


storie del presente e del passato, miti e nomi dimenticati, analisi e punzecchiature, libri e film
Quarta di copertina
Il rapporto tra Bruce Springsteen e il cinema è affascinante e complesso. E non può essere ridotto alla presenza del rocker del New Jersey nei film, in veste di attore o autore di brani da colonna sonora, come accade per Elvis, Beatles, Rolling Stones, Dylan o Bowie. Il caso di Springsteen è diverso, persino unico, per la profonda influenza che il patrimonio culturale del cinema americano ha esercitato sulla sua scrittura estremamente “visiva”; ma anche per come egli stesso ha ispirato tanti film e cineasti con “pezzi di immaginario” derivanti dalla sua produzione. Si è di fronte, dunque, a un rapporto fortemente empatico e assolutamente paritario, fatto di un “prendere” dal cinema ma anche di un generoso “dare” all’immaginario popolare americano. Il libro curato da Del Pozzo ed Esposito ne ripercorre le tappe e, con ulteriori approfondimenti (Tricomi e Maiello) e un’ampia analisi iconologica (Morra), ne restituisce la ricchezza e l’assoluta originalità.
I curatori
Diego Del Pozzo, giornalista e critico, è autore del libro Ai confini della realtà. Cinquant’anni di telefilm americani (Torino, 2002) e dei testi del volume fotografico di Gianni Fiorito Scenari. Dieci anni di cinema in Campania (Napoli, 2006). Ha curato con Vincenzo Esposito Rock Around the Screen (Napoli, 2009). Ha pubblicato numerosi saggi in volumi collettivi, enciclopedie, cataloghi di festival, riviste specializzate. Collabora col quotidiano Il Mattino e fa parte del comitato editoriale della rivista Quaderni di Cinemasud. Insegna Comunicazione pubblicitaria presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli (indirizzo Fotografia, Cinema, Televisione).
Vincenzo Esposito, storico del cinema, è autore di una monografia su Alf Sjöberg (Roma, 1998) e di un libro sul cinema svedese, La luce e il silenzio (Napoli, 2001). Ha curato con Diego Del Pozzo il volume Rock Around the Screen (Napoli, 2009). Ha pubblicato molti saggi in volumi collettivi e riviste specializzate. Dirige l’Italian Film Festival di Stoccolma. Insegna Teoria e Analisi del Cinema all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Recensioni
Bel film. Ken Loach lo apprezzo molto (anche al netto di qualche schematismo e ripetizione di alcuni suoi film), poi la figura di Cantona mi ha sempre appassionato.
RispondiEliminaUn film leggero (anche se il tocco classico di Loach c'è tutto nel film, penso alla vicenda drammatica che c'è anche all'interno di questo film), ma comunque ricco di significati. Significati che soprattutto vengono espressi in maniera sobria, e questo è un merito storico del cinema "asciutto" di Loach.
Molti altri registi con un soggetto del genere avrebbero ceduto alla tentazione di strizzare l'occhio allo spettatore facendo di Cantona il centro di tutto il film, o anche di eccedere nella retorica, invece in questa occasione Loach è stato bravo a fare di Cantona una figura che caratterizza sì il film ma mai in maniera invadente, un elemento della storia importante come tutti gli altri.
Ciao
ho usato un po' troppo la parola film, sorry :-)
RispondiEliminaCiao Valentino,
RispondiEliminanoto con grande piacere che, da qualche settimana, il tuo bel blog sul calcio spagnolo (che consiglio a tutti i lettori) è ripartito con regolarità.