(Corriere della Sera - 15 febbraio 2011)
Capitò per caso, nel 1961, che appena arrivato col papà da Bombay, sua città natale, il tredicenne Salman fu portato a vedere l'amichevole Arsenal-Real Madrid, il Real dell'immenso Di Stefano. Ma fu così noiosa (almeno sul versante Arsenal, nonostante il 3-3 finale), sua confessione, che rientrato in albergo, al Cumberland, timidamente chiese: "Non c'è una squadra più divertente dell'Arsenal?". E al front desk dell'hotel gli risposero: "Prova col Tottenham". Il Tottenham era reduce da un'ottima doppietta, la double, campionato più Coppa di Lega. Il ragazzino prese il consiglio sul serio e da lì cominciò l'avventura, anima e corpo, con gli Hotspurs, gli "speroni caldi" di Londra. Naturale che i Gunners, "i noiosi" dell'Arsenal, non gli abbiano mai perdonato la sua linguaccia.
Sì, scrittore da curva, lo è davvero. Per colpa della condanna a morte inflittagli da Khomeini, da un po' di anni sugli spalti del White Hart Lane, lo stadio del Tottenham, Salman Rushdie non può andarci: gli hanno imposto di starsene chiuso in casa nel fine settimana, se tiene alla pelle. Però da mezzo secolo, proprio dal 1961, non c'è sabato e non c'è domenica che i suoi umori marcino di pari passo con le avventure e le disavventure degli Spurs. Lo ha ammesso in un saggio, dal titolo Il gioco del Popolo, pubblicato nel 1999 dal New Yorker. "Se la squadra vince sento il week-end più gradevole, più promettente. Se perde si addensano nuvole nere". Le emozioni, i contorcimenti, i mal di testa. Salman Rushdie è vittima illustre dell'ipnosi domenicale. Ha seguito e amato gli idoli del Tottenham: Osvaldo "Ossie" Ardiles, Gazza Gascoigne, Klinsmann, oggi Bale. Ha esultato (poco, perché il Tottenham è rimasto a secco per parecchio tempo), ha sofferto (per le traversie finanziarie del club) ma non ha mai tradito. "Il calcio è un amore monogamo, fino a che morte non ti separi". Essere tifosi ha un sapore particolare, significa "aspettare un miracolo, sopportare decenni di disillusioni".
Sarà "patetico", sarà "una droga", lo sa, lo scrive, ma che ci vuoi fare? Il Tottenham è il Tottenham. "Come on, you Spurs, come on, you Spurs". Non lo intona, l'ossessivo ritornello, al White Hart Lane. Ma lo canticchia da solo o con gli amici in privato. E magari al coro di casa si unisce una illustre collega, la madre di Harry Potter, JK Rowling, pure lei accanita supporter dei bianchi del nord londinese. Scrittori da curva. E guai a incrociarli con Nick Hornby (l'autore di Febbre a 90°) che spasima sugli spalti, con tanto di abbonamento, per l'odiato nemico Arsenal. Piuttosto un caffè letterario con l'argentino Osvaldo Soriano, l'uruguaiano Edoardo Galeano o lo spagnolo Javier Marias. Tifosi di calcio, con sangue caldo come quello degli Spurs. Della Rowling e del maghetto. Di Salman Rushdie, che vede buio nella sua testa se il Tottenham fatica e capitola. Lui, figlio di musulmani, che ama la squadra più seguita dalla comunità ebraica londinese. Eretico.
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