lunedì 12 ottobre 2009
un bel racconto del "miracolo di san palermo"
Di Marco Ciriello
Piove a Buenos Aires, nuvole e Sudafrica. È una notte di temporali, scommesse, storie improbabili. Da stare chiusi in casa. Allo stadio Monumental, invece, sotto la pioggia, due uomini saltano, si tuffano nell'erba: splash, scivolano sull'acqua che allaga il campo, urlano di gioia, poi si abbracciano. È appena finita la prima delle due partite che forse porteranno l'Argentina ai mondiali. E vale la pena di uscire a guardare la danza degli increduli.
Il primo, quello che vedete replicare un delfino, bagnato e felice, è Diego Armando Maradona. L'altro, quello con la faccia triste da Califano d'Argentina che urla e corre, vestito dallo stupore, fradicio di felicità, è Martin Palermo. Suo il gol al 93' che permette di sperare ancora. Uno capace di sbagliare tre rigori in una partita, poi di segnare di testa da 38 metri. Un dispari. Maradona e Palermo, stelle distanti, sono una di quelle coppie costrette a ballare un tango insieme, in mancanza d'altri. Due vecchi ballerini ai quali nessuno può togliere quello che hanno ballato. Questo offre la pista, e loro vanno. Fuori posto, fuori periodo. Due replicanti (ricordate Blade Runner?). Uomini a termine, con la consapevolezza della propria scadenza, che camminano sul filo da sempre, bordeggiano il vuoto e la sconfitta, l'improbabile e lo stupore.
Sono quasi pronti a rinunciare, ad andare, ma poi no. Cercano, ancora un altro po' di tempo per continuare a giocare. Mendicanti di pallone, occasioni, adrenalina. Ma, a dar loro la caccia c'è - sempre - la normalità. E dietro una partita brutta. Con un Perù ostico e difficile da superare. Sul campo il fantasma di Leo Messi(a), in panchina Martin Palermo fuori posto più di Obama a Copenhagen. Poi, entra, sostituendo Perez, e scrive il suo nome, vince il suo Nobel: "È stato il miracolo di San Palermo" ha detto Maradona, quando ormai la partita era diventata una corrida, tutti pronti per fargli il funerale, avevano cominciato i telecronisti. Si era aperta la caccia. Sembrava la replica di quello che accadde in questo stadio, trenta e fischia anni fa: quando César Luis Menotti si trovò in una situazione simile e il santo del giorno si chiamava Mario Kempes. Lo stesso che oggi, però, dimenticando forse quella partita con la Polonia, appare un critico implacabile di Maradona e delle sue scelte.
Ma il punto, stasera, non è il gioco che l'Argentina non ha, né le scelte di Maradona (tra queste, quella di convocare l'old boy Palermo lasciando a casa giocatori tre volte più forti), e nemmeno se questa squadra andrà ai mondiali, ma l'ostinazione di due uomini - scaduti, abbandonati dal proprio Paese - che su un campo fangoso, inseguono il destino e una nuova possibilità, e lo fanno col cuore, senza ragione, a capofitto, come i giocatori di rugby quando cercano la palla nella mischia, tra colpi e spinte. Maradona, più di Palermo (che sta vivendo una nuova giovinezza a 36 anni), è uno specialista delle resurrezioni, eppure, stavolta, è apparso sorpreso, mancavano meno di sessanta secondi alla fine della partita, prima che martinpalermo, il veijo, il loco, spedisse la palla in porta. Uno che non è stato al balcone ad aspettare la propria primavera ma, sbagliato o no, lo trovi a giocarsela, per strada, anche se ormai è un uomo d'autunno, un uomo di ieri, che, però, conserva i numeri di sempre, e la mette dentro.
Non importa se la vittoria è un furto che arriva fuori tempo, quello che importa è che ci sia un altro campo sul quale replicare. Continuando a sperare. Tutto questo tradisce il Maradona calciatore, ma non il vecchio per il bambino. L'emozione di una notte simile, il poter urlare "non è ancora finita" valgono più del bel gioco, e degli schemi, e se poi a regalartele è un marcantonio, un chinaglione, che tutti danno per finito, e anche lui sta già pensando al dopo, e magari deve rassegnarsi a una nuova vita di comparsate per telefilm (Palermo aveva già cominciato nel Patito Feo) o peggio reality, allora la vittoria è doppia. E poco importa se è solo la bugia di una notte. Chi, non ha mai mentito, aspettando un altro giorno per essere sincero?
Rubriche:
latinoamericana
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