasma di Cassano, per non parlare di quelle di un Abate non all'altezza e di due scarti di altre nazionali come Paletta e Thiago Motta. A questo gruppo, sarebbero servite la freschezza atletica e la duttilità tattica di Florenzi, la corsa di Maggio, l'esperienza in area di rigore di Gilardino, probabilmente anche la classe di un Pepito Rossi a mezzo servizio. E ho citato soltanto questi quattro nomi, perché sono quattro titolari della nazionale italiana dell'ultimo biennio, accantonati senza garbo all'ultimo secondo.
Ovviamente, anche con loro l'Italia non sarebbe andata lontano, ma forse avrebbe almeno evitato l'umiliazione della seconda eliminazione consecutiva al primo turno di un Mondiale.
24 giugno (Italia post-eliminazione: si dimettono Pradelli e Abete)
Ah, a proposito, si è dimessa anche Alena Seredova.
24 giugno (Mondiale geometrico)
Dopo l'eliminazione dell'Italia, serata mondiale all'insegna della geometria con Giappone - Colombia, cioè Okubo contro Cuadrado!
25 giugno (Giappone - Colombia 1-4)
A parte gli scherzosi giochi di parole a tema geometrico (Okubo-Cuadrado), Giappone - Colombia 1-4 ha ribadito la forza dei sudamericani, che schierando le seconde linee (si fa per dire, vista la loro qualità) hanno schiantato anche la squadra di Zaccheroni e hanno chiuso il loro girone da primi in classifica a punteggio pieno. Negli ottavi di finale, al Maracanà, li attende un derby affascinante con l'Uruguay "killer" dell'Italia.
Per ora, mi sento di ribadire con convinzione quanto già scritto nei giorni scorsi, cioè che, fino a questo momento, il miglior giocatore del Mondiale appartiene proprio alla Colombia: si tratta del talentuoso quasi ventitreenne centrocampista offensivo James Rodriguez, che sta imprimendo il proprio marchio sul torneo a furia di gol, assist e giocate d'alta scuola.
Nell'altro match del girone, invece, la talentuosa ma incompiuta Costa d'Avorio ha fallito miseramente una qualificazione ampiamente alla sua portata, facendosi battere 2-1 (con rigore decisivo al 93') da una Grecia solida, compatta e ottimamente messa in campo, commovente per il cuore messo in quest'ultima partita. Trascinati dalla premiata ditta Samaris & Samaras (autori dei due gol), gli ellenici hanno meritato la qualificazione agli ottavi, dove arrivano per la prima volta nella loro storia e dove sfideranno l'altra sorpresa del torneo, la Costa Rica vincitrice del girone dell'Italia.
Finora, il tabellone degli ottavi di finale prevede Brasile - Cile, Olanda - Messico, Costa Rica - Grecia e Colombia - Uruguay. Da notare che, comunque vada, limitatamente a questi primi accoppiamenti, due squadre sudamericane sono già sicure di passare ai quarti di finale.
25 giugno (Italia post-eliminazione: commenti)
A proposito del fallimento dell'Italia al Mondiale brasiliano, condivido e sottoscrivo quanto detto da un osservatore acuto come Gianfranco Teotino stanotte su Sky Sport: "Il problema non è soltanto la gestione di questo Mondiale, ma un modello di sviluppo del calcio italiano che, negli ultimi quindici anni, ci sta portando alla rovina".
25 giugno (Italia post-eliminazione: l'anno zero)
Vivai e settori giovanili abbandonati a se stessi, stadi fatiscenti, tifosi perbene sempre meno tutelati, curve in mano alla violenza ultrà, società schiave unicamente degli introiti delle televisioni, dirigenti papponi e inadeguati a tutti i livelli, allenatori sempre meno attenti alla tecnica e interessati solo a sterili tatticismi (la tattica è un'altra cosa), assenza totale di etica e di sguardo verso il futuro.
26 giugno (Nigeria - Argentina 2-3)
L'Argentina sta crescendo costantemente (ieri miglior match del suo torneo, nella vittoria per 3-2 sulla Nigeria) e si qualifica come prima nel suo gruppo con tre successi in altrettante partite. Leo Messi, autore di una doppietta contro le Super-aquile nigeriane, è già arrivato a 4 gol (capocannoniere assieme al brasiliano Neymar, suo compagno a Barcellona). Se continua così (e se entra in forma anche Higuain), ne vedremo delle belle.
Intanto, definiti altri due ottavi di finale: Argentina-Svizzera e Francia-Nigeria.
26 giugno (Italia post-eliminazione: un ambiente spaccato nel ritiro azzurro)
Le scomode verità iniziano a emergere...
26 giugno (Italia post-eliminazione: il capro espiatorio)
Questo tiro a Balotelli è davvero stucchevole. Ma il Paese, ormai, ha individuato il capro espiatorio...
26 giugno (durante gli inni nazionali di Stati Uniti - Germania 0-1)
Jurgen Klinsmann, da autentico cittadino del mondo e spirito libero, non si fa mancare nulla e, prima di Stati Uniti - Germania, canta entrambi gli inni nazionali: quello del Paese d'adozione che gli ha affidato la guida della squadra nazionale e quello della sua terra d'origine, oggi avversaria sul campo di gioco. Bel personaggio, Klinsmann...
27 giugno (Stati Uniti - Germania 0-1 / Portogallo - Ghana 2-1)
Ieri Germania e Stati Uniti hanno risposto con correttezza a quegli italioti che, da giorni, parlavano di possibile "biscotto" tra gli amiconi Klinsmann e Loew: i tedeschi non hanno guardato in faccia nessuno e hanno vinto la partita, gli americani hanno rischiato di essere eliminati. Peccato, però, per un Cristiano Ronaldo arrivato letteralmente a pezzi al Mondiale. Così, anche il Portogallo saluta già al primo turno.
27 giugno (Corea del Sud - Belgio 0-1 / Algeria - Russia 1-1)
Il Belgio fa sul serio anche giocando maluccio. Vedremo più avanti. Intanto, la pallidissima Russia di Capello è giustamente e logicamente eliminata dalla grande voglia e fisicità della... Francia 2. Pardòn, dell'Algeria. Comunque, scherzi a parte, il movimento calcistico francese, in pratica, porta due nazionali agli ottavi di finale. E questa cosa dovrebbe far riflettere...
28 giugno (dopo la prima fase: una statistica interessante)
28 giugno (dopo la prima fase: una statistica interessante)
Dopo il primo turno di Brasil 2014, il
giocatore più preciso è Javier Mascherano dell'Argentina: su 278
passaggi ne ha completati (cioè, non ne ha sbagliati) l’89,4 per cento; e
non si tratta soltanto di tocchettini a un metro di distanza, dato che i suoi passaggi sono stati per il 14 per cento "corti", il 69 per cento "medi" e il 17 per cento lunghi.
Capito perché Rafa Benitez - a parte le indiscusse doti di leadership, che lo hanno fatto soprannominare "El jefecito" fin dalle squadre giovanili - lo voleva a tutti i costi a Napoli?
28 giugno (il tabellone degli ottavi di finale)
Oggi iniziano gli ottavi di finale del bellissimo Mondiale 2014 di calcio. Si comincia con due bollenti derby sudamericani: Brasile - Cile e Colombia - Uruguay. E si prosegue con Olanda - Messico e Costa Rica - Grecia (domani), Francia - Nigeria e Germania - Algeria (lunedì), Argentina - Svizzera e Belgio - Stati Uniti (martedì).
Capito perché Rafa Benitez - a parte le indiscusse doti di leadership, che lo hanno fatto soprannominare "El jefecito" fin dalle squadre giovanili - lo voleva a tutti i costi a Napoli?
28 giugno (il tabellone degli ottavi di finale)
Oggi iniziano gli ottavi di finale del bellissimo Mondiale 2014 di calcio. Si comincia con due bollenti derby sudamericani: Brasile - Cile e Colombia - Uruguay. E si prosegue con Olanda - Messico e Costa Rica - Grecia (domani), Francia - Nigeria e Germania - Algeria (lunedì), Argentina - Svizzera e Belgio - Stati Uniti (martedì).
Già a casa, meritatamente, nazionali blasonate e/o molto attese come Spagna, Inghilterra, Italia, Portogallo, Russia, Croazia, Costa d'Avorio, Ghana, Camerun, Giappone.
28 giugno (la mia top 11 della prima fase)
In attesa degli ottavi di finale di Brasil 2014, ecco la mia Top 11 del primo turno, schierata col 4-2-3-1: Ochoa (Messico); Zuniga (Colombia), Marquez (Messico), Godin (Uruguay), Rojo (Argentina); Mascherano (Argentina), Arànguiz (Cile); Messi (Argentina), Rodriguez (Colombia), Neymar (Brasile); Muller (Germania); allenatore: Pinto (Costa Rica). E, a proposito di graduatorie, mi fa piacere che la FIFA abbia votato James Rodriguez della Colombia come miglior giocatore della fase a gironi del torneo. Verdetto che avevo anticipato (come mio personale) già qualche giorno fa.
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speciale mondiali 2014
domenica 29 giugno 2014
serie a 2013-2014: il bilancio del napoli di rafa benitez
Di Diego Del Pozzo
Mentre i Mondiali brasiliani entrano nel vivo, voglio tornare di qualche settimana indietro nel tempo per archiviare definitivamente la stagione per club 2013-2014 facendo un bilancio, a freddo, dell'annata vissuta dal Napoli di Rafa Benitez, al suo primo anno sulla panchina azzurra.
Ebbene, Benitez - che in risposta ai detrattori, durante i mesi invernali, ripeteva continuamente che "i conti si fanno alla fine" - ha eguagliato il record di punti nella storia del Napoli in Serie A, 78, vincendo però nella stessa stagione la Coppa Italia (e, a tale proposito, quest'anno in Italia hanno vinto un trofeo soltanto Juventus e Napoli: per gli altri, iperpubblicizzata Roma compresa, "zeru tituli") e terminando un complicatissimo girone di Champions League con 4 vittorie su 6 match e 12 punti in classifica, alla pari con le qualificate Borussia Dortmund e Arsenal. Sì, sto parlando proprio di quella stessa Champions League che, secondo il precedente allenatore, portava via tra i 10 e i 15 punti in classifica in campionato. E ha fatto tutto ciò con una squadra quasi totalmente rinnovata e con un nuovo sistema di gioco, grazie al quale il Napoli ha segnato 104 gol in stagione, altro record societario.
L'aspetto divertente è che c'è persino chi ha storto la bocca, di fronte a questi risultati, perché il Napoli sarebbe passato dal secondo posto dello scorso anno al terzo di quest'anno, cosa che, in effetti, lo costringerà a disputare i fastidiosi preliminari della prossima Champions League in pieno agosto (unico inconveniente derivante da questa annata). A parte i distinguo che ho elencato poco più su, però, mi pare piuttosto evidente che, in futuro, sarà difficilissimo se non impossibile rivedere una Juventus da 102 punti, anche perché è una squadra abbastanza vecchia e a fine ciclo; così come sarà altrettanto difficile che una Roma l'anno prossimo impegnata anche in Champions League e, quindi, con due match a settimana da disputare, possa arrivare nuovamente alla soglia-scudetto degli 85 punti. E come sarà complicatissimo rivedere la sequenza di infortuni che, per almeno due-tre mesi, ha costretto gli azzurri a giocare, in pratica, senza terzini di ruolo (Maggio, Mesto, Zuniga fuori quasi in contemporanea).
Ebbene, Benitez - che in risposta ai detrattori, durante i mesi invernali, ripeteva continuamente che "i conti si fanno alla fine" - ha eguagliato il record di punti nella storia del Napoli in Serie A, 78, vincendo però nella stessa stagione la Coppa Italia (e, a tale proposito, quest'anno in Italia hanno vinto un trofeo soltanto Juventus e Napoli: per gli altri, iperpubblicizzata Roma compresa, "zeru tituli") e terminando un complicatissimo girone di Champions League con 4 vittorie su 6 match e 12 punti in classifica, alla pari con le qualificate Borussia Dortmund e Arsenal. Sì, sto parlando proprio di quella stessa Champions League che, secondo il precedente allenatore, portava via tra i 10 e i 15 punti in classifica in campionato. E ha fatto tutto ciò con una squadra quasi totalmente rinnovata e con un nuovo sistema di gioco, grazie al quale il Napoli ha segnato 104 gol in stagione, altro record societario.
L'aspetto divertente è che c'è persino chi ha storto la bocca, di fronte a questi risultati, perché il Napoli sarebbe passato dal secondo posto dello scorso anno al terzo di quest'anno, cosa che, in effetti, lo costringerà a disputare i fastidiosi preliminari della prossima Champions League in pieno agosto (unico inconveniente derivante da questa annata). A parte i distinguo che ho elencato poco più su, però, mi pare piuttosto evidente che, in futuro, sarà difficilissimo se non impossibile rivedere una Juventus da 102 punti, anche perché è una squadra abbastanza vecchia e a fine ciclo; così come sarà altrettanto difficile che una Roma l'anno prossimo impegnata anche in Champions League e, quindi, con due match a settimana da disputare, possa arrivare nuovamente alla soglia-scudetto degli 85 punti. E come sarà complicatissimo rivedere la sequenza di infortuni che, per almeno due-tre mesi, ha costretto gli azzurri a giocare, in pratica, senza terzini di ruolo (Maggio, Mesto, Zuniga fuori quasi in contemporanea).
La differenza sostanziale tra i 78 punti del Napoli di Mazzarri dello scorso campionato, rispetto ai 78 di questo di Benitez, comunque, risiede in un aspetto semplicissimo: con quel secondo posto, quella squadra aveva chiuso un ciclo che, in quattro anni e mezzo, ha prodotto concretamente una Coppa Italia; questa di Benitez è evidentemente a inizio ciclo, ha ampie possibilità di crescita e in soli 9 mesi ha già raggiunto lo stesso risultato della precedente incarnazione, una Coppa Italia. Il precedente trofeo, però, era probabilmente il massimo raggiungibile; questo rappresenta un evidente punto di partenza.
Merita qualche riga a parte l'esperienza del Napoli di Benitez nella Champions League 2013-2014, partendo dai fatti e dai numeri. Per la prima volta nella storia della Champions League una squadra è stata eliminata nella fase a gironi dopo aver totalizzato addirittura 12 punti, nel caso del Napoli frutto di 4 vittorie su 6 match, raccolte in un raggruppamento durissimo, composto dall'Arsenal che all'epoca stava dominando la Premier League (cioè il campionato più bello e competitivo del mondo), dal sempre scoppiettante Borussia Dortmund vicecampione d'Europa 2012-2013 e da un Olympique Marsiglia poi rivelatosi poco competitivo (ha terminato con sole sconfitte) ma, comunque, in partenza dotato di blasone e di solida tradizione internazionale (ha in bacheca anche una Coppa dei Campioni). Ebbene, in un simile girone, il rinnovato Napoli di Rafa Benitez - ripeto: appena all'alba di un nuovo progetto tecnico-tattico, con sei-sette titolari diversi rispetto allo scorso anno e, soprattutto, con un epocale passaggio, dopo anni, dalla linea difensiva a tre a quella a quattro - ha saputo chiudere a pari punti con tedeschi e inglesi ed è stato eliminato soltanto grazie alla classifica avulsa, dopo essere riuscito a vincere tutti e tre i match casalinghi (2-1 al Borussia, 3-2 al Marsiglia e 2-0 all'Arsenal) e quello in Francia (2-1 al Velodrome), perdendo soltanto a Londra e a Dortmund e, in quest'ultimo caso, con parecchie recriminazioni e anche un pizzico di sfortuna (basti pensare al rigore generoso dato ai tedeschi dopo pochi minuti e agli svarioni difensivi di Armero sul 2-0 e, soprattutto, sul decisivo 3-1). Di più, onestamente, non era lecito chiedere, anche perché sarebbe bastato un pareggio in una delle due gare tra Borussia e Arsenal per fare fuori una delle due e far avanzare gli azzurri.
Negli occhi dei tifosi partenopei, ma anche in quelli dei semplici appassionati, c'è ancora la bellissima prova del Napoli al San Paolo contro la forte squadra di Arsène Wenger, ridotta ai minimi termini dalla ferocia di un pressing altissimo e costante, dai continui aiuti degli esterni d'attacco ai due centrocampisti, da una difesa disposta quasi a centrocampo e sempre pronta a rilanciare l'azione con cambi di gioco profondi e precisi, dal movimento continuo e dai tagli e controtagli degli attaccanti, da una ritrovata solidità mentale generale che ha positivamente influito sull'equilibrio complessivo della formazione di un Benitez che, incurante delle critiche di quel periodo, ha preparato e condotto il match a modo suo e, come volevasi dimostrare, nella singola gara ha avuto ragione.
Riallargando la visuale all'intera stagione, il migliore in assoluto tra gli azzurri versione 2013-2014 è stato certamente José Callejon, autore di ben 15 gol in campionato e 20 totali, ma soprattutto inesauribile sulla fascia di competenza e sempre a suo agio di fronte a qualsiasi avversario. Dopo di lui, collocherei Dries Mertens (11 gol in Serie A e 13 totali) e Gonzalo Higuaìn (17 in campionato e 24 totali), entrambi con ulteriori margini di crescita per il prossimo anno. Ciascuno di questi tre campioni, peraltro, s'è distinto anche per aver servito tanti assist decisivi ai compagni. Tra i più positivi, a mio avviso, vanno inseriti anche un Lorenzo Insigne tatticamente miglioratissimo e atleticamente instancabile, un Pepe Reina leader naturale che andrebbe in tutti i modi riconfermato, un Federico Fernandez enormemente cresciuto grazie alla fiducia dell'allenatore. Da recuperare, ma in futuro tornerà certamente al centro del gioco, il capitano Marek Hamsik.
Insomma, dopo una stagione così, il Napoli targato Rafa Benitez per me è destinato senza ombra di dubbio a crescere ulteriormente.
Riallargando la visuale all'intera stagione, il migliore in assoluto tra gli azzurri versione 2013-2014 è stato certamente José Callejon, autore di ben 15 gol in campionato e 20 totali, ma soprattutto inesauribile sulla fascia di competenza e sempre a suo agio di fronte a qualsiasi avversario. Dopo di lui, collocherei Dries Mertens (11 gol in Serie A e 13 totali) e Gonzalo Higuaìn (17 in campionato e 24 totali), entrambi con ulteriori margini di crescita per il prossimo anno. Ciascuno di questi tre campioni, peraltro, s'è distinto anche per aver servito tanti assist decisivi ai compagni. Tra i più positivi, a mio avviso, vanno inseriti anche un Lorenzo Insigne tatticamente miglioratissimo e atleticamente instancabile, un Pepe Reina leader naturale che andrebbe in tutti i modi riconfermato, un Federico Fernandez enormemente cresciuto grazie alla fiducia dell'allenatore. Da recuperare, ma in futuro tornerà certamente al centro del gioco, il capitano Marek Hamsik.
Insomma, dopo una stagione così, il Napoli targato Rafa Benitez per me è destinato senza ombra di dubbio a crescere ulteriormente.
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domenica 18 maggio 2014
spettacolo liga: l'atletico madrid e gli umani che battono gli dei
Di Diego Del Pozzo
L'impresa più bella e significativa del week-end calcistico, ma direi dell'intera stagione agonistica 2013-2014, l'ha firmata certamente il magnifico Atletico Madrid forgiato pezzo dopo pezzo da quel grandissimo allenatore che s'è dimostrato essere Diego Simeone. Pareggiando 1-1 al Camp Nou, in casa di un Barcellona che era rimasto l'unico rivale nella corsa al titolo spagnolo e che aveva trasformato il match di ieri pomeriggio in un'autentica finale, i Colchoneros sono riusciti, infatti, a conquistare il titolo di campioni di Spagna, 18 anni dopo l'ultimo successo, che vedeva l'attuale tecnico biancorosso leader in campo della compagine guidata allora in panchina dal mitico Radomir Antic.
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La festa dell'Atletico Madrid al Camp Nou |
L'Atletico Madrid merita la Liga 2013-2014, per essere stato in testa alla classifica praticamente per l'intera stagione, annullando grazie a un'organizzazione tattica perfetta e a uno straordinario agonismo e spirito di squadra l'evidente gap tecnico ed economico rispetto ai cugini del Real e a un Barcellona forse un po' declinante ma comunque ancora fortissimo. E merita ancora di più la vittoria finale per come s'è andato a giocare il match decisivo di ieri sul campo della rivale diretta, senza poter contare, in pratica, sui suoi due migliori calciatori, Diego Costa e Arda Turan, entrambi usciti per infortunio nei primi venti minuti. E per la lucidità e il furore agonistico col quale ha saputo rimontare il bellissimo gol blaugrana siglato da Alexis Sanchez, uno svantaggio che in quelle condizioni (anche ambientali, con 100mila tifosi di casa presenti sugli spalti contro soli 447 temerari giunti da Madrid), avrebbe potuto tagliare le gambe a chiunque.
E, invece, dal quarantesimo del primo tempo, i Colchoneros hanno praticamente quasi cancellato dal campo il Barcellona del dimissionario Gerardo "Tata" Martino, annichilito dal pressing feroce e dall'applicazione straordinaria degli undici calciatori biancorossi (ieri in divisa gialla). Il pareggio è stato, dunque, una logica conseguenza di ciò che si stava verificando sul rettangolo verde.
Per tutto il secondo tempo, i calciatori dell'Atletico Madrid mi sono sembrati lupi affamati in cerca di sangue, confermando anche al Camp Nou di essere davvero una grande squadra, che al fischio finale è stata meritatamente salutata dai 100mila tifosi rivali, tutti in piedi ad applaudire con convinzione ed enorme sportività i neo-campioni di Spagna.
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Simeone portato in trionfo dai suoi giocatori |
Va detto che la Liga di quest'anno ha sfatato tutti coloro che la consideravano un torneo noioso dominato dal binomio Barca-Real. Quest'anno, infatti, il trionfo dell'Atletico ha detto una parola chiara sulla questione, ma soprattutto l'intero campionato ha messo in evidenza parecchie altre squadre di grande interesse, dal giovane Athletic Bilbao quarto in classifica e qualificato ai preliminari di Champions League al Siviglia fresco vincitore dell'Europa League, dal sempre solido Valencia al rinato Villarreal, con sorprese continue da tutti i campi e con le grandi tradizionali spesso in difficoltà (e qualche volta sconfitte) in casa delle cosiddette provinciali. Probabilmente, negli anni, il fatto di avere nello stesso torneo le due società e squadre più forti e famose del mondo ha contribuito a innalzare, per tentativi successivi, il livello medio di un campionato che, oggi più che mai, rappresenta degnamente il movimento calcistico campione del mondo e campione d'Europa in carica a livello di squadre nazionali.
Non è un caso che, anche per ciò che concerne i tornei internazionali per club, la Spagna quest'anno l'abbia fatta da padrona, col Siviglia che ha già portato a casa l'Europa League nella finale di Torino contro il Benfica e con le due squadre di Madrid che, sabato prossimo a Lisbona, si contenderanno la Champions League 2013-2014. E, attenzione, finora i numeri dicono che l'Atletico Madrid è stata la squadra migliore anche a livello di ex Coppa dei Campioni. Dunque, nonostante la festa di questi giorni per il fresco titolo spagnolo, gli uomini di Simeone restano comunque pericolosissimi in una partita secca contro un Real Madrid ossessionato dalla "Decima", ma meno abituato dei cugini - sembra paradossale, ma è così - a giocare una finale europea, che ai Blancos manca da 12 anni, mentre dal 2005 a oggi i meno ricchi Colchoneros hanno saputo vincere due volte ciascuna l'Europa League e la Supercoppa Europea.
In ogni caso, vada come vada il derby madrileno di sabato prossimo, fin da ora Diego Pablo "El Cholo" Simeone va considerato senza dubbi l'allenatore dell'anno.
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europa
germania: il bayern monaco di guardiola porta a casa anche la coppa
Stagione di club terminata anche in Germania, dove il Bayern Monaco di Pep Guardiola ha vinto anche la coppa nazionale battendo ieri pomeriggio 2-0 ai tempi supplementari i rivali storici del Borussia Dortmund, con i gol di Robben e Müller.
Così, alla faccia delle polemiche (anche interne) che ne hanno accompagnato la prima annata tedesca, Guardiola chiude la sua stagione d'esordio sulla prestigiosa panchina dei bavaresi con ben quattro trofei in bacheca: Bundesliga, Coppa di Germania, Supercoppa europea e Mondiale per club.
Niente male, Pep...
Qui, il servizio tratto dal sito Gazzetta.it. (d.d.p.)
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europa
inghilterra: dopo 9 anni, l'arsenal torna a vincere la f.a.cup
Di Diego Del Pozzo
Dopo 9 anni di attesa, uno stadio (fantastico e costosissimo) nuovo e tanti giocatori passati sotto i ponti, finalmente l'Arsenal di Arsène Wenger torna ad alzare di nuovo un trofeo, conquistando in rimonta la prestigiosa F.A. Cup contro un coriaceo Hull City, che nella finale di ieri a Wembley riesce a portare i Gunners fino ai tempi supplementari, grazie a un cuore grande così e a una difesa a oltranza.
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Il momento del trionfo |
Dopo soli 8 minuti, addirittura, i volitivi Tigers allenati da Steve Bruce sono avanti a sorpresa 2-0, con le reti dei centrali di difesa Chester e Davies, quasi imitati poco dopo dal loro collega di reparto Alex Bruce (figlio dell'allenatore), il cui colpo di testa viene salvato sulla linea dal provvidenziale intervento di Gibbs, il quale evita un triplo svantaggio che, probabilmente, sarebbe stato non più rimediabile.
Di fronte a questo inizio-shock (non una novità in questa stagione, peraltro), i Gunners decidono che è ora di iniziare a giocare, soprattutto dopo che, pochi minuti più tardi, Cazorla dimezza lo svantaggio con una magnifica punizione dai venticinque metri, sulla quale però il portiere dell'Hull City avrebbe potuto fare certamente meglio. Il secondo tempo diventa un vero e proprio assedio, con l'Arsenal che schiaccia gli uomini di Bruce senior nella loro metà campo - grazie anche all'ingresso di un convincente Sanogo, il quale affianca
Giroud in attacco e dà maggior peso offensivo ai londinesi - fino al pareggio in mischia di Koscielny e a una serie di altre occasioni non trasformate in gol per troppa imprecisione o mancanza di freddezza (clamorosa quella fallita da Gibbs).
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Il gol del definitivo 3-2 di Ramsey |
Al novantesimo è 2-2 e si va, dunque, ai tempi supplementari, dove il canovaccio del match non cambia: Arsenal in attacco e Hull City con dieci uomini, sempre più stanchi, dietro la linea della palla. Così, prima la traversa centrata di testa da Giroud e poi, nel secondo extratime, il bel gol decisivo di Ramsey su imbeccata di tacco dello stesso centravanti francese portano al definitivo 3-2, anche se nel finale un contropiede dell'Hull City fa correre un ultimo brivido lungo la schiena dei supporters biancorossi.
Al fischio finale, la festa può esplodere, fragorosa e irrefrenabile: Wenger conquista l'ennesimo titolo della sua carriera (e sarà ripagato con un nuovo contratto triennale) e i Gunners addolciscono l'amaro in bocca ai loro tifosi per una stagione partita magnificamente anche in Premier League, ma che poi, anche a causa dei troppi infortuni, s'è conclusa col "solito" quarto posto valevole per l'accesso ai preliminari della prossima Champions League.
Al fischio finale, la festa può esplodere, fragorosa e irrefrenabile: Wenger conquista l'ennesimo titolo della sua carriera (e sarà ripagato con un nuovo contratto triennale) e i Gunners addolciscono l'amaro in bocca ai loro tifosi per una stagione partita magnificamente anche in Premier League, ma che poi, anche a causa dei troppi infortuni, s'è conclusa col "solito" quarto posto valevole per l'accesso ai preliminari della prossima Champions League.
In ogni caso, sia come sia, la splendida stagione calcistica inglese 2013-2014 si conclude con due soli allenatori capaci di conquistare concretamente uno tra i vari "tituli" in palio (e una menzione e tanto onore al bellissimo Liverpool di Brendan Rodgers, secondo in campionato): "l'ingegnere" Manuel Pellegrini (vincitore col suo fortissimo Manchester City di Premier League e Coppa di Lega) e mastro Arsène Wenger (trionfatore ieri in F.A. Cup). Il loro nemico storico, José Mourinho, resta desolatamente a "zero tituli", nonostante il tanto urlare che, come sempre, ha caratterizzato anche la stagione del suo ritorno in Inghilterra sulla panchina del Chelsea.
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