sabato 22 febbraio 2014

calcio italiano sempre più indietro: manca l'intensità di gioco...

Di Diego Del Pozzo

Chi ha avuto la fortuna, come me, di gustarsi nel primo pomeriggio di oggi Chelsea-Everton valida per la 27esima giornata di Premier League avrà, probabilmente, compreso con accecante chiarezza perché lo 0-0 del Napoli di giovedì sera in Europa League sul campo dello Swansea debba essere considerato, senza se e senza ma, un ottimo risultato.
Una bella parata di Rafael in Swansea-Napoli 0-0
Ovviamente, rispetto agli avversari europei degli azzurri, i team guidati da José Mourinho e Roberto Martinez sono di un altro livello, ma l'intensità e la velocità con le quali si sono appena affrontati a Stamford Bridge sono le stesse messe in campo giovedì sera dai gallesi e sono nettamente superiori a quelle mostrate ogni settimana dalla quasi totalità delle squadre di Serie A (torneo che, non a caso, un tecnico esperto e giramondo come Fabio Capello ha definito "non allenante" per i match internazionali).
La verità è che nella sempre più declinante Italia del 2014, ormai, si gioca quasi un altro sport, rispetto a quello che va in scena nei principali tornei continentali, a partire dal massiccio utilizzo di un modulo tattico come il 3-5-2 (e sue varianti) che in Europa, invece, non pratica quasi più nessuno, almeno ad alti livelli. In Italia continua a dominare la tattica - e questa è sempre stata una caratteristica tipica della via nostrana al dio pallone - ma, parallelamente, oggi c'è sempre minore attenzione per la tecnica, per la velocità d'esecuzione e, soprattutto, per l'intensità di gioco, principale differenza rispetto al calcio dei "top team" europei inglesi, tedeschi, spagnoli, francesi, persino olandesi.
Ben vengano, dunque, maestri non italiani come Rafa Benitez e Rudi Garcia, portatori di idee nuove e di una mentalità realmente internazionale. Conserviamoceli il più a lungo possibile, perché sono loro a indicare il futuro...
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mercoledì 27 novembre 2013

champions league: malafede catodica dopo borussia-napoli 3-1

Di Diego Del Pozzo

Ieri sera, seguendo in televisione su Sky Sport la triste serata di Champions League di Borussia Dortmund - Napoli 3-1, ho imparato le seguenti cose:
Marco Reus segna il rigore del 1-0
1) Che una squadra forte all'inizio di un nuovo progetto tecnico (Napoli) e un'altra fortissima che gioca assieme da molti anni, con lo stesso allenatore e lo stesso modulo (Borussia Dortmund) sono la stessa cosa;
2) Che Rafa Benitez non sa dare la mentalità internazionale alla propria squadra;
3) Che un rigore ridicolo capace di permettere a una squadra fortissima di impostare il match nel modo desiderato non significa nulla;
4) Che avere due terzini veri per il 4-2-3-1 e avere Armero a sinistra è la stessa cosa;
5) Che il girone di Champions League del Napoli di due anni fa (Bayern Monaco, un Manchester City privo di esperienza internazionale e un Villarreal derelitto e poi retrocesso a fine stagione in Spagna) era più difficile di quello di quest'anno (il miglior Arsenal degli ultimi cinque anni, i vicecampioni d'Europa del Borussia Dortmund e la terza-quarta squadra francese come il Marsiglia): parola di Maurizio Crosetti, firma sportiva de "La Repubblica";
6) Che il Milan ha compiuto un'impresa straordinaria a vincere a Glasgow col fortissimo Celtic;
7) Che Kakà ha compiuto un'impresa straordinaria a segnare quel primo gol di testa, dopo aver convinto i difensori scozzesi a lasciarlo solo a mezzo metro dalla linea di porta;
8) Che il Milan ci ha messo il cuore e qualcosa in più per giocare e vincere anche per il suo presidente contro "tutto quello che gli stanno facendo" (parole testuali di Abbiati, portiere rossonero e dipendente Fininvest);
9) Che, tornando al Napoli, ha deluso perché gli bastava un punticino a Dortmund e non lo ha saputo fare;
10) Che, però, adesso al Napoli "basterà" vincere 3-0 in casa con l'Arsenal per qualificarsi e, dunque, se non ci riuscirà avrà fortemente deluso.
Invece delle tante puttanate che ho sentito ieri nel postpartita di Sky Sport, però, credo che il miglior commento alla situazione del Napoli in Champions sia il seguente, dal sito ufficiale dell'Arsenal: "È incredibile ma è la realtà. Noi dobbiamo ancora finire il lavoro. […] È la prima volta, in più di 150 partite di Champions League giocate, che mi capita un gruppo nel quale con 12 punti a una gara dalla fine non siamo ancora certi della qualificazione". Non le ha pronunciate uno qualunque, ma il grande Arsène Wenger, manager dell'Arsenal da 17 stagioni consecutive. E questo è il miglior riconoscimento alla forza delle altre due rivali del girone, Napoli e Borussia Dortmund, che rischiano di essere eliminate facendo 12 punti. Il resto, per fortuna, sono soltanto chiacchiere da avanspettacolo, fatte in malafede da parte di commentatori in malafede.
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giovedì 31 ottobre 2013

serie a: il napoli ragiona e vince da grande squadra a firenze

Di Diego Del Pozzo

Alcune considerazioni su Fiorentina-Napoli 1-2 di ieri sera:
1) Una volta tanto non si può che essere d'accordo con Massimo Mauro e con quanto detto nel postpartita durante "Sky Calcio Show": Rafa Benitez tiene los cojones esagonales;
2) Il Napoli 2013-2014 ha l'autorevolezza e la capacità di gestione (oltre che la classe) della grande squadra;
3) José Callejon è la sorpresa positiva di questa prima parte di stagione;
4) I meccanismi offensivi del Napoli sono uno spettacolo, arricchito dalla qualità eccelsa dei singoli interpreti;
5) Chi si scandalizza per il secondo rigore non dato alla Fiorentina al 91' pensasse al primo, quello concesso, che 99 volte su 100 non viene assolutamente sanzionato (e, comunque, se sull'azione incriminata Cuadrado fosse caduto normalmente, sul calcetto istintivo di Inler, senza stramazzare al suolo come fulminato, non avrebbe fatto venire voglia all'arbitro di ammonirlo per simulazione);
6) Il tanto discusso Calvarese s'è mostrato semplicemente arbitro inadeguato per un match come Fiorentina-Napoli: ammonizioni inesistenti (Pandev) o ridicole (la prima a Maggio, poi espulso per somma di cartellini gialli), una simulazione di Giuseppe Rossi non fischiata con relativa mancata ammonizione per l'attaccante viola, in generale una scarsa capacità di gestire i rapporti con i giocatori e poca personalità per decidere senza pensare agli errori (tanti) commessi in precedenza;
7) Federico Fernandez è diventato buon titolare nella difesa partenopea;
8) Infine, attenzione: sulla Serie A ha iniziato ad abbattersi il ciclone belga Mertens (maradoniano il suo gol, nella foto).

mercoledì 23 ottobre 2013

diego armando maradona: the last punk rocker in the world

Di Diego Del Pozzo

Diego Armando Maradona non può essere né sarà mai un uomo comune. Non può esserlo, infatti, colui che è stato il più grande calciatore mai nato (con buona pace di Pelé), colui che ha saputo regalare gioie immense e momenti indimenticabili ad almeno due generazioni di appassionati di tutto il mondo, colui che ha rischiato di autodistruggersi con la droga e con gli eccessi e che, nonostante ciò, ha saputo vincere e far sognare.
Non può essere un uomo comune chi si accompagna quotidianamente con i principali capi di Stato del Sudamerica e si propone alla guida dei movimenti anti-globalizzazione e a favore dei diseredati. E non può esserlo colui al quale sono stati dedicati film (dall’omonimo documentario di Emir Kusturica a La mano de Dios di Marco Risi, da Amando Maradona di Javier Vázquez alla meravigliosa collana di dieci documentari curata da Gianni Minà per La gazzetta dello sport e recentemente arricchitasi di un undicesimo capitolo inedito), canzoni, libri (imperdibile l’autobiografia Io sono el Diego, edita in Italia da Fandango), fumetti (il più recente è stato pubblicato l’anno scorso dalla casa editrice Becco Giallo, s’intitola semplicemente Diego Armando Maradona e l’ha realizzato, in maniera davvero poetica, il trentunenne Paolo Castaldi) e persino un culto religioso (la Iglesia maradoniana, forte di oltre centomila adepti).
Indubbiamente, Maradona è personaggio complesso e persino controverso. E proprio il suo essere così controverso è riemerso con forza, nei giorni scorsi, durante la sua recente presenza in Italia in occasione dell’uscita del nuovo dvd di Gianni Minà che ho citato in precedenza. In questi giorni, infatti, si è riaperta, ancora una volta, la vicenda della molto presunta evasione fiscale di Diego Armando Maradona, che ormai sta assumendo contorni più che grotteschi e, purtroppo, fortemente indicativi dell’attuale deriva della società italiana, ormai in ginocchio dopo un ventennio di collusioni tra interesse pubblico e privato erette a sistema e di impunità eletta a metodo di governo. In particolare, ha destato scandalo il gesto dell’ombrello nei confronti di Equitalia, esibito da Maradona in tv durante la trasmissione di Fabio Fazio Che tempo che fa (della quale era ospite), mentre rispondeva a una domanda del conduttore riguardante l’annoso contenzioso fiscale e provava a spiegare la sua posizione, condivisibile e assolutamente realistica se soltanto chi lo giudica perdesse cinque minuti per studiarsi bene tutta la faccenda. Invece, dopo quel gesto, Maradona è stato esposto alla gogna mediatica e subito additato come esempio negativo dai moralizzatori dell’ultima ora, in primis da personaggi politici di quarta fascia come Brunetta e Fassina, ai quali non dovrebbe nemmeno essere permesso di poter parlare di uno come El Diez.
Qualche giorno dopo, sono emersi alcuni retroscena di quel gesto e del suo reale significato. Infatti, il giorno prima della presenza in tv da Fazio, mentre Maradona si recava da Milano a Roma per assistere alla partita di Serie A Roma-Napoli, alla quale era stato invitato dalla società giallorossa, appena sbarcato da un volo privato - come riportato dal quotidiano Il Mattino di oggi, 23 ottobre - veniva fermato nella sala dell’aeroporto di Ciampino da un rappresentante di Equitalia, a poche ore dalla notifica già ricevuta nell’albergo di Milano dall’ente riscossore. Davanti al suo legale Angelo Pisani, alla figlia Dalma e alla compagna Rocio, l’ex capitano del Napoli veniva fatto oggetto di un’ispezione per verificare se avesse con sé oggetti di valore, da sequestrare. E tutto ciò, com’è umano, lo faceva letteralmente infuriare, con replica plateale il giorno dopo durante Che tempo che fa e successivo annuncio di azione legale nei confronti dello Stato italiano “per ingiusta attività esecutiva degli organi tributari”.
Ma vi sembra normale - mi chiedo - un Paese nel quale accadono queste cose? Oppure siamo in un circo senza più né capo né coda? Se uno è davvero un evasore, infatti, è serio metterci più di vent’anni per accertarlo senza più dubbi? E chi alza il sopracciglio perbenista nei confronti del gesto dell’ombrello maradoniano esibito in tv trova civile e logica una perquisizione con tranello fatta in aeroporto, a fronte di una presunta evasione da 39 milioni di euro? Ma l’ispettore che cosa si aspettava di trovare addosso a Maradona, 39 milioni di euro in contanti?
E, allora, voglio gridarlo forte ancora una volta: dal mio punto di vista, di fronte a tutto ciò, l’ombrelo de dios di Maradona è un pugno in faccia alle ipocrisie di questo Paese senza più pudore né dignità, uno sberleffo da artista, una performance che spiazza, la scarica di adrenalina che dissolve la nube di cloroformio del “prime time” catodico italiano. E Maradona è l’ultimo punk rocker possibile in questo Paese ormai morto dentro!

martedì 22 ottobre 2013

maradona e l'ombrelo de dios

Di Diego Del Pozzo

La vicenda della molto presunta evasione fiscale di Diego Armando Maradona sta assumendo contorni più che grotteschi e, purtroppo, fortemente indicativi dell'attuale deriva della società italiana, ormai in ginocchio dopo un ventennio di collusioni tra interesse pubblico e privato erette a sistema e di impunità eletta a metodo di governo.
L'Ombrelo de Dios di Maradona
L'altra sera, dunque, ospite di Fabio Fazio su Rai Tre, Maradona ha dato scandalo esibendosi nel gesto dell'ombrello nei confronti di Equitalia (qui il video), mentre rispondeva a una domanda del conduttore riguardante l'annoso contenzioso e provava a spiegare la sua posizione (condivisibile e assolutamente realistica).
La questione, infatti, è molto semplice da decodificare, per chiunque la volesse realmente approfondire (per esempio leggendo qui oppure qui). E se Maradona avesse impugnato le sentenze del 1991 e del 1994, come fatto all'epoca dai compagni di squadra Alemao e Careca e dal Napoli di Ferlaino, oggi non dovrebbe pagare nulla al Fisco italiano. Poiché, però, in quegli anni era impegnato in cose ben più gravi - cioè nella lotta per la sopravvivenza, schiavo della droga e invischiato nel decennio più buio della sua vita - e poiché non aveva nessuno che seguisse per lui queste faccende in modo corretto e professionale, a differenza degli altri due compagni più previdenti e meglio gestiti e della società partenopea, oggi viene esposto alla gogna e additato come esempio negativo dai moralizzatori dell'ultima ora, in primis da personaggi come Brunetta e Fassina, due politici di quarta schiera ai quali non dovrebbe nemmeno essere permesso di poter parlare di uno come Maradona.
Dunque, voglio gridarlo forte: dal mio punto di vista, l'Ombrelo de Dios (copyright di Enrico Sbandi) dell'altra sera in tv rappresenta, innanzitutto, un pugno in faccia alle ipocrisie di questo Paese senza più pudore né dignità! E Diego Maradona è l'ultimo punk rocker in un mondo di grigi pupazzi!

Ps: Chi volesse rivedere il video integrale dell'intervista di Fabio Fazio a Diego Maradona può farlo cliccando qui.

domenica 6 ottobre 2013

la terra dei fuochi deve vivere: assieme si puo'

Lo striscione esposto oggi, 6 ottobre 2013, allo stadio San Paolo, prima di Napoli-Livorno 4-0

mercoledì 18 settembre 2013

la costruzione corale del gioco di benitez, secondo bacconi

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 16 settembre 2013)

Il primo posto in classifica a punteggio pieno dopo tre turni di campionato è per ora la vittoria della rifondazione voluta da De Laurentiis e realizzata con precisione chirurgica da Bigon, basata su decisioni razionali, fredde, distaccate da quel contesto umorale e passionale che si vive quotidianamente a Napoli. Mi riferisco in particolare alle scelte degli eredi di Mazzarri (Benitez) e Cavani (Higuain) e cerco di spiegarvi il perché.
L'esultanza di Higuain dopo il suo gol in Napoli-Atalanta 2-0
Rafa Benitez è il prototipo dell'allenatore scientifico, programmatore, metodico. Un personaggio che, senza poter contare su un passato da calciatore, ha saputo vincere in piazze e campionati diversi solo sulla forza della ragione e dello studio. Nessuno dei suoi giocatori (in particolare i nuovi arrivati) ha la presunzione di risolvere le gare da solo, come si vede invece spesso in tante squadre di élite, basta pensare a profili come Ibrahimovic o Balotelli. Al contrario, tutti partecipano umilmente al team building impostato dal mister spagnolo, dove la costruzione del gruppo è alla base del successo e si fonda sulla percezione dei singoli di poter vedere crescere il proprio valore attraverso processi collaborativi e la creazione di un clima di fiducia e di stima tra i compagni. 
La partita con l'Atalanta, pur nella sofferenza di una prestazione penalizzata dall'ampio turn-over predisposto in vista del gravoso impegno di Champions contro il Borussia Dortmund, è servita per consolidare tutto questo. Lo ha ammesso lo stesso Benitez in conferenza stampa: «Abbiamo vinto con giocatori nuovi e adesso tutti i componenti della rosa hanno più fiducia». La necessità di preservare l'integrazione fisica di alcuni giocatori ha permesso il recupero psicologico di altri che in futuro potranno risultare molto utili alla causa come capitan Cannavaro, autore di una buona gara seppur con un paio di leggerezze, Dzemaili, Mesto, Armero, Mertens. Non tutti hanno reso al massimo, ma tutti oggi si sentono più dentro il progetto tecnico.
Proprio un allenatore napoletano verace, Raffaele Di Pasquale, è l'autore di una tesi al corso master di Coverciano dal titolo intrigante: "La pedagogia antiautoritaria e la metodologia operativa nel calcio ad alto livello" (http://www.settoretecnico.figc.it/documenti.aspx?c=49&t=raffaele%20di%20pasquale). Di Pasquale nella sua opera spiega proprio la differenza tra processo e prodotto: «L’alternativa è sempre quella: miro alla consapevolezza dei processi che mi conducono ad un risultato o confido nella buona sorte o nella giocata “magica” del talento?».
Benitez essendo come approccio filosofico costruttivista, punta sul processo per arrivare al prodotto e questo si vede nel modo di stare in campo della squadra, oltre che nelle scelte degli interpreti.
Contro l'Atalanta, che faceva densità bassa e ripartiva con qualità in contropiede, occorreva una gara intelligente, paziente, attenta. La squadra, pur non brillante e senza la qualità garantita dai suoi giocatori più titolati, ha mantenuto la sua identità: ha tenuto a lungo la palla (67% di possesso) anche se a volte con troppa lentezza, ha coinvolto nella costruzione tutti i suoi elementi con una fitta ragnatela di passaggi (92% di riusciti), obbligando quindi tutti a stare con la testa dentro la partita, ha cercato l'ampiezza (27 cross) e non solo la profondità, come invece accade spesso alla squadre italiane. 
L'unico fuoriclasse a cui Benitez non ha saputo rinunciare neanche in questa circostanza è Gonzalo Higuain, migliore in campo per senso tattico, personalità, opportunismo. L'ex madridista è la summa dell'attaccante pensante, ideale per il gioco di Benitez, fosforo e non solo muscoli, capacità decisionali e non solo tecnica sopraffina, lettura degli spazi e dei tempi di gioco e non solo aggressività e generosità. La prima punta nel calcio moderno è quella che ha la maggior libertà di azione. E quella che detta i tempi e induce, di conseguenza, i comportamenti dei compagni di squadra. Ha quindi una grande responsabilità tattica oltre che il peso di dover finalizzare il gioco. L'argentino sente questa responsabilità collettiva e i suoi movimenti non sono mai fini a se stessi ma sempre funzionali a facilitare la collaborazione coi compagni. Come nell'azione del gol che sblocca il risultato. Higuain sceglie inizialmente di venire incontro al portatore di palla, invitando Hamsik ad andare alle sue spalle. Dopo aver scaricato lateralmente si defila un po' a sinistra per liberare il corridoio di passaggio di Insigne per Hamsik stesso. Mentre la palla arriva allo slovacco riparte bruciando Stendardo nello sprint, intuendo il possibile sviluppo dell'azione. Infine, calcia con freddezza sul secondo palo dove Consigli non può arrivare. Movimenti e gesti tecnici semplici ma elaborati da un pensiero sopraffino.

domenica 1 settembre 2013

serie a: chievo-napoli 2-4 e seconda "bestia nera" sbranata dagli azzurri

Di Diego Del Pozzo

Ok, la strada da percorrere sembra essere quella giusta: seconda "bestia nera" sbranata in soli sette giorni, per il nuovo Napoli di Rafa Benitez. La squadra azzurra, infatti, batte anche il Chievo (4-2 in trasferta), dopo la più che convincente vittoria casalinga di domenica scorsa col Bologna (3-0) nella giornata d'esordio della Serie A 2013-2014.
Il primo gol di Hamsik al Chievo
Nonostante una prestazione un po' svagata e/o sottotono da parte di qualcuno (Britos, Reina, Maggio, Behrami), con parecchi errori individuali e alcuni di reparto, soprattutto in fase difensiva, il Napoli espugna il Bentegodi di Verona con la sicurezza e la personalità delle grandi squadre, segnando ben 4 reti e reagendo prontamente al duplice pareggio degli uomini di Sannino. Così, dopo quella andata in scena sette giorni fa contro il Bologna, anche la seconda dimostrazione del debordante arsenale offensivo a disposizione di Benitez appare impressionante, con Higuain che si propone come pericolo costante per le difese avversarie, ma soprattutto sa essere uno spettacolare pivot offensivo capace di guidare i movimenti e gli inserimenti dei tre trequartisti alle sue spalle con rara intelligenza. E proprio i tre uomini alle spalle del centravanti argentino - Callejon, Hamsik e Insigne (ma in panchina ci sono anche Pandev - poi subentrato - e Mertens) - danno vita anche a Verona a un tourbillon stordente, con intrecci continui e scambi di posizione senza pause. Colpiscono, in particolar modo, il dinamismo pazzesco di Callejon e la generosità di un Insigne mai così partecipe anche in fase difensiva. A tutto ciò, naturalmente, va aggiunta la ciliegina sulla torta, cioè un Marek Hamsik letteralmente mostruoso, "tuttocampista" ormai con pochi eguali al mondo, arrivato già a 4 reti in soli due match di campionato e letteralmente esploso nella nuova posizione più avanzata cucitagli addosso da Benitez. Rispetto al passato anche recente, dello slovacco impressiona la personalità da autentico leader e trascinatore, d'altra parte degna del neocapitano della squadra azzurra.
Alla prima pausa per gli impegni delle Nazionali, dunque, il Napoli arriva con 6 punti su 6 in classifica, ben 7 gol fatti, 2 subìti e Hamsik capocannoniere del torneo, in attesa di una ripresa delle ostilità che porterà con sé anche gli attesi impegni di Champions League.
Le parole d'ordine per la nuova stagione degli azzurri sembrano essere "Dinamismo e personalità", accompagnate dal refrain col quale Benitez sta continuando a trasmettere alla squadra i suoi princìpi di gioco: quel "Senza fretta e senza pause" che anche a verona contro il Chievo ha consentito al Napoli di continuare a fare il proprio gioco senza timori, anche dopo l'1-1 e il 2-2 dei veronesi, situazione che - su quello stesso campo - fino all'anno scorso avrebbe, invece, provocato tensioni e nervosismo paralizzanti.
Ed ecco, per concludere, le mie pagelle azzurre di Chievo-Napoli 2-4: Reina 5.5 - Maggio 5.5, Albiol 6, Britos 5, Zuniga 6 - Behrami 5.5 (Dzemaili 6), Inler 6.5 - Callejon 7, Hamsik 8 (Pandev 6), Insigne 7 - Higuain 7.5 (Armero s.v.). All.: Benitez 7.

Ps in chiave Champions: Dando per scontato che col tempo i meccanismi difensivi migliorino, non sarebbe male se da questi ultimi due giorni di calciomercato arrivasse un altro difensore di livello internazionale, perché Walcott (Arsenal), Reus (Borussia Dortmund) e Ayew (Marsiglia) sono più forti del Paloschi che ieri ha messo a ferro e fuoco la difesa azzurra.

venerdì 30 agosto 2013

un girone affascinante per il nuovo napoli da champions

Di Diego Del Pozzo

Dopo il sorteggio di ieri dei gironi della Champions League 2013-2014, per il nuovo Napoli di Rafa Benitez si profilano all'orizzonte sei grandi match europei, affascinanti e probabilmente molto spettacolari, da affrontare senza paura ma con la dovuta attenzione, contro squadre di livello internazionale e di notevole tradizione ma, per fortuna, attualmente all'altezza (più o meno) degli azzurri: la meno forte e solida tra le quattro inglesi (Arsenal), una francese d'elite ma non certo inarrivabile (OM) e i giovani e sbarazzini vicecampioni d'Europa in carica (il travolgente Borussia Dortmund). E si prospettano grandi scontri anche tra tre "santoni" della panchina come Benitez, Wenger e Klopp.
Credo che tutte e tre le rivali volessero evitare proprio il Napoli, al momento del sorteggio della quarta urna (gli azzurri, purtroppo, partivano dalla quarta fascia di merito), perché quella che si affaccia alla nuova stagione europea non è più la squadra garibaldina ma inesperta di Walter Mazzarri (comunque, sorpresa positiva della Champions di due stagioni fa), bensì una compagine ormai rodata, cosciente della propria forza tecnico-tattica e mentale e, soprattutto, infarcita di uomini abituati a scontri internazionali di alto livello (bastino i nomi di Reina, Maggio, Albiol, Zuniga, Armero, Behrami, Inler, Dzemaili, Pandev, Hamsik, Callejon, Mertens, Higuain), guidati da un tecnico come Benitez che in carriera ha già vinto praticamente tutto e che, tra l'altro, è animato da una enorme voglia di rimettersi in gioco.
Se tutto va per il verso giusto, insomma, credo che ci sarà da divertirsi. Comunque, a bocce ancora ferme (e col calciomercato ancora aperto), per la qualificazione agli Ottavi di finale io azzardo quest'ordine di classifica: Borussia, Napoli, Arsenal, Marsiglia. Incrociamo le dita...

serie a 2013-2014: napoli-bologna 3-0 nell'analisi tattica di bacconi

Di Adriano Bacconi
(Il Mattino - 27 agosto 2013)

Ci sono due aspetti della prestazione del Napoli che mi hanno particolarmente colpito. La prima è la capacità di liberare e occupare spazi di gioco senza soluzione di continuità, la seconda quella di cercare il recupero immediato una volta persa palla.
Sono due aspetti che hanno lo stesso pre-requisito: il dinamismo. Per poter conquistare campo senza risultare prevedibili (specialmente contro squadre predisposte alla difesa come il Bologna) occorre cambiare spesso posizione e togliere punti di riferimento all'avversario. È una questione di spazi e tempi di gioco. Nel Napoli c'è questa disponibilità a partire dai 4 giocatori d'attacco, quelli che solitamente fanno più fatica a mettersi al servizio degli altri.
Il gol del 3-0 di Marek Hamsik
Tutte le azioni d'attacco che vedremo nei minuti successivi si svolgono su questo canovaccio. Il possesso palla è alimentato da tutti i giocatori, da tutti i reparti, da molti passaggi veloci facilitati dalle tante opzioni di scelta offerte al portatore di palla. Anche l'azione che, dopo circa mezz'ora di dominio tecnico-tattico, porta in vantaggio il Napoli è frutto di questa generosità collettiva. Da quando Zuniga supera la metà campo a quando Callejon si esibisce nel tap-in vincente passano trenta secondi di calcio vero dove la palla viaggia da un azzurro all'altro con naturalezza, con velocità, con intelligenza. Come nell'azione di apertura, anche in questo caso è Pandev col suo sinistro a cambiare gioco verso destra premiando l'allargamento di Hamsik. Nel frattempo Higuain si sposta a destra. Nel buco centrale taglia repentino Callejon, bravo anche a rientrare dal fuorigioco al momento del tiro in porta dello slovacco.
Lo stesso pre-requisito, la disponibilità di corsa, è necessaria nella fase di transizione. Il Bologna non è mai riuscito a ripartire ingabbiato dal pressing immediato dei giocatori azzurri nella zona della palla persa. Duplici gli obiettivi di questo sacrificio iniziale richiesto a tutti i giocatori indistintamente: se possibile recuperare la palla per poi predisporsi al contro-break o, almeno, rallentare l'uscita avversaria e consentire alla squadra di riposizionarsi compatta sotto la linea della palla.
In una gara scintillante dal punto di vista delle soluzioni offensive è più difficile richiamare alla mente le azioni di pressing, ma questa è stata una delle armi essenziali per dare ritmo e continuità al gioco e disorientare l'avversario. È una delle qualità che negli ultimi due anni ha permesso alla Juve di segnare un solco con le inseguitrici.
Il gol del 2-0 è frutto proprio di questo atteggiamento costruito nel ritiro di Dimaro dove certi lavori evidentemente hanno avuto effetti immediati. La dinamica dell'azione ricalca infatti in maniera impressionate un'esercitazione che vidi il giorno che andai a trovare Benitez e il suo staff in Trentino. Si trattava di un lavoro su 2 quadrati dove 4 giocatori dovevano liberarsi con passaggi veloci dal pressing di un avversario e, evitando altri 2 avversari posti a copertura, pescare un compagno posto nell'altro quadrato. Proprio quello che è avvenuto al 46' del primo tempo. Callejon, ripiegato in difesa, recupera la palla. Si crea subito un quadrato coi due mediani e Hamsik che improvvisano un mini torello a un tocco fino al cambio di gioco dello slovacco sull'out opposto per Pandev. Da qui la ripartenza feroce con la combinazione finale Zuniga-Hamsik.
Non possiamo non citare, in questo contesto, la preziosa azione dei due mediani svizzeri, in particolare di Inler. Arrivava da una stagione complicata, tanto da sembrare un giocatore involuto e depresso. La sua prestazione è stata invece ottima. Terzo giocatore del Napoli per palle recuperate (13), primo per passaggi riusciti (68), a ridosso degli attaccanti nello score dei tiri in porta (2). Insomma buona, anzi buonissima la prima. Si attendono conferme nell'immediato futuro.