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Il tempo si è fermato. Riapre casa Zeman
Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 4 ottobre 2010)
C'è molto di studiato, e qualcosa di istrionico, nella lentezza con la quale Zdenek Zeman, sedici anni dopo l'ultima volta da allenatore del Foggia, entra sul prato dello Zaccheria. L'intero stadio scatta in piedi ad applaudirlo, una corsia di flash gli disegna il percorso verso la panchina, ma lui indugia. Scruta i tifosi più vicini. Aspetta. L'aveva detto alla vigilia, che si attendeva l'omaggio delle caramelle che un suo tifoso personale, Fernando Iannucci, non gli aveva mai fatto mancare ai tempi di Zemanlandia. "Spero innanzitutto di vederlo perché so che non è stato bene", aveva spiegato il boemo, misurando con un semplice pensiero l'abissale distanza umana che corre fra il calcio metropolitano e il pallone di provincia, nel quale può essere un tecnico a preoccuparsi di un tifoso anziché il contrario. Le caramelle arrivano sul filo del fischio d'avvio, e Zeman ne è in qualche modo rassicurato visto che poi dirà, con una smorfia divertita, "per darmele ha atteso che i fotografi fossero rivolti verso di lui".
Dopo due turni giocati a Vasto per l'indisponibilità dello stadio, il ritorno di Zdenek Zeman allo Zaccheria è una storia piena di zeta ma non per questo final. Facile che si riveli piuttosto una (ri)partenza, perché molti dei ragazzi arrivati in prestito dalle Primavera dei grandi club sono di qualità. Casillo e Pavone hanno sì costruito una squadra competitiva con 10 mila euro, ma se il Milan ha concesso Romagnoli e il Palermo Laribi è perché sanno che Zeman glieli restituirà laureati. Basterà il magistero del vecchio profeta per centrare la promozione in B? Difficile dirlo ora: questo 2-2 col Viareggio conferma al Foggia lo status di squadra professionistica più prolifica (18 gol segnati) ma anche più perforata (15 subiti). E' una questione di tempi. Zeman attua un fuorigioco a metà campo che non si impara in un mese: il primo gol subito ieri nasce da un allineamento sbagliato, il secondo da un errore individuale a difesa schierata. Viceversa le sovrapposizioni giocate dai triangoli laterali terzino-mezzala-punta esterna, ringiovaniscono di sedici anni i presenti allo stadio. Alla fine sono applausi: difficile non essere grati a chi ti toglie sedici anni.
Sarà per questo che la firma di Zeman, più che mai assimilabile al segno di Zorro, figura persino sulle tessere di abbonamento. Sarebbe marketing, ma la parola è un po' troppo metropolitana per trovarsi a suo agio qui. Mister Pernacchia, un fiorellino che ha spiato insieme a noi l'allenamento (chiuso) del sabato emettendo suoni di singolare efficacia, verosimilmente è digiuno di marketing; ma capisce molto bene che quell'uomo strano e serio può fare per la sua città assai più di un onorevole. E Zeman, che sa di essere sia l'eroe dei gessati in tribuna che del popolino scapigliato, governa la scena con consumata maestria. Oggi vola a Roma per passare il giorno libero in famiglia, domani è il turno dei famosi gradoni, la massacrante seduta atletica su e giù per curve e gradinate.
Ricorderete la scena di Karate Kid in cui il maestro Miyagi promette a Danny di insegnargli il karate, e come primo esercizio gli ordina di dare la cera con un movimento circolare della mano destra e di toglierla nello stesso modo con la sinistra. Stremato da un lavoro del quale non vede l'attinenza col karate, a fine giornata Danny se ne lamenta. Miyagi allora fa il gesto di colpirlo, e il ragazzo para muovendo il braccio a cerchio prima verso destra ("dai la cera"), poi verso sinistra ("togli la cera"). Allo stesso modo i ragazzi del Foggia, distrutti al martedì dai gradoni, ogni domenica dovranno estrarre da quella fatica l'energia per correre a perdifiato oltre i loro limiti verso la terra promessa: Zemanlandia. Uno striscione spiega tutto e anche di più: "Ciao mamma, guarda come mi diverto".
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Zeman: "Molti copiano il mio calcio..."
Di Paolo Condò
(La Gazzetta dello Sport - 5 ottobre 2010)
"Che cosa stavamo dicendo?". Zdenek Zeman sembra arrossire, o forse è soltanto il bel sole di Foggia a cuocergli il viso come capita ai marinai. Pochi istanti prima la Gialappa's si è messa a chiacchierargli dentro a una tasca e lui - che già sussurra e non esclama - ha farfugliato mezza frase imbarazzata, "è la suoneria del cellulare, parlano con Frengo...", la memorabile macchietta che Antonio Albanese gli dedicò a Mai dire gol. Ma se è facile fermare il tempo su un telefonino, farlo in campo è un'altra faccenda. Tornare indietro di sedici anni, poi... "Il mio calcio non è cambiato, i concetti base sono rimasti gli stessi come l'obiettivo ultimo, che è riempire lo stadio. Gli attori hanno bisogno di un pubblico, le sue dimensioni aiutano a capire la bontà di un lavoro".
Lei ha detto che se sedici anni fa la definivano avanti di vent'anni, oggi gliene restano comunque quattro di vantaggio sulla concorrenza. Al di là della bella battuta, si sente sempre un anticipatore?
"E' passato molto tempo e certe mie vecchie idee ora sono condivise. Prendiamo la preparazione atletica. Quando cominciai ad allenare, molti giocatori erano abituati a fare due giri di campo e poi subito la partitella; logico che le mie squadre, sottoposte a un lavoro fisico duro e metodico, alla domenica corressero il doppio delle altre. Oggi la parte atletica è curata ovunque, non posso più marcare una differenza in quel senso".
Dal punto di vista tattico siete un cantiere, com'è normale dopo due mesi di lavoro. Però le sovrapposizioni dei bei tempi si cominciano a intravedere; e fare il portiere di una squadra di Zeman è sempre una professione eccitante...
"Dobbiamo ancora lavorare molto, la costruzione del nuovo Foggia è appena agli inizi, e non pensi che sia orgoglioso di avere la difesa più battuta dei campionati professionistici. Fra qualche settimana spero di conservare soltanto il miglior attacco, anche perché in carriera, e la cosa non è mai stata granché sottolineata, soltanto una volta ho chiuso un torneo con la difesa peggiore. E comunque non sono retrocesso nemmeno quella volta".
Vero, ma non ci ha risposto. Si sente ancora un anticipatore?
"No. Il Barcellona di questi anni ha occupato il terreno alla mia maniera, ma sviluppando possesso palla anziché verticalizzazione, e l'ha fatto benissimo grazie a una straordinaria tecnica individuale. Io credo più nell'attacco rapido perché i miei ragazzi a un certo punto della ragnatela sbaglierebbero un passaggio. Devono essere più veloci dell'errore in agguato".
Sempre deluso da come Mourinho fece fuori il Barcellona in semifinale?
"La questione è semplice: se voglio che la mia squadra diventi un modello, e l'Inter aveva e ha quest'ambizione, devo proporre qualcosa e non solo distruggere. Ho criticato il Mourinho di Barcellona, e solo quello, perché rinunciò a giocarsela".
Ma era rimasto in dieci. E l'anno prima Hiddink, con il Chelsea, ragionando alla stessa maniera fu l'unico a mettere nei guai il Barça.
"Non mi interessa, è una mentalità che non mi appartiene. Non è giusto giocare così, o almeno io la vedo in questo modo".
Come la trattano?
"Con rispetto eccessivo. Siamo tutti uguali, se sono qui è perché valgo la Lega Pro, evidentemente".
C'è una differenza. Lei è l'unico allenatore di terza serie cui Moratti, nel corso dell'estate, ha esplicitamente pensato per la panchina dei campioni d'Europa.
"Le sue parole mi hanno fatto piacere, ma sapevo che nel concreto andare all'Inter sarebbe stato difficilissimo. Non sbagliavo".
Come l'avrebbe cambiata?
"Mettendo i giocatori nel ruolo in cui rendono di più, e trovo che Benitez si stia muovendo in quel senso. Eto'o è un centravanti formidabile, dev'essere lui a giocare in mezzo".
Tornando alle verticalizzazioni, ha sentito che Allegri chiede a Pirlo di giocare più o meno come faceva Di Biagio con lei?
"Il problema del Milan non è Pirlo, che sa verticalizzare come pochi. Il problema è la staticità delle punte. Il lancio rapido per impedire alla difesa di schierarsi ha un senso se gli attaccanti, col loro movimento, l'hanno già spettinata".
La nuova Juve le piace?
"Non gioca il mio calcio".
Le resterà per sempre il rimpianto di non averla allenata, vero?
"Forse ho avuto una possibilità l'ultimo anno di Boniperti. Ora è improponibile, ovviamente, ma è vero che da ragazzo sognavo di sedere su quella panchina".
Zeman, visto che altrove non la chiamano, utilizzerà il Foggia per tornare in Serie A?
"Ci utilizzeremo a vicenda per divertirci. Se poi cominceremo a salire, immagino che il divertimento sarà maggiore".
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